I russi vincono a Marynka, gli ucraini distruggono una nave da trasporto in Crimea (AGGIORNATO)

 

(aggiornato alle ore 21,30)

Le truppe russe hanno preso il totale controllo di Marynka. La notizia era nell’aria da settimane, da quando le forze ucraine avevano dovuto ritirarsi dal centro abitato (prima della guerra da 9mila abitanti) a 20 chilometri dalla città di Donetsk limitandosi a controllare a pochi isolati nella periferia occidentale.

La sera del 25 dicembre le forze russe hanno reso noto di aver assunto il pieno controllo di Marinka, uno dei due capisaldi ucraini nella regione di Donetsk (l’altro è Avdiivka), pesantemente fortificati da cui dal 2014 l’artiglieria di Kiev bersaglia la città capoluogo della Repubblica di Donetsk, oggi annessa alla Federazione Russa.

Il video diffuso dalle truppe russe è stato girato all’imbrunire ed è quindi probabile che le ultime resistenze ucraina siano cessate intorno alle ore 17 del giorno di Natale. Poco dopo canali Telegram militari ucraini riferivano che truppe russe erano entrate nel villaggio di Georgievka (Heorivka in ucraino), a ovest di Marynka: segno che le truppe di Kiev si erano ritirate più ad ovest.

“L’insediamento di Marynka è stato completamente liberato”, ha detto il ministro della Difesa Sergey Shoigu al leader russo Vladimir Putin durante un briefing. Shoigu ha dichiarato che con la presa della città sarà possibile proteggere più efficacemente Donetsk dal fuoco delle forze armate ucraine. Le offensive russe nella regione di Donetsk puntano a completare la conquista dell’oblast del Donbass già ufficialmente annesso alla Russia con i referendum del settembre 2022 ma le operazioni in atto nei settori di Marynka e Avdiivka hanno anche l’obiettivo di sottrarre la città di Donetsk ai continui bombardamenti dell’artiglieria ucraina.

Per questa ragione la caduta completa di Marynka riveste un valore militare e simbolico di rilievo che nulla ha a che fare con le  condizioni del centro urbano, completamente devastato dal conflitto (come mostra il video qui sotto) e da tempo disabitato come del resto tutte le città e villaggi attraversati dalla prima linea in questo conflitto.

Come spesso era accaduto anche in passato in occasione della caduta di Soledar e Bakhmut, gli ucraini hanno dapprima negato il successo nemico.

“Le battaglie per Marynka continuano, attualmente i nostri militari sono nei confini amministrativi di Marynka. Ma la città è stata completamente distrutta. Non è corretto parlare della completa cattura di Maryinka”, aveva dichiarato Oleksandr Shtupun, un portavoce dell’esercito ucraino, la sera del 25 dicembre. Ieri invece il capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, generale Valery Zaluzhny, ha riferito che l’esercito di Kiev ha ritirato la linea difensiva fuori dalla città, dopo averla difesa “strada per strada” e “giorno dopo giorno”.

Ancora una volta gli ucraini sembrano aver voluto gestire la sconfitta con un’operazione di maquillage mediatico teso a ridurre l’impatto della vittoria russa a Marynka nascondendolo dietro il successo conseguito con l’attacco missilistico effettuato con aerei Sukhoi Su-24M armati di missili da crociera SCALP/Storm Shadow che ha colpito e distrutto la nave da trasporto e operazioni anfibie da 4mila tonnellate Novocherkassk (LST tipo Ropucha) nel porto crimeano di Feodosia.

La nave varata nel 1987 è in grado di sbarcare 10 mezzi corazzati e 250 militari ma viene anche utilizzata per compiti di trasporto. Mosca ha ammesso il danneggiamento dell’unità navale, secondo gli ucraini carica di munizioni e droni iraniani Shahed, ma le immagini diffuse escluderebbero la possibilità di poter effettuare convenienti riparazioni.

Mentre gli ucraini esaltano il successo ostentandolo di fronte a un Occidente sempre più avaro di aiuti militari, i russi hanno cercato di ridimensionare l’accaduto. Le autorità della Crimea hanno minacciato di perseguire i testimoni oculari che hanno diffuso foto e video dell’incendio nel porto precisando che “le ostilità sono in corso, di tanto in tanto il nemico colpisce la Crimea. Ci sono raid e successi”.

Secondo media russi indipendenti a bordo della Novocherkassk ci sarebbero stati 77 uomini di equipaggio, 33 dei quali risulterebbero dispersi mentre 19 sarebbero rimasti feriti,

Il 4 novembre scorso i Su-24M ucraini lanciarono 15 missili da crociera SCALP/Storm Shadow sul cantiere navale Butoma a Kerch: secondo Mosca 13 missili vennero intercettati ma 2 colpirono i cantieri navali danneggiando la nuova corvetta missilistica Askold (Classe Karakurt – nella foto sotto).

