Le dimissioni di Victoria Nuland confermano il disimpegno degli USA dal conflitto ucraino?

 

(aggiornato il 15 marzo ore 13,30)

Le annunciate dimissioni del sottosegretario al dipartimento di Stato Victoria Nuland, protagonista e artefice della politica statunitense in Ucraina (dalla gestione della “rivoluzione del Maidan” nel 2014 al radicamento del controllo di Washington sul governo di Kiev, dalla minacciata distruzione del gasdotto Nord Stream 2 al supporto all’Ucraina nella guerra contro la Russia), si prestano a diverse ipotesi e valutazioni.

Indiscrezioni rivelano l’avvio di diverse inchieste su di lei circa l’uso dei fondi per l’Ucraina fin dal sostegno al colpo di mano del Maidan, altri osservatori ritengono lasci Foggy Bottom per la delusione di non aver ottenuto la nomina a vice segretario di Stato ma non si possono non considerare anche altri aspetti politici che possono aver determinato le sue dimissioni a meno di un anno dallo scadere dell’amministrazione Biden e in piena crisi politica e militare dell’Ucraina.

Victoria Nuland, 63 anni, è considerata il perno delle politiche anti-Mosca delle amministrazioni del Partito Democratico guidate da Barack Obama e Joe Biden: il suo pensionamento, a fine marzo, è stato annunciato il 5 marzo dal Dipartimento di Stato.

Funzionario all’ambasciata statunitense a Mosca negli anni ’90 anche in occasione del tento colpo di stato contro l’allora presidente Boris Eltsin, è stata prima rappresentante degli Stati Uniti alla NATO e poi assistente per l’Europa al dipartimento di Stato durante l’amministrazione Obama per poi dimettersi dopo l’insediamento di Donald Trump e tornare a ricoprire l’incarico di sottosegretario per gli affari politici nell’amministrazione Biden.

Era stata candidata a succedere a Wendy Sherman come vice segretario di Stato e aveva ricoperto il ruolo di vice ad interim quando Sherman era andata in pensione sette mesi fa, ma ha perso la sua battaglia interna quando il presidente Joe Biden ha nominato Kurt Campbell come numero due del dipartimento di Stato. Campbell è entrato in carica in febbraio.

Victoria Nuland intende “dimettersi nelle prossime settimane”, ha annunciato il 5 marzo il segretario di Stato Anotny Blinken con una lunga nota in cui loda “Toria”, diplomatica che ha servito gli Stati Uniti per 35 anni ma non accenna alle motivazioni. “Ciò che rende Toria eccezionale è la sua fiera passione nel lottare per quello in cui crede di più: libertà, democrazia, diritti umani e la perdurante capacità dell’America di ispirare e promuovere questi valori nel mondo”.

Oltre alle tantissime missioni svolte da Nuland, sottolinea Blinken, “è la leadership di Toria sulla questione Ucraina che i diplomatici e studenti di politica internazionale studieranno per molti anni. I suoi sforzi sono stati indispensabili per opporsi all’invasione su ampia scala dell’Ucraina da parte di Putin, guidando una coalizione globale che assicura il fallimento strategico (russo), e aiutando l’Ucraina a lavorare verso il giorno in cui sarà in grado di reggersi con forza sulle proprie gambe, democraticamente, economicamente e militarmente”.

Nel documento si legge che al sottosegretario di Stato John Bass è stato chiesto di ricoprire temporaneamente l’incarico di Nuland in attesa della nomina di un successore. Secondo Blinken, negli scorsi tre anni Nuland ha “fatto proprio l’impegno del presidente (Joe) Biden perché la diplomazia tornasse al centro della politica estera e perché la leadership globale degli Stati Uniti venisse rivitalizzata in un momento cruciale per la nostra nazione e per il mondo”.

Nel comunicato, il segretario di Stato ha ricordato anche i precedenti ruoli di Nuland “sotto sei presidenti e dieci segretari di Stato”, a partire dal consolato di Canton, in Cina, fino ai vertici del dipartimento. “Queste esperienze hanno armato ‘Toria’ di una conoscenza enciclopedica di tante questioni e di tante regioni, e di una capacità impareggiabile di utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia statunitense per portare avanti i nostri interessi e valori”, ha sottolineato Blinken.

