Crisi in Niger: la situazione e le opzioni sul tavolo (AGGIORNATO)

 

(Aggiornato alle ore 23,50)

Il golpe militare in Niger del 26 luglio rischia di destabilizzare l’intera regione del Sahel mettendo in difficoltà in primis la Francia e a seguire l’Unione Europea, come  riportato nei giorni scorsi su Analisi Difesa nei commenti del direttore Gaiani, di Ugo Trojano e di Giuseppe Cucchi. Parigi soprattutto vede in corso di cancellazione la sua influenza post-coloniale sulla “Françafrique”, minata dall’infausta guerra del 2011, voluta anche da Parigi, contro la Libia di Muammar Gheddafi.

E in seguito altri errori sono stati fatti in Niger e nell’intera regione. Come ha scritto Trojano, ”non volendo comprendere ne’ adeguarsi realisticamente alle nuove dinamiche sul terreno, i comportamenti sconcertanti di taluni governanti europei, dei vertici Ue preoccupati solo di seguire principi irrealizzabili in taluni Paesi, l’ossessione per le procedure burocratiche, hanno inciso pesantemente favorendo una costante perdita di credibilità europea. E’ stata consentita di conseguenza la penetrazione significativa di nuovi attori, Russia, Turchia, Cina, ben più concreti, solidi, poco votati ad impartire lezioni agli africani piuttosto inclini ad ottenere risultati per sé e, nel breve periodo, per i nuovi committenti africani.”

Le reazioni dei 15 paesi della ECOWAS/CEDEAO (Economic Community of West African States/Communauté économique des États de l’Afrique de l’Ouest), della Francia e della UE sono state immediate. Ugualmente molto preoccupati si sono detti gli Stati Uniti, che hanno un contingente di oltre 1.100 soldati, avendo fatto del Niger una base importante per il contrasto alle varie formazioni jihadiste purtroppo sempre attivissime nel Sahel.

Ad oggi nessuna azione di forza si è verificata dopo la scadenza dell’ultimatum dichiarato dalla ECOWAS/CEDEAO per dare modo alla giunta golpista di fare marcia indietro sulla rimozione del presidente Mohamed Bazoum.

 

Il ruolo della Nigeria

Nelle prossime ore l’ECOWAS discuterà quali misure adottare e per ora la via del negoziato resta la favorita con l’invio a Niamey dell’ex emiro nigeriano della città’ settentrionale di Kano Sanusi Lamido Sanusi come negoziatore anche se lui stesso nega essere un emissario del governo di Abuja. “Siamo venuti sperando che il nostro arrivo apra la strada a discussioni reali tra i leader del Niger e quelli della Nigeria”, ha detto Sanusi.

In precedenza il 4 agosto, il presidente nigeriano e presidente in carica di ECOWAS/CEDEAO Bola Tinubu (molto legato a Sanusi) aveva ipotizzato, nonostante l’ostilità del Senato nigeriano l’uso della forza, approvato da Costa d’Avorio, Ghana e Senegal, mentre il Ciad ha comunicato di non voler parteciparvi. Il grosso delle forze, in caso di intervento armato, sarò presumibilmente messo in campo dalla Nigeria mentre gli altri paesi invieranno contingenti minori.

Tinubu ha intanto disposto alla Banca Centrale della Nigeria (CBN) di attuare una serie di nuove sanzioni finanziarie nei confronti di entità e individui collegati o coinvolti con la giunta militare della Repubblica del Niger. La Nigeria ha già interrotto la trasmissione di energia elettrica che assicurava il 70% del fabbisogno nigerino.

 

Braccio di ferro con la Francia

A Niamey Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, costituito dai golpisti ha chiuso lo spazio aereo paese adducendo “la minaccia di intervento armato dall’esterno” e deciso l’invio di unità dell’esercito a rinforzo dei reparti già presenti nella capitale e lungo il confine con Nigeria e Benin,

Il leader golpista Abdourahamane Tchiani, già comandante della Guardia Presidenziale, conosce gli avversari della giunta militare nigerina (era stato comandante di un battaglione della ECOWAS nel 2003 in Costa d’Avorio, che intervenne come forza di pacificazione dopo la firma del cessate-il-fuoco tra governo e forze ribelli) ed è consapevole che il Niger non è isolato.

