Il Texas e l’operazione “Lone Star” tra controllo del confine e tentazioni di secessione

     

Ad inizio febbraio si è concluso il durissimo braccio di ferro tra repubblicani e Casa Bianca per il passaggio del super-progetto di legge proposto dai Democratici e da Joe Biden che prevede(va) sia gli attesissimi aiuti militari a Kiev, oltre che ad altri paesi come Israele e Taiwan, sia una riforma delle procedure per richiesta asilo e richiesta di status di rifugiato e il connesso aumento risorse in uomini e mezzi per la polizia di frontiera.

Inoltre vi sarebbe stata la possibilità per L’Amministrazione in carica di dichiarare lo shut down del confine in caso di necessità, qualora il numero giornaliero di ingressi oltrepassi le 5mila persone. Lo stop del Congresso a questa legge ha evidenziato a tutti che la materia numero uno del contendere è la questione dell’immigrazione, tema che sta caratterizzando la campagna elettorale per le presidenziali in cui si dibatte giornalmente su quali politiche da adottare per fronteggiare i flussi migratori illegali da tempo fuori controllo.

Questo tema ha polarizzato e diviso l’opinione pubblica. Sullo sfondo del percorso di questa super-legge vi è la questione del “the Border Standoff” come titolano da tempo sia la stampa locale texana sia le grandi testate nazionali, cioè la situazione di tensione, tra l’agenzia federale CBP (Customs and Border Protection) e la Guardia Nazionale del Texas, in atto da gennaio, su una porzione del confine col Messico.

Il contrasto tra lo stato texano e Washington non è avvenimento recente, è iniziato nel 2021 con l’avvio dell’operazione Lone Star/Stella Solitaria quando il governatore texano Abbott ha iniziato ad adottare una serie di misure di contrasto alla immigrazione. Il tutto in un contesto migratorio che negli ultimi tre anni ha evidenziato una fortissima pressione in stati soprattutto come l’Arizona, la California e il Texas, con numeri mai visti in precedenza.

Parlano da soli i dati forniti dalla CBP che mostrano nel triennio un balzo elevatissimo negli ingressi: nel 2021 1,7 milioni di ingressi, nel 2022 2,4 milioni e 2,5 milioni nel 2023. In particolare il biennio 2022-23, in sostanza, ha condotto le strutture della CBP al collasso dovendo fronteggiare questo enorme numero di ingressi.

Il meccanismo di richiesta di asilo e gestione delle richieste dei rifugiati è stato sottoposto a uno stress senza precedenti, le risorse della CBP sono state saturate dovendo fare fronte a migliaia di interventi ogni giorno. Stesso discorso per gli spazi fisici nelle celle, nel grande numero di minori non accompagnati da assistere, nei tempi di risposta dei tribunali (almeno 4 anni di attesa) per le richieste di asilo.

Nel corso della presidenza Trump il proseguimento della costruzione della barriera di confine con il Messico è stato uno dei suoi cavalli di battaglia. La diffusione del Covid-19 è giunta a rinforzo di queste scelte, avendo Trump nell’occasione rispolverato una vecchia norma, il Title 42, che gli ha permesso di effettuare lo shut-down del confine meridionale e procedere alla espulsione/respingimento dei migranti.

Come conseguenza del provvedimento i dati, accertati nel 2022, indicano che 2,2 milioni di persone sono state bloccate dalla Border Patrol. Il Title 42 è una norma varata nel 1944 che attribuisce la facoltà per il governo federale di bloccare merci e persone da paesi dove vi sono in corso infezioni/malattie trasmissibili ed evitare quindi il contagio delle stesse negli Stati Uniti.

Molti osservatori hanno commentato che la Title 42 si è rivelata anche una ‘porta girevole’ a causa in buco tecnico-burocratico, difatti non essendo prevista la registrazione della persona espulsa, quest’ultima si poteva ripresentare agli ingressi di confine più e più volte come in effetti è accaduto, impegnando quindi ulteriormente le risorse della Border Patrol e delle strutture correlate.

