Le favelas come Gaza: le lezioni dei reparti speciali brasiliani BOPE e CORE

 

Il 23 e 24 novembre, presso Valtro Firearms SRL di Tavarnelle Val di Pesa (Fi), si è tenuto un evento eccezionale. La storica azienda armiera toscana, in collaborazione con STAM – Strategic & Partners Group di Gianpiero Spinelli, ha ospitato per la prima volta in Italia i comandanti dei due celeberrimi reparti d’élite della Polizia di Rio de Janeiro: il tenente colonnello Uirà do Nascimento Ferreira del BOPE ed il delegato di polizia Fabricio Oliveira Pereira del CORE.

Nella prima giornata i poliziotti brasiliani, in presenza dei dirigenti Valtro, Pietro Buzzi e Maurizio Fulignati, hanno condotto una serie di test a fuoco – e non – sulle innovative pistole della serie PF9.

Armi che, nelle differenti versioni, hanno suscitato l’interesse e l’approvazione dei professionisti carioca per l’elevata qualità in tutte le loro parti ed il concetto aziendale: piattaforme Glock compatibili che si sono contraddistinte per robustezza, marcante equilibrio, gestibilità e rinculo molto contenuto.

Fondamentale anche l’aspetto “affidabilità”, visto che le armi corte consentono ai poliziotti di difendersi proprio quando sono più vulnerabili. Tra il 2016 e 2020, infatti, dei 506 agenti uccisi nello Stato di Rio de Janeiro, ben 358 erano fuori servizio. Diversi prodotti Valtro Firearms, quindi, partiranno presto per ulteriori cicli di prove ed omologazione in Brasile.

Il venerdì, invece, è stata la volta di un partecipatissimo seminario dal titolo Operazioni di Polizia in aree di conflitto – Controllo territoriale armato nello Stato di Rio de Janeiro. Un’intensa mattinata in cui i comandanti Ferreira ed Oliveira Pereira hanno presentato i propri reparti, attività e teatri operativi – le famigerate favelas di Rio – ad una platea di operatori delle forze speciali italiane: Col Moschin, GOI, RIAM, GIS, Tuscania ed altri ancora.

Tra professionisti italiani e brasiliani è subito nato un vivace ed arricchente interscambio di esperienze e lessons learned. Nel pomeriggio, infine, durante la conferenza stampa con i giornalisti, si è tenuto un debriefing sulle attività condotte nelle due giornate. A conferire una maggior attualità al seminario, supportato da una serie di filmati inediti, riferimenti alla striscia di Gaza, nonché  a quei quartieri periferici di città europee sempre più sulla via di una cosiddetta “favelizzazione”.

Preziose anche le testimonianze di Gianpiero Spinelli che, sia in Brasile che in Israele, ha operato in prima persona, come raccontato nel libro Caveira. Tra i vari contesti, infatti, è stato possibile individuare numerosi punti di contatto, ma anche quelle differenze che rendono un teatro operativo – sempre e comunque – diverso da un altro. Di seguito, un recap degli argomenti trattati.

 

CORE e BOPE

La Coordenadoria de Recursos Especiais – Coordinamento Risorse Speciali – o CORE (il cui motto e “Falcao Sempre” cioè “Sempre Falco”), è un’unità tattica per operazioni speciali della Polizia Civile dello Stato di Rio de Janeiro. Col nome di Gruppo Operazioni Speciali del Segretariato di Pubblica Sicurezza – GOESP, il reparto è stato creato nel luglio 1969 per ordine del Segretario di Pubblica Sicurezza, Generale Luís França Oliveira in risposta ai primi focolai di terrorismo nel Paese.

L’obiettivo era la creazione di una squadra d’élite per il supporto ad altre unità della Polizia Civile in operazioni particolarmente complesse e pericolose. Gli uomini del GOESP, reclutati tra le fila della Polizia Civile e Militare, Esercito e Vigili del Fuoco sulla base di esperienza sul campo e spiccato coraggio, venivano poi addestrati dalla Brigata Paracadutisti dell’Esercito brasiliano.

