Africa addio: Macron ordina il ritiro dalla Françafrique

 

La presidenza di Emmanuel Macron verrà probabilmente ricordata dagli storici per la rapidità con cui, sotto il suo mandato presidenziale, Parigi si è “bruciata” due secoli di pesante influenza nell’Africa centro -occidentale e nel Sahel. Quella Françafrique che aveva sostituito l’impero coloniale e aveva resistito alla decolonizzazione degli anni ’60 e alla Guerra Fredda, che vide proprio in Africa uno dei teatri bellici più accesi, non è sopravvissuta agli errori di Macron (primo tra tutti la supponenza con cui ha trattato molti leader africani) che in Africa ha bruciato la residua credibilità francese.

Dopo che il governo della Repubblica Centrafricana e in seguito le giunte militari che hanno preso il potere in Mali, Burkina Faso e Niger hanno letteralmente cacciato i militati francesi e gli interessi di Parigi aprendo le porte a russi, turchi e cinesi, oggi Parigi è costretta a ridurre al minimo anche le guarnigioni militari presenti in altre nazioni africane.

Secondo informazioni fatte circolare dagli organi di stampa francesi la presenza militare verrà sensibilmente ridotta in Ciad (sede del comando dell’Operation Barkhane contro le milizie jihadiste) da mille a 700 militari mentre in Costa d’Avorio resteranno solo un centinaio dei 900 militari presenti fino a pochi mesi or sono e in Senegal (dove il primo ministro Ousmane Sonko ha criticato la presenza militare francese) e Gabon permarranno solo cento dei 350 presenti attualmente.

Solo Gibuti, postazione quanto mai strategica all’imbocco meridionale del Mar Rosso, resterà come caposaldo francese in Africa dove resteranno gli attuali 1.500 militari in una nazione che ha ceduto basi anche a Stati Uniti, Cina e Italia.

In tutto resteranno in Africa appena 2000 militari per tre quarti a Gibuti mentre nel giugno 2021 la Francia schierava solo nel Sahel 5.100 militari assegnati all’Operation Barkhane insieme ad altri 500 militari europei posti sotto comando francese e quasi altri 5.000 tra Gibuti, Senegal, Costa d’Avorio e Gabon.

Secondo diverse fonti di sicurezza citate dal quotidiano “Le Monde”, Parigi potrebbe anche rivedere la propria strategia se i Paesi africani dovessero chiederlo. Parigi ha preso in esame anche l’opzione di condividere basi con le forze statunitensi, anch’esse però in procinto di lasciare Niger e Ciad, ipotesi auspicata anche dal capo di Stato maggiore francese, generale Thierry Burkhard.

L’ostilità alla presenza francese sta crescendo in Africa anche in nazioni che non hanno ancora brutalmente “sfrattato” le basi militari di Parigi. “A più di sessant’anni dalla nostra indipendenza, dobbiamo interrogarci sulle ragioni per cui l’esercito francese, ad esempio, beneficia ancora di numerose basi militari nei nostri Paesi, e sull’impatto di questa presenza sulla nostra sovranità nazionale e sulla nostra autonomia strategica”, ha dichiarato il nuovo premier senegalese Sonko il 17 maggio in occasione di un incontro a Dakar con il leader della sinistra francese Jean-Luc Melenchon.

Sonko ha ribadito “il desiderio del Senegal di avere un proprio controllo” e quest’auspicio “à incompatibile con la presenza duratura di basi militari straniere in Senegal” ma ha precisato di non voler interrompere gli accordi di difesa esistenti con la Francia.

In Costa D’Avorio invece il ritiro francese sembra mirare ad aiutare il presidente Alassane Ouattara a gestire la campagna elettorale in vista del voto del prossimo anno al riparo dalle accuse di farsi proteggere da una robusta presenza militare francese.