Con la fine della pandemia e con l’adozione di nuove misure da parte della presidenza a guida democratica, dal gennaio 2021, la pressione per gli ingressi legali e quella (quasi mai fermatasi) degli ingressi illegali ha ripreso a salire, specie nel biennio 2022-2023 con numeri record. La Casa Bianca a guida democratica ha modificato o cancellato alcune delle misure prese da Donald Trump, approntando una task force per la riunificazione delle famiglie ed ha proibito la detenzione delle famiglie con bambini, tuttavia il Title 42 è stato mantenuto in vigore fino maggio 2023, la costruzione di porzioni di muro lungo il confine è proseguita e nel solo 2022 sono stati espulsi circa 1,4 milioni di migranti illegali.

Era inevitabile e atteso che, con la fine dei lockdown imposti dalla pandemia la pressione migratoria sul confine meridionale degli Stati Uniti avrebbe visto una fortissima accelerazione. Ancor più nelle settimane antecedenti l’11 maggio 2023 giorno in cui sarebbe stato sospeso l’applicazione del Title 42.

In previsione di grandi numeri di migranti illegali, Joe Biden ha richiesto al Department of Homeland Security (DHS)  l’invio 1.500 soldati con funzioni amministrative per sollevare da molti incarichi di mero supporto e gestionali gli agenti della Border Patrol. Già 2.500 unità della Guardia Nazionale erano state mobilitate in precedenza. Del resto lo stesso aveva fatto Trump nel 2018, concordando con il DHS l’invio di 800 uomini. E da maggio a dicembre 2023 i numeri di persone che si sono presentate per entrare in modo legale e illegale ha raggiunto i due milioni e mezzo.

 

Operazione Lone Star

In questo contesto ha preso avvio dal 2021 l’iniziativa del Texas, governato dal repubblicano Greg Abbott (nella foto qui sotto) , uno degli stati del meridione statunitense storicamente più pressati dal fenomeno migratorio, ha quindi avviato una sua politica per mettere un freno all’immigrazione illegale e per condividere il numero degli ingressi con quegli stati e città auto-dichiaratisi ‘santuari’, disposti ad accogliere i migranti.

Difatti New York, Chicago, San Diego, Detroit e molte altre si sono proposte come città per accogliere i migranti ed è verso queste città che Abbott ha inviato lunghi convogli di bus con i migranti. I numeri enormi tuttavia degli ultimi 2-3 anni hanno messo in crisi le stesse amministrazioni delle “città-santuario” che hanno chiesto maggiori risorse al governo centrale.

La bocciatura del mega-provvedimento promosso da Biden e i Democratici ha di certo complicato le cose per queste municipalità e stati, poiché prevedeva stanziamenti anche per queste amministrazioni e stati.

Quindi il governatore Abbott ha messo in campo l’operazione ‘Lone Star’ (Stella Solitaria,  che richiama la bandiera texana), con il chiaro intento di agire per proprio conto nel contrasto ai flussi migratori provenienti dal confine messicano con una serie di azioni che hanno visto il picco a gennaio quando si è giunti al confronto tra polizia e Guardia Nazionale texana con le unità della CBP (Customs and Border Protection), l’agenzia federale che ha il compito di presidiare i confini degli Stati Uniti ed è l’istituzione responsabile della gestione dell’immigrazione legale e illegale.

Il Texas ha agito di sua iniziativa, anche nel solco di una storia peculiare per questo stato della Unione che non sorprende molto chi ne conosce un po’ la storia. Nel corso del 2023 il governatore Abbott ha ordinato la mobilitazione di nuove aliquote della Guardia Nazionale a rinforzo della polizia statale e locale, sia per i controlli sulla frontiera sia per il supporto nella predisposizione dei bus con i migranti inviati alle ‘città-santuario’ del nord degli USA.

