Contractor e mercenari contro i ribelli dell’M23 in Congo

 

Lo scorso 7 febbraio alcuni contractor romeni sono stati uccisi in un’imboscata dei ribelli dell’M23 nei pressi di Sake, cittadina nell’estremo oriente della Repubblica Democratica del Congo. La loro morte ha attirato per l’ennesima volta – pur senza troppo clamore – l’attenzione mediatica sul conflitto del Kivu e sulla presenza di almeno due Compagnie Militari e di Sicurezza Private (PMSC) straniere nella regione.

Sebbene i loro incarichi siano limitati alla fornitura di addestramento alle Forze Armate congolesi, alla manutenzione di velivoli dell’Aeronautica, supporto tattico e logistico e sicurezza di aeroporti ed infrastrutture locali, in molti parlano di una loro partecipazione diretta alle ostilità contro i ribelli.

Ciò farebbe smettere loro gli abiti di “istruttori”, come descritti dal presidente congolese Félix Tshisekedi, per vestire quelli di “mercenari” come sono stati apostrofati dalle antagoniste autorità ruandesi. Il Congo del resto è stato il teatro operativo per antonomasia dei più famosi mercenari dell’epoca della decolonizzazione africana.

Quella dell’impiego di mercenari o compagnie private contro gli insorti, in Africa, è una pratica alquanto consolidata per rispondere concretamente, seppur controversamente, alla cronica impotenza ed immobilismo delle Nazioni Unite ed altre organizzazioni internazionali e regionali. Così come assodata è ormai l’estrema labilità del confine tra legalità e illegalità quando si tratta di schierare delle PMSC.

 

Il conflitto nel Kivu

Nelle province del Kivu del Nord e del Sud, nell’omonima regione orientale della Repubblica Democratica del Congo è, ormai da anni, in corso un conflitto prevalentemente mirato al controllo degli ingenti giacimenti minerari: uranio, oro, diamanti e coltan, indispensabile per il funzionamento di smartphone e computer.

Risorse che i vari gruppi di ribelli, con l’acquiescenza e/o supporto dei Paesi confinanti, saccheggiano e rendono disponibili sui mercati internazionali. Agli scontri per il controllo di un giro d’affari milionario, si affiancano tensioni storico-politiche, etniche e claniche mai sopite.

Il tutto si trascina – perlomeno – dalla prima metà degli anni ‘80, passando per il Genocidio del Ruanda del 1994, la Prima e Seconda Guerra del Congo – dal 1996 al 1997 e dal 1998 al 2002 – e relativi accordi di pace, rivelatisi fallimentari in quanto non sono riusciti a disarmare e/o integrare i più di 120 gruppi di ribelli in lotta tra loro con le Forze Armate di Kinshasa.

In questi anni si sono alternati brevi periodi di cessate il fuoco con altri di guerra a bassa intensità, con il continuo rischio di degenerare in una nuova guerra aperta regionale. Il conflitto del Nord Kivu si è riacceso alla fine del 2021. Dopo aver mantenuto a lungo un basso profilo, i ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23 – nelle foto sopra e sotto), sostenuti dal Ruanda, sono tornati ad imbracciare le armi conquistando vaste aree di territorio a nord di Goma, capitale della provincia.

Addestrati e ben organizzati, i guerriglieri si sono eretti a protettori dei tutsi congolesi – ed altre minoranze – da un Governo che, a loro detta, starebbe attuando una vera e propria campagna di pulizia etnica nei loro confronti.

A fronteggiarli le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), milizie filogovernative, reparti dell’Esercito del Burundi e forze internazionali: da quelle dell’operazione MONUSCO delle Nazioni Unite – in fase di ritiro entro la fine del 2024 – a quelle della Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) messe a disposizione dal Sud Africa, Malawi e Tanzania che hanno recentemente sostituito il contingente della Comunità degli Stati dell’Africa orientale (EAC).

In uno degli ultimi episodi di questa lunga saga, il 4 febbraio 2024 i ribelli dell’M23 hanno lanciato una pesante offensiva per il controllo delle vie d’accesso alla città di Goma. L’obiettivo, sostengono i ribelli, non è la sua conquista, bensì obbligare Kinshasa ad un cessate il fuoco monitorato e all’istituzione di un efficace meccanismo d’implementazione. All’alba del 7 febbraio è stata la volta di Sake, strategica cittadina 30 chilometri ad ovest della capitale provinciale ed ultimo baluardo a sua difesa.