Nel corso degli anni il gruppo iniziale di 12 operatori, comandati dell’ispettore investigativo José Paulo Boneschi, ha visto i propri numeri, incarichi e specialità ampliarsi ed evolversi considerevolmente. Lo stesso nome è stato più volte modificato – GOESP, SERESP, DAO, CAO, CINAP – prima di giungere a quello attuale.

Il CORE può contare, oggi, su di una forza di circa 300 uomini che vanno dalle operazioni speciali alla logistica, passando per le operazioni marittime e fluviali, recupero ostaggi, Crisis Management, artificieri, unità K9, operazioni aeree e tiratori scelti. L’unione di quest’ultime due ha portato alla creazione di uno dei fiori all’occhiello del reparto: i tiratori imbarcati.

Il SERESP, predecessore del CORE, infatti, è stata la prima unità di Polizia in Brasile ad addestrare tiratori scelti e, quindi, a primeggiare nella specialità e sue trasposizioni. Il core business del CORE, però, resta il supporto ad altre unità di Polizia in aree ad alto rischio: è il primo ad entrare nelle favelas e l’ultimo ad uscirne, proteggendo altri reparti che si occupano di perquisizioni, mandati di cattura o rilievi sulla scena del crimine.

Per quanto riguarda l’addestramento, il CORE dispone di una sezione molto quotata che addestra non solo il proprio personale, ma anche quello di altri reparti di Forze dell’Ordine ed Armate, nazionali ed estere. In particolare di Stati Uniti, Israele, Colombia e Francia con cui si è creata una vivace collaborazione.

Addirittura, tale unità addestrativa, “pioniera” del breaching in Brasile, ha sviluppato una tattica propria di CQB. Ribattezzata Entrada COREEntrata/Irruzione CORE, è stata elaborata sulle esperienze degli operatori per garantire una maggiore sicurezza nelle operazioni.

Il BOPE o Batalhão de Operações Policiais Especiais – Battaglione per le Operazioni Speciali di Polizia – invece, è l’unità tattica della Polizia Militare di Rio de Janeiro il cui motto è “Caveira” (“Teschio”). Le sue origini risalgono al 1978, con la fondazione del NuCOE su iniziativa dell’allora capitano della Polizia Militare Paulo César Amendola de Souza.

La creazione di una nuova unità di Polizia, in grado di operare in situazioni di estremo rischio e di presa di ostaggi, si era resa necessaria per la crescente minaccia del crimine organizzato ed in seguito ai fatti dell’Istituto Penitenziario Evaristo Moraes; tragedia di cui Amendola de Souza era stato testimone.

Nel 1974 un tentativo di evasione si era concluso con la morte del direttore del carcere e di diversi detenuti in seguito all’intervento della Polizia. Amendola de Souza, entrato nel GOESP nel 1970, era, quindi, tornato alla Polizia Militare di Rio de Janeiro per creare, nel 1978, quello che sarebbe diventato l’embrione dell’attuale BOPE.

Nel corso degli anni il battaglione ha subito numerose riorganizzazioni, nonché variazioni di nome: NuCOE, COE, NuCIOE, CIOE ed, infine, BOPE. Tuttavia, le sue prerogative sono rimaste le operazioni speciali nelle favelas e contesti urbani proibitivi: supporto di fuoco, liberazione di ostaggi – alquanto frequenti sugli autobus brasiliani, operazioni antidroga, repressione di rivolte nelle carceri ed, anche, attività in zone paludose e di montagna.

Selezione ed addestramento sono molto duri e rigorosi per poter arrivare a disporre di operatori in grado di superare i propri limiti fisici, mentali ed emotivi nelle delicatissime situazioni che saranno chiamati ad affrontare. L’esame finale: una reale operazione in una favela. Attualmente il BOPE dispone di circa 400 uomini suddivisi, dal 19 gennaio 2022, in quattro compagnie a seconda delle attività operative: Compagnia di Intelligence per le Operazioni Speciali, Compagnia d’Intervento Tattico, Compagnia Operazioni e Compagnia Comando e Servizi. Tra gli effettivi di queste unità si annoverano

tiratori scelti, negoziatori, operatori K9, genieri e demolitori, team di liberazione ostaggi ecc. BOPE e CORE, come è solito ripetere ironicamente il tenente colonnello Ferreira, sono “gemelli separati alla nascita; figli della stessa madre”.  Cercando di tracciare un parallelo con la nostra realtà potremmo – azzardatamente? – equiparare il CORE al NOCS della Polizia di Stato ed il BOPE ai Carabinieri del GIS.