Sempre nell’ambito di Lone Star Abbott ha chiamato a supporto i governatori repubblicani di 25 stati, domandando aiuto anche in termini di unità della Guardia Nazionale dei singoli stati, raccogliendo adesioni dalla Florida del governatore Ron De Santis che ha inviato in Texas ben 1.100 uomini, seguito da aliquote molto piccole di altri stati. Questa ‘mini mobilitazione’ è comunque proseguita in questo inizio 2024, con il Tennessee che a fine marzo invierà 50 membri della Guardia Nazionale, dopo averne già inviati, nel 2023, 125 a McAllen, sempre in Texas. La Louisiana ne invierà 150 e lo stato dell’Indiana 50.

 

Lo scontro sul confine: “the Border Standoff”

IA oggi il culmine, il ‘Border Standoff ‘, si è raggiunto nella zona di Eagle Pass e in particolare lo Shelby Park che costeggia il Rio Bravo, che è stato sigillato con migliaia di rotoli di filo spinato e containers dalle forze dell’ordine texane, sottratto alla responsabilità e gestione della Border Patrol, alla quale viene consentito l’accesso in modo molto limitato.

Shelby Park prende il nome da un generale confederato che alla fine della guerra di Secessione preferì attraversare il Rio Grande (Rio Bravo per i messicani) invece che arrendersi alle truppe della Unione. Perché proprio Eagle Pass/ Shelby Park?

E’ uno dei punti cruciali di ingresso in Texas, qui sono presenti due ‘Stations’ della CBP e vi arriva una linea ferroviaria di treni merci utilizzata dai migranti che poi tentano di guadare il Rio Grande. Eagle Pass si trova nella contea di Maverick, una delle 47 contee texane che fanno parte del Settore Del Rio (uno dei 20 settori di competenza della CBP).

Un’area vastissima, che riguarda 400 chilometri di confine con il Messico lungo il Rio Grande e il lago Amistad, pari a oltre 55mila chilometri quadrati e che si espande dal confine all’interno del Texas per circa 480 chilometri. In questo Settore la Border Patrol impiega 1600 persone e oltre 1400 agenti, ed è suddiviso nelle seguenti ‘Stazioni’: Abilene, Brackettville, Carrizo Springs, Comstock, Del Rio, Eagle Pass (2 stazioni), Rocksprings, San Angelo e Uvalde.

La questione è presto scalata di livello e peso con il ricorso alla magistratura che il 19 dicembre ha dato ragione allo stato del Texas costringendo  l’Amministrazione Biden a fare ricorso alla Corte Suprema laddove il Quinto Distretto (5th Circuit) della stessa ha preso una decisione che lascia aperta la questione: con una sentenza di strettissima maggioranza (5 contro 4) i giudici hanno stabilito che la Border Patrol può rimuovere gli sbarramenti di filo spinato, in attesa che i tribunali decidano chi ha effettivamente l’autorità di installare barriere sul confine: lo Stato o il governo federale.

Si è quindi rimandata la soluzione definitiva della questione. L’operazione ‘Lone Star’ è corredata anche da alcune nuove leggi varate dal Texas. Nel novembre 2023 è stata varata legge SB4 che istituisce il reato statale per chi entra, o tenta di rientrare, in modo illegale, consentendo alle forze di polizia texane l’arresto, il successivo processo e l’espulsione; con una eventuale condanna fino a 20 anni per chi rifiuta l’espulsione.

La sua entrata in vigore era prevista dal mese di marzo di questo anno. La normativa è stata immediatamente criticata da organizzazioni come ACLU American Civil Liberties Union le quali hanno evidenziato che “ la legge impedirà ai migranti illegali di fare domanda di asilo o di un altro tipo di protezione umanitaria”, “farà aumentare i costi alle casse pubbliche per la gestione degli arresti che saranno in netto aumento, e contrasterà con la politica di incarcerare solo chi palesa alto rischio per la pubblica sicurezza”.

