L’Ucraina impiega l’addestratore basico Yak-52 contro i droni russi

 

In un’azione avvenuta alla fine dello scorso mese che ha rievocato le battaglie aeree della Prima Guerra mondiale un aereo d’addestramento basico biposto Yakovlev Yak-52 delle forze aeree ucraine ha intercettato e abbattuto in totale sicurezza un drone da ricognizione russo Orlan-10 sulla regione di Odessa.

L’azione catturata in video mostra lo Yak-52 volteggiare sopra il drone in discesa dopo averlo abbattuto.

Il metodo utilizzato dallo Yak-52 per abbattere l’Orlan rimane tuttavia poco chiaro: alcune fonti suggeriscono che gli aerei da addestramento ucraini non dispongono generalmente delle modifiche necessarie per montare mitragliatrici sulle ali o sulla fusoliera, data la complessità tecnica coinvolta in tali adattamenti.

Secondo il portale Militarnyi invece, sebbene la variante Yak-52B mantenga teoricamente la capacità di trasportare pod GUV-8700 con mitragliatrici o pod UB-32 con razzi non guidati, esempi pratici di questa configurazione sono effettivamente rari. È quindi probabile che il drone sia stato preso di mira dal secondo membro dell’equipaggio con un’arma da fuoco o un’arma automatica.

Sebbene in tanti abbiano visto l’altra faccia della medaglia di un Aeronautica che dispone ormai solo di pochissimi aerei da combattimento, progressivamente decimata dalla difesa aerea russa e dall’azione dei caccia Su-35 e caccia intercettori MiG-31, l’azione in sé merita una riflessione più ragionata.

Con una velocità massima di 470 km/h e un’autonomia di volo fino a 2,5 ore, lo Yak-52 realizzato secondo le logiche dell’Aeronautica Sovietica combina agilità e resistenza, rendendolo estremamente adatto per intercettare e neutralizzare droni a velocità relativamente basse; ricordiamo che l’Orlan-10 ha una velocità massima di 150 km/h.

La storia dell’aviazione militare è piena di esempi che corroborano la correttezza d’impiego del velivolo contro il piccolo drone: nella guerra di Corea ad un vecchissimo (per concezione) Polikarpov Po-2 risultò essere accreditata l’anomala e probabilmente unica vittoria (anche se “indiretta”) di un biplano a elica su un caccia a reazione, quando un Lockheed F-94 “Starfire” andò perso mentre rallentava a 161 km/h al di sotto della sua velocità di stallo per intercettare e agganciare il biplano nordcoreano di costruzione sovietica che volava a bassissima quota.

Nella guerra in Vietnam i veloci e potenti caccia statunitensi risultarono inadeguati per abbattere i biplani Antonov An-2 “Colt” nordvietnamiti utilizzati come aerei d’attacco e armati con tre mitragliatrici da 12,7 mm e diversi lanciarazzi da 57 mm. Il motivo? Ancora una volta lo stesso: questi aerei erano in grado di volare molto lentamente e a bassa quota e fu solo con l’ausilio degli elicotteri UH-1 “Iroquois” se si ebbe ragione di loro.

Quando il 4 marzo 1997 presso la base aerea di Galatina (LE), dopo aver violato lo spazio aereo italiano volando molto basso lungo l’Adriatico, atterrò un jet militare albanese da addestramento MiG-15UTI i caccia F-104 “Starfighter” incaricati dell’intercettazione (un velivolo noto per la difficoltà a manovrare a bassa velocità) dovettero “circuitare” più volte per evitare di entrare in stallo.

Nel giugno del 2008 i piloti di elicotteri Mil Mi-24 “Hind” ungheresi furono coinvolti in un combattimento simulato con degli F-15 statunitensi. Questo addestramento confermò la possibilità di abbattere dei caccia militari attraverso dei “lenti” velivoli ad ala rotante. D’altronde durante il conflitto Iran-Iraq più fonti danno per certo l’abbattimento di un F-4 Phantom iraniano da parte di un Mi-24 iracheno: ovviamente Teheran ha sempre smentito.

Nel racconto fornito allora dai piloti si evince come nemmeno i più moderni missili aria-aria rappresentino la “bacchetta magica” della situazione. Alcune tattiche utilizzate dai piloti di “Hind” (volare bassi, lenti e nascosti) possono riservare amare sorprese anche ad un potente caccia supersonico, sebbene a prima vista l’esito dello scontro possa apparire totalmente scontato.

Se arriviamo ai nostri giorni e addirittura alla guerra in Ucraina è stato un caccia MiG-29 ucraino ad avere la peggio durante l’intercettazione e successiva distruzione di un drone kamikaze Geran: nell’esplosione i frammenti avrebbero danneggiato in modo così grave il “Fulcrum” (probabilmente già in una situazione pericolosa di bassa velocità vicina allo stallo) che il pilota ucraino ha dovuto eiettarsi.

Nonostante il suo ruolo primario come piattaforma di addestramento, la versatilità e la manovrabilità dello Yak-52 si sono rivelati dunque determinanti nel contrastare questo tipo di minacce aeree definite “slow movers”.

La stessa Aeronautica Russa impiega da mesi con profitto gli elicotteri d’attacco Mil Mi-28 “Havoc” attraverso l’impiego del cannone mobile Shipunov 2A42-2 da 30 mm in grado di abbattere i droni ucraini.

Logica e consequenziale appare dunque la scelta ucraina di utilizzare lo Yak-52, che per inciso fu sviluppato a suo tempo con elementi di design che ricordavano i primi caccia sovietici del dopoguerra, tra cui una disposizione della cabina di pilotaggio in tandem e un carrello di atterraggio triciclo.

Lo Yak-52 vanta inoltre un sistema di carburante e olio in grado di sostenere il volo rovescio per un massimo di due minuti. Queste caratteristiche, combinate con la sua costruzione robusta e l’efficiente sistema di propulsione, consentono al velivolo di operare con facilità in diversi ambienti operativi e sebbene originariamente concepito come aereo da addestramento, l’adattabilità e l’efficacia in combattimento dello Yak-52 sviluppato negli anni ‘70 sono state dimostrate in vari ruoli dimostrati anche dalla recente intercettazione del drone da ricognizione russo.

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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