Intervento militare in Niger: il rischio dell’effetto boomerang

 

Il Niger è in grado di “superare” le sanzioni imposte dopo il colpo di stato, anche se rappresentano “una sfida ingiusta”. Lo ha dichiarato ieri il premier nominato dalla giunta militare, Ali Mahaman Lamine Zeine, in un’intervista all’agenzia di stampa tedesca Deutsche Welle. “Pensiamo che, anche se ci è stata imposta una sfida ingiusta, dovremmo essere in grado di superarla”, ha dichiarato in merito alle misure prese dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) che ha accentuato le misure economiche contro la giunta di Niamey avviando i preparativi per un intervento militare.

Ad accentuare le tensioni contribuisce anche l’annuncio da parte del nuovo governo nigerino dell’incriminazione del presidente deposto Mohamed Bazoum per “alto tradimento” e per aver “minato la sicurezza interna ed esterna” del Paese. Reati che prevedono anche la condanna a morte secondo il codice penale nigerino.

Dal 26 luglio Bazoum e la sua famiglia si trovano rinchiusi nel palazzo presidenziale di Niamey e negli ultimi giorni ECOWAS, ONU, Unione Europea e Stati Uniti hanno anche lanciato appelli al rilascio del presidente, preoccupati per le sue condizioni di salute. La giunta di Niamey ha nuovamente condannato le sanzioni economiche definendole “illegali, disumane e umilianti” per la popolazione. I golpisti hanno il supporto di Mali, Burkina Faso e Guinea: il 12 agosto il generale nigerino Moussa Salaou Barmou ha guidato una delegazione a Conakry per ringraziare la Guinea del sostegno ricevuto.

Ieri a Niamey la Corte d’Appello ha annullato la decisione dell’Alta Corte che nell’aprile scordo aveva condannato a nove mesi di carcere Abdoulaye Seydou, capo del Movimento 62, gruppo politico fondato un anno or sono filorusso, ostile alla presenza francese in Niger e favorevole al CNSP.

Il 13 agosto il leader della giunta militare, generale Abdourahamane Tchiani, ha ricevuto la delegazione di leader religiosi nigeriani giunta nel Paese, a cui ha chiesto di sollecitare la revoca delle sanzioni imposte a Niamey dall’ECOWAS

Per il premier nigerino Ali Lamine Zeine “è’ stato un incontro importante che mira a riavvicinare il Niger e la Nigeria”, ma da questa mediazione voluta dal presidente nigeriano Ahmed Bola Tinubu, non sembra siano emersi elementi di rilievo per la soluzione di una crisi che sta spaccando l’Africa ma pure l’Occidente.

Costa d’Avorio, Senegal e una parte del governo nigeriano vorrebbero un rapido intervento militare in Niger contrastato o non condiviso invece da tutti gli altri membri dell’ECOWAS. Allo stesso modo la Francia (che dopo Repubblica Centrafricana, Guinea, Burkina Faso e Mali e ora Niger sta perdendo progressivamente il controllo delle sue ex colonie) sembra premere per un’azione militare contando anche sui 1.500 militari che schiera in Niger mentre USA e Ue preferiscono temporeggiare e puntare sulla diplomazia.

Il crescente malcontento in Africa contro l’Occidente potrebbe espandersi a macchia d’olio in caso di intervento militare contro la giunta militare nigerina.

Lo dimostrano anche le voci di un possibile colpo di stato militare in Nigeria, smentite dalle forze armate. Con un comunicato pubblicato su Facebook il vertice delle forze armate nigeriane hanno respinto le “inquietanti” informazioni circolanti sul web di una petizione per chiedere all’esercito di intervenire con un’azione di forza contro il presidente nigeriano, Bola Tinubu. La vicenda è collegata alle proteste scoppiate ad Abuja e in altre città nigeriane contro il possibile intervento armato dell’ECOWAS in Niger.