Pur avendone occupato la parte meridionale, i ribelli non sono riusciti a conquistarla, subendo ingenti perdite e prigionieri. Per un anno, infatti, le truppe congolesi e di MONUSCO hanno rafforzato considerevolmente le difese di Sake.

Il ministro della Difesa congolese Jean-Pierre Bemba ha assicurato che si stava “facendo di tutto per proteggere la popolazione di Sake, Goma e dintorni” e che il governo di Kinshasa intendeva “riprendere tutti i territori” persi rapidamente.

Dal canto loro, i ribelli dell’M23 hanno rivendicato l’uccisione e la cattura di “diverse dozzine” di soldati governativi e burundesi, nonché la messa in fuga di molti altri.

 

L’imboscata ai romeni

Durante l’offensiva del 7 febbraio una ventina di cittadini romeni è caduta in un’imboscata dei ribelli dell’M23 nei pressi di Sake, in una zona molto impervia e difficile da raggiungere per i rinforzi. Sotto attacco per circa una decina di ore, sul campo sono rimasti due caduti e quattro feriti, uno in condizioni gravi.

Bucarest ha, altresì, precisato un suo coinvolgimento esclusivamente a livello diplomatico nella vicenda. La notizia è stata rapidamente riportata dai social media e confermata dal Ministero degli Affari Esteri romeno. Solo il 16 febbraio è arrivata la rivendicazione dell’M23 che ha reso noto l’identità delle due vittime e ne ha mostrato i passaporti.

Si tratta di Victor Railean e Vasile Badea, ex militari romeni presenti nel Paese africano con altri connazionali secondo i termini di un contratto della durata di tre mesi, con un compenso di 5.000 dollari al mese da corrispondersi al rientro in patria. Tra di loro veterani di vari teatri operativi che hanno appeso l’uniforme dell’Esercito romeno al chiodo per maggiori guadagni in ambito privato e, anche, uomini senza alcuna esperienza militare.

Apostrofati come mercenari dagli insorti, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha parlato di personale incaricato, invece, di addestrare le Forze Armate e fornire loro supporto tattico e logistico. Tshisekedi ha quantificato anche l’ammontare della loro forza in “un migliaio” di uomini.

 

Compagnie Militari e di Sicurezza Private nell’est della RDC

L’agguato ai cittadini rumeni ha fornito l’ennesima occasione per sollevare tutta una serie di interrogativi sulla crescente presenza di PMSC nella Repubblica Democratica del Congo e loro ruolo nel conflitto con l’M23. Già a fine 2022, infatti, in rete erano circolate fotografie del cadavere di un soldato “bianco”, senza mostrine o patch, caduto in azione a Karenga, villaggio a nord di Goma. Scatti che hanno spinto il quotidiano tedesco TAZ – Tages Anzeiger – a condurre un accurato reportage.

Testimonianze varie – giornalisti locali, ribelli dell’M23, comuni cittadini ecc. – hanno confermato, tutte, la presenza di soldati dai tratti somatici tipicamente caucasici, presumibilmente appartenenti al Gruppo Wagner.

Particolarmente significativa quella di un funzionario dell’aeroporto internazionale di Goma che, il 22 dicembre 2022, avrebbe timbrato i passaporti di alcuni dei circa cento cittadini romeni ivi giunti con un Boeing 737 noleggiato dalla compagnia romena Hello Jets. Questi sono stati sistemati in prossimità dell’aeroporto in diversi alberghi tra cui l’Hôtel Mbiza. Solitamente destinato a delegazioni governative e uomini d’affari, l’hotel è stato così adibito a “quartier generale dei bianchi” per un lungo periodo di tempo.

La struttura è presidiata dalla Guardia Repubblicana  e vi si possono scorgere operatori caucasici prestanti, con capelli corti, occhiali da sole a specchio, pistole al fianco e che indossano diverse uniformi senza mostrine. La maggior parte di loro parla correntemente il francese e gli spostamenti avvengono con veicoli scuri, con targa governativa e scortati da soldati congolesi.

Nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo sarebbero attive almeno due Compagnie Militari e di Sicurezza Private straniere con circa un migliaio di uomini. Nel luglio 2022 le autorità di Kinshasa hanno stipulato un accordo con la società bulgara Agemira per l’apertura di una controllata locale.

