Chi controlla le fake news?

 

Hanno fatto rumore le recenti esternazioni del presidente Sergio Mattarella che ha lanciato l’allarme su una vera e propria presunta “tempesta di disinformazioni” che colpirebbe anche l’Italia giudicandoli tentativi di disinformazione russa. Secondo Mattarella da anni e soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina, “C’è una diffusa tempesta di disinformazione, di fake news, di falsità per screditare e destabilizzare anche nel nostro paese” e “La campagna di disinformazione russa è insistente in tutta Europa e va affrontata in sede Ue e in sede Nato”.

Mi ha colpito la durezza nelle dichiarazioni del Presidente che forse ha informazioni più complete e precise, altrimenti deve pur essere ammissibile anche un minimo di scetticismo sulle sue parole perché – se si esamina il mondo dell’informazione – pressoché tutti i quotidiani, i settimanali, i TG, i programmi di intrattenimento in Italia non sono certo teneri con Putin. Dove sono quindi queste “false informazioni”? Par di capire che si diffondano nel web, su siti poco trasparenti, attraverso quel circuito informativo fatto di chat e di siti che diffondono disinvoltamente le notizie più assurde pur di essere letti, dalle ultime news sui Reali d’Inghilterra alle diete anticellulite, dallo spiegare il modo di far soldi facilmente al vendere dentiere a prezzo d’occasione.

Ma sono siti che incidono pochissimo, non fosse perché comunque le notizie politiche od internazionali non interessano molto (purtroppo) al popolo web.

Piuttosto le frasi di Mattarella impongono di alzare lo sguardo al mondo dell’informazione italiana (e mondiale) in sé, a chi controlla le notizie. Ma come non vedere che l’informazione è gestita da grandi gruppi economici e finanziari ma non certo controllata dai russi.

Guardate i giudizi scontati sull’Europa, la guerra, la BCE, Biden e Trump, Israele, l’Orban “cattivo” come la Le Pen ecc. ecc.

Le news sono pubblicate (e riprese) in modo acritico, spesso dimenticando la storia. Per esempio, rispondendo alle proteste perché un missile made in USA lanciato dagli ucraini ha fatto strage di bagnanti su una spiaggia della Crimea, il Pentagono ha giustificato tutto sostenendo che comunque la Crimea è ucraina. Nessuno ha dissentito o ricordato che per storia, lingua, religione, tradizioni etnia ecc. sostenere questo è assurdo, ma non lo dice o lo scrive nessuno, altro che “fake news”!

C’è poi spesso un vero e proprio incitamento all’odio e poiché internet è anche memoria storica, potete fare una prova: cliccate ad esempio “Russia + invasione + Polonia” e leggerete decine di articoli dei mesi e degli anni scorsi in cui si spiegava come e perché la Russia avrebbe a breve invaso la Polonia minacciando quindi la NATO. Nessuna di quelle previsioni è fortunatamente stata seguita da fatti, eppure da Newsweek ad Euronews al Guardian all’ineffabile “Daily Digest” (che sembra una testata di provocazione pura) tutto sembrava essere giù stato deciso al Cremlino.

Il problema è che l’informazione resta decisiva in ogni guerra per demonizzare l’avversario e raramente c’è la possibilità di verificare i fatti soprattutto attingendo a dati e conferme dalle due parti e anche gli avvenimenti vengono letti spesso come si vuole. Se una mia postazione è distrutta dai droni avversari è una sconfitta, ma se dichiaro che ho distrutto il 99% dei droni attaccanti diventa quasi una mia vittoria e nessuno saprà mai la verità.

Anche il modo di trasmettere le news dà il fianco a speculazioni politiche: se l’inchiesta di Fanpage su un gruppo di attivisti della Meloni è concentrata su un video relativo a un piccolo gruppetto di estremisti e la notizia viene usata addirittura in Europa per cercare di squalificare il premier italiano non è ad essere falsa la notizia in sé, ma la strumentalizzazione e la generalizzazione che ne segue, ad uso perfino di chi vorrebbe emarginare l’Italia ai vertici della UE.

Così come la scelta di non pubblicare i fatti “scomodi”: forse che la stessa Fanpage ha mai mostrato le immagini delle violenze cui ha volontariamente partecipato l’eroina neo-onorevole Salis, sia in Italia che in Ungheria? Anche scegliere “cosa” mettere o meno on line fa parte del gioco.

Fonte: Il Punto di Marzo Zacchera

Foto US Army

 

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Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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