Le due unità tattiche brasiliane, pur con le proprie peculiarità – legate all’appartenenza alla Polizia Civile, l’uno e alla Polizia Militare, l’altro – hanno imparato ad operare congiuntamente ed efficacemente, lasciando da parte le rivalità. Sintomatica la nuova bandiera che, su sfondo rigorosamente nero, riporta gli stemmi dei due reparti.

Entrambi, superate le 500.000 ore di conflitto in aree urbane, sono diventati, ormai, punti di riferimento per le forze di Polizia di tutti gli Stati e città del Brasile che, a loro volta, hanno creato le proprie unità tattiche. La dura quotidianità delle operazioni e degli scontri a fuoco, l’istinto di sopravvivenza ed una grande umiltà e flessibilità hanno fatto raggiungere ai due reparti livelli tali da non trovare eguali al mondo, perlomeno nei contesti urbani.

 

Armi e mezzi

Per portare a termine le proprie operazioni, CORE e BOPE hanno armi e mezzi di cui le normali forze di Polizia non dispongono. Tra le armi tutta una serie di fucili calibro 7,62 – AR 10, G3, M-24, M-40 e PSG1 – e 5,56 – M-4 e M-16, nonché pistole mitragliatrici e pistole da 9 mm e .40 – HK MP5, Glock, Taurus ecc. Immancabili anche fucili calibro .12  – Benelli e SPAS e, addirittura, mitragliatrici leggere Minimi M-249.

Insomma, un variegato arsenale per contrastare miliziani e narcotrafficanti sempre più agguerriti ed armati fino ai denti. I calibri 5,56 e, soprattutto, 7,62 sono i preferiti; non solo per una maggior potenza di fuoco, ma anche per l’effetto intimidatorio che sortiscono nei criminali. Dalle intercettazioni telefoniche, infatti, è emerso che questi non temono il 9 mm, considerato “per andare a caccia di uccellini!”

Entrambi i reparti hanno in dotazione anche veicoli corazzati, tra cui i nuovi Maverick sudafricani chiamati Caveirão o Pacificador. Utilizzati principalmente come protezione per gli operatori a bordo e come arieti per sfondare barricate, questi mezzi non presentano armamento proprio, bensì apposite feritoie che consentono al personale a bordo di utilizzare le armi individuali.

Nel corso degli anni questi sono stati sottoposti a numerosi upgrade: dai primi furgoni portavalori blindati adattati a trasporto truppe, agli odierni veicoli appositamente concepiti. Tra gli altri veicoli in dotazione, anche pale gommate per la rimozione di barricate e moto da cross per addentrarsi negli angusti e ripidi vicoli delle favelas.

BOPE e CORE – quest’ultimo, in particolare – dispongono anche di una componente aerea, con elicotteri Bell Huey II, Airbus AS 350 e AS355. Velivoli utilizzati non solo per il dispiegamento di uomini, ricognizione ed evacuazione di feriti, ma anche per il supporto aereo ravvicinato grazie ai tiratori che possono esservi imbarcati.

 

Le Favelas di Rio de Janeiro

La città di Rio de Janeiro, con una superficie di circa 1.200 km2 e 6,75 milioni di abitanti stimati, presenta ben 1.413 favelas. Si tratta di agglomerati di alloggi realizzati in mattoni e materiali di scarto che sorgono, spontaneamente e disordinatamente, alle periferie delle grandi città – o sui pendii di Rio de Janeiro, senza seguire alcun piano regolatore.

In condizioni abitative precarie e prive di accesso ai servizi pubblici basilari come sanità ed istruzione, vivono più di 1, 5 milioni di persone; ovvero il 22% della popolazione di Rio de Janeiro. Tra le più grandi: Rocinha (69.356 abitanti), Rio das Pedras (54.793), Jacarezinho (37.839), il gruppo di diciassette favelas chiamato Complexo da Maré (129.770) ed un altro di tredici chiamato Complexo do Alemão (69.143).

