Guai seri per l’Europa senza il gas russo: lo dice (ora) anche Banca d’Italia

 

Fino a pochi mesi or sono certe cose le dicevano solo “putiniani” e “filo-russi” ma leggere oggi su un rapporto di Banca d’Italia che la progressiva interruzione delle forniture di gas dalla Russia, in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina e alla “guerra energetica” con Mosca, ha comportato un indebolimento generale dell’economia e dell’industria europea fa indubbiamente un certo effetto.

Il rapporto dal titolo “Gas naturale e macroeconomia: non tutti gli shock energetici sono uguali” valuta che le crisi di offerta del gas sono di gran lunga più dannose in termini di aumento dei prezzi – soprattutto nel lungo periodo – di quelle legate alle crisi del petrolio.

A differenza delle diverse crisi petrolifere scaturite più volte in passato a causa delle tensioni con i Paesi arabi, gli effetti negativi legati ad una difficoltà di approvvigionamento del gas risultano maggiori e più duraturi, in quanto “un aumento dei prezzi del petrolio all’ingrosso viene immediatamente incorporato nell’indice dei prezzi dell’energia, mentre un aumento dei prezzi del gas impiega circa un anno per propagarsi pienamente, con un impatto finale circa cinque volte più grande di quello iniziale”, si legge nel report.

Valutazione che prescinde dal fatto che nel frattempo gli Stati europei siano corsi ai ripari sostituendo le forniture di gas con quelle di altri Paesi o abbiano riempito in anticipo gli stoccaggi.

“I dati mostrano che le restrizioni più severe all’offerta di gas in Europa hanno sistematicamente avuto luogo a seguito di eventi naturali avversi o di tensioni politiche legate ai conflitti tra Russia e Ucraina, da ultimo quello iniziato nel 2022. Le restrizioni causano un rallentamento dell’attività economica e un rialzo dell’inflazione, come avviene nel caso di shock all’offerta di petrolio, ma la peculiare struttura del mercato del gas fa sì che tali effetti si materializzino molto gradualmente, con un picco dell’inflazione per i beni non energetici che segue di oltre due anni lo shock iniziale” si legge sul sito di Banca d’Italia nella pagina di presentazione del rapporto scritto da Piergiorgio Alessandri and Andrea Gazzani e pubblicato solo in lingua inglese (aspetto curioso per uno studio redatto per la più alta istituzioni finanziaria italiana).

Lo studio rileva che l’impatto di una crisi del gas è doppio rispetto a una crisi del greggio e che il calo dell’offerta di gas aumenta significativamente i prezzi dell’energia e dei beni primari su periodi più lunghi.

Il rapporto sottolinea come gli effetti negativi sulle forniture di metano striano “conducendo ad un calo dell’attività economica e ad una crescita significativa sia nei prezzi dell’energia che nei prezzi al consumo principali. Le nostre stime suggeriscono che la scarsità di gas causata dalla guerra sia stata un fattore chiave all’origine dell’impennata dell’inflazione in Europa nel 2022, e che probabilmente le sue ripercussioni si faranno sentire per tutto il 2023”.

Analisi Difesa evidenziò già il 4 settembre scorso che al Forum Ambrosetti di Cernobbio il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti ammise che “ la guerra in Ucraina ha già un perdente certo: l’equilibrio economico e le economie europee….”.

Nello stesso contesto l’ong Global Witness ha rivelato che i “Paesi dell’Unione Europea stanno acquistando molto più gas naturale liquefatto (GNL) russo rispetto a quanto facevano prima dell’invasione dell’Ucraina, con Spagna e Belgio battuti solo dalla Cina come primi acquirenti”.

L’analisi del luglio 2023 ha mostrato che Total è il più grande acquirente non russo di gas liquefatto dal Paese, acquistando quasi 4,2 milioni di metri cubi di GNL russo dall’inizio dell’anno. Un’analisi precedente di Global Witness ha rivelato che tra marzo e dicembre 2022, Shell ha acquistato e venduto il 12% di tutte le esportazioni russe, oltre 7,5 milioni di metri cubi di GNL.

La Spagna è ora il secondo maggior acquirente di GNL russo a livello mondiale, con il Belgio alle spalle. Nei primi sette mesi del 2023, la Spagna ha acquistato il 18% delle vendite totali della Russia, mentre il Belgio il 17%. La Cina ha acquistato il 20%. Nello stesso periodo del 2021, la Spagna era al quinto posto e il Belgio al settimo”.