Gli ucraini hanno quindi colpito ancora una volta con i missili da crociera francesi e britannici – che da due mesi non venivano utilizzati (forse erano esauriti o più facilmente i depositi erano stati distrutti da alcuni bombardamenti mirati russi nella regione di Zhytomir) – le installazioni navali (porti e cantieri) e le navi della Flotta del Mar Nero che ormai hanno lasciato la base di Sebastopoli, troppo esposta a missili e droni aerei e marini ucraini, per ripiegare su Feodosia e Novorossysk.

Il successo ucraino, pagato secondo i russi con la perdita di 2 Su-24M di cui gli ucraini disporrebbero ancora in non più di 7 unità, è stato utilizzato per esigenze di guerra psicologica (Psy Ops) per mettere in ombra la ben più rilevante sconfitta di Marynka.

“La flotta russa è diventata più piccola”, ha dichiarato il comandante dell’aviazione Ucraina Mykola Oleschuk, in un post pubblicato su Telegram. “Sono già emerse foto in cui della nave è rimasto solo uno scheletro, tutto il resto è stato bruciato”, gli ha fatto eco il portavoce delle forze aeree ucraine, Yurii Ihnat. Il presidente Volodymyr Zelenmsky ha ringraziato l’Aeronautica per il successo conseguito.

In soccorso alla propaganda ucraina è giunto il ministro della Difesa britannico Grant Shapps, con un post su X. “Quest’ultimo danno subito della marina di Putin dimostra che coloro che credono che ci sia una situazione di stallo nella guerra in Ucraina si sbagliano! Non si sono accorti che negli ultimi 4 mesi il 20% della flotta russa del Mar Nero è stata distrutta”.

Mobilitati anche i media: in Italia quasi tutti i siti dei grandi quotidiani (i giornali ieri non sono usciti in edicola) evidenziavano l’attacco ucraino alla nave ignorando la vittoria russa sul campo di battaglia. Un “film” già visto in maggio quando cadde in mano russa Bakhmut.

In realtà Shapps ha ragione, non si può parlare di stallo nel conflitto in Ucraina ma non per la distruzione di un LST della Flotta del Mar Nero ma perché lungo quasi tutto il fronte i russi hanno assunto da molte settimane l’iniziativa e avanzano lentamente ma costantemente.

I russi avanzano verso ovest da Marynka verso Kurakovo lungo la statale 15, da Bakhmut avanzano verso Chasyv Yar che costituì la retrovia logistica delle forze di Kiev che difesero invano Bakhmut fino al maggio scorso. Anche Avdiivka, la città del Donbass più fortificata dagli ucraini è ormai perduta come mostra inequivocabilmente la mappa qui sotto. Solo un contrattacco ucraino su tutto il fronte di Donetsk potrebbe rovesciare le sorti di questa lunga battaglia che Analisi Difesa raccontò con un reportage di Gian Micalessin nell’aprile scorso.

A ovest di Soledar i russi puntano su Siversk, più a nord sono avanzati ancora verso Kupyansk imponendo agli ucraini di ritirarsi dall’area di Sinkovka dopo aver fallito diversi contrattacchi mentre a sud le postazioni espugnate a prezzo di tante vite dagli ucraini durante la controffensiva sul fronte di Zaporizhia vengono riconquistate dai russi che nei settori di Vuledar e Orekhov potrebbero tentare di accerchiare ingenti forze ucraine.

Esaurita la spinta della fallita controffensiva le truppe ucraine perdono terreno quasi ovunque facendo i conti anche con carenze di armi e munizioni.

Il bollettino dello stato maggiore ucraino ieri sottolineava che “il nemico utilizza attivamente aerei tattici e quadricotteri FPV [droni] , effettuando operazioni d’assalto con il supporto di veicoli corazzati” e che “il numero degli attacchi di artiglieria è aumentato” negli ultimi giorni. “La situazione operativa nell’Ucraina orientale e meridionale rimane difficile”.

Nel sud del Paese, nota in particolare lo stato maggiore, “gli occupanti non rinunciano all’intenzione di scacciare le unità ucraine dalle loro posizioni sulla riva sinistra del Dnepr”, ma “le truppe ucraine continuano a mantenere le loro posizioni e sparare al nemico. L’Oblast di Kherson è anche uno dei territori in cui si è intensificato il fuoco dell’artiglieria russa.

Nella regione i marines ucraini sbarcati sulla sponda est del Dnepr sono stati inutilmente sacrificati per dimostrare che Kiev continua a cercare riconquistare i territori perduti: ma non ha alcuna speranza di farlo se le unità che può trasportare oltre il fiume sono poche decine di fanti a bordo di piccole motovedette fluviali bersagliate dai droni russi. Nella battaglia del villaggio di Krynky, bersagliato da bombe aeree guidate e artiglieria dalle truppe russe, sono rimasti uccisi secondo notizie di fonte ucraina centinaia di marines ucraini e almeno due dozzine di imbarcazioni sono andate distrutte senza alcuna speranza di successo.