Sin dalla loro nascita, le favelas – la prima di Rio è stata Morro da Favela, formatasi dopo la Guerra di Canudos del 1893-1897, sono risultate realtà problematiche, turbolente ed al di fuori del controllo istituzionale.

I primi gruppi criminali organizzati in Brasile hanno fatto la loro comparsa intorno agli anni 70, nell’ambito della repentina urbanizzazione del Paese. Disoccupazione e disuguaglianze hanno favorito la nascita di economie illegali nelle aree periferiche delle città, nonché autorità alternative a riempimento del vuoto di potere lasciato dal Governo centrale; visto – spesso, non a torto – incurante della situazione o, addirittura, oppressivo.

Le gang criminali hanno continuato a proliferare, in particolare nello Stato di Rio de Janeiro, per poi espandersi ad altre realtà del Brasile. Il controllo delle favelas di Rio de Janeiro è al centro di una vera e propria guerra che è, sostanzialmente, in corso dal 2006. Un sanguinoso ed ininterrotto conflitto che vede contrapporsi narcotrafficanti, milizie e forze governative.

Le organizzazioni di trafficanti di droga sono, appunto, dedite al traffico di stupefacenti, armi ed altro. Tra queste il Comando Vermelho, la più grande ed antica di Rio de Janeiro, Amigos dos Amigos e Terceiro Comando Puro.

Le milizie, invece, sono gruppi di ex poliziotti e militari organizzatisi privatamente dalla fine degli anni ‘60 per proteggere dal crimine residenti e commercianti. Tuttavia, a fine anni ‘80 si sono trasformate in organizzazioni criminali feroci e ben strutturate. Esse forniscono illegalmente servizi – internet, tv via cavo, trasporti, costruzioni – nelle favelas per i quali riscuotono tributi e tasse di protezione. Rispetto ad altre organizzazioni, le milizie hanno anche ambizioni politiche, corrompendo candidati locali che tutelino i loro interessi ed esercitando pressioni sugli elettori affinché li votino. Generalmente, cercano di evitare gli scontri con le forze di sicurezza.

La più grande milizia di Rio de Janeiro, nata alla fine degli anni ’90 come Liga da Justiça, è Bonde do Zinho. Le diverse tipologie di organizzazioni criminali risultano difficilmente distinguibili, essendo, ormai, tutte dedite a corruzione, traffico di armi, estorsioni ed omicidi. Addirittura, sono nati gruppi criminali ibridi come le narco-milizie.

Attualmente l’80% delle favelas è in mano ai narcotrafficanti, con il Comando Vermelho che ne controlla il 60%; le più popolose e collinari, nelle zone meridionali, centrali e settentrionali della città: Rocinha, Complexo do Chapadão e Complexo do Alemão per citarne alcune. Le roccaforti del Terceiro Comando Puro sono invece concentrate principalmente nelle zone a nord ed est di Rio.

Solo un 20% – in termini numerici – delle favelas è controllato dalle milizie che, tuttavia, si piazzano al primo posto se si parla di estensione territoriale. Questo, in particolare, nella parte occidentale della città, nelle zone più pianeggianti. Gli attuali trend vedono una crescita esponenziale delle milizie ed un’alleanza tra Bonde do Zinho e Terceiro Comando Puro ai danni del Comando Vermelho.

 

Operazioni “pre” e “post-covid”

 Le operazioni che BOPE e CORE effettuano oggi all’interno delle favelas presentano tutta una serie di limiti rispetto al passato. A partire dal 2008, in vista del Campionato mondiale di calcio 2014 e dei Giochi Olimpici 2016, è stato lanciato un “programma di pacificazione”: vere e proprie invasioni ed occupazioni delle favelas da parte di speciali Unità di Polizia Pacificatrice – UPP. Si procedeva, poi, ad introdurre servizi pubblici – sanità, educazione, utenze domestiche – ed iniziative varie – lavorative in primis – per fornire opportunità ed alternative di legalità alla popolazione.

