L’impatto energetico su Egitto e Giordania del conflitto a Gaza

 

Con questo articolo Analisi Difesa inaugura la nuova sezione “Energia e Sicurezza” in cui la nostra redazione ed esperti del settore come Demostenes Floros prenderanno in esame con articoli, notizie e commenti alcuni aspetti energetici strettamente legati alle crisi e ai conflitti.

Un tema quanto mai attuale e di portata formidabile per gli interessi di molte nazioni e per gli equilibri strategici e geopolitici globali come dimostrano i conflitti in Ucraina e Medio Oriente.

 

L’Egitto è certamente la nazione araba più esposta alle conseguenze del conflitto nella Striscia di gaza non solo dal punto di vista della sicurezza nella Penisola del Sinai ma anche sotto il profilo energetico.

Il 2 novembre, cinque giorni dopo l’avvio delle operazioni terrestri nella Striscia, Israele ha interrotto le esportazioni di gas verso l’Egitto dal giacimento di Tamar, che riforniva Il Cairo tra 150 e 200 milioni di piedi cubi al giorno. Il Cairo aveva già annunciato il 20 ottobre che le sue importazioni di gas naturale erano scese a zero da 800 milioni di piedi cubi al giorno. Inoltre la società energetica statunitense Chevron ha chiuso le piattaforme di Gas Tamar e Leviathan e ha sospeso le esportazioni attraverso il gasdotto sottomarino EMG, che va da Ashkelon, nel sud di Israele, all’Egitto, in seguito all’escalation del conflitto tra Israele e Hamas.

Questi fattori hanno costretto il governo egiziano ad aumentare i tagli dell’energia elettrica alla popolazione a un’ora e mezza al giorno. Secondo un rapporto dell’Autorità egiziana per il gas (Gasreg), le quantità di gas naturale che l’Egitto ha importato da Israele nell’ultimo anno fiscale terminato a giugno 2023 ammontavano a 272,7 miliardi di piedi cubi di gas, rispetto ai 191 miliardi di piedi cubi del precedente anno fiscale 2021-2022.

Per far fronte ai blackout l’Egitto ha ricevuto il 7 novembre un carico di gas liquido (GNL) presso il suo terminal di Ain Sukhna nel Mar Rosso per compensare la carenza di gas israeliano. Il Cairo importa raramente GNL anche a causa dei costi elevati. Il 14 novembre Israele ha ripreso le esportazioni verso l’Egitto dal giacimento Tamar, seppur a livelli bassi come ha reso noto l’Agenzia Nova.

Le autorità egiziane hanno deciso inoltre di aumentare il prezzo della benzina, come reso noto dalla Gazzetta Ufficiale egiziana riferendo il nuovo prezzo a 10 sterline egiziane al litro, (circa 0,32 dollari) contro il precedente a 8,75 sterline. La televisione di Stato egiziana ha precisato che il gasolio non subirà invece alcun aumento. L’emittente “Extra News TV” ha riferito che il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ha ordinato al governo di razionare il consumo di carburante del 50%.

Il 9 novembre l’Oxford Institute of Energy Studies aveva valutato come improbabile che l’Egitto possa esportare GNL verso l’Europa alla luce delle attuali difficoltà. Lo scorso anno Il Cairo ha spedito l’80% delle sue esportazioni di GNL verso l’Europa che cerca sostituti alle forniture di gas russo.

Nel giugno 2022 l’Unione Europea ha firmato un accordo quadro con Israele ed Egitto ma la crescente domanda interna di gas in entrambe le nazioni mediterranee, a fronte peraltro di un calo della produzione, avevano già limitato le capacità di export verso l’Europa prima dello scoppio del conflitto a Gaza.

Secondo gli esperti citati da Oil Price.com un prolungamento o allargamento del conflitto potrebbe provocare “un grave degrado del clima degli investimenti” e gravi interruzioni del flusso energetico se scoppiasse la guerra lungo il confine settentrionale di Israele con il Libano e venisse coinvolto l’Iran. Una di queste infrastrutture energetiche critiche a rischio è l’Arab Gas Pipeline (AGP, con una capacità dichiarata di 234 miliardi di piedi cubi all’anno, 640 milioni di piedi cubi al giorno) che collega l’Egitto con la Giordania e che già in passato sono state interrotte in seguito agli attacchi condotti nella Penisola del Sinai dalle milizie dello Stato Islamico.

Le interruzioni dei flussi di gas AGP danneggerebbero maggiormente la Giordania che importa oltre il 90% del suo fabbisogno energetico, riceve attualmente 44 miliardi di piedi cubi di gas naturale all’anno dal Cairo) e fa affidamento sulle forniture di gas attraverso Israele ed Egitto

Foto: Egypt Oil&Gas e Arab News

 

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