 

In gioco la sicurezza nazionale

Con una cerimonia presso il confine con il Messico Abbott ha siglato la legge Senate Bill 4, lo scorso 18 dicembre 2023, che contiene il reato di immigrazione illegale, stanziamenti per proseguire con il muro sul confine e maggiori pene per trafficanti di esseri umani.

Nel discorso di presentazione della legge il governatore ha elogiato Trump che ha ridotto moltissimo gli ingressi illegali, inoltre ha dichiarato che questo boom di ingressi è un tema di sicurezza nazionale: ”questa è una national security crisis…. a causa dell’inazione del governo federale noi ci siamo attivati, la Costituzione permette agli stati di agire in base articolo 1 sezione 10 della carta, al fine di proteggerne i confini.”

La legge SB4 in questione è stata bocciata dalla Corte Suprema su ricorso dell’Amministrazione Biden e delle ong, il 29 febbraio nella imminenza della sua entrata in vigore (il 5 marzo). Il giudice distrettuale David A. Ezra, nella sentenza di respingimento della legge SB4, ha scritto che ”non è consentito al Texas di sostituirsi alle norme federali con la motivazione che si è di fronte ad una invasione e quindi le norme e l’autorità federale cesserebbero di valere”. Per il magistrato si tratta di “una nozione che contrasta con la Costituzione e che è stata respinta dalle corti federali fin dalla Guerra Civile.”

Lo stato del Texas ha comunicato che ricorrerà in appello, aprendo così una ulteriore battaglia legale con l’Amministrazione in carica e le leggi federali. Una norma simile era stata bocciata dalla Corte Suprema allo stato dell’Arizona nel 2012. Nella stessa giornata del 18 dicembre Abbott ha firmato altre due leggi: una che stanzia 1,54 miliardi di dollari per le barriere lungo il confine completate per 25 chilometri mentre altri 53 sono in cantiere e sono stati stesi circa 180 chilometri di filo spinato, installati pannelli anti-scavalcamento, ulteriori telecamere a infrarosso e apparati radar.

L’altra legge concerne il contrasto ai trafficanti di esseri umani, nelle parole di Abbott: “per i trafficanti la pena minima salirà ora a dieci anni, […] la situazione è peggiorata, si consideri che nel 2017 facemmo 240 arresti di trafficanti, nel 2023 il numero è salito alle stelle, con 7.700 arresti.”

Un forte motivo di contrasto con le autorità federali è l’installazione, a metà del corso del Rio Bravo, di una barriera galleggiante di 305 metri per impedirne l’attraversamento. I giudici erano intervenuti disponendone la rimozione, decisione che è in via di cambiamento poiché a gennaio i giudici della corte di appello hanno comunicato che si dovrà riesaminare tale decisione.

Sempre nel solco di Lone Star Abbott ha annunciato la costruzione di una FOB (Forward Operation Base), mutuando il gergo militare per questo tipo di basi, posizionando un avamposto per la Guardia Nazionale texana nei presi del ‘conteso’ Eagle Pass, così da “consentire una maggiore presenza sul confine e alloggi e logistica migliori” ha detto il governatore.

 

La spinta migratoria

Nel 2023 l’Amministrazione Biden ha deciso di venire in aiuto per motivi umanitari dei migranti di cinque nazioni: Ucraina, Cuba, Nicaragua, Haiti e Venezuela fornendo una procedura speciale e semplificata, humanitarian parole (permesso umanitario), con la quale nel 2023 sono entrati in 30mila, in gran parte arrivando con voli commerciali negli aeroporti americani.

Come atteso il post-pandemia e la fine del Title 42 hanno generato un effetto di ‘rottura della diga’, aggravato dalle crisi socio-economiche peggiorate a Cuba che hanno innescato uno degli esodi più numerosi nella loro storia mentre un fenomeno simile ha riguardato il Nicaragua dove il disastro in economia e la repressione politica hanno spinto moltissimi a fuggire.

