Terrorismo e migranti illegali: l’allarme di Budapest sui rischi della “rotta balcanica”

 

Il rapporto sulla sicurezza nazionale Ungherese sulle relazioni tra migrazioni illegali e e terrorismo datato 23 ottobre di quest’anno è stato declassificato e pubblicato sul sito web del Parlamento magiaro pur se con numerosi omissis riguardanti parti che restano coperti da segreto.

Come evidenzia Hungary Today, il documento mostra che la violenza lungo il confine meridionale ungherese è in aumento con il rischio che le reti terroristiche potrebbero assumere il controllo delle rotte dell’immigrazione clandestina.

Il rapporto è stato declassificato su iniziativa del capogruppo parlamentare del partito di governo (FIDESZ) e membro della commissione per la sicurezza nazionale, Máté Kocsis, con la motivazione che anche l’opinione pubblica deve essere consapevole dei problemi legati all’immigrazione e al terrorismo.

Nel documento si legge che la protezione dell’Ungheria e dell’Europa contro l’immigrazione clandestina è assicurata dalla legislazione, dal personale in servizio alla frontiera meridionale e dalla barriera di sicurezza. Le tendenze recenti e le informazioni provenienti dalle forze dell’ordine e dalle agenzie di sicurezza nazionali mostrano che tutti questi tre elementi di sicurezza sono sotto crescente pressione mentre dal punto di vista politico e giuridico, il rapporto evidenzia come il Patto sulle Migrazioni dell’Unione Europea costituisca un rischio poichp prevede ricollocamenti nei diversi stati dell’Unione.

A questo proposito il premier Viktor Orban ha criticato il patto migratorio europeo affermando che i Paesi occidentali vogliano “costringere” l’Ungheria ad accettare questa “cattiva soluzione”.

In termini di sicurezza interna, il rapporto rileva la crescente minaccia del terrorismo, come conseguenza del conflitto tra Israele e Hamas, rappresenta un rischio crescente parallelamente all’aumento della pressione migratoria testimoniata anche dall’incremento dei clandestini respinti alle frontiere lungo la ”rotta balcanica”: il rapporto mette in guardia dal rischio che le rotte della migrazione illegale possano essere utilizzate da reti terroristiche.

Il rapporto rivela anche che in Serbia vi è una crescente concorrenza violenta tra le bande di trafficanti afghani rivelando che i servizi segreti talebani hanno preso il controllo diretto delle attività dei gruppi di trafficanti di esseri umani di origine afghana che operano nella regione della Vojvodina. Ogni notte sul confine serbo-ungherese vengono rilevati circa 1.000-1.200 attraversamenti illegali della frontiera. Nel mese di agosto, in un’ora sono stati individuati 293 clandestini in un solo punto della frontiera. Secondo il comando della Polizia Nazionale ungherese, il numero di migranti illegali fermati e riportasti sotto scorta in Serbia ha battuto ogni record nella 40a settimana dell’anno con 5.606 respingimenti.

Il rapporto valuta che il business del traffico di esseri umani, spesso accompagnato dal traffico di armi, possa finanziare e facilitare attività terroristiche e sottolinea che “le vulnerabilità nelle politiche migratorie internazionali e statali in costante cambiamento vengono facilmente identificate e sfruttate dalle organizzazioni criminali” ma valuta che, “a breve termine, l’Ungheria non sia minacciata dall’emergere di gruppi sociali chiusi”, presenti invece in molte nazioni della UE.

A lungo termine però, sottolinea il rapporto, “la saturazione dei paesi di destinazione potrebbe avere un impatto sui paesi periferici, il che potrebbe cambiare radicalmente la situazione della sicurezza pubblica in Ungheria”.

Il documento sottolinea che nelle zone di frontiera sono in aumento le violenze che mettono a dura prova il personale in servizio mentre l’impiego delle forze armate per rispondere a queste sfide porterebbe probabilmente anche ad un aumento della violenza da parte della criminalità organizzata. Il ritmo dei movimenti migratori è attualmente in “impennata di fine stagione”, causati da un lato da “un numero crescente di persone che cercano di raggiungere la loro destinazione prima dell’arrivo dell’inverno” e dall’altro “dalle autorità degli Stati di transito balcanici desiderose di trattenere il minor numero possibile di migranti nei loro territori”.

