Lo sviluppo capacitivo dell’artiglieria terrestre dell’Esercito Italiano

 

La riconfigurazione degli strumenti operativi delle forze armate dei paesi della NATO in chiave warfighting è iniziata subito dopo l’annessione forzata della Crimea e del Donbass da parte della Russia nel 2014-2015. A seguito di quegli eventi, infatti, ci si era resi conto che, se i russi avessero voluto spingersi un po’ più a ovest non solo non avrebbero trovato difese di sorta per fermarli, ma i soldati che li avrebbero dovuti eventualmente affrontare sarebbero stati dotati di mezzi, materiali, equipaggiamento e dottrina inadeguati per affrontare un conflitto ad alta intensità.

Questo perché più di vent’anni di operazioni di stabilizzazione, counter insurgency e di contrasto del terrorismo hanno condizionato il modo di concepire le operazioni militari della maggior parte dei paesi occidentali relegando a un retaggio della guerra fredda l’impiego delle forze terrestri aeree e navali nelle operazioni difensive e offensive su larga scala in Europa.

Così, è iniziato il processo di recalibration (termine in uso nel contesto dell’Alleanza Atlantica) basato su un vasto programma di riforme concernenti la dottrina d’impiego delle forze, l’addestramento e il procurement di materiali, equipaggiamenti e sistemi d’arma dove è soprattutto la componente terrestre quella maggiormente interessata al cambio di rotta perché indubbiamente la più articolata e complessa della triade operativa. Il conflitto ucraino non ha fatto altro che imporre un’accelerazione significativa a tutto il processo offrendo tra l’altro l’opportunità di osservare tutto ciò che sta avvenendo sul campo di battaglia influenzando i contenuti della riforma e ispirando la definizione di nuovi requisiti da dover soddisfare.

In Italia, i Documenti Programmatici Pluriennali della Difesa delle ultime due edizioni (2022 e 2023), approvati nel pieno svolgimento della guerra, riflettono ampiamente questa realtà ma l’enfasi posta sulla dimensione finanziaria e del procurement distoglie l’attenzione dell’opinione pubblica dalla reale portata di questo cambiamento radicale di prospettiva che coinvolge soprattutto ingenti risorse intellettuali.

Per quanto riguarda la dimensione terrestre, la pubblicazione “Esercito 4.0” diffusa nel 2022 come supplemento al numero 3 della Rivista Militare tratteggia le linee evolutive della forza armata su un orizzonte temporale di 30 anni e individua cinque assi di sviluppo capacitivi per affrontare la nuova realtà.

In particolare, parliamo di:

1) manovra a contatto, elemento decisivo per le sorti di ogni conflitto;

2) manovra non a contatto e in profondità, in grado di operare a distanze crescenti dal fronte (dai 70 ai 150 km.);

3) manovra dalla terza dimensione, di raccordo tra le due manovre precedenti; 4) difesa aerea integrata;

5) logistica distribuita, vale a dire un sostegno di aderenza capillare in grado di alimentare l’intera forza schierata, fino alla singola piattaforma, ricorrendo a processi di automazione per il confezionamento, l’indirizzamento e la consegna dei carichi.

 

Ciascuno di questi temi è stato trattato in maniera approfondita mediante la redazione di concept papers dedicati, di imminente pubblicazione quali supplementi della Rivista Militare. Si tratta dunque di un progetto editoriale dell’Esercito realizzato allo scopo di fornire non solo le linee d’indirizzo generale di lungo termine per ciascuno dei cinque assi portanti, ma soprattutto gli obiettivi capacitivi da conseguire in ciascun ambito.

Allo stesso tempo, cosa di non poco conto, viene offerta un’importante occasione di condivisione con l’opinione pubblica di un impegno programmatico prioritario di questa forza armata che evidenzia come la sola acquisizione di mezzi e materiali di nuova generazione non crea di per sé alcuna nuova capacità se non sussiste, a monte, un poderoso impianto concettuale che la rende credibile e impiegabile.

