Guerra Israele – Hamas: le ultime notizie

 

(Aggiornato alle ore 23,20)

In vista di un’offensiva terrestre contro il settore settentrionale della Striscia di Gaza le Israeli Defence Forces (IDF) hanno istituito sei centri logistici avanzati nel sud del Paese. Durante la notte del 20 ottobre, IDF ha colpito più di cento obiettivi militari riconducibili ad Hamas e PIJ, operando su entrambi i lati della barriera di sicurezza per raccogliere informazioni e mantenere la libertà d’azione operativa delle truppe. Secondo le fonti dell’IDF sono stati colpiti alcuni tunnel dozzine di centri operativi e di comando e alcuni depositi di armi, compreso un magazzino celato all’interno di una moschea a Jabaliya.

Continuano, inoltre, gli attacchi contro la leadership di Hamas, compreso quello portato al capo del ramo militare dei “Comitati di resistenza popolare” a Rafah, nonché a numerosi miliziani della forza “Nukhba”.

Il portavoce delle IDF, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha affermato oggi che un alto comandante di Hamas è stato ucciso in un attacco aereo israeliano notturno. “Non fermeremo i nostri attacchi sulla Striscia”, ha detto Hagari, citato dal quotidiano “Times of Israel”, aggiungendo che decine di membri di Hamas, compreso il numero due del sistema missilistico del gruppo terroristico, sono stati uccisi in attacchi notturni. “Stiamo aumentando gli attacchi nella Striscia di Gaza per ridurre le minacce alle nostre forze in preparazione alla prossima fase della guerra”, ha detto il portavoce riferendosi alla prevista offensiva di terra di Israele. “Andremo alla fase successiva nelle migliori condizioni per le IDF e in conformità’ con la decisione del livello politico”.

Un esponente governativo israeliano, citato dal quotidiano Times of Israel ha riferito che dei 7.400 razzi lanciati su Israele dal 7 ottobre il sistema di difesa Iron Dome ne ha intercettati oltre 1.100 mentre 550 sono caduti all’interno della Striscia di Gaza e più di 400 hanno colpito obiettivi in territorio israeliano. Circa gli altri 5.350 razzi non sono state fornite indicazioni ma potrebbero essere caduti in aree non abitate del territorio israeliano.

Molti attacchi si sono concentrati sul quartiere Shuja’iyya di Gaza, storico focolaio di terroristi, così come su sistemi di lancio di missili anticarro, infrastrutture di intelligence e altri obiettivi in ​​tutta la Striscia di Gaza. Il lancio di razzi da Gaza continua ad avere come obiettivo sia il sud che nel centro di Israele, fino a Tel Aviv.

Nel pomeriggio di oggi le IDF hanno ammesso che un carro armato ha bombardato accidentalmente una postazione militare egiziana vicino a Kerem Shalom, nella zona al confine con la Striscia di Gaza e hanno “espresso dolore per l’incidente” su cui si svolgeranno ulteriori indagini. Nove militari del corpo delle Guardie di Frontiera egiziane sono rimasti feriti lievemente e portati all’ospedale di el-Arish.

Israele ha bombardato anche la Cisgiordania, una moschea nel campo profughi di Jenin, dove “si rifugiava una cellula di Hamas e della Jihad Islamica che pianificava nuovi attacchi”. Le IDF hanno affermato di aver arrestato 727 palestinesi ricercati in Cisgiordania, tra cui più di 480 affiliati ad Hamas, dal 7 ottobre. Nella notte tra il 212 e il 22 ottobre sono stati arrestati 27 membri di Hamas,

Sono 212 i cittadini israeliani in ostaggio di Hamas nella Striscia di Gaza secondo quanto dichiarato nel corso di una conferenza stampa il portavoce delle IDF Daniel Hagari mentre il bilancio delle vittime finora è di circa 1.400 israeliani tra civili e militari e, secondo fonti di Hamas, di 4.651 palestinesi, dei quali il 70% civili.

Almeno il 42% (164.756) di tutte le unità abitative nella Striscia sono state distrutte o danneggiate dall’inizio delle ostilità secondo quanto riportato dal ministero dell’Edilizia Abitativa di Gaza, citato dall’Ufficio dell’Onu per gli affari umanitari (ma si tratta comunque di dati forniti da Hamas) secondo cui si stima che gli sfollati nell’enclave palestinese siano 1.400.000 con 566.000 di questi rifugiati in 148 strutture di emergenza designate dall’UNRWA.

Il 21 ottobre è stato permesso a 20 camion di aiuti di entrare a Gaza dall’Egitto attraverso il valico di Rafah. L’ufficio umanitario dell’ONU ha peraltro osservato che la quantità di rifornimenti entrati sabato costituisce solo il 4% della media giornaliera di quello che arrivava a Gaza prima delle ostilità e un’infima parte di ciò che è necessario per l’affollata enclave, dove circa metà dei 2,3 milioni di residenti della regione sono fuggiti dalle loro case. Gli ospedali sono stracolmi di pazienti e hanno esaurito la benzina per i generatori. I media egiziani sostengono che altri 40 camion entreranno a Gaza domani.

Il portavoce militare israeliano Avichay Adraee ha sostenuto invece che Hamas ha provveduto per tempo a mettere da parte un’ingente quantità di diesel nella zona di Rafah che ”potrebbe servire agli ospedali e agli impianti di depurazione d’acqua” accusando Hamas di subordinare ai propri interessi quelli della popolazione di Gaza.

 

Il fronte libanese
A nord, per preservare la flessibilità operativa delle truppe IDF contro la minaccia Hezbollah, continua l’evacuazione dei civili: ai 30.000 residenti già allontanati dalle città di confine, si sono aggiunti altri 22.000 israeliani costretti ad abbandonare Kiryat Shmona.

Se i miliziani di Hezbollah decidono di ”entrare in guerra” con Israele, la risposta dell’IDF sarà ”inimmaginabile” e per il Libano sarà la ”devastazione” totale ha ammonito oggi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Questa mattina almeno tre bombardamenti israeliani hanno colpito il sud del Libano in risposta ai ripetuti attacchi dei miliziani Hezbollah mentre un drone in avvicinamento allo spazio aereo israeliano è stato intercettato e abbattuto dal sistema di difesa aerea Iron Dome. Hezbollah ha lanciato anche un altro attacco missilistico anticarro contro apparecchiature di sorveglianza delle IDF in una postazione militare vicino alle comunità settentrionali israeliane di Manara e Margaliot.

Negli ultimi due giorni sono Continuati gli attacchi missilistici e i tentativi di infiltrazione dal sud del Libano, minacce alle quali IDF risponde con l’artiglieria e l’aviazione colpendo i siti militari e le posizioni operative e di intelligence dell’organizzazione paramilitare sciita. Nelle prime ore del 20 ottobre, in risposta agli attacchi diretti lungo il confine contro forze di fanteria israeliana, sono state colpite diverse posizioni Hezbollah e un UAV delle Forze di Difesa Israeliane ha centrato un’unità sciita che si appresta a lanciare un missile anticarro, Il 21 ottobre un attacco aereo ha colpito il villaggio di Houla e tre miliziani precedentemente identificati nella zona del confine sono stati uccisi, mentre i cecchini hanno preso di mira i terroristi che operavano nella stessa area.

Missili anticarro Hezbollah sono stati lanciati contro le comunità settentrionali di Rosh HaNikra, Kibbutz Manara e Dvorit; sono stati segnalati anche spari contro Zar’it. L’agenzia di stampa libanese, National News, ha riferito che sabato sera i bombardamenti si sono intensificati attorno a una postazione dell’esercito israeliano di fronte al villaggio libanese di Yaroun. Hezbollah riferisce che 6 dei suoi combattenti sono stati uccisi, portando a 10 il totale dei militanti libanesi uccisi dal 7 ottobre. Nella stessa notte, un drone israeliano ha lanciato un missile nell’area di Sejoud, a circa 20 chilometri (12 miglia) a nord del confine israeliano. Hezbollah non ha confermato immediatamente l’attacco, ma se fosse vero segnerebbe una grave escalation del conflitto poiché l’area in questione si trova nel profondo del Libano e lontano dal confine.

Secondo funzionari Hezbollah, sono migliaia di libanesi in fuga dal conflitto in corso: da quando Hamas ha avviato l’operazione “Tempesta Al-Aqsa”, più di 10mila civili sarebbero stati costretti ad allontanarsi dai villaggi prospicienti il confine con Israele. I più colpiti dagli effetti della guerra sarebbero gli abitanti di Nabatieh e quelli del Governatorato del Sud. Alcune famiglie avrebbero lasciato le loro case fin dall’8 ottobre, primo giorno degli scontri tra Hezbollah ed Israele, e si sarebbero trasferite nella capitale Beirut, mentre almeno cinquemila persone avrebbero trovato riparo a Tiro, storica roccaforte Hezbollah. Molti i civili costretti ad utilizzare come ricovero le moschee e le scuole, luoghi anche spesso identificati come basi operative dell’organizzazione paramilitare islamica sciita e anti Sionista libanese per il lancio dei missili.

 

Le forze di Hezbollah

Hezbollah conta su una forza regolare e su più di 50 mila riservisti ed è dotato di un arsenale ad alto potere distruttivo. Tra le unità di élite va segnalata la forza Radwan, un commando con esperienza di combattimento nei conflitti in Siria formato da circa 2.500 combattenti. Esistono stime diverse riguardo all’entità dell’arsenale di Hezbollah: una stima basata su fonti aperte indica che Hezbollah possiede circa 40.000 razzi Grad da 122 mm con una gittata di 15-20 chilometri, circa 80.000 razzi Fajr 3 e 5, Khyber, o Ra’ad 2 e 3, con gittata da 40 a 100 chilometri e circa 30.000 razzi e missili Zelzal o Fatah 110 (M600) con gittata fino a 200-300 chilometri.

