Le pressioni occidentali dietro le dimissioni del capo dell’intelligence serba

 

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno chiedendo la mia testa come condizione per non imporre sanzioni alla Serbia” ha scritto Aleksandar Vulin, capo dei servizi segreti serbi considerato vicino a Mosca, nella dichiarazione con cui il 3 novembre, si è dimesso dall’incarico. Vulin ha aggiunto di non voler essere la motivazione di ricatti e pressioni sulla Serbia, spiegando che le dimissioni dalla guida dei servizi di intelligence interni (BIA) sono “irrevocabili”.

Alleato e amico del presidente Aleksandar Vucic (nella foto sotto), Vulin, 51 anni, era alla guida dei servizi da un anno e prima era stato nel 2017 – 2020, ministro della Difesa e successivamente ministro degli Interni. Non ha mai nascosto le sue simpatie per la Russia con frequenti visite a Mosche e relazioni con i servizi russi, causa rilevante delle sanzioni poste da Washington lo scorso luglio con l’accusa di sostenere Mosca nelle sue attività “maligne” e di avere legami con un trafficante di armi e un giro di traffico di droga. Sanzioni che Vulin ha commentato come la dimostrazione del suo “perseverare nella lotta per l’unità dei serbi”.

Il capo del BIA in una dichiarazione diffusa dai media ha motivato la sua decisione con il fatto che “Stati Uniti e Unione Europea chiedono la sua testa come condizione per non imporre sanzioni alla Serbia”. “Io non sono la causa dei ricatti e delle pressioni sulla Serbia e sul mondo serbo, ma non voglio consentire che io diventi pretesto di ricatti e pressioni sulla Serbia e sul mondo serbo”, ha detto Vulin, secondo il quale la Serbia e il presidente Aleksandar Vucic sono sottoposti a minacce e ricatti paragonabili soltanto con l’ultimatum austro-ungarico del 1914.

 “Ci chiedono di riconoscere il Kosovo, di abbandonare la Republika Srpska (l’entità serba di Bosnia – NdR) e di cessare di essere un Paese sovrano imponendo sanzioni alla Federazione Russa, Se accettassimo tutto ciò, la prossima richiesta sarebbe il divieto a investimenti cinesi, la dipendenza incondizionata economica e tecnologica dall’Occidente e la prosecuzione della disintegrazione politica e territoriale della Serbia con l’accettazione dei valori occidentali nei quali non vi è posto per la famiglia tradizionale e la nazione tradizionale, e in definitiva per la giustizia sociale”, ha aggiunto Vulin nella sua dichiarazione di dimissioni.

“Le mie dimissioni non cambieranno le politiche di Ue e Usa nei confronti della Serbia, ma rallenteranno nuove richieste e ricatti. Il mio sacrificio è poca cosa in confronto alla grandezza delle sacralità che io difendo”, ha concluso Vulin.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha ringraziato Vulin per il contributo dato al mantenimento della sicurezza del Paese. In dichiarazioni in serata alla tv privata Pink, Vucic ha detto che dal primo giorno della sua nomina alla guida del BIA Vulin è stato oggetto di pressioni. “Non sta a me commentare la sua decisione. Vulin è anche un mio amico col quale ho trascorso insieme tanto tempo, e capisco la sua reazione. Vi sono state su di lui pressioni sin dall’inizio della sua nomina a tale incarico, questo è chiaro”, ha affermato il presidente.

Vulin, ha aggiunto, non è mai stato un agente russo, come sostenuto da alcuni, ma ha sempre lavorato esclusivamente per il bene della Serbia. “Non vi è dubbio che ha sempre amato di più la Russia rispetto agli Usa, agli inglesi o ai tedeschi. Ma sostenere che abbia lavorato per qualcun altro oltre che per la Serbia è una assoluta menzogna”, ha affermato il presidente.

Le dimissioni di Vulin arrivano mentre la Serbia è sotto pressione da parte dell’Occidente: Belgrado ha ripetutamente condannato l’invasione della Russia in Ucraina ma ha rifiutato di aderire alle sanzioni internazionali contro Mosca e ha stretto rapporti sempre più stretti con la Cina, posizioni che influiscono sulla candidatura serba all’ingresso nell’Unione Europea.

Oggi il premier serbo Ana Brnabic (nella foto a lato), parlando alla cerimonia di apertura della sesta Fiera internazionale cinese dell’importazione a Shanghai ha dichiarato che la Serbia è orgogliosa di essere per la prima volta l’ospite d’onore di questo evento e ribadito il desiderio di rafforzare i legami e l’amicizia con la Cina. “Il fatto che la Serbia sia ospite d’onore tra diversi Paesi dimostra la qualità dei nostri rapporti e offre un’idea della futura collaborazione”.

“Oggi la Cina è pioniera e leader in molti ambiti e la Serbia è invitata e presente alla Fiera come partner e amica, ma anche forte sostenitrice della liberalizzazione degli scambi internazionali, che secondo noi contribuiscono alla pace e alla stabilità”, ha aggiunto Brnabic sottolineando  che negli ultimi sei anni il partenariato strategico e l’amicizia tra i due Paesi si sono rafforzati e la cooperazione bilaterale ha raggiunto un livello eccezionale grazie al rapporto personale tra il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, e quello della Cina, Xi Jinping. “L’impatto positivo degli investimenti cinesi sull’economia serba è incommensurabile”.

Le dimissioni di Vulin giungono appena due giorni dopo che il presidente Vucic ha sciolto l’Assemblea nazionale e indetto nuove elezioni parlamentari straordinarie per il 17 dicembre. “Cari cittadini, vi auguro delle elezioni da ricordare, viviamo in tempi difficili per il mondo intero, in tempi di sfide globali, guerre e conflitti, in tempi in cui è necessaria unità nella lotta per preservare gli interessi vitali nazionali e statali della Serbia, in un periodo in cui ci troveremo di fronte a numerose pressioni dovute alle relazioni con il Kosovo e ad altre questioni regionali e mondiali”, ha affermato Vucic nel suo discorso. Il presidente serbo ha sottolineato che per il Paese “è molto importante preservare la pace, la stabilità e la coesione interna e dimostrare di essere democratico”.

Il 2 novembre il ministro Esteri serbo Ivica Dacic ha dichiarato che il Kosovo “non ha, non può avere e non avrà mai” una propria rappresentanza diplomatica a Belgrado, “indipendentemente da come tenti di presentarsi all’opinione pubblica”.

Dacic ha reagito a un messaggio apparso sul sito web del ministero degli Esteri del Kosovo, che nella sezione “ambasciate” menziona anche quella di Serbia. “A Belgrado sono accreditate a livello di ambasciate 72 rappresentanze diplomatiche e consolari straniere, che rappresentano Stati sovrani e indipendenti, cosa che il Kosovo non è e non sarà mai”, ha sottolineato Dacic.

Lo stesso giorno il presidente Vucic ha detto che non firmerà mai una dichiarazione di riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo rispondendo alle indiscrezioni diffuse da alcuni media, secondo i quali Vucic sarebbe disposto a un accordo con Pristina e a riconoscere l’indipendenza del Kosovo subito dopo le elezioni del prossimo 17 dicembre. Si tratta, ha osservato il presidente, di menzogne e falsità analoghe a quelle diffuse dagli stessi organi di informazione che lo scorso anno avevano dato per certo che Vucic avrebbe aderito alle sanzioni alla Russia subito dopo le elezioni generali del 3 aprile 2022.

Foto: Tanjug, Presidenza Serba e Governo Serbo

 

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