Per NATO e UE dovremmo cedere a Kiev tutti i missili da difesa aerea

 

Non possiamo contare solo sugli Stati Uniti, dobbiamo prenderci la nostra responsabilità. Abbiamo i Patriot, abbiamo i sistemi antimissile, dobbiamo tirarli fuori dai magazzini e inviarli in Ucraina, dove la guerra si sta intensificando, e sono sicuro che lo faremo rapidamente” ha detto l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell parlando con i giornalisti a margine del G7 esteri di Capri, il 18 aprile.

Il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg aveva detto il 19 aprile che l’Ucraina ha bisogno di ancora di più da parte della NATO e che i ritardi nel sostegno hanno conseguenze sul campo ogni giorno: “Ecco perché se gli alleati si trovano a dover scegliere tra il raggiungimento degli obiettivi di capacità della NATO e la fornitura di maggiori aiuti all’Ucraina, il mio messaggio è chiaro: inviate di più all’Ucraina. L’Alleanza ha mappato le capacità degli alleati, ci sono sistemi che possono essere dati all’Ucraina”, ha riferito Stoltenberg. “In aggiunta ai Patriot ci sono altri strumenti che possono essere forniti, come i Samp-T“, di produzione franco-italiana.

“C’è una comune e chiara comprensione della necessità di fornire all’Ucraina più capacità di difesa aeree. Qualche Stato membro ha preso chiari impegni qualcun altro deve discuterne ma credo che adesso la decisione è matura e molto deve essere fatto” ha aggiunto Borrell il 22 aprile.

Lo stesso giorno il Financial Times riferiva di forti pressioni sui partner UE e NATO affinché consegnino sistemi di difesa aerea all’Ucraina, sottolineando il pressing su Grecia e Spagna. Fino a pochi giorni or sono solo la Germania aveva accettato di fornire un’altra batteria di Patriot dopo che quelle inviate in precedenza da Berlino e Washington stanno esaurendo i missili e sono state in parte distrutte dai russi.

Dopo i carri armati e i proiettili d’artiglieria inviati a Kiev ma rivelatesi insufficienti a rovesciare a favore degli ucraini il conflitto, ora le nazioni europee sono caldamente invitate dai vertici UE e NATO a privarsi anche dei pochi missili da difesa aerea di cui dispongono.

La logica che guida le valutazioni di Stoltenberg si basa su due concetti chiave. Il primo è che l’Alleanza Atlantica “non ha intenzione di essere direttamente coinvolta nel conflitto” ma punta a “sostenere Kiev e impedire che la guerra si estenda al di là dell’Ucraina” come ha detto nei giorni scorsi intervistato dal quotidiano “La Repubblica”.

Il secondo lo ha spiegato il 23 aprile in conferenza stampa a Varsavia: “Dobbiamo capire che l’alternativa più costosa è permettere a Putin di vincere in Ucraina. Perché a quel punto vivremo in un mondo molto più pericoloso e dovremo investire molto di più nella nostra difesa rispetto al sostegno che ora forniamo all’Ucraina. Si può solo investire ora nella sicurezza dell’Ucraina. Fornendo sostegno all’Ucraina li aiutiamo a distruggere le capacità di combattimento russe che potenzialmente potrebbero essere utilizzate contro di noi. Sostenere l’Ucraina non è carità, è un investimento nella nostra sicurezza, e l’alternativa è più costosa“.

La NATO considera quindi scontata una lunga stagione di guerra (se va bene solo “fredda”) con la Russia e in questo contesto conviene aiutare gli ucraini a combattere il più a lungo possibile per logorare e indebolire le forze militari russe. In queste affermazioni non sembrano rientrare valutazioni circa la distruzione dell’Ucraina e l’annientamento delle truppe di Kiev ma neppure l’esame delle ormai limitate capacità militari che i partner europei possono mettere in campo dopo aver donato tanto delle loro scarse riserve agli ucraini. Non solo in termini di mezzi corazzati, artiglieria e munizioni ma anche di sistemi missilistici per la difesa aerea.