Agemira RDC è, così, gestita da Olivier Bazin, soprannominato “Colonnello Mario”. Cittadino franco-congolese ed ex gendarme francese, Bazin si è da tempo dedicato e manutenzione di assetti militari. Tra il personale della società numerosi militari e poliziotti francesi ed algerini in congedo e tutta una serie di tecnici ed ingegneri esteuropei; 35 a Kinshasa e 35 nella parte orientale del Paese.

Gli incarichi contrattuali di Agemira RDC consistono nel rinnovamento ed ampliamento della flotta dell’Aeronautica congolese, messa in servizio ed ammodernamento degli aeroporti della regione (Goma, Bukavu/Kavumu e Beni) e loro sicurezza attraverso consulenza strategica e direzionale. Trattandosi precipuamente di aerei ed elicotteri di origini sovietico-russe, i summenzionati tecnici – bielorussi, georgiani e bulgari – costituiscono una risorsa fondamentale.

Bazin, infatti, grazie alla trentennale esperienza come consulente in vari ambiti del procurement tra Ciad, Angola, Costa d’Avorio e Repubblica Democratica del Congo ha consentito a Kinshasa di ottenere diversi elicotteri e caccia bombardieri dell’ex Patto di Varsavia che il personale di Agemira ha rimesso in sesto in breve tempo. Attraverso un’altra società bulgara, Metalika AB, Bazin avrebbe provveduto a reperirne anche gli armamenti.

Il 24 novembre 2022 è stato stipulato un altro contratto: tra Congo Protection, società congolese rappresentata da Thierry Kongolo e la rumena Asociata RALF, fondata e rappresentata da Horatiu Potra. Della durata di 12 mesi, il contratto prevede la fornitura di addestramento e formazione alle truppe di terra delle FARDC attraverso un contingente di 300 istruttori.

Potra, soprannominato “Tenente Henry”, è un ex membro della Legione Straniera francese che ha maturato una vasta esperienza nel mondo delle Compagnie Militari e di Sicurezza Private, nonché un diversificato coinvolgimento in attività controverse, eversive e criminali.

È stato responsabile del servizio di sicurezza dell’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al Thani e, successivamente, si è occupato anche di addestrare la Guardia Presidenziale di Ange-Félix Patassé, presidente della Repubblica Centrafricana. Paese in cui Potra è tornato tra il 2016 ed il 2017 per formare anche i pretoriani dell’attuale presidente, Faustin-Archange Touadéra. Potra, inoltre, ha operato in Sierra Leone, Burkina Faso, Ghana, Giordania e Ciad.

Come indicato dal sito aziendale – attivo fino a poco tempo fa – la sua Asociata RALF fornisce protezione di personaggi di rilievo e presidio di aree sensibili, nonché addestramento alla protezione ravvicinata, ad operazioni speciali e consulenze in ambito securitario. Sul sito erano presenti anche numerose fotografie delle trasferte di Potra in cui appare sempre armato ed in posti ad alto rischio. Tra queste, una (qui sopra) del 2 gennaio 2023 presumibilmente scattata nei pressi di Goma.

Nel rapporto presentato il 19 giugno 2023 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite erano stati gli esperti del Gruppo di Studio sul Congo a dettagliare la presenza di “[…] istruttori stranieri, in particolare a Goma, che starebbero addestrando le forze congolesi. Soprattutto per quanto riguarda la componente aerea, in particolare i piloti di aerei da guerra.

Il Gruppo, inoltre, ha riportato la presunta esistenza di un piano per fermare l’avanzata dei ribelli dell’M23 con l’impiego di contractor sudamericani.

Si tratterebbe di un accordo bilaterale tra la Repubblica Democratica del Congo e gli Emirati Arabi Uniti – Abu Dhabi ne ha negato l’esistenza – per schierare nel Kivu del Nord 2.500 uomini provenienti da Colombia, Messico ed Argentina. Dal 15 marzo a metà aprile 2023 tre cittadini sudafricani sarebbero stati incaricati anche di prepararne l’arrivo e coordinarne le operazioni. Alla fine il piano è stato temporaneamente sospeso.

 

Istruttori o Mercenari?

In un’intervista al Financial Times dell’ottobre 2022 il presidente congolese Tshisekedi aveva respinto le voci sull’impiego di mercenari per combattere i ribelli dell’M23: “So che va di moda adesso… No, non abbiamo bisogno di assoldare mercenari”, “non saprei nemmeno dove trovarli, il mio Paese impiega le proprie Forze Armate per sconfiggere i ribelli” e ancora, “siamo un Paese indipendente, rispettoso delle convenzioni internazionali e, credetemi, non ne abbiamo [di mercenari russi]. Non impiegheremo una milizia per supportare le nostre azioni.”

