Il lungo cammino dell’incomprensione tra Russia e Occidente  

 

La crisi in Ucraina ha radici profonde nella complessa storia della regione. La maggior parte della gente comune è convinta che questa guerra sia iniziata nel febbraio 2022. Per molti altri, invece, il conflitto deriva dall’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, un atto che scatenò tensioni internazionali e che in parte contribuì al conflitto nel Donbass.

Tuttavia, le reali radici storiche di quanto avviene oggi in Ucraina vanno ricercate già nella dissoluzione dell’Unione Sovietica del 1991, quando l’Ucraina ottenne l’indipendenza. Ci limiteremo, per cui, a riportare solo alcuni fatti, carichi di significanza geopolitica.

Superfluo affermare che senza ricerca attenta delle cause profonde sul PERCHÉ tutto ciò stia accadendo sotto i nostri occhi, non sarà mai veramente evidente il COME si sia arrivati ad una situazione di aperta conflittualità in Ucraina. Per questo motivo, questa analisi si è concentrata su alcuni passaggi storici chiave, meno noti a molti, che avvennero molto tempo addietro il fatidico febbraio 2022.

Per farlo, abbiamo cercato, trovato ed utilizzato dati ed informazioni estrapolati da documenti ora declassificati, pubblicati e accessibili oggi a tutti, e consultabili nei collegamenti delle note contenute in questo scritto.

 

Gli anni ’90

Non vi è dubbio alcuno che quando l’URSS crollò, i sovietici incassarono innumerevoli rassicurazioni sul fatto che la NATO non si sarebbe mai espansa verso est. Già durante il vertice di Malta del dicembre 1989 il presidente americano George H.W. Bush ne diede rassicurazioni a Gorbaciov: “gli USA non avrebbero approfittato (“I have not jumped up and down on the Berlin Wall”) delle rivoluzioni nell’Europa orientale per danneggiare gli interessi sovietici”[1].

Le prime concrete garanzie date ai sovietici da parte dei leader occidentali circa la futura postura della NATO iniziarono il 31 gennaio 1990, quando il ministro degli Esteri della Germania occidentale Hans-Dietrich Genscher tenne un importante discorso pubblico a Tutzing, in Baviera, sulla riunificazione tedesca. Informandone Washington, l’Ambasciata americana a Bonn riportò ciò che Genscher aveva appena asserito in pubblico: “i cambiamenti nell’Europa dell’Est e il processo di unificazione tedesca non devono portare ad una compromissione degli interessi sovietici sulla sicurezza”.

Pertanto, continuò “la NATO dovrebbe escludere un’espansione del suo territorio verso est, ovvero sia spostandolo più vicino ai confini sovietici”. Il dispaccio di Bonn menzionava anche la proposta di Genscher di lasciare il territorio della Germania dell’Est fuori da strutture militari NATO anche in prospettiva di una Germania unificata nella NATO[2].

Quest’ultima idea di status speciale per il territorio della ex Repubblica Democratica Tedesca venne codificata nel trattato finale di unificazione tedesca, firmato il 12 settembre 1990 dai ministri degli Esteri “due +quattro”[3]. L’idea di “più vicino ai confini sovietici” non venne mai messa nero su bianco nei vari trattati ma v enne comunque trascritta nei molteplici memorandum dei colloqui svoltisi tra i sovietici e gli interlocutori occidentali di più alto livello (Genscher, Kohl, Baker, Gates, Bush, Mitterrand, Thatcher, Major, Woerner e altri), i quali offrirono tutti rassicurazioni per tutto il 1990 (e fino almeno il 1991) circa la protezione degli interessi sovietici sulla sicurezza e sull’inclusione dell’URSS nelle nuove strutture di sicurezza europee.

Le due questioni erano correlate, ma non erano la stessa cosa. Diverse analisi successive hanno talvolta confuso i due concetti, sostenendo che la discussione non avrebbe coinvolto tutta l’Europa. I documenti declassificati (alcuni dei quali ripostati nelle note qui sotto) dimostrano, invece, che fu esattamente così.

La “formula Tutzing” divenne immediatamente il centro di una serie di importanti discussioni diplomatiche nei successivi dieci giorni del 1990, portando al cruciale incontro del febbraio 1990 a Mosca tra Kohl e Gorbaciov, quando il leader della Germania occidentale ottenne il consenso sovietico (in linea di principio) all’unificazione tedesca e al mantenimento del proprio status nella NATO, a patto che quest’ultima (NATO) non si fosse allargata verso est. I sovietici ebbero poi bisogno di molto più tempo per lavorare sull’opinione pubblica interna (anche con aiuti finanziari della Germania occidentale) prima di firmare formalmente l’accordo nel settembre 1990.

