Un ospedale da campo italiano per curare i feriti palestinesi di Gaza

 

La risposta dell’Italia al conflitto in atto nella Striscia di Gaza sembra volersi caratterizzare con l’invio di strutture sanitarie militari in grado di assistere feriti palestinesi trasportati in territorio egiziano. Il 3 dicembre l’unità della Marina Militare Vulcano  (Unità navale ausiliaria per il supporto logistico  – LSS – Logistic Support Ship – nella foto sopra e qui sotto)  attrezzata come nave ospedale, è arrivata nel porto egiziano di El Arish e curerà a bordo decine di feriti palestinesi provenienti dalla Striscia di Gaza. ”L’operazione ha richiesto uno sforzo congiunto di Farnesina, Difesa e Intelligence, in stretto raccordo tra l’Ambasciata d’Italia al Cairo e le autorità egiziane”, fa sapere l’ambasciata italiana in Egitto in una nota.

“L’Italia, come promesso, sta facendo la sua parte. Questo è risultato di un lavoro di squadra” ha commentato nei giorni scorsi il ministro della Difesa, Guido Crosetto, su X (Twitter) mentre anche la Francia ha ormeggiato a El Arish una delle sue due portaelicotteri da assalto anfibio classe Mistral (la Dixmude) attrezzata come nave ospedale . A questa missione francese (i dettagli a questo link) si riferiscono le immagini qui sotto.

In prospettiva Roma sembra però puntare su una missione sanitaria più strutturata e capiente che veda l’installazione di un ospedale da campo (forse tipo Role 2, simile a quelli schierati in Afghanistan e in altre aree operative, ma con maggiori capacità ricettive) da installare nel Sinai egiziano, con ogni probabilità tra la città costiera di El Arish (dotata di porto e aeroporto che facilitano il supporto logistico) e il valico di Rafah tra il territorio egiziano e la Striscia di Gaza.

Nella stessa zona l’Egitto ha realizzato un ospedale campale dotato di moduli componibili e lo Stati Maggiore Difesa starebbe valutando un’opzione simile che coinvolgerebbe diverse centinaia di militari tra personale sanitario, componente logistica e di sicurezza (force protection) che verranno messi in campo molto probabilmente dall’Esercito.

Il 22 novembre il ministro Crosetto aveva riferito in un comunicato che “siamo pronti a inviare un ospedale da campo e altro personale e materiali a Gaza appena sarà possibile “.

“La situazione della popolazione civile a Gaza è molto complicata, l’Italia sta facendo tutto quello che può: ci sono pazienti ricoverati sulla nave Vulcano attraccata in Egitto, costruiremo un ospedale da campo, il ministero degli Esteri ha deciso di investire altri 10 milioni per aiutare la popolazione civile palestinese”, ha detto oggi il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Un team di tecnici militari italiani del COVI (Comando Operativo di Vertice Interforze) sta conducendo una ricognizione tra El Arish e Rafah per valutare la migliore ubicazione in termini di efficienza e sicurezza della base che dovrà essere istituita per installare l’ospedale da campo.

Da quanto risulta ad Analisi Difesa sembra che questa nuova missione sanitaria/umanitaria veda mobilitata la Brigata Garibaldi, con uno dei suoi reggimenti di bersaglieri come componente principale affiancata da plotoni di altri reparti (genio, trasmissioni, ecc) mentre sarebbero in corso trattative con l’Egitto per definire i termini, la dislocazione della base/ospedale e la tempistica di questa nuova missione.

Benché si tratti di una missione di assistenza ai feriti sarà necessario predisporre una robusta cornice di sicurezza in cooperazione con le autorità del Cairo. La recrudescenza degli scontri in atto tra Khan Younis e Rafah impedisce di fatto di dislocare un ospedale all’interno della Striscia di Gaza ma anche il dislocamento in territorio egiziano comporta valutazioni legate alla sicurezza.

Non va infatti dimenticato infatti che al di là del conflitto israelo-palestinese (che vede comunque diverse fazioni accusare l’Italia e altre nazioni europee di essersi schierate al fianco di Israele), il Sinai è interessato da diverse “turbolenze” inclusa la presenza di una branca dello Stato Islamico e altre sigle del terrorismo jihadista che potrebbero vedere nell’ospedale militare italiano un obiettivo pagante.

Anche tenendo conto che al momento nessuna altra nazione UE/NATO sembra voler dispiegare proprie strutture sanitarie campali in quella regione, aspetto che renderebbe la missione italiana un “unicum” ad alta visibilità mediatica ma al tempo stesso di elevata esposizione.

La sicurezza della base/ospedale dipenderà anche dalla dislocazione della stessa: dovrà essere il più vicino possibile alla Striscia di Gaza ma se fosse inserita nel contesto urbano di Rafah o El Arish risulterebbe tecnicamente più vulnerabile ad attacchi ravvicinati di ogni tipo (incluso il fuoco diretto di armi automatiche e lanciarazzi) rispetto a un’area costiera o aeroportuale (l’aeroporto di El Arish dista una cinquantina di chilometri dal valico di Rafah) che faciliterebbero il supporto logistico della base.

La dislocazione della base/ospedale vicino ai confini di Gaza, tra il valico egiziano di Rafah e quello israeliano di Kerem Shalom, renderebbe più celeri i ricoveri dei feriti palestinesi ma rischierebbe di esporla anche involontariamente ad azioni belliche in caso di scontri lungo il confine della Striscia tra Hamas e le postazioni israeliane.

Dagli accordi con Il Cairo dipenderà anche il numero di personale italiano che potrebbe venire impiegato in questa operazione: ipoteticamente 250/300 militari se l’Egitto fornirà una completa struttura di sicurezza perimetrale e areale, che potrebbero salire a circa 500 se questi compiti ricadessero sulle forze nazionali richiedendo quindi truppe e mezzi per la sorveglianza inclusi probabilmente anche radar campali e droni tattici.

Foto: Marina Militare, ANSA e Marine Nationale

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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