Mali, Burkina Faso e Guinea appoggiano il golpe del 26 luglio mentre l’Algeria, colosso economico e militare, si oppone a un intervento militare: forte di questa consapevolezza e del ruolo cruciale di Russia, Turchia e Cina (potenze sempre più influenti in Africa), la giunta al potere a Niamey ha respinto “le ingerenze dei paesi occidentali” dopo aver intimato a Parigi il ritiro entro un mese dei 1.500 militari schierati in Niger.

Parigi ha risposto con durezza replicando che solo le «legittime autorità» del Niger possono cambiare i trattati bilaterali in vigore ma ieri la giunta di Niamey ha denunciato la violazione dello spazio aereo nigerino da parte di un aereo da trasporto militare francese A400M decollati dal Ciad e accusato Parigi di aver liberato 14 miliziani jihadisti e di avere un “piano di destabilizzazione” del Niger.

Inoltre il CNSP ha accusato “la Francia ed i suoi complici” per un attacco avvenuto ieri mattina contro una postazione della Guardia Nazionale a Bourkou Bourkou, vicino alla miniera d’oro di Samira. Parigi ha respinto le accuse confermando che “il volo effettuato questa mattina è stato autorizzato e coordinato con l’esercito nigerino”.

 

L’America temporeggia

Gli Stati Uniti si sono detti “molto preoccupati per la salute e la sicurezza personale” di Bazoum in isolamento con la famiglia dal 26 luglio, timore espresso anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres che chiede con urgenza il loro rilascio incondizionato e il rigoroso rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani del Niger”.

Benché la visita del sottosegretario Victoria Nuland non abbia sortito alcun risultato la diplomazia statunitense sembra puntare ancora sul dialogo, forte anche del fatto che per ora i golpisti non hanno chiesto il ritiro delle truppe americane (né di quelle italiane e tedesche) in Niger, che restano acquartierate nelle loro basi.

L’ambasciata degli Stati Uniti a Niamey ha esortato con un comunicato gli americani che ancora si trovano nella capitale a “rimanere al riparo, limitare i movimenti non necessari nella città e continuare ad evitare il centro e l’area del palazzo presidenziale” aggiungendo che “vi potrebbe essere un aumento della presenza di forze di sicurezza nella zona del centro (per monitorare dimostrazioni) quindi è importante essere cauti, limitare i movimenti ed evitare ogni protesta. L’ambasciata è al corrente delle notizie di mancanza di contanti e di alcuni beni”, ha concluso la nota.

 

L’Europa guarda alle sanzioni

Gli europei sembrano invece apprestarsi a imporre sanzioni ai membri della giunta militare nigerina, come hanno riferito alla Reuters fonti della Ue secondo le quali la Commissione Europea ha avviato la discussione sui criteri per l’adozione delle misure. Per imporre le sanzioni è necessario l’accordo di tutti i 27 Stati membri dell’Unione ma è chiaro che l’adozione di simili misure porterebbe con ogni probabilità all’espulsione anche dei contingenti italiano e tedesco presenti in Niger.

“La Ue è pronta a sostenere le decisioni dell’ECOWAS, compresa l’adozione di sanzioni”, ha detto il portavoce Peter Stano mentre i ministri degli Esteri europei discuteranno la situazione del Niger non prima del vertice di Toledo del 31 agosto.

L’impressione è che Ue ed ECOWAS intendano testare la compattezza della giunta militare puntando anche su contestazioni interne. Ieri un appello alla “mobilitazione nazionale” su tutto il territorio nazionale per salvare Bazoum, è stato lanciato dal Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo che fa capo al presidente deposto.

Inoltre è stata annunciata la costituzione del Consiglio di Resistenza per la Repubblica” (CRR) che punta a reinsediare Bazoum “con tutti i mezzi necessari”: il suo leader è il touareg Rhissa Ag Boula, e membro del governo deposto. Un membro del CRR, riporta Trtafrika, ha affermato che diversi politici nigerini si sono uniti al gruppo ma non hanno potuto rendere pubblica la loro posizione per motivi di sicurezza.

A Niamey il generale Abdurahman Tchiani, ha firmato oggi un decreto che istituisce il nuovo governo composto da 21 membri, il primo ministro Ali Mahaman Lamine Zeine e 20 ministri. I dicasteri di Difesa e Interno sono stati assegnati a due generali membri del Consiglio nazionale per la Salvaguardia della Patria (CNSP): si tratta rispettivamente dell’ex capo di stato maggiore della Difesa Salifou Mody e l’ex capo di stato maggiore dell’esercito Mohamed Toumba.