Nel contesto appena descritto, l’asse di sviluppo della manovra in profondità merita particolare attenzione poiché riguarda l’impiego dell’artiglieria terrestre, arma della componente pesante dello strumento operativo tra le più penalizzate, assieme alla componente corazzata, dall’avvento delle operazioni di stabilizzazione.

Per più di vent’anni il personale delle unità di artiglieria è stato impiegato come unità di fanteria leggera, in scenari dove le uniche azioni di fuoco a tiro indiretto venivano eseguite ricorrendo ai mortai, distribuiti per l’occorrenza anche alle unità di artiglieria, convalidando l’idea del loro impiego dual role e compromettendo in misura significativa la capacità di pianificare, erogare e gestire il fuoco in ambienti operativi interforze e multinazionali complessi.

Così, il concept paper “La manovra non a contatto e le capacità abilitanti” (l’autore di questo articolo ha coordinato il cross-functional team istituito dallo Stato Maggiore dell’Esercito per la redazione del documento) pone le basi per riconferire all’artiglieria terrestre la centralità di un tempo rendendola in grado di operare in maniera integrata con tutti gli assetti delle unità operative dell’Esercito italiano di nuova concezione, e interoperabile con le formazioni paritetiche degli altri paesi della NATO secondo i più recenti studi di settore che hanno accompagnato negli ultimi anni lo sviluppo delle capacità di warfighting in ambito alleato.

Lo stesso titolo del documento introduce un cambio di paradigma fondamentale nella condotta delle operazioni terrestri poiché l’artiglieria viene considerata ormai non più componente di supporto al combattimento, ma vera e propria forza di manovra, come le unità di fanteria e cavalleria nella manovra a contatto, in grado di conseguire risultati determinanti sul campo di battaglia.

Questo soprattutto a causa degli effetti ottenuti dall’impiego dei nuovi sistemi d’arma (come gli HIMARS) e del munizionamento di ultima generazione (come quello circuitante). In pratica, viene posto l’accento sul fatto che l’erogazione del fuoco a tiro indiretto riguarda l’intero sviluppo della geometria del campo di battaglia (Deep, Close, Rear – in profondità, a contatto e persino dietro alla linea di contatto) e deve essere pianificato in sistema con la terza dimensione (elicotteri d’attacco, droni e forze aeree) e le unità navali. D’altronde questo concetto è stato ampiamente sperimentato nel conflitto ucraino dove non esiste praticamente un metro quadrato dell’area di operazioni che non possa essere raggiunta dagli effetti del fuoco.

Con queste premesse, il concept paper illustra il quadro strategico di riferimento e della minaccia, delineando il perimetro concettuale nel quale inscrivere lo sviluppo delle nuove capacità, per poi passare a definire il ruolo dell’artiglieria terrestre nello spazio di manovra in un contesto multi-dominio trattando aspetti chiave quali la pianificazione del fuoco ai livelli strategico, operativo e tattico, e il comando e controllo.

Viene quindi affrontato il tema delle tecnologie emergenti quali l’intelligenza artificiale, l’applicazione di autonomia alle piattaforme robotiche e i big data per finire con le considerazioni di carattere capacitivo. Qui trovano ampio spazio gli aspetti di natura dottrinale e quelli ordinativi riguardanti la riorganizzazione delle unità erogatrici del fuoco e di acquisizione degli obiettivi, o la costituzione di nuove.

Ma anche i materiali, l’addestramento e la formazione della leadership. Ogni tema è stato trattato nell’ottica di fornire chiare indicazioni sui requisiti da soddisfare e sul way ahead, in un’ottica interdisciplinare e pragmatica. La sfida ora è quella di attuare questo programma omnicomprensivo e molto ambizioso in tutte le sue articolazioni ma ci aiuta il fatto che, contrariamente a quanto avvenuto nel recente passato, è rimasto poco spazio per le indecisioni poiché lo sviluppo drammatico degli avvenimenti in Europa così come in Medio Oriente impone delle scelte obbligate da operare senza le quali qualunque strumento militare sarà condannato all’obsolescenza e alla perdita di credibilità.

Foto: Esercito Italiano

 

Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.

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