Kiev chiede 7 batterie di Patriot o SAMP/T (nella foto sopra), i più efficaci nel contrastare i missili da crociera russi che ogni notte colpiscono obiettivi militari e grandi infrastrutture strategiche quali le centrali elettriche, ma in Europa ormai ce ne sono pochi, costruirne di nuovi richiederà anni e molto denaro e i vertici militari di molte nazioni mettono in guardia i governi dal rischio di ritrovarsi senza strumenti efficaci per difendere i nostri cieli da minacce militari e terroristiche.

La Polonia, che dispone di batterie di Patriot schierate anche ai confini ucraini, ha fatto sapere di non poterne cedere all’Ucraina Ieri il primo ministro rumeno Marcel Ciolacu ha detto che il ministero della Difesa “ha serie riserve sulla consegna di Patriot all’Ucraina”. La questione, ha detto, sarà affrontata dal Consiglio Supremo di Difesa, dove verrà’ presa “la decisione più saggia per la Romania”.

A Bucarest anche il Partito Nazional-Liberale conservatore, partner dei socialdemocratici di Ciolacu nel governo di coalizione, non sostiene incondizionatamente la consegna.

La scorsa settimana, il presidente Klaus Iohannis ha assicurato, dopo un incontro con il presidente statunitense Joe Biden, che la Romania sta considerando la possibilità di fornire all’Ucraina un sistema di difesa Patriot, aggiungendo però di aspettarsi qualcosa in cambio poiché “è inaccettabile che la Romania rimanga senza difesa aerea”.

Nel 2017 la Romania ha firmato un contratto da 4 miliardi di dollari per l’acquisizione di 7 sistemi Patriot PAC3 MSE statunitensi, di cui quattro sono stati consegnati e uno è operativo.

La Spagna alla fine ha ceduto alle pressioni e fornirà solo pochi missili Patriot degli appena 50 di cui disporrebbe secondo quanto riferito da “El Paìs”. In compenso Madrid fornirà a Kiev vecchi missili antiaerei Hawk, radiati dall’esercito spagnolo e recuperati dai magazzini, dopo aver ceduto insieme all’Italia anche le vecchie batterie del sistema Spada. Anche l’Italia, pur mantenendo segrete le forniture militari a Kiev, potrebbe aver accettato di fornire qualche altro missile Aster o forse una intera batteria di SAMP/T secondo quanto emerso a margine del recente incontro a Roma tra Giorgia Meloni e Stoltenberg.

Probabilmente si tratta della batteria in fase di ritiro dallo Slovacchia dove proteggeva il paese alleato che sembra oggi venire penalizzato dagli alleati dopo l’insediamento del governo socialdemocratico di Robert Fico, contrario a fornire armi a Kiev e a porre sanzioni alla Russia.

Il 27 aprile il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva detto che “stiamo facendo tutto il possibile per aiutare l’Ucraina, dare le risposte attraverso gli strumenti che abbiamo” rispondendo a una domanda sulla disponibilità a inviare questo sistema di difesa aerea.

Nei mesi scorsi Italia e Francia avevano inviato congiuntamente a Kiev una batteria di SAMP/T con diversi missili Aster rivelatisi molto efficaci anche se i russi hanno probabilmente distrutto almeno una parte dei lanciatori.

Parigi ha rafforzato gli ucraini con nuove componenti e altri missili e ieri il ministro della Difesa Sebastien Lecornu ha detto in un’audizione parlamentare: “Posso annunciarvi che ho appena firmato la consegna di un secondo lotto di missili Aster proprio per permettere ai SAMP/T che abbiamo dato con i nostri partner italiani di continuare a operare visto che si tratta di intercettare missili russi che possono attaccare Kiev”.

Parigi però si trova a corto di armi per la difesa aerea al punto da chiedere in “prestito” alla Grecia una batteria di missili antiaerei per proteggere da attacchi di tipo terroristico le Olimpiadi di Parigi. Il ministro della Difesa ellenico Nikos Dendias ha detto il 26 aprile che i missili a lungo raggio Patriot (nella foto sotto un lanciatore greco) e S-300 in dotazione alle forze armate greche non verranno trasferiti (né in Francia né in Ucraina) perché la Grecia non si priverà di “ciò che è necessario per la sua difesa e la tutela degli interessi fondamentali della Patria”.