Ancora peggio nella sfortunata Haiti, da dove migliaia di haitiani hanno lasciato il paese, fin dal settembre 2021, a causa delle tremende conseguenze del terremoto e il quasi totale dominio delle gangs che hanno fatto diventare l’isola caraibica uno stato fallito. Il flusso più grande è stato dal Venezuela, che vive una lunga crisi da molti anni, con circa otto milioni di persone, ad oggi, che hanno già abbandonato il paese per migrare in Colombia, Brasile, Perù, Ecuador. Una drammatica diaspora come mai si era verificata nella storia del Venezuela.

Nel solo 2022, il Migration Policy Institute ha comunicato che la Border Patrol ha fermato oltre 571mila persone provenienti da Cuba, Nicaragua e Venezuela, un numero record che ha superato gli arresti effettuati per i migranti dai Paesi del Triangolo del Nord, cioè Honduras, Guatemala, El Salvador (quest’ultimo prima e dopo i drastici piani securitari della presidenza Bukele).

Ad aggravare, per la Casa Bianca, il dossier immigrazione sono i quasi inesistenti rapporti diplomatici con Cuba, Nicaragua, Venezuela e Haiti che impediscono i respingimenti. Da questo problema la richiesta alle autorità messicane di bloccare, come a volte avvenuto in precedenza, questi flussi.  Un blocco del confine con gli States che il Messico nel corso del 2023 aveva smesso di attuare e che a gennaio di questo anno ha poi riattivato.

 

Il ruolo dei trafficanti di esseri umani

Dietro a questi flussi vi è la brutale e quasi totale presenza delle gangs, dei cartelli dediti a ogni tipo di business. Le gangs e le organizzazioni criminali sono sempre più ‘attori non-statali’ che hanno un peso notevole e a volte decisivo. Tra queste le potenti narco-gang brasiliane, come il PCC di Rio de Janeiro (Primeiro Comando da Capital) o le varie gangs ecuadoriane ben connesse con i cartelli messicani: tutte hanno elevato l’insicurezza in molte grandi aree metropolitane, incentivando alla migrazione e facendo così accrescere tantissimo il loro business del traffico degli esseri umani.

La gang venezuelana Tren de Aragua ha per esempio stretto un patto con i brasiliani del PCC per rafforzare le rispettive influenze. Le gangs sono una idra dalle sempre più numerose teste. In particolare negli ultimi due anni migliaia di venezuelani, ed in minor numero ecuadoriani, peruviani hanno tentato di raggiungere la frontiera Messico-Stati Uniti per mezzo di un nuovo percorso via terra: la giungla del Darièn.

Le organizzazioni del crimine, dedite al traffico di esseri umani, hanno visto i guadagni salire alle stelle, con la semplice micidiale equazione: maggiore il percorso per giungere al confine maggiore è la tariffa richiesta.

Un meccanismo a catena che è ‘sceso’ fino alla pericolosa giungla del Darièn, una lingua di terra che dalla Colombia conduce fino al confine con Panama. Qui migliaia di venezuelani, ecuadoriani, peruviani pagano delle guide specializzate per attraversarla: più pagano migliore è il mezzo di trasporto secondo uno schema adottato dai trafficanti anche nel Mediterraneo centrale nei flussi illegali tra Libia/Tunisia e Italia.

Questi gruppi di ‘guide’ e i loro collaboratori hanno creato persino delle tariffe ‘Vip’ per fornire passaggi in imbarcazioni anziché via terra. Secondo le autorità di Bogotà dietro queste organizzazioni di guide si cela il potente Clan del Golfo colombiano che gestisce la sua parte del trafficking di esseri umani. L’impiego degli smartphones e dei social media da parte dei migranti ha poi reso anche più facile il lavoro predatorio dei trafficanti.

Nel 2021 lo hanno attraversato in 130mila nel 2022 in 156 mila, e ancora di più nel 2023. Il New York Times ha titolato una sua lunga inchiesta così: “L’industria migratoria del Darién è un ricchissimo affare.”

 

Il Texas al centro della campagna elettorale?