Dal novembre 2010, per rispondere ad una serie di attacchi criminali che hanno paralizzato parti della città di Rio de Janeiro, sono scese in campo, addirittura, le Forze Armate. Massicce operazioni militari che, sostanzialmente, si sono ripetute fino al dicembre 2018 in varie favelas della città: Vila Cruzeiro, Complexo do Alemão, Complexo da Maré, Vila Kennedy ecc.

Tuttavia, il 5 giugno 2020, sulla base di una petizione di organizzazioni per i diritti umani e movimenti vari presentata dal Partito Socialista Brasiliano – ADPF 635, la Corte Suprema ha ordinato la sospensione temporanea delle operazioni nelle favelas durante la pandemia di COVID-19; salvo casi eccezionali.

Ha introdotto, inoltre, tutta una serie di divieti tra cui l’impiego dei tiratori imbarcati sugli elicotteri, le attività nei dintorni di scuole ed ospedali, oltre ad imporre di prestare il primo soccorso alle persone ferite nelle operazioni, la preservazione delle scene dei crimini, nonché svariati controlli e procedimenti giudiziari sull’operato delle forze di sicurezza.

Ciò ha portato ad una riduzione delle morti violente nella città, ma, soprattutto, impunità e rafforzamento delle organizzazioni criminali. Nonostante i provvedimenti della Corte Suprema, nel settembre 2020 le operazioni sono riprese in risposta ad un crescente numero di attacchi contro agenti e stazioni di Polizia. Da maggio 2021 Rio de Janeiro ha registrato tre delle quattro operazioni di Polizia più letali dell’intera storia della città: Jacarezinho nel maggio 2021 – 28 morti, Vila Cruzeiro a maggio 2022 – 26 morti – e nel Complexo do Alemão nel luglio 2022 – 18 morti.

 

I Raid nelle favelas

Dalle proprie caserme circondate da favelas – il BOPE, per esempio, ha il proprio quartier generale in cima alla favela di Tavares Basto, in un ex punto di osservazione per il traffico di droga – CORE e BOPE conducono vere e proprie invasioni di territori ostili. La partenza dei loro convogli viene immediatamente segnalata da informatori – spesso bambini – ai vari boss locali che possono essere obiettivi dei vari blitz.

Le forze di Polizia che tentano di entrare nelle favelas devono, così, affrontare uno strutturato sistema difensivo. Innanzitutto, le strade di accesso vengono bloccate da tutta una serie di barricate, sempre più elaborate, robuste e difficili da rimuovere – ormai, quasi esclusivamente con esplosivi. Queste possono, infatti, essere realizzate in cemento armato, con travi di acciaio e cataste di pneumatici da incendiare all’occorrenza.

Se i raid avvengono di notte, viene interrotta anche l’illuminazione stradale e puntati riflettori o potenti fasci di luce sui poliziotti, per accecarli. Oltre a rallentarne l’avanzata, le barricate obbligano il personale in uniforme a scendere dai blindati, esponendosi al fuoco nemico. I narcotrafficanti, infatti, sono soliti costruire casematte a ridosso delle barricate o ricavare feritoie nei muri di abitazioni ed edifici “intoccabili”, come scuole ed ospedali, da cui sparare. Provvedono, inoltre, a sversare olio sull’asfalto, all’impiego di bottiglie molotov, o a disseminare ordigni esplosivi – sempre più industrializzati e meno improvvisati.

Tali capacità tattiche, trasferite insieme ad una certa forma di addestramento da ex poliziotti e militari passati al crimine, hanno portato i reparti di Polizia a cambiare le proprie modalità operative: da un approccio dinamico ad uno più lento, sotto la copertura dei tiratori scelti. Quello che quotidianamente le unità di CORE e BOPE si trovano ad affrontare sono feroci conflitti a fuoco che possono durare anche diverse ore se non, addirittura, giorni.

Durante l’operazione nella favela di Jacarezinho del maggio 2021, la Polizia è stata attaccata da ben 70 punti diversi, mentre nel Complexo do Alemão, nel luglio 2022, gli agenti hanno sparato ben 4.000 colpi nelle sole prime due ore. Il crimine organizzato a Rio de Janeiro ha accesso a tutte una serie di armamenti e munizioni, anche di grosso calibro. Ogni anno, in città, vengono sequestrati ingenti quantitativi di armi; in particolare fucili e granate. Da gennaio a fine settembre 2023 sono state sequestrate ben 4.980 armi, tra cui 487 fucili. Non sono mancati lanciagranate, lanciarazzi e mitragliatrici pesanti Browning M2.