Sul fronte meridionale nei giorni scorsi gli ucraini sono riusciti ad abbattere ben 3 bombardieri russi Sukhoi Su-34 (probabilmente con i missili terra-aria Aster 30 o Patriot), un successo che non compensa le disastrose perdite subite dalle flotte di velivoli da combattimento ucraini Mig 29, Su-27, Su-24 e Su-25, decimati nei mesi della controffensiva ucraina (giugno-novembre) con 37 abbattimenti rivendicati da Mosca ma non negati da Kiev tra inizio ottobre e inizio novembre.

Successi attribuiti da alcuni osservatori ad un miglior coordinamento tra postazioni missilistiche terra-aria (inclusi gli S-400 a lungo raggio) i radar volanti A-50 e i velivoli da combattimento Su-35 e Su-57 (nella foto sotto) dotati di missili aria-aria a lungo raggio.

La carenza di aerei ucraini trova del resto conferma nelle frenetiche iniziative anglo-americane tese a reperire sul mercato velivoli di tipo russo/sovietico di seconda mano da girare all’Aeronautica Ucraina (pressioni sarebbero state effettuate, per ora invano, su Malesia e Perù che dispongono di caccia Mig 29) e nelle sempre più frequenti notizie di un più rapido dispiegamento di F-16 in Ucraina.

“Il primo gruppo di piloti ucraini di F-16 ha completato un programma di addestramento di base nel Regno Unito. Questi piloti stanno ora imparando a pilotare aerei da caccia F-16 in Danimarca” ha detto ieri il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov.

Il settimanale statunitense Newsweek ha oggi riferito che alcuni F-16 sarebbero già in Ucraina a disposizione delle forze armate ucraine. Ma l’ipotesi non è trova conferme, non risulta vi siano basi aeree ucraine già attrezzate per il supporto logistico a tale velivoli né piloti ucraini già completamente addestrati anche se non si può escludere che la Legione Internazionale che allinea migliaia di volontari stranieri che combattono al fianco delle truppe di Kiev possa schierare anche iloti di aerei da combattimento.

Inoltre, aspetto non secondario, se vi fossero F-16 in volo sull’Ucraina i russi ne avrebbero avuto immediatamente piena consapevolezza e lo avrebbero probabilmente reso noto con ampio risalto.

Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, nella conferenza stampa di fine anno ha detto che “gli sforzi principali nell’ultimo anno si sono concentrati sul raggiungimento degli obiettivi dell’operazione militare speciale. Il principale è stato quello di interrompere la controffensiva delle forze armate ucraine dichiarata a gran voce dall’Ucraina e dai suoi alleati della NATO. Questo compito è stato completato con successo”.

In realtà nell’anno che sta per concludersi, caratterizzato sul piano militare dalla fallita controffensiva ucraina, i russi  hanno vinto battaglie lunghe, sanguinose e significative sui fronti del Donbass conquistando Soledar (in gennaio), Bakhmut (in maggio) e ora Marynka.

Il conflitto quindi non è in stallo ma non è ancora chiaro se l’inverno porterà a una stabilizzazione del fronte o se vedrà i russi disporre della capacità e della volontà di lanciare un’offensiva su vasta scala, oppure se risulterà a Mosca più conveniente mantenere una crescente pressione lungo tutto il fronte per guadagnare terreno senza costi e sforzi troppo elevati.

Il generale Oleksandr Tarnavskyj. comandante delle forze ucraine nella regione di Donetsk, ha previsto in un’intervista all’emittente televisiva britannica BBC un 2024 molto difficile. “Penso che il prossimo anno sarà probabilmente ancora più difficile. Dobbiamo finire di combattere e liberare i nostri territori. E più ci si avvicina a questo compito, più la situazione diventa complicata”.

L’impressione, confermata anche dall’acceso dibattito sul crollo verticale degli aiuti militari occidentali e dalle polemiche sul difficile arruolamento di un altro mezzo milione di ucraini, è che Kiev sia in gravi difficoltà che rischiano di determinare anche un crollo del morale delle truppe, specie dopo le tremende perdite subite nella controffensiva.

Come fecero i russi nel 2022, oggi la carenza di truppe, mezzi e munizioni, dovrebbe indurre lo stato maggiore di Kiev a valutare un ampio ripiegamento almeno sui fronti di Zaporizhia e Donetsk, teso ad accorciare le linee per meglio difenderle su un terreno vantaggioso.

Cominciando innanzitutto dal ritiro da alcune aree la cui difesa è troppo costosa in termini di perdite, usura e consumi. A Kiev alcune fonti militari non nascondono le pressioni su Zelensky affinché autorizzi il ritiro da Avdiivka, ormai indifendibile dopo che i russi sono avanzati in profondità a nord e a sud della città colpendo le poche vie di rifornimento. La città è destinata in ogni caso a cadere ma ritirare la guarnigione finché possibile eviterebbe altre migliaia di morti, feriti e prigionieri.

Finora il presidente si è opposto a ogni ritirata, convinto che cedere terreno contribuisca a demotivare i già stanchi alleati occidentali dal fornire aiuti all’Ucraina.

@GianandreaGaian

Foto: Gian Micalessin, Telegram, Depp State UA, ISW, Ministero Difesa Russo, Ministero Difesa Ucraino

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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