Allo stesso tempo il Governo di Kinshasa aveva ribadito ripetutamente il suo diritto e libertà, in qualità di Stato sovrano, di organizzare la propria difesa ricorrendo anche al supporto di istruttori stranieri. Tanto più che dispone di hardware militare sovietico e ne ha recentemente acquistato altro dalla Russia.

Il presidente ruandese Paul Kagame, invece, il 9 gennaio 2023 denunciava pubblicamente la presenza di mercenari in RDC. Accuse riprese qualche mese più tardi dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione ruandese, Vincent Biruta che ha parlato di una preoccupante presenza e partecipazione alle ostilità di oltre 2.000 mercenari dell’Europa dell’Est.

Secondo gli esperti del Gruppo di Studio sul Congo e fonti locali gli uomini di Congo Protection, sebbene il loro mandato non vada ufficialmente oltre l’addestramento delle FARDC, il supporto tattico e logistico ed il presidio dell’aeroporto di Goma, avrebbero preso direttamente parte alle ostilità contro i ribelli dell’M23, a fianco delle truppe governative che stavano addestrando.

Come si legge nel rapporto delle Nazioni Unite, quando i ribelli dell’M23 (nelle foto sopra e sotto) hanno conquistato diverse città intorno a Sake alla fine di gennaio e, nuovamente, alla fine di febbraio 2023, Congo Protection aveva comunicato che non avrebbe adottato un atteggiamento passivo qualora i campi di addestramento in cui si trovavano i suoi uomini fossero stati attaccati.

E così, tra il 9 e 10 febbraio 2023 e poi all’inizio di marzo 2023 i militari congolesi e loro istruttori hanno presidiato le postazioni difensive attorno a Sake e di fatto hanno impedito ulteriori avanzate degli insorti. Questa è stata la prima partecipazione diretta alle ostilità di una Private Military Company contro i ribelli dell’M23 ad essere documentata.

Si è parlato, anche, di bombardamenti aerei sulle posizioni dell’M23 da parte di quei georgiani e bielorussi che forniscono addestramento ai piloti dell’Aeronautica congolese almeno dal 2014. Tuttavia, non risultano prove particolarmente evidenti al riguardo.

 

Alcune considerazioni

La presenza di mercenari in Repubblica Democratica del Congo non è di certo una novità. Dall’indipendenza dal Belgio nel 1960, quando si chiamava solamente Repubblica del Congo – 1960-1964 – o, più tardi, Zaire – 1971-1997 – fino, sostanzialmente, ai giorni nostri il Paese ha accolto la crème de la crème del mercenariato globale!

Erano gli anni della secessione del Katanga, dei Les Affreux – i terribili; mercenari nordamericani, sudafricani ed europei, tra cui anche qualche italiano, dei vari Bod Denard, “Mad Mike” Hoare e Jack Schramme.

E, più tardi ancora, quelli di Christian Tavernier e della Legione Bianca – i 300 serbo-bonsiaci – di Mobutu. Perfino oggi, voci confermate o meno, la Repubblica Democratica del Congo si è trovata nuovamente accostata ad altri due dei più altisonanti nomi del settore contemporaneo come Erik Prince ed il Gruppo Wagner.

A fine 2018 la società cinese Frontier Services Group (FSG), gestita dal 2014 al 2021 da Erik Prince, controverso fondatore della Blackwater, ha aperto una nuova società controllata nella RDC. Oltre alla società di trasporti – Cheetah Logistics – aperta nel 2015, FSG Congo ha esteso le sue attività ad ulteriori servizi logistici, esplorazione, sfruttamento e commercializzazione di minerali, legname, costruzioni ed operazioni di investimento e finanziamento di progetti sia pubblici che privati. Ad essi si è affiancata la fornitura di servizi di sicurezza tanto importanti in un Paese così violento e pericoloso.

Basti ricordare che nelle zone teatro degli scontri tra ribelli dell’M23 e FARDC sono stati uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci ed il loro autista.

