La Russia punta su Haftar per ottenere una seconda base navale nel Mediterraneo

 

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Bloomberg, la Russia starebbe negoziando la costruzione di una base navale in Libia nel contesto di un più generale accordo in materia di difesa tra Mosca e l’Esercito Nazionale Libico (LNA)  del generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo vorrebbe dai russi sistemi di difesa aerea e addestramento per piloti e forze speciali. In cambio cederebbe alcune basi aeree e il diritto di ancoraggio permanente in uno dei porti libici per le navi russe, con molta probabilità quello di Tobruk.

La notizia non coglie certamente di sorpresa (Analisi Difesa la aveva anticipata già nel settembre scorso) dal momento che le mire russe sulle infrastrutture strategiche aeree e navali della Cirenaica si sono manifestate sin da quando Mosca ha appoggiato la politica espansionistica di Haftar verso la Tripolitania nel 2019 (nella foto sotto Haftar con il viceministro della Difesa russo Yunus-bek Yevkurov),

E sono almeno tre anni che il porto di Tobruk e l’aeroporto di Benina (circa 20 km a est di Bengasi e già utilizzato insieme agli aeroporti di al-Jufra e Sirte dal personale della Wagner) sono stati indicati come i luoghi dove la Russia intende replicare il “binomio” vincente siriano costituito dal porto di Tartus e dall’aeroporto di Hmeimim nella provincia di Latakia, divenuti assetti fondamentali per le operazioni russe in Siria e per la proiezione di potenza di Mosca nel Mediterraneo.

Durante la Guerra Fredda l’Armata Rossa disponeva di approdi in Algeria e a Bengasi, e la Libia di Gheddafi costituiva uno dei principali riferimenti strategici dell’Unione Sovietica nel Mediterraneo. Nulla di nuovo, dunque, dal punto di vista geopolitico se non fosse per il fatto che il gran ritorno di Mosca nello scenario libico è dovuto soprattutto a tre principali errori commessi, soprattutto da noi italiani, nella gestione della questione libica sin dal suo insorgere nel 2011.

Innanzitutto, non aver compreso che alcuni “alleati” avevano avviato un programma di destabilizzazione per colpire i nostri interessi nella ex colonia. In secondo luogo, aspetto ancora più grave, aver consentito l’intervento della NATO senza avere la minima cognizione delle conseguenze che l’abbattimento violento del regime di Gheddafi avrebbe comportato per il nostro Paese. Infine, l’aver rinunciato nel 2015 allo schieramento di una missione europea di stabilizzazione sotto egida ONU, dopo averla in parte concepita, che potesse mitigare il disastro provocato. Siamo dunque in larga parte responsabili dell’origine dei problemi che ora dobbiamo risolvere.

Quello che ci deve preoccupare, è la piega che prenderà l’evoluzione della presenza militare della Russia a seguito della guerra in Ucraina e nell’ambito del confronto strategico con la NATO nel versante meridionale dell’Alleanza, sino ad oggi sfumato ed evanescente, ma potenzialmente letale nel futuro.

Ricordiamoci che l’Italia è considerata paese ostile dalla Russia. Infatti, il secondo sbocco aeronavale nel Mediterraneo consentirà a Mosca di “saldare” la capacità di proiezione strategica siriana con quella libica in grado di minacciare i paesi occidentali sino all’Atlantico, e aprendo di fatto un nuovo potenziale fronte meridionale dove i blocchi di partenza sono a pochi chilometri da casa nostra. Un fronte dove il ruolo della componente terrestre sarebbe sicuramente trascurabile mentre quello delle forze navali e aeree invece, assolutamente prevalente.

Dal 2021 Mosca sta espandendo la sua base navale nel porto siriano di Tartus (nella foto sotto) mediante la costruzione di un bacino galleggiante per potenziare le strutture di riparazione navale del porto consentendo alla marina russa di evitare l’invio di navi alle installazioni navali nel Mar Nero.

Contestualmente, ha esteso una delle piste della sua base aerea di Hmeimim permettendo l’atterraggio e il decollo dei propri bombardieri strategici. La struttura navale siriana è affittata dal governo siriano di Bashar al-Assad, e l’accordo con la Siria conferisce al Cremlino la giurisdizione sovrana sulla base.

In Libia, la presenza militare russa è stata sino ad ora di basso profilo, poco visibile e basata soprattutto sulle capacità del gruppo Wagner. Tuttavia, è logico aspettarsi un incremento significativo delle capacità militari di Mosca in Cirenaica secondo il modello siriano nel breve periodo.

Secondo l’ex inviato speciale degli Stati Uniti in Libia Jonathan Winer, Washington prende la minaccia “molto seriamente” riporta Bloomberg. Tenere la Russia lontano dal Mediterraneo è un obiettivo strategico fondamentale. Se Mosca ottiene dei porti in Libia, ha aggiunto (ingenuamente?) Winer, ha la possibilità di “spiare” l’intera Unione Europea. In realtà, come abbiamo visto, si tratta molto di più di “spiare” e gli Stati Uniti, saranno forse costretti a rientrare seriamente nel gioco in questa regione per salvaguardare il fianco sud dell’Alleanza.

Rimane la profonda amarezza del constatare che in dodici anni dalla caduta di Gheddafi non siamo riusciti a creare le condizioni per tutelare i nostri interessi nazionali e che forse avremmo dovuto essere più cauti nel crearci un nemico alle porte di casa. In fin dei conti le coste della Sicilia sono molto più vicine di Kiev.

Foto: Ministero Difesa russo, Maxar e LNA

 

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Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.

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