Nel Sahel intanto Parigi continua a subire smacchi. La giunta militare del Niger ha ritirato il permesso di sfruttamento del giacimento di uranio di Imouraren, nel nord del Paese, alla societa francese Orano. Imouraren è uno dei più grandi giacimenti di uranio del mondo, con riserve stimate in 200 mila tonnellate. Il suo sfruttamento sarebbe dovuto iniziare nel 2015, ma il crollo dei prezzi dell’uranio sul mercato mondiale, dopo il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, aveva congelato le attività di Orano (ex Areva).

Come ricorda l’Agenzia Nova, in una nota pubblicata lo scorso 11 giugno, il ministero delle Miniere di Niamey aveva annunciato che il permesso di esercizio nel sito di Imouraren sarebbe stato ritirato ad Orano e restituito al demanio pubblico, se i lavori in esercizio non fossero stati iniziato entro un periodo di tre mesi successivo al 19 marzo.

Nella stessa nota il ministero aveva ricordato di aver emesso una prima formale diffida ad Orano nel febbraio 2022. Giovedì scorso Orano ha precisato che le infrastrutture del deposito sono state riaperte dal 4 giugno per accogliere le squadre di costruzione e portare avanti i lavori, dicendosi “disposta a mantenere aperti tutti i canali di comunicazione con le autorità del Niger sull’argomento, riservandosi il diritto di contestare la decisione di revocare il permesso di esercizio davanti alle autorità giudiziarie competenti, nazionali o internazionali”.

In Burkina Faso, dove secondo fonti francesi citate da Le Monde una parte dei militari preparerebbe un golpe contro il capo della giunta al governo, il colonnello Ibrahim Traorè, si sarebbe rafforzata la presenza russa. Secondo l’emittente Radio France Internationale sarebbero già arrivati nella capitale Ouagadougou tra gli 80 e i 120 militari maliani e mercenari russi dell’ex gruppo Wagner, ora integrati nell’Africa Corps sotto il controllo del ministero della Difesa di Mosca.

Le truppe sarebbero state destinate alla località di Dori, non lontano da Mansila, dove un recente attacco rivendicato dai jihadisti del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (JNIM), affiliato ad al Qaeda, ha causato la morte di almeno 107 militari dell’esercito burkinabè ed il sequestro di altri.

I siti specializzati nel tracciamento dei voli hanno confermato che un aereo noleggiato dalla compagnia russa Abakan Air – un Ilyushin (II-76), velivolo da trasporto militare in grado di ospitare un gran numero di uomini e grandi quantità di equipaggiamenti – ha viaggiato quattro volte da Gao, nel nord del Mali, a Ouagadougou, tra il 15 e il 17 giugno, per poi effettuare diversi voli tra Bamako e Ouagadougou tra il 17 e il 18 giugno.

Mali Niger e Burkina Faso hanno costituito la Alleanza del Sahel che mira al sostegno reciproco contro minacce esterne e le milizie jihadiste affiliate ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha recentemente visitato il Burkina Faso ha detto che il numero di istruttori militari russi “aumenterà”.

Anche il Mali è diventato un importante partner della Russia non solo nel settore militare ma anche nel campo dell’energia solare e nucleare. Lo ha dichiarato a Ria Novosti il ministro degli Esteri maliano, Abdoulaye Diop. La costruzione di una centrale solare è iniziata di recente a Sanankorobe, piccola città vicino a Bamako.

Il progetto è realizzato da una filiale della società nucleare statale russa Rosatom. Diop ha osservato che la costruzione di una centrale solare sarà estremamente importante per il Paese, rafforzando la sua capacità di produzione energetica. “Un partner come la Russia è estremamente importante.

Rosatom non è stata scelta per caso, ma per l’esperienza, la conoscenza e le capacità in questo particolare settore, e avere un partner strategico su un tema così importante è estremamente importante per noi per poter adempiere agli obblighi e raggiungere il risultato desiderato”, ha dichiarato Diop.

Foto: Operation Barkhane/Ministero delle Forze Armate francesi, TASS e AFP

 

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