Parlando, poi, del presunto accordo con gli emiratini per lo schieramento dei 2.500 contractor messicani, argentini e colombiani in RDC, dal 2011 Prince, dopo aver lasciato Blackwater – chiamatasi nel frattempo Xe Services LLC ed oggi Constelli’s, è diventato punto di riferimento di Abu Dhabi in ambito PMSC. Ad Erik Prince, infatti, era stato affidato il compito di costituire un raggruppamento speciale di ex militari sudamericani – soprattutto, colombiani – per rafforzare l’apparato difensivo degli Emirati Arabi Uniti attraverso capitale umano sudamericano. Difficile, perciò, non ipotizzare un suo coinvolgimento.

Per quanto riguarda il Gruppo Wagner, i numerosi contractor dell’Europa dell’Est nel Paese, così come le foto dei loro cadaveri circolate in rete, hanno portato molti, tra cui l’autorevole rivista Africa Intelligence, a dare quasi per scontata una sua presenza – o tentata – nella RDC.

Certezze al riguardo sono state manifestate dalle autorità ruandesi che, accusate dall’ONU di supportare i ribelli dell’M23, non possono essere considerate le più attendibili e disinteressate a sostenerlo. A Kigali, infatti, hanno tutto l’interesse a mettere in cattiva luce il rivale Governo di Kinshasa, sbandierando possibili legami con la PMC russa.

Complice anche l’ampia risonanza mediatica delle gesta dei contractor russi negli ultimi anni, soprattutto in Africa, non è stato difficile per i comuni cittadini congolesi associare i caucasici schierati a Goma agli uomini di Prigozhin. In realtà, non erano in grado di distinguere tra russi e cittadini di altri Paesi dell’Europa dell’Est.

Il presidente congolese Félix Tshisekedi ha sempre negato la presenza di uomini del Gruppo Wagner, così come per gli esperti internazionali e le Nazioni Unite non esisterebbero legami dimostrabili tra RDC e Gruppo Wagner.

Il fatto, però, che nel 2016 Horatiu Potra abbia addestrato in Repubblica Centrafricana le guardie del corpo del presidente Touadéra lascia spazio a speculazioni su sue collaborazioni con il Gruppo Wagner anche in RDC. Altro copione a ripetersi – per l’ennesima volta! – è l’impiego di mercenari o compagnie private come risposta all’impotenza e/o immobilismo delle Nazioni Unite. Il Governo della RDC ha infatti spinto per il ritiro delle truppe delle Nazioni Unite.

Presenti nel Paese dal 1999, i più di 14.000 uomini di MONUSCO sono profondamente impopolari per la diffusa percezione di non essere riusciti a fermare le violenze. Per non parlare del fatto che, con il suo budget annuale di un miliardo di dollari, è una delle più grandi, lunghe e costose missioni di mantenimento della pace al Mondo.

Con la risoluzione 2667 adottata dal Consiglio di Sicurezza il 20 dicembre 2022, gli Stati non sono più tenuti ad informare le Nazioni Unite sulla vendita di armi o sul sostegno militare al Governo congolese come imponeva dal 2003, invece, l’embargo sulle armi del Consiglio di Sicurezza. Due giorni dopo, i contractor bianchi con passaporto rumeno hanno così cominciato ad arrivare a Goma.

Casi di successo nell’impiego di PMSC, per esempio, sono stati quelli di Executive Outcomes (EO) contro i ribelli di UNITA in Angola e del RUF in Sierra Leone negli anni 90. Vittorie militari che, tuttavia, non sono state consolidate a livello politico, portando ad un rapido ritorno all’instabilità e violenze.

Una ricetta che era stata proposta da EO anche al segretario generale dell’ONU, Kofi Annan per scongiurare il Genocidio in Ruanda: un contratto da 120 milioni di dollari per evitare 800.000 morti. Si sa com’è andata a finire…

La presenza di istruttori o mercenari rumeni in RDC ha riproposto anche il dilemma del labilissimo confine tra legalità e illegalità nell’impiego di Compagnie Militari e di Sicurezza Private. A fare la differenza è l’esatta natura del loro incarico, spesso difficile da stabilire con certezza, concretamente e da provare nelle sedi opportune.

Sostanzialmente, la fornitura di addestramento e supporto tattico è consentita e tipica delle Compagnie di Sicurezza Private (PSC) mentre la partecipazione diretta alle ostilità è vietata dal diritto internazionale ed individua attività di mercenari e/o Compagnie Militari Private (PMC).

Foto: Armèe Congolaise RDC, M23, DeskEco, Medium, Xinhua e VOA

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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