Al vertice dell’ECOWEAS invece il Niger è rappresentato dal ministro degli Esteri del governo deposto dai golpisti, Hassoumi Massaoudou.

 

Le opzioni sul tavolo

Gli sviluppi della crisi nigerina dipenderanno dalle opzioni attualmente sul tavolo.

  • Mantenere il negoziato aperto senza esasperare la crisi con la giunta di Niamey ridurrebbe il rischio di escalation e di un conflitto regionale che potrebbe destabilizzare tutta l’Africa Occidentale/Sahel ma rafforzerebbe la giunta golpista nigerina. Uno sviluppo probabilmente non accettabile per la Francia.

 

  • Limitare il contrasto al CNSP a sanzioni economiche sempre più forti eviterebbe un conflitto aperto, provocherebbe forse danni alla già debole economia nigerina anche se la vastità dei confini nigerini attraversati da tempo da traffici illegali potrebbe vanificare o ridurre l’impatto delle sanzioni. Di certo tali misure accentuerebbero la spaccatura all’interno dell’ECOWAS allontanando definitivamente il Niger dall’influenza occidentale.

  • Attuare un vasto intervento militare richiederebbe tempo e determinerebbe un conflitto di durata indefinita e fuori controllo, che potrebbe allargarsi ad altre nazioni e che favorirebbe i movimenti jihadisti attivi nella regione (nel 2022 il Niger ha subito 114 attacchi di matrice jihadista contro i circa 2mila di Mali e Burkina Faso). Occorrerebbe poi mettere a punto piani e attività d’intelligence, riunire e supportare logisticamente ingenti forze (molti più militari dei 7mila messi in campo dall’ECOWAS nel 2017 per l’intervento nel minuscolo Gambia) con mezzi terrestri e aerei per uno sforzo bellico dalla tempistica potenzialmente prolungata, con ampi costi finanziari e con la prospettiva di dover dispiegare truppe non solo a Niamey ma in tutto il Niger, grande oltre volte l’Italia. L’esercito nigeriano, che porterebbe il peso più rilevante in caso di interventi dell’ECOWAS, ha già molti impegni interni da affrontare contro i movimenti jihadisti (Boko Haram e i miliziani jihadisti dell’Islamic State West Africa Province legati allo Stato Islamico) e i separatisti del Biafra. Inoltre il successo militare contro la giunta militare del Niger non è scontato non solo per il supporto che verrebbe offerto da Mali e Burkina Faso ma anche perché la penetrazione di truppe nigeriane a Niamey non sarebbe gradito all’Algeria. Le truppe nigeriane e gli alleati di Costa d’Avorio e Senegal dovrebbero confrontarsi con le forze nigerine potenziate in questi anni dagli aiuti e dalle forniture occidentali, turche ed egiziane senza contare che un eventuale ruolo attivo delle forze francesi potrebbe venire interpretato in tutta l’Africa come un’operazione neo coloniale favorendo così la penetrazione (anche militare) russa, turca e cinese. Parigi dovrebbe poi tenere in conto il rischio che un’altra “campagna d’Africa” possa infiammare nuovamente l’insurrezione interna in molte banlieues che aprirebbe un rilevante fronte interno.

  • Condurre un’azione mirata a liberare Bazoum, con forze speciali presumibilmente francesi (già presenti a Niamey), determinerebbe in ogni caso uno stato di guerra che comprometterebbe i rapporti e gli interessi di Parigi e occidentali in Niger senza però garantire sviluppi negativi per la giunta militare di Niamey. Ogni azione militare contro il CNSP potrebbe inoltre offrire il destro per interventi esterni a sostegno dei golpisti come quello dei contractors russi della PMC Wagner. Il suo leader, Yevgeny Prigozhin, si è già reso disponibile a inviare i suoi uomini a Niamey anche se Mosca finora si è espressa a favore del ripristino del governo legittimo pur senza emettere condanne o minacciare sanzioni nei confronti della giunta golpista.

 

  • Puntare su un contro-golpe interno non offrirebbe attualmente garanzie di successo poiché non vi sono elementi che inducano a ritenere che ampie fasce della popolazione siano pronte a sollevarsi contro il CNSP né che una parte consistente delle forze militari e di sicurezza nigerine siano pronte a insorgere contro i golpisti.

La crisi nigerina resta quindi troppo complessa per poter sperare in soluzioni rapide, efficaci ma soprattutto che non ne comportino l’ulteriore aggravamento.

 

ULTIM’ORA – L’ECOWAS attiva la Standby Force

I leader della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO o ECOWAS) riuniti oggi ad Abuja (Nigeria) per il vertice straordinario chiamato a concordare le azioni da intraprendere dopo il colpo di Stato in Niger dello scorso 26 luglio, hanno ribadito la loro ferma condanna del golpe e la detenzione illegale del presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum riaffermando la determinazione a mantenere sul tavolo tutte le opzioni per la risoluzione pacifica della crisi.

L’ECOWAS ha autorizzato l’attivazione di una Forza militare d’intervento (Standby Force) per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger ordinando al Comitato dei capi di Stato maggiore della Difesa degli stati membri di attivare immediatamente tale forza militare e dispiegarla.

Nel comunicato finale del vertice la CEDEAO/ECOWAS conferma tutte le misure annunciate in occasione del precedente vertice straordinario tenutosi lo scorso 30 luglio sempre ad Abuja, e in particolare “la chiusura delle frontiere e il divieto di viaggio e il congelamento dei beni di tutte le persone o gruppi di individui i cui le azioni ostacolano tutti gli sforzi pacifici volti a garantire il ripristino armonioso e completo dell’ordine costituzionale”.

Il comunicato, inoltre, “mette in guardia gli Stati membri che, con direttamente o indirettamente, ostacolano la soluzione pacifica della crisi in Niger sulle conseguenze della loro azione dinanzi alla Comunità” (un riferimento diretto a Guinea, Mali e Burkina Faso) e invita l’Unione Africana ad approvare tutte le decisioni.

Il documento rinnova l’invito a tutti i Paesi e le istituzioni partner, comprese le Nazioni Unite, a sostenere la CEDEAO nei suoi sforzi per garantire un rapido ripristino dell’ordine costituzionale in Niger. “I Capi di Stato Maggiore avranno altre conferenze per finalizzare la missione ma hanno l’accordo della Conferenza dei Capi di Stato per iniziare l’operazione il prima possibile”, ha dichiarato Alassane Ouattara, presidente della Costa d’Avorio che metterà a disposizione un contingente di 850/1.100 uomini.

“I golpisti possono decidere di andarsene domani mattina e non ci sarà alcun intervento militare, dipende da loro” – ha aggiunto Ouattara – “Siamo determinati a reintegrare il presidente Bazoum al suo posto”. Al termine del vertice di Abuja, il presidente della Commissione ECOWAS, Omar Touray, ha ribadito “il continuo impegno per il ripristino dell’ordine costituzionale, attraverso mezzi pacifici”.

L’agenzia di stampa statunitense Associated Press, citando due funzionari occidentali, ha reso noto che i golpisti avrebbero detto a un alto diplomatico statunitense che ucciderà il presidente deposto Mohamed Bazoum se i Paesi vicini tenteranno qualsiasi intervento militare per ripristinare il suo governo. Secondo l’Ap, uno dei funzionari ha affermato che i golpisti hanno riferito al sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland della minaccia a Bazoum durante la sua visita nel Paese nei giorni scorsi. Un altro funzionario Usa ha confermato questa versione, parlando a condizione di anonimato. Nessuna fonte ha però confermato questa minaccia né vi sono state dichiarazioni in tal senso da parte del CNSP, l’organismo che rappresenta la giunta militare di Niamey.

 

Foto: US DoD/Africom, TV Niger, Twitter, Ministero Difesa Francese e Peoples Dispatch

 

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Marco LeofrigioVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1963, laurea in Scienze Politiche, si occupa da oltre dieci anni di geopolitica, strategia, guerre e conflitti, forze armate straniere, storia navale, storia contemporanea, criminalità organizzata, geo-economia. Ha scritto decine di articoli, analisi e saggi su questi argomenti. E' membro attivo della Società Italiana di Storia Militare. Dal 2011 è co-autore, con Lorenzo Striuli, di diversi articoli di storia navale sulla Rivista Marittima della Marina Militare. Collabora fin dal 2003 con Analisi Difesa.

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