Insomma, dopo aver rinunciato al gas russo via gasdotti, oggi lo compriamo liquefatto a prezzo ben più alto ma in parte ancora dalla Russia.

Come ha ricordato recentemente il giornale L’Indipendente “a quasi due anni dall’inizio della guerra in Ucraina, è possibile riscontrare con certezza che le sanzioni non hanno sortito gli effetti per i quali erano state pensate – ossia fermare la guerra e far fallire l’economia russa – e dati per certi dai politici e dai media europei, ma anche come esse si siano rivelate controproducenti per la stessa Europa, cosa spesso negata dai sostenitori atlantisti delle sanzioni e ora però confermata anche da Banca d’Italia”

Giorgia Audiello ricorda che  più di un anno or sono L’Indipendente aveva messo in luce in un articolo come le sanzioni europee contro Mosca avrebbero potuto trasformarsi nelle prime “autosanzioni” della storia, cosa che si sta di fatto verificando. Lo confermano anche i dati economici dell’Unione Europea: la Germania è entrata in recessione tecnica nell’ultimo trimestre del 2022 seguita dall’intera Eurozona che è entrata in recessione tecnica nel primo trimestre 2023.

Berlino ha risentito più di altri Paesi dell’interruzione delle forniture russe perché dipendeva da Mosca per il 50% del suo fabbisogno energetico. A questo proposito non va dimenticato l’atteggiamento dimesso e supino con cui la Germania ha accettato la distruzione dei gasdotti Nord Stream con un attentato che nessuno prova più a imputare ai russi ma bensì a nazioni amiche e alleate.

L’impatto è stato pesante non solo sul piano industriale ma anche su quello sociale. Ieri l’Ufficio federale di statistica ha rilevato l’inverno o scorso in Germania 5,5 milioni di persone (il 6,6 per cento della popolazione) non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione a causa della mancanza di denaro. “La proporzione è raddoppiata rispetto al 2021. La ragione dell’aumento è principalmente l’aumento dei prezzi dell’energia in relazione alla guerra in Ucraina”.

Al danno va aggiunta la beffa: l’economia russa appare molto più in salute di quella europea, con crescita certificata dal Fondo Monetario Internazionale di oltre il 2 per cento.

Amundi, grande gestore di fondi di investimento in Europa, ha previsto (citato dalla Reuters) che l’economia russa crescerà tre volte più velocemente di quella dell’Eurozona nel 2024 prevedendo per la Russia un + 1,5% nel 2024 e + 2% nel 2025 contro +0,5% e + 1,2% per l’Europa. Lo ha affermato il direttore degli investimenti, Vincent Mortier, che in questo contesto ha sottolineato l’inefficacia delle sanzioni imposte a Mosca. “Ciò significa che Stati Uniti, Europa, Giappone e Australia – i principali paesi sviluppati – non sono in grado di sanzionare un paese in modo efficace “.

A completare il disastro energetico ed economico europeo contribuisce anche la ritrosia statunitense a fornire al Vecchio Continente il previsto quantitativo di GNL preferendo venderlo a prezzi più redditizi sul mercato. Il Financial Times un paio di settimane or sono ha infatti riferito che alcune compagnie energetiche europee hanno chiesto a Washington e Bruxelles di intervenire nell’aspra controversia con il fornitore statunitense di GNL Venture Global LNG, avvertendo che “il rifiuto della società di onorare contratti multimiliardari di fornitura di gas naturale liquefatto minaccia la sicurezza energetica dell’Europa”.

Nella corrispondenza vista dal Financial Times, le major petrolifere europee accusano la società statunitense di “cattiva condotta” per aver trattenuto il carico concordato in base a contratti di fornitura a lungo termine e aver invece venduto GNL sul mercato spot.

Shell sostiene che l’azione “opportunistica” di Venture Global le ha consentito di raccogliere un profitto aggiuntivo di 18 miliardi di dollari a causa dell’impennata dei prezzi del gas in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, indebolendo al tempo stesso la sua capacità di soddisfare le esigenze critiche di approvvigionamento energetico in Europa. Il Financial Times ha sottolineato che “i gruppi energetici europei stanno tutti cercando di costringere la compagnia statunitense a consegnare il carico contrattato o a pagare sanzioni pecuniarie, in un processo che potrebbe richiedere anni.