Armi che, nella maggior parte dei casi, sono di produzione brasiliana – notevole la manifattura armiera nel sud del Paese – trafugate dagli arsenali di Polizia e Forze Armate, oppure indirettamente provenienti dagli Stati Uniti attraverso Paesi terzi come Colombia, Nicaragua, El Salvador e, soprattutto, Paraguay.

Complice, anche, l’assenza di piani regolatori, l’inesistenza dei nomi delle strade e la continua alternanza tra anguste strettoie e spazi aperti in cui è difficile muoversi in copertura, la Polizia di Rio de Janeiro è anche quella che subisce il maggior numero di perdite. Nello stato di Rio de Janeiro sono stati uccisi 111 agenti nel 2018, 67 nel 2019, 65 nel 2020 e 41 nel 2021. E’ stato calcolato che un poliziotto di Rio de Janeiro ha 725 possibilità in più di essere ferito o ucciso rispetto ad un soldato americano durante la Guerra del Golfo.

Nemmeno gli elicotteri sono al sicuro. Ripetuti, infatti, quelli abbattuti o danneggiati. Tra gli ultimi episodi, un paio di elicotteri della Polizia costretti ad un atterraggio di emergenza ad inizio ottobre.

I conflitti a fuoco sono soliti iniziare in area urbana, per poi concludersi con ripiegamenti in zone boschive e montagnose alle spalle delle favelas. Da qui l’importanza di un addestramento non solo in ambiente urbano e l’impiego di uniformi, oltre alle iconiche nere, con pattern – simil – MARPAT per il BOPE e OCP per il CORE.

 

Guerra psicologica

Quella di CORE e BOPE contro le organizzazioni criminali non è una guerra che si combatte unicamente a colpi d’arma da fuoco. Si tratta di una vera e propria campagna contro-insurrezionale in cui trova ampio spazio anche la guerra psicologica fatta di propaganda, contro-narrativa e conquista di “cuori e menti”.

Le forze di sicurezza ed autorità governative, una volta riconquistata una favela, puntano a consolidare la loro presenza fornendo servizi essenziali, infrastrutture ed opportunità. Interventi mirati a convincere la popolazione che i benefici derivanti dalla presenza delle istituzioni (sicurezza, proprietà privata legittima, accesso all’istruzione e alle cure mediche) superano i costi (tasse, rispetto di obblighi e leggi ecc.).

Spesso, l’endemica corruzione ed inefficienze governative, l’eccessiva militarizzazione della Polizia e l’elevato numero di vittime – civili e non – durante le operazioni hanno impedito di conquistare “cuori e menti” dei residenti. Allo stesso tempo, però, azioni energiche delle autorità hanno conferito maggior sicurezza ai cittadini e dissuaso le organizzazioni criminali dal tornare ad operare nelle aree riconquistate; perlomeno nel breve periodo.

Chiaramente, trovare il giusto equilibrio tra militarizzazione e conquista della fiducia dei residenti delle favelas non è facile. Questo vale anche per le gang. Se da una parte, infatti, esercitano un controllo psicologico tipo ISIS sulla popolazione, terrorizzandola e soggiogandola con violenza e atrocità – esecuzioni, ritorsioni o brutali torture, dall’altra forniscono servizi sociali e welfare selettivo.

In realtà, sui fronti di questa guerra psicologica, troviamo da una parte le Forze dell’Ordine e dall’altro la stampa, organizzazioni non governative e per i diritti umani e parte di quelle classi medio-alte che vivono al sicuro, ben lontane dalle favelas. Uno schieramento eterogeneo che accusa la Polizia di un impiego eccessivo ed indiscriminato della forza, di esecuzioni extragiudiziali, torture e violenze.

Gran parte dei residenti delle Favelas infatti sostiene BOPE e CORE anche se in maniera piuttosto discreta per timore dei criminali. In un sondaggio è emerso che il 90% della popolazione approvava l’operato della Polizia in una delle ultime operazioni nella favela di Jacarezinho. Un sostegno che, sempre più, si concretizza con arruolamenti nelle Forze dell’Ordine.

