La ricostruzione della Marina Ucraina: un’opportunità per l’Italia  

 

A quasi 20 mesi dall’inizio dell’intervento russo in Ucraina le forniture militari occidentali a Kiev sono state finora concentrate soprattutto su equipaggiamenti terrestri o per la difesa aerea basata a terra.

In termini aeronautici, in attesa degli annunciati F-16 di seconda mano, il supporto fornito dall’Occidente ha riguardato aerei da combattimento di tipo russo/sovietico (Mig 29 e Su-25), elicotteri quasi tutti del tipo Mil 8/17/24 e solo in pochissimi casi di costruzione occidentale (3 Sea king ex Royal Navy e alcuni UH-70) oltre a pezzi di ricambio e armi imbarcate di costruzione statunitense o europea comprendenti razzi aria-terra, missili antiaerei, bombe JDAM, missili da crociera Storm Shadow/SCALP e anti-radar HARM.

La Marina Ucraina, già irrilevante o quasi in termini di capacità belliche alla vigilia dell’attacco russo, ha di fatto cessato di esistere dopo i primi mesi di conflitto perdendo nel maggio di quest’anno nel porto di Odessa l’ultima unità in servizio, la Yuriy Olefirenko (nella foto sotto), unità da sbarco tipo Polnocny.

Gli aiuti occidentali alle forze navali di Kiev, soprattutto britannici, statunitensi e danesi, sembra abbiano riguardato finora droni di superficie (USV) e subacquei (UUV), missili antinave Harpoon (su rampe mobili ruotate) e unità leggere veloci impiegate nel Mar Nero e sul fiume Dnepr per sbarcare sabotatori e piccole unità di fanteria.

Come appare evidente dal dibattito in corso circa la fornitura a Kiev di velivoli da combattimento di tipo occidentale (F-16 ex olandesi e danesi risalenti agli anni ’80), una piena e strutturata riconfigurazione delle  Forze Armate Ucraine su equipaggiamenti, sistemi d’arma e procedure standard NATO potrà avvenire solo in tempi medio lunghi e con ogni probabilità a guerra terminata, quando la realizzazione delle infrastrutture necessarie, l’addestramento e il dispiegamento dei nuovi velivoli, navi ed equipaggiamenti potrà svilupparsi ragionevolmente al riparo dagli attacchi missilistici russi.

Come è da tempo evidente, i finanziamenti necessari alla conversione delle Forze Armate ucraine e al loro eventuale potenziamento verranno garantiti dagli stanziamenti dell’Unione Europea, della NATO e dei singoli stati membri o da altri paesi “donatori”, interessati a sostenere militarmente l’Ucraina. Si tratterà di fatto degli stessi stati che hanno già fornito aiuti a Kiev per oltre 100 miliardi di euro, per metà stanziati dagli Stati Uniti.

In questo contesto Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania si sono già posti in “pole position” con iniziative dei governi e dell’industria della Difesa.

BAE Systems e Rheinmetall in testa: il gruppo britannico punta a realizzare in un nuovo stabilimento ucraino mille veicoli da combattimento CV90, quello tedesco produrrà in Ucraina il carro armato KF-51 Panther ed entrambi si occuperanno nei nuovi stabilimenti anche della manutenzione e riparazione di un gran numero di equipaggiamenti e sistemi d’arma già forniti a Kiev o che verranno forniti in futuro.

Se la cessione di F-16 di seconda mano sembra aprire la strada a una forza aerea ucraina basata per lo più su velivoli statunitensi (in tal senso risultano incomprensibili le pressioni nel Vecchio Continente per fornire a Kiev i velivoli da combattimento di Lockheed Martin invece di quelli prodotti in Europa), tedeschi e britannici sembrano puntare decisamente e con iniziative efficaci sulla “torta” del riequipaggiamento delle forze terrestri ucraine.

L’Italia potrebbe cogliere già ora l’opportunità di porsi come nazione guida per la ricostituzione delle forze navali ucraine, ovviamente qualora l’esito oggi incerto del conflitto permetta in futuro a Kiev di mantenere il controllo di porti e tratti costieri sul Mar Nero.

La Marina Militare dispone infatti delle capacità di addestrare il personale ucraino e di fornire alla Marina di Kiev un certo numero di unità navali, armamenti ed equipaggiamenti sfruttando inizialmente la disponibilità di un cospicuo surplus di navi recentemente radiate o in radiazione dai ranghi e che dispongono delle caratteristiche dimensionali idonee ad operare nelle acque del Mar Nero.

Più in dettaglio, la possibilità di offrire all’Ucraina 6/10 unità dal dislocamento non superiore alle 3mila tonnellate tra fregate classe Maestrale (nella foto sopra), pattugliatori classe Cassiopea, cacciamine classe Lerici (nella foto sotto) e in prospettiva sottomarini classe Sauro, consentirebbe all’Italia di acquisire un cliente a cui offrire in futuro anche unità di nuova costruzione come ad esempio le corvette europee EPC o i nuovi pattugliatori PPX oggi in fase di sviluppo.

La Royal Navy ha già avanzato alcune proposte a Kiev e donerà alla Marina Ucraina un paio di cacciamine di seconda mano mentre anche la Turchia ha avanzato proposte per forniture navali ma il potenziale che può offrire la Marina Militare italiana offre a Roma l’opportunità di assicurare all’Ucraina una flotta “chiavi in mano” completa di dotazioni ed equipaggiamenti standard NATO oltre a poter offrire con la sua industria cantieristica (Fincantieri è presente anche nella vicina Romania con due cantieri Vard) un ampio supporto per la ricostruzione e ammodernamento dei cantieri navali ucraini..

Necessario quindi già oggi sviluppare un’iniziativa politica tesa a definire un programma navale con il governo ucraino, valutando con i vertici della Marina Militare quantità, tipologia e condizioni delle navi radiate o in procinto di esserlo al fine di mettere a punto proposte e concordare un programma con la Marina e il ministero della Difesa di Kiev.

Occorre quindi valutare i costi e l’entità dei lavori di ripristino, manutenzione e refitting delle navi con l’obiettivo di presentare un programma dettagliato fin nelle tempistiche di consegna delle unità e di addestramento degli equipaggi e del personale.

I costi potrebbero venire coperti in parte da fondi UE o NATO predisposti ad hoc e in parte da stanziamenti nazionali che offrirebbero un immediato ritorno in termini di commesse e posti di lavoro presso l’industria nazionale del settore Difesa e le aziende fornitrici e subfornitrici.

Fincantieri con le aziende controllate potrebbe occuparsi del refitting delle navi e degli apparati propulsivi mentre Leonardo, MBDA Italia, Elettronica e diverse altre aziende potrebbero ammodernare o sostituire le dotazioni imbarcate, dai radar ai sistemi di combattimento, comando e controllo, protezione e difesa offrendo agli ucraini l’opportunità di scegliere equipaggiamenti e armi (artiglierie, missili e siluri) nell’ampio portafoglio di prodotti dell’industria italiana.

Le ricadute di un simile programma appaiono evidenti:

  • Incremento delle commesse alle aziende coinvolte con ricadute positive in termini occupazionali e di posizionamento sul mercato
  • Ritorni finanziari per la Marina Militare per la cessione delle unità navali surplus e la gestione della formazione e addestramento del personale ucraino
  • Sviluppo di strette relazioni bilaterali nel comparto Difesa (Forze Armate e industria)
  • Rafforzamento dell’influenza italiana in Ucraina e nella regione del Mar Nero

Come abbiamo più volte sostenuto su Analisi Difesa fin dall’inizio delle ostilità, la guerra in Ucraina sta determinando gravi conseguenze per la sicurezza economica, energetica, militare e sociale europea. In questo contesto disastroso sarebbe ancor più deleterio per l’Italia lasciare a partner e alleati il giro d’affari determinata dalla riorganizzazione ed equipaggiamento post bellico delle forze armate ucraine su standard NATO, processo che Roma sarà in ogni caso chiamata a finanziarie direttamente o indirettamente. Meglio quindi muoversi in fretta per portare a casa qualche risultato in termini di commesse, posti di lavoro e influenza nazionale.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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