La richiesta di intervento da parte della task force congiunta UE-USA sulla sicurezza energetica – istituita dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia per stimolare le esportazioni di gas statunitense verso l’Europa – segna una significativa escalation della controversia. L’organismo è guidato da alti funzionari, tra cui Ditte Juul Jørgensen, direttore generale per l’energia presso la Commissione europea, e Amos Hochstein, consigliere senior per l’energia del presidente degli Stati Uniti Joe Biden”.

Una lettera scritta da Steve Hill, vicepresidente esecutivo di Shell Energy il 27 ottobre e visionata da FT che “un comportamento così miope e senza precedenti costituisce un precedente preoccupante che potrebbe erodere la fiducia del mercato e ritardare gli investimenti nelle infrastrutture di esportazione del GNL statunitense che sono ancora estremamente necessarie per sostenere la sicurezza energetica dell’Europa”.

Circa i rapporti energetici ed economici tra Europa e USA meglio non dimenticare che la Legge Anti Inflazione statunitense ha l’obiettivo di indurre aziende europee a traferirsi in America dove l’energia costa molto meno oggi che gran parte nel Vecchio Continente ha chiuso gli accordi ultra convenienti con Mosca che assicuravano quantità di gas illimitate a prezzi concordati molto bassi.

Inevitabile poi sottolineare che responsabilità di questo disastro epocale sono da attribuire per intero alla Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen e ai governi dei singoli stati membri che ne hanno seguito acriticamente le decisioni. Proprio la signora von der Leyen ha affermato più volte che le sanzioni europee e occidentali avrebbero distrutto l’economia russa in poche settimane, concetto ripetuto da molti leader politici e opinionisti sparsi per l’Europa e l’Italia.

Quali studi e valutazioni abbiano supportato simili affermazioni non è noto ma molti analisti avvertirono che modificare radicalmente le fonti di approvvigionamento di gas senza devastare l’economia europea avrebbe richiesto diversi anni, non certo pochi mesi.

Nell’ottobre 2022 il Centro Studi Confindustria (citato anche da Analisi Difesa) valutava che “lo shock energetico da 110 miliardi, insostenibile per le imprese italiane e un’inflazione record abbattono le prospettive per l’economia, con una crescita in frenata nel 2022 e pari a zero nel 2023.  Il mese precedente previsioni pessime vennero espresse, oltre che da Confindustria, anche da Confartigianato e Confcommercio mentre l‘agenzia di rating Fitch definì una “tempesta perfetta” sull’Europa il combinato di energia, inflazione e tassi d’interesse alle stelle.

E1ppure, margini per il ravvedimento ce ne sono stati e anche ampi se nel dicembre 2022 l’agenzia Bloomberg ha reso noto che guerra e crisi energetica erano già costate all’Unione Europea mille miliardi di dollari, più o meno quanto ci costerà la ricostruzione post bellica dell’Ucraina che da Washington ci hanno già fatto sapere che spetterà a noi europei.

Nella considerazione che nessuno si assumerà la responsabilità delle politiche suicide adottate in Europa, ricordiamo che su Analisi Difesa nel giugno 2022, nell’editoriale La UE “a tutto gas” verso disastro economico e irrilevanza strategica, evidenziammo che “l’Unione Europea accelera nella corsa verso il disastro economico e l’irrilevanza politico-strategica rinunciando a ogni velleità da “grande potenza” che pure avrebbe potuto esercitare tentando di imbastire una gestione ponderata e autonoma dagli Stati Uniti della crisi determinata dal conflitto in Ucraina, 

“Mentre i vertici politici europei impostano razionamenti e austerity che determineranno una decrescita ben poco felice rischiando di far uscire dai mercati il made in Europe ingigantendo la disoccupazione e condannandoci all’impoverimento, centri studi e associazioni industriali ribadiscono in tutto il Vecchio Continente che non sarà possibile rimpiazzare in breve tempo le forniture di gas russo e che le acquisizioni da altri fornitori non saranno sufficienti in termini quantitativi e saranno molto più costose in termini finanziari.

Inoltre il nuovo corso energetico basato sullo sganciamento dalla Russia, ci renderà nuovamente dipendenti da aree geopolitiche instabili quali Medio Oriente e Africa stringendo accordi con nazioni che non ambiscono certo al podio nel ranking mondiale quanto a democrazia, diritti umani e trasparenza”. 

@GianandreaGaian

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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