Dendias ha poi aggiunto che “se la Francia formulerà per iscritto la sua richiesta verbale per la fornitura del sistema di difesa aerea a corto raggio Crotale per la protezione di Parigi in occasione dei Giochi Olimpici, il nostro Paese acconsentirà. Figuriamoci se noi, il Paese che ha firmato un accordo di difesa con la Repubblica francese, non aiutiamo i Giochi Olimpici che rappresentano tutto ciò che è greco nel mondo“, ha detto Dendias.

Fonti militari francesi sentite dal quotidiano greco Kathimerini ammettono che se Parigi intende rifornire di sistemi antiaerei l’Ucraina ha poi bisogno dell’assistenza degli alleati per garantire la difesa aerea delle infrastrutture critiche all’interno della capitale che ospita i Giochi Olimpici.

A beneficio di chi ama cogliere tutti gli aspetti paradossali ricordiamo che i Crotale che Atene presterà a Parigi sono armi da difesa aerea di produzione francese e che la Francia ha ceduto all’Ucraina. Nel 2021 inoltre, la Grecia affittò una batteria dei suoi Patriot con 120 militari all’Arabia Saudita che difendeva porti e raffinerie nel Golfo Persico dai missili e dai droni delle milizie yemenite Houthi.

Nei giorni scorsi dopo la visita del ministro Lecornu agli stabilimenti di MBDA, l’amministratore delegato Eric Beranger ha annunciato che l’azienda “continua ad accelerare considerevolmente il ritmo di produzione di alcuni sistemi di difesa chiave per le nostre forze armate, tra cui quello dei missili Aster il cui tasso di produzione è già raddoppiato in 2 anni, con consegne previste per quest’anno. Nel 2025 consegneremo 6 volte di più di quanto inizialmente previsto.  Per supportare questa accelerazione, stiamo anche lanciando un ampio piano di assunzioni in tutte le nostre sedi.”

Nel gennaio 2023 Italia e Francia firmarono un contratto per la produzione di 688 missili Aster 15 e Aster 30 delle più recenti versioni da consegnare entro il 2025: tempi troppo lunghi a fronte delle attuali esigenze ed emergenze.

Le vicende relative alle difficoltà ucraine e alla sicurezza delle Olimpiadi parigine evidenziamo la carenza in Francia e in tutta Europa di difese aeree basate a terra in grado di proteggere i nostri cieli, persino in assenza di guerre e a difesa di eventi e summit: armi presenti in misura limitata prima della guerra in Ucraina e ora in numeri assolutamente critici.

Una situazione che sta già determinando effetti economici e strategici non certo imprevisti a Washington. Il sistema missilistico europeo più avanzato, l’italo-francese SAMP/T, non potrà essere prodotto in tempi rapidi e nei numeri necessari a soddisfare le esigenze. Infatti la Germania è posta alla guida di una dozzina di nazioni del nord ed est Europa per costituire un sistema antiaereo e antimissile noto come Sky Shield basato su tre linee diverse di armi: i tedeschi IRIS-T, gli americani Patriot e gli israeliani Arrow 3.

Al tempo stesso il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha espresso l’apprezzamento per l’iniziativa industriale promossa in gennaio dalla NATO e raccolta da Germania, Olanda, Romania e Spagna che porterà a produrre in Europa mille missili Patriot. Intesa rafforzata dall’accordo tra Lockheed Martin e la spagnola Oesia per produrre in Spagna componenti per i Patriot PAC-3 MSE.

Patriot per tutti quindi! Nei fatti, se si esclude la Francia (e auspicabilmente l’Italia), il resto d’Europa sembra puntare sull’acquisizione e la produzione su licenza dei Patriot statunitensi invece di sviluppare, produrre e acquisire armi e tecnologie made in Europe.

In barba alle tante chiacchiere sulla impellente necessità di dare concretezza alla difesa europea.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, US DoD, MBDA, Lockheed Martin, Ministero Difesa Greco e Ministero Difesa Rumeno

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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