 

Il contrasto in Serbia

Le conferme più efficaci alle valutazioni espresse dal rapporto ungherese giungono dalla Serbia dove sempre più spesso vengono intercettati migranti illegali per lo più di origine afghana, pakistana e siriana che in diversi casi trasportano armi (inclusi Kalashnikov) e munizioni

I risultati dell’operazione condotta per una settimana a fine ottobre da diverse unità del Ministero degli Interni serbo nell’area di Subotica, Kikinda, Sombor e Pirot hanno permesso di bloccare 3.400 migranti illegali con il sequestro di 5 fucili automatici con 1.550 proiettili e 5 pistole. E’ stato smascherato e arrestato il gruppo di kosovari che rifornivano i migranti di armi da fuoco e munizioni mentre sino stati sequestrati 362 documenti di viaggio e un piccolo quantitativo di stupefacenti durante i controlli di ben 16mila veicoli.

All’operazione hanno preso parte 800 agenti dei seguenti reparti: unità speciale antiterrorismo, gendarmeria, unità elicotteristiche, unità mobili della polizia, polizia di frontiera e comandi regionali.

 

Le valutazioni in Italia

La “rotta Balcanica” desta preoccupazioni anche in Italia.   “Le analisi condotte, hanno chiarito che resta elevato il rischio di infiltrazione terroristica dei flussi migratori illegali via mare e via terra, specialmente attraverso la frontiera con la Slovenia, rotta lungo la quale transita la maggior parte dei migranti provenienti dalla rotta balcanica. Per queste ragioni la misura adottata dal Governo a partire dal 21 ottobre e fino al 30 ottobre 2023 è stata prorogata di ulteriori 20 giorni fino al 19 novembre 2023” ha detto il 7 novembre ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi in audizione al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen.

“In riferimento all’attività di vigilanza alla frontiera con la Slovenia – ha continuato -, alla data del 5 novembre scorso sono state controllate 28.573 persone in ingresso sul territorio nazionale e oltre 15 mila veicoli. L’attività finora posta in essere ha consentito di rintracciare 438 cittadini stranieri in posizione irregolare e di dar luogo a 240 respingimenti e 15 arresti, di cui 12 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e 65 denunce all’autorità giudiziaria”.

“La ‘rotta balcanica’ ricomprende un insieme di territori che attraversano diversi Stati dell’area interessati storicamente da una forte presenza islamista, rafforzata da un notevole numero di returnées dai teatri di guerra del Medio-Oriente. Da tali territori si irradia verso l’Europa centrale, interessando anche l’Italia, una diaspora connotata spesso dalla presenza di soggetti che costituiscono una minaccia per la sicurezza”.

 “Già da alcuni anni – ha sottolineato il titolare del Viminale – diversi combattenti stranieri balcanici e i loro familiari sono rientrati nei Paesi di provenienza. Gli oltre 1.000 combattenti, di origine e/o provenienza balcanica, a suo tempo partiti per i teatri siriano e iracheno e i circa 400 già rientrati nei territori dei Balcani rappresentano evidenti vettori di rischio per la sicurezza europea e nazionale, specie in ragione dell’expertise militare acquisita e dei legami, talora forti, stabiliti con la diaspora in Europa”.

Le informazioni disponibili – ha continuato Piandedosi – evidenziano che la quasi totalità dei migranti che attraversano il confine italo-sloveno ha precedentemente fatto ingresso in Croazia via terra. A questo riguardo deve essere sottolineato un aspetto importante: dal 1° gennaio 2023 la Croazia è entrata in area Schengen, il che ha comportato un ampliamento della linea di confine dell’Unione e, soprattutto, lo spostamento dei controlli di frontiera dal confine sloveno-croato a quello croato-bosniaco. Tale spostamento ha, a sua volta, determinato l’affievolimento dell’attività di vigilanza e controllo al confine sloveno-croato da parte delle autorità di Lubiana, con evidenti ripercussioni negative sul flusso migratorio che interessa la Slovenia e, di conseguenza, l’Italia.

E la situazione è aggravata dal perdurare del ripristino dei controlli alle frontiere interne tra Austria e Slovenia. I dati forniti al riguardo dal Comparto intelligence mostrano che, a fronte della contrazione della tradizionale rotta del mediterraneo orientale, ridottasi di oltre il 50%, è stato registrato l’aumento di oltre il 25 % dei transiti attraverso la rotta terrestre balcanica. Peraltro, tale accresciuto flusso si è anche modificato nel percorso, con un significativo indirizzamento verso l’Italia.

Le nostre informazioni – ha proseguito Piantedosi – indicano che, in territorio serbo e nel medesimo tracciato della “rotta balcanica”, sono presenti diversi campi di sosta gestiti da organizzazioni criminali, a conferma dell’attivismo delle reti delinquenziali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione illegale e della tratta in quella regione”.

Foto: Ministero dell’Interno Ungherese, Parlamento Ungherese, Ministero dell’Interno Serbo e Ministero dell’Interno Italiano

 

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