Ma al di là delle frasi di circostanza e degli apprezzamenti che di solito non si risparmiano in queste circostanze restano evidenti alcune valutazioni politiche e strategiche che sembrano indicare la postura degli Stati Uniti rispetto agli attuali scenari di crisi.

L’Amministrazione Biden ha preferito Campbell alla Nuland per il posto di numero 2 del Dipartimento di Stato ma invece di valutare tale scelta in base a differenze personali tra i due alti funzionari forse varrebbe la pena notare che Campbell è un esperto di Cina, passato da incarichi al Dipartimento del Tesoro all’Istituto di Studi Strategici Internazionali, all’incarico di sottosegretario per l’Asia con l’Amministrazione Obama al Consiglio per la sicurezza nazionale (dove vera coordinatore per l’Indo-Pacifico) fino al dipartimento di Stato, solo lo scorso 14 febbraio per diventarne numero 2 in sostituzione di Wendy Sherman. Campbell è considerato l’uomo di fiducia di Biden e l’ispiratore della strategia USA per lo scacchiere asiatico-cinese.

La sua designazione sembra quindi indicare che gli Stati Uniti, anche con una prossima amministrazione del Partito Democratico, punteranno il focus strategico e politico sull’Asia e la sfida con la Cina nell’Indio Pacifico. Come farebbe del resto anche Donald Trump se tornasse alla Casa Bianca e infatti ha già fatto capire che chiuderebbe in fretta la guerra in Ucraina lasciando all’Europa il compito di raccogliere i cocci.

Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha commentato su Telegram le dimissioni di Nuland attribuendole al fallimento del corso “anti-russo” dell’amministrazione Biden. “Il motivo non vi verrà detto ma è semplice: il fallimento del corso anti-russo dell’amministrazione Biden. La russofobia, proposta da Victoria Nuland come principale concetto di politica estera degli Stati Uniti, sta trascinando i democratici verso il fondo”.

Sembra andare in quella direzione anche il ritiro dalle primarie repubblicane per la Casa Bianca di Nikky Haley, sostenuta dai colossi dell’industria della Difesa e strenua sostenitrice del supporto militare a Kiev contro la Russia.

Del resto l’obiettivo degli Stati Uniti di utilizzare l’Ucraina per logorare la Russia ma soprattutto sbaragliare il loro più grande competitor economico (la UE) è già stato raggiunto grazie anche alla “tafazziana” eutanasia dell’Europa e della gran parte dei suoi governanti.

Vale la pena ricordare oggi, anche se solo per sommi capi, quali attenzioni e considerazione Victoria Nuland abbia riservato all’Europa. Nel 2014 pronunciò la fatidica espressione “L’Unione Europea si fotta!” parlando al telefono con l’ambasciatore americano a Kiev che le esprimeva le preoccupazioni europee per i fatti del Maidan e la destabilizzazione dell’Ucraina attuata dagli Stati Uniti. I russi intercettarono la conversazione e la resero pubblica.

Nel 2016, in un’audizione al Congresso confermò il ferreo controllo sul governo ucraino affermando che gli USA avevano consiglieri in 16 ministeri a Kiev mentre a fine gennaio 2022 dichiarò che “se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro, il gasdotto Nord Stream 2 non andrà avanti”.

L’anno scorso, in audizione al Senato, rispose a una domanda affermando che sia lei che l’Amministrazione Biden erano gratificati dal sapere che North Stream era un pezzo di metallo sul fondo del mare  (“Senator Cruz, like you, I am, and I think the administration is, very gratified to know that Nord Stream 2 is now, as you like to say, a hunk of metal at the bottom of the sea”).

Curioso che né in Germania né nelle altre nazioni del Nord Europa dove sono state avviate inchieste e indagini sulla distruzione dei gasdotti Nord Stream, nessuno le abbia mai chiesto quanto meno chiarimenti circa quelle affermazioni.

@GianandreaGaian

Foto: US DoS e AP

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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