Di certo lo è l’immigrazione dato che nello stesso giorno si sono presentati in Texas, Joe Biden a Browsnville e Donald Trump a Eagle Pass. Del resto il ‘peso’ del confine meridionale si fa sentire sui budget e i dati rilasciati dal DHS indicano una cifra totale per la CBP dal 2003-2023 di oltre 400 miliardi di dollari, una crescita degli impegni davvero rilevante, cosi come lo è stata nel numero totale di agenti: da poco più di novemila del 2000, agli odierni 19.300 tra uomini e donne.

Dati che sottolineano lo sforzo, a tutti i livelli, nella gestione e controllo del lunghissimo confine con il vicino Messico. Gli stati americani e messicani del Border vivono e rappresentano enormi contraddizioni, una medaglia a due facce, dato che le economie di questi sono storicamente molto integrate, vi è osmosi di persone e produzioni e scambi di merci e servizi in crescita ogni anno.

Tuttavia la presenza e influenza potente dei cartelli criminali è l’altra faccia della medaglia. Su questo punto meglio di qualsiasi report o discorso è la sintesi del capo della Border Patrol di Tucson Arizona, John Modlin, durante un’audizione parlamentare a febbraio.

Modlin indica quella che è (sempre) la situazione dal lato messicano del confine:“Everything south of the border, everything, is controlled by the cartels. […] No one crosses the border without going through the cartels.” (Ogni persona e cosa a sud del confine è controllata dai cartelli. Nessuno può attraversare il confine senza gli uomini assoldati dai cartelli). Tra l’altro con una cinica tattica di saturazione delle risorse CBP ha proseguito Modlin: “i cartelli messicani fanno passare piccoli gruppi di 2-3 persone al fine di generare centinaia su centinaia di interventi ogni giorno da parte dei miei agenti, con lo scopo di saturarci le risorse”.

E ben sapendo che la CBP non trattiene che solo per pochi giorni le famiglie, gli uomini dei cartelli spingono queste ultime a passare il confine a tutti i costi. Chi non paga i trafficanti viene sequestrato per giorni, settimane finché i parenti non inviano le somme richieste, che vanno da 2mila a 10mila dollari: una macchina purtroppo molto ben oliata e tremendamente efficiente.

 

Tentazione “Texit” ?

Vale la pena ricordare che il ‘DNA’ texano si è formato in modo peculiare rispetto agli altri stati americani poiché dopo aver cacciato i dominatori messicani la Repubblica del Texas si autogovernò dal 1836 al 1845 per ben nove anni. Dato che non va certo trascurato, in un paese dove è tutt’ora vivo il “Ricordate Alamo!”. Nel 1845 il Texas aderì alla Unione divenendo il 28º Stato, nel 1861 entrò a far parte degli Stati Confederati d’America, votando la secessione dagli Stati Uniti, poi con la fine della guerra civile (come viene chiamata dagli storici americani) è rientrato nella Unione dal 1865.

La storia texana è ben viva in questo stato, si pensi che qualche settimana fa in una caserma della Guardia Nazionale è stata alzata la bandiera che ricorda le battaglie della guerra contro il Messico che portò all’indipendenza. La bandiera rappresenta un cannone con sotto la scritta “venite a prenderlo” (come and take it).

Il Texas è uno stato che ha grandi ricchezze nel sottosuolo, ha avuto e ha un peso rilevante nella politica nazionale, ha una sua enorme autonomia energetica, è un centro high-tech ai massimi livelli: insomma ha tutti i numeri per farsi catturare da una tentazione di “Texit”.

Nel futuro ci sarà una (nuova) secessione dall’Unione e la restaurazione della Repubblica del Texas? I segnali in tal senso non sono certamente pochi. Nel frattempo i punti di attrito con Washington sono davvero molti:

  1. le questioni di sovranità sul confine sollevate dallo stato del Texas con Lone Star e l’autogestione del controllo del confine come a Eagle Pass,
  2. l’impiego della Guardia Nazionale consapevoli che in caso di contrasto negli ordini di impiego a chi debbono obbedienza, alle autorità federali o a quelle statali?
  3. il ricorso sulla legge SB4, bocciata dalla Corte Suprema.
  4. Inoltre sta da emergendo anche la questione (non nuova) se sia opportuno o meno proseguire con l’impiego nelle operazioni militari all’estero dei soldati della National Guard del Texas.