Questo grazie anche a film come Tropa de Elite – Gli squadroni della morte (2007) di José Padilha che, raccontando le operazioni del BOPE, nel giro di un paio di settimane nelle sale cinematografiche ha scalato le classifiche, rendendo il battaglione popolarissimo. Una vera e propria BOPE-mania con centinaia di e-mail e messaggi di apprezzamento al giorno, documentari e reportage televisivi, libri ed articoli, tesi di laurea e, soprattutto, richieste di arruolamento e risorse dal Governo.

Entrambi i reparti, però, si dicono piuttosto deboli a livello mediatico e di contro-narrativa. Sui social – Instagram, in particolare – BOPE e CORE stanno, quindi, diventando sempre più attivi nella pubblicazione e condivisione di contenuti.

Anche attraverso conferenze, come quella a Valtro Firearms SRL, cercano di diffondere e promuovere una narrativa di legittimità del loro operato; non solo tra l’opinione pubblica, ma anche nel decisore politico, magistratura e stampa. Secondo il prof. Alessandro Visacro, infatti, “la loro lotta e sacrificio sono per la sopravvivenza dello stato brasiliano stesso”.

 

La parte più difficile delle operazioni è il dopo

La parte più difficile del lavoro di BOPE e CORE, ormai, non sono le operazioni, ma quello che viene dopo. Si scatena, infatti, affermano Ferreira ed Oliveira Pereira, una vera e propria campagna di attacchi mediatici e fake news di una parte delle stampa, di organizzazioni internazionali, ONG e narco-attivisti per mettere opinione pubblica ed istituzioni contro di loro.

Il caso più frequente è la morte di qualche “giovane promessa” del calcio, della musica, dello spettacolo o delle arti marziali in operazioni di Polizia nelle favelas omettendo, però, l’appartenenza della vittima a qualche gang.

Il problema del crimine in Brasile, infatti, è legato ad una politica e ad una legislazione penale estremamente debole.

Un eccesso di benefici per i criminali, così come restrizioni alla Polizia ed un sistema carcerario vulnerabile, fanno sì che molti di essi tornino rapidamente in libertà: arrestati 4, 5, 6 volte finché non vengono uccisi. Oltre ad usurare la Polizia, questo comporta un catastrofico e crescente senso di impunità ed un incentivo alla delinquenza.

Secondo i dati forniti dai due dirigenti della Polizia brasiliana vi è in corso un’escalation di violenza, con guerre per il territorio ed un rafforzamento del crimine organizzato. Per non parlare degli attacchi alla Polizia: un +267% contro gli elicotteri ed un +1.745% contro i blindati dal 2019 al 2023.

Questo mentre le operazioni di Polizia nelle favelas sono diminuite del 60%. A peggiorare la situazione un ulteriore scontro istituzionale originatosi con i risultati delle elezioni generali di ottobre 2022. Da una parte la rielezione del governatore di destra di Rio de Janeiro, Cláudio Castro acceso sostenitore di risolute operazioni di Polizia; dall’altra l’elezione a presidente del Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva, orientato a politiche securitarie più tiepide e con “freni a mano” tirati per BOPE e CORE.

 

I paralleli con Gaza e le No go zones europee

 Il teatro operativo della Striscia di Gaza presenta numerosi punti in comune con le favelas di Rio de Janeiro, tanto che si dice che non esista una baraccopoli brasiliana che non abbia un’area che i residenti chiamano “Gaza”. Va da sé, poi, che ogni realtà abbia la propria unicità dettata da diversi fattori come tradizioni culturali, etniche, religiose, materiali di costruzione, clima e forme di Governo.

La Striscia di Gaza ha una popolazione stimata di poco più di 2 milioni di abitanti concentrati in circa 365 km2 con una densità di 5.935 ab/km quadrati. Le 1.463 favelas di Rio de Janeiro, invece, una popolazione stimata di 1, 5 milioni di abitanti. Mentre la densità di popolazione della Striscia di Gaza è di poco superiore a quella di Rio de Janeiro – 5.556 ab/km2, quella della favela di Rocinha, per esempio, è di ben 48.258 ab/km².