“Le forze armate nigeriane sono completamente a loro agio con il sistema democratico e rimangono fedeli al presidente, che è anche comandante in capo, Sua eccellenza Bola Ahmed Tinubu”, hanno ribadito i militari.

Se la fedeltà dei militari nigeriani non sembra essere in discussione, appare certo però che oltre al Senato di Abuja anche una parte della popolazione è contrario a un intervento armato in Niger, dove i golpisti sembrano godere di un ampio sostegno popolare. Un elemento riscontrabile probabilmente anche in altre nazioni della regione, specie nelle ex colonie francesi. dove la minaccia più grande è considerata l’insurrezione jihadista.

Almeno 17 soldati nigerini sono morti e altri 20 sono rimasti feriti in un attacco compiuto oggi al confine con il Burkina Faso. Lo ha riferito il ministero della Difesa di Niamey, precisando in una nota che “un distaccamento delle Forze armate nigerine che si muoveva tra Boni e Torodi è rimasto vittima di un’imboscata terroristica nei pressi della città di Koutougou (52 chilometri a sud-ovest di Torodi)”. c

L’attacco è avvenuto nella regione di Tillaberi, nella cosiddetta regione dei “tre confini” tra Niger, Burkina Faso e Mali, teatro da anni di attacchi dei gruppi jihadisti. “Il bilancio provvisorio” dello scontro è di 17 soldati uccisi e venti feriti, di cui sei gravi, “tutti evacuati a Niamey”, ha fatto sapere il ministero, secondo cui le forze armate avrebbero “neutralizzato oltre un centinaio di terroristi”.

In Niger i golpisti sembrano godere di ampi consensi. L’11 agosto migliaia di persone hanno manifestato davanti alla base francese all’aeroporto di Niamey (nella foto sopra) chiedendo il ritiro delle truppe di Parigi e scandendo slogan ostili alla Francia.

Un sondaggio realizzato da Premise Data (tra un campione di nigerini per il 62% residente nella capitale) e pubblicato il 9 agosto da The Economist ha rivelato che il 78 per cento dei nigerini sostiene la giunta militare del Conseil National pour la Sauvegarde de la Patrie (CNSP) e tra essi il 73 per cento ritiene che i golpisti debbano testare al potere per un periodo prolungato o fino a nuove elezioni.

Il 54 per cento è contrario a un intervento militare straniero in Niger mentre la metà di quanti si sono espressi a favore di un’azione militare auspicano che venga effettuata dalla Russia (che non ha mai espresso l’intenzione di intervenire limitandosi a opporsi a un’azione militare internazionale) contro un 16% a favore di un intervento americano, il 14% dell’Unione Africana e solo il 4% dell’ECOWAS.

Il consenso di cui godono i golpisti in Niger e in alcune nazioni circostanti unito all’opposizione a un’azione militare registrata in molti ambienti politici e sociali dei paesi dell’ECOWAS dovrebbero scongiurare l’ipotesi di un attacco a Niamey, innanzitutto per il rischio di infiammare l’intero Sahel in una lunga guerra che coinvolgerebbe anche Nigeria e potenzialmente anche l’Algeria.

Non va poi sottovalutato il rischio che un conflitto aperto provochi un “effetto boomerang” nelle nazioni che lo attuino per rovesciare il CNSP, con possibili sollevazioni in nazioni dell’ECOWAS contro i governi che abbiano inviato i propri contingenti in Niger ma anche in Francia dove le banlieues potrebbero nuovamente esplodere. Sviluppi destabilizzanti che potrebbero aprire la strada a ulteriori pronunciamenti militari che certo non porterebbero nulla di buono agli interessi francesi e occidentali in Africa Occidentale e Sahel. Considerazioni di cui tenere conto in vista del summit dei capi stato maggiore dell’ECOWAS il 17 e 18 agosto in Ghana.

@GianandreaGaian

Foto AFRICOM, CNSP, Ministero Difesa Francese e People Dispatch

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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