 

La collaborazione a intermittenza del Messico di Lopez Obrador

A inizio 2024 vi è stato un calo della pressione migratoria dovuta secondo gli esperti sia a una sorta di ‘stagionalità’ sia ai maggiori controlli elevati dalle autorità messicane, le quali hanno bloccato la ferrovia usata dai venezuelani per arrivare in Texas presso Eagle Pass incrementando i checkpoints, gli arresti e soprattutto le espulsioni verso i paesi centroamericani e sudamericani.

Gli osservatori evidenziano che i flussi migratori presto di adattano alle nuove modalità di controllo e i dati statistici mostrano un calo netto nei mesi invernali per poi risalire dalla primavera in poi. In particolare il dato di gennaio e febbraio evidenzia una riduzione e dall’altro lato un gran numero di messicani, stimati in 60mila, che emigrano soprattutto da quei ‘narco-stati’ messicani come Jalisco e Michoacán, non ostacolati dalle autorità messicane, cercando di entrare in California e Arizona.

Quella col Messico è una cooperazione a strappi che si verificò anche con Trump quando Obrador inviò oltre 10mila uomini della neonata Guardia Nacional a blindare il confine sia con gli Stati Uniti che con il Guatemala. Il presidente messicano, in questo 2024, un cruciale anno elettorale anche per il suo paese si è mostrato collaborativo verso Biden, ma occorre vedere fino a quando questa politica potrà o vorrà essere proseguita da Lopez Obrador, la sua erede politica, Claudia Sheinbaum Pardo, la candidata del suo partito nella corsa presidenziale contro una forte concorrente del partito di opposizione PAN, la Xochitl Galvez.

Dal canto suo Obrador ha chiesto più volte al segretario di Stato Anthony Blinken, che ha incontrato a dicembre e poi a gennaio di questo anno, di:

  1. ammorbidire la prassi delle sanzioni verso Cuba e il Venezuela così da rallentare i flussi migratori da questi paesi,
  2. investire denaro per creare posti di lavoro nelle piccole nazioni centroamericane,
  3. avere risposte sulle reiterate richieste di evitare il pericolo di espulsione per quei cittadini messicani che da lungo tempo vivono negli States.

Nell’agenda della Casa Bianca il dossier immigrazione è di estrema importanza e non a caso Blinken ha indetto un trilaterale a fine febbraio a Washington, con la segretaria per gli Affari esteri messicana, Alicia Bárcena, e il ministro degli Esteri guatemalteco, Carlos Ramiro Martínez. A fine incontro hanno dichiarato l’impegno reciproco per: “migliorare la sicurezza e le infrastrutture alle frontiere e a condividere le informazioni sulla tratta di esseri umani”.

Secondo molti osservatori Obrador potrebbe cessare questa modalità collaborativa come pressione per avere risposte concrete dall’Amministrazione Biden, come già accaduto nei mesi finali del 2023. Per questo il Messico viene visto come una sorta di “terzo partecipante” al voto delle presidenziali americane del 5 novembre prossimo.

Foto: Texas National Guard , Stato del Texas , Reuters ed El Paso Times

 

Marco LeofrigioVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1963, laurea in Scienze Politiche, si occupa da oltre dieci anni di geopolitica, strategia, guerre e conflitti, forze armate straniere, storia navale, storia contemporanea, criminalità organizzata, geo-economia. Ha scritto decine di articoli, analisi e saggi su questi argomenti. E' membro attivo della Società Italiana di Storia Militare. Dal 2011 è co-autore, con Lorenzo Striuli, di diversi articoli di storia navale sulla Rivista Marittima della Marina Militare. Collabora fin dal 2003 con Analisi Difesa.

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