I centri abitati della Striscia di Gaza, così come le favelas brasiliane sono territori pericolosi che ben si prestano ad imboscate e fuoco incrociato. I soldati israeliani e poliziotti brasiliani, infatti, sono chiamati ad operare tra edifici, strade e vicoli con difficoltà di manovra e visibilità. La grande disponibilità di armamenti che caratterizza sia le bande criminali di Rio che, ancora di più, i miliziani palestinesi può causare pesanti perdite a chi tenta di affrontarli, alla popolazione civile ed ingenti danni alle infrastrutture. A maggior ragione Hamas che gode del supporto di entità statuali come l’Iran ed altri Paesi che forniscono anche addestramento e finanziamenti.

Polizia brasiliana e Forze Armate israeliane si trovano, quindi, a dover affrontare nemici ben armati, addestrati ed asserragliati in due dei più complessi teatri operativi al mondo. Veri e propri labirinti che non rispettano alcuna pianificazione o mappatura urbanistica in Brasile, o che le vedono completamente stravolte da più mesi di pesanti e continui bombardamenti come a Gaza, con montagne di macerie e detriti in cui piazzare trappole esplosive o condurre imboscate. Immancabili i tunnel, anche se in Brasile più impiegati per nascondere armi o ricercati che non per condurre vere e proprie operazioni militari come, invece, l’articolata “Metropolitana di Gaza”.

Israele sta operando a Gaza dopo aver ammassato circa decine di migliaia di militari e più di 300 carri armati che, contando sull’appoggio di aeronautica e marina, vi sono penetrati per un’operazione duratura. Questo, in un territorio abitato da nemici e civili a loro ostili. Hamas ha ottenuto lo strabiliante risultato di guadagnare sostegno e consensi da parte dell’opinione pubblica mondiale a pochi giorni dall’aver compiuto un brutale attacco terroristico. Per non parlare di un aumento di reclutamenti secondo il principio ormai consolidato dalla Guerra al Terrore Made in USA, per cui da ogni terrorista morto se ne generano una ventina.

BOPE e CORE, invece, si trovano a condurre attività “mordi e fuggi”, con risorse ben più ridotte e con importanti limiti imposti dalle istituzioni, stampa, organizzazioni per i diritti umani ed altri gruppi ancora. Il tutto, per combattere dei criminali, cercando di causare il minor numero di vittime tra quelle parti di opinione pubblica che maggiormente sostengono la Polizia.

Negli assedi e guerriglia urbana è stato dimostrato che la superiorità tecnologica non necessariamente conferisce la vittoria su gruppi armati locali; così come il conseguimento di una singola vittoria non si trasforma necessariamente nel successo in una campagna più ampia. Entrambi i contesti – Gaza e favelas – si sono caratterizzati per schiaccianti vittorie militari da parte, proprio, degli stessi che li stanno ancora “assediando”. La questione, infatti, non è solo quella di affrontare nemici o criminali, ma anche di governance, mantenimento della pace e ricostruzione della fiducia dei residenti a lungo termine.

Concludendo l’argomento, il tenente colonnello Ferreira raccontava di un viaggio in Israele nel 2013, per acquistare dei veicoli corazzati. Gli israeliani, ironicamente – o forse, no – hanno riferito al comandante del BOPE che non gli avrebbero fornito dei blindati, bensì dei carri armati; ben più adatti alle favelas.

Brasiliani ed europei guardano con crescente interesse ed apprensione anche alla “favelizzazione” delle periferie di alcune città europee come le Banlieue francesi, Molenbeek ed altri quartieri di Bruxelles, le aree vulnerabili e a rischio della Svezia, le No-go zones spagnole ed altre realtà di Paesi Bassi, Danimarca, Inghilterra e Bulgaria. In particolare, vi è un interscambio di esperienze e consulenze in corso con il Grupo Especial de Operaciones – GEO – spagnolo ed il Servizio Federale di Intelligence – BND – tedesco. Gli europei, infatti, vorrebbero adottare alcune metodologie apprese dai brasiliani, ma impossibili da replicare in Europa.

Foto: Pietro Orizio, BOPE e CORE

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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