Inoltre, l’organizzazione combattente sciita avrebbe ricevuto dalla Siria un numero limitato di missili Scud C e D, con una gittata di 700 chilometri, ed è in possesso di un numero rilevante di missili da crociera superficie-superficie C802, fabbricati in Cina, e Yakhont di fabbricazione russa, oltre ai missili anticarro Kornet e antiaerei SA-17 e SA-22 spalleggiabili, efficaci soprattutto contro UAV ed elicotteri. Hezbollah schiera una flotta di centinaia di droni di piccole e medie dimensioni la maggior parte dei quali auto prodotti o derivati da modelli commerciali e destinati a missioni di attacco e intelligence fino a un raggio di 400 chilometri.

 

Le forze statunitensi

Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha riferito che le unità US Navy presenti nel Mar Rosso settentrionale hanno intercettato il 20 ottobre tre missili da crociera e diversi droni lanciati dalle milizie scite Houthi filo-iraniane nello Yemen. Le armi imbarcate sul cacciatorpediniere lanciamissili USS Carney (nella foto sotto), in navigazione nel Mar Rosso, avrebbero effettuato l’intercettazione dei missili decollati dallo Yemen.

Secondo fonti siriane, nel mese ottobre l’aviazione israeliana ha bombardato in più occasioni le postazioni militari di Deir Az Zor e gli aeroporti di Damasco e Aleppo: gli attacchi punterebbe ad intensificare gli sforzi per impedire la spedizione di missili ed armi leggere dall’Iran agli alleati mediorientali, primo fra tutti Hezbollah che già controlla numerosi siti siriani deputati alla produzione di armi chimiche.

Gli Stati Uniti stanno inviando in queste ore altre forze militari in Medio Oriente in vista di un possibile allargamento del conflitto israelo-palestinese. Il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha dichiarato ieri che il Pentagono invierà altro equipaggiamento militari in Medio Oriente per sostenere Israele e rafforzare la deterrenza nella regione dopo le “recenti escalation da parte dell’Iran e delle sue milizie per procura”. I nuovi arrivi comprendono un sistema anti-missile THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) e altri battaglioni del sistema missilistico di difesa aerea Patriot, ha precisato il capo del Pentagono – che nelle ultime settimane ha già approvato l’invio in Medio Oriente di due portaerei e circa 2.000 Marines.

Un drone ha colpito la notte scorsa la base americana di Ain al-Assad, nella provincia occidentale di Anbar, senza provocare vittime. Su Telegram l’attacco è stato rivendicato da un gruppo che si autodefinisce ‘Resistenza Islamica in Iraq’. Una seconda fonte della sicurezza irachena ha detto all’Afp che l’attacco aveva coinvolto due droni suicidi. “Il primo è stato intercettato e il secondo si è schiantato a causa di un problema tecnico”, ha detto la fonte. Il Pentagono, tuttavia, ha affermato di non essere a conoscenza di tale attacco.

“Non abbiamo visto alcun rapporto operativo che confermi” che un attacco sia avvenuto sabato, ha detto un funzionario del Dipartimento della Difesa americano. Dal 18 ottobre tre basi irachene utilizzate dalle truppe della coalizione guidata dagli Stati Uniti sono state prese di mira in cinque attacchi separati: Ain al-Assad, la base di Al-Harir nel nord dell’Iraq e un campo militare vicino all’aeroporto di Baghdad.

Gli Stati Uniti hanno attualmente circa 2.500 soldati di stanza nelle tre basi, insieme a circa 1.000 militari provenienti da altri paesi della coalizione istituita per combattere il gruppo jihadista dello Stato Islamico, italiani inclusi. Gli attacchi sono avvenuti dopo che le milizie scite filo-iraniane hanno intensificato le minacce contro gli Stati Uniti. Una di queste, le Brigate Hezbollah, ha chiesto che le forze americane “lascino” l’Iraq, “altrimenti assaggeranno le fiamme dell’inferno”.

Foto IDF e US Navy

 

Eugenio Roscini VitaliVedi tutti gli articoli

Colonnello dell'Aeronautica Militare in congedo, ha conseguito un master di specializzazione in analisi di sistema e procedure all'Istituto Superiore di Telecomunicazioni. In ambito internazionale ha prestato servizio presso il Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, la 5^ Forza Aerea Tattica Alleata e il Comando NATO di AFSOUTH. Tra il 1995 e il 2003 ha preso parte alle Operazioni NATO nei Balcani (IFOR/SFOR/KFOR). Gestisce il sito ITlogDefence.

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