Nelle conversazioni tenutesi prima delle assicurazioni di Kohl, vi furono discussioni esplicite relativamente all’allargamento NATO nei paesi dell’Europa centrale e orientale e su come poter convincere i sovietici ad accettare l’unificazione tedesca. Ad esempio, il 6 febbraio 1990, quando Genscher incontrò il ministro degli Esteri britannico Douglas Hurd, i documenti britannici ci raccontano che lo stesso Genscher avesse dichiarato: “i russi devono ricevere qualche garanzia che se, ad esempio, il governo polacco un giorno dovesse uscire dal Patto di Varsavia, in avvenire non potrebbe entrare nella NATO[4].

Quando dopo aver incontrato Genscher vennero avviate le trattative con i sovietici, il Segretario di Stato americano Baker confermò esattamente la formulazione di Genscher durante il suo incontro con il ministro degli Esteri sovietico Eduard Shevardnadze (9 febbraio 1990)[5], e, cosa ancora più importante, quando si trovò poi faccia a faccia con Gorbaciov[6].

Non una, bensì ben tre volte, Baker ripeté la frase “not one inch eastward” (“non un pollice verso est”) con Gorbaciov, durante lo stesso incontro del 9 febbraio 1990. Si disse d’accordo con la dichiarazione di Gorbaciov, secondo cui, in risposta alle assicurazioni ricevute, “l’espansione della NATO sarebbe stata inaccettabile”.

Baker rassicurò Gorbaciov che “né il presidente né io intendiamo trarre vantaggi unilaterali dai processi in corso” e che gli americani hanno capito che “non solo per l’Unione Sovietica, ma anche per gli altri paesi europei è importante avere garanzie che se gli Stati Uniti manterranno la loro presenza in Germania nel quadro della NATO, la stessa NATO non si estenderà nemmeno di un centimetro verso est dell’attuale giurisdizione militare[7]

Baker ribadì nuovamente il concetto, il 18 maggio 1990 a Mosca[8], mentre argomentava a Gorbaciov il suo discorso in “nove punti concettuali”, che includevano la trasformazione della NATO, il rafforzamento delle strutture europee, il mantenimento di una Germania “non nucleare” e la presa in considerazione degli interessi di sicurezza sovietici. Baker esordì così: “Prima di spendere qualche parola sulla questione tedesca, volevo sottolineare che le nostre politiche non mirano a separare l’Europa dell’Est dall’Unione Sovietica. Avevamo quella politica in precedenza. Ma oggi ciò che ci interessa è costruire un’Europa stabile, e farlo insieme a voi”.

Questa affascinante conversazione coprì una serie di questioni relative al controllo degli armamenti in preparazione del vertice di Washington, discussioni estese ma inconcludenti sulla riunificazione tedesca e sulle tensioni nei Paesi baltici, in particolare sullo stallo tra Mosca e la Lituania secessionista. Gorbaciov tentò di persuadere Baker (invano) che la Germania si sarebbe dovuta riunificare al di fuori dei principali blocchi militari, nel contesto di un processo paneuropeo.

Al successivo vertice di Washington di maggio 1990, Bush fece di tutto per rassicurare Gorbaciov che la Germania nella NATO non si sarebbe mai diretta contro l’URSS: “Credimi, non stiamo spingendo la Germania verso l’unificazione, e non siamo noi a decidere il ritmo di questo processo. E ovviamente non abbiamo alcuna intenzione, nemmeno nei nostri pensieri, di danneggiare in alcun modo l’Unione Sovietica»[9].

Seguì la telefonata a Gorbaciov del 17 luglio, nella quale Bush cercò di consolidare il successo dei colloqui Kohl-Gorbaciov[10] e il messaggio della Dichiarazione di Londra. Bush spiegava così: “Quindi quello che abbiamo cercato di fare è stato tenere conto delle vostre preoccupazioni, a me e ad altri rappresentate, e lo abbiamo fatto nei seguenti modi: con la nostra dichiarazione congiunta sulla non aggressione; nel nostro invito a partecipare [ad incontri] nella NATO; nel nostro accordo ad aprire la NATO a contatti diplomatici regolari con il vostro governo e con quelli dei paesi dell’Europa orientale; e la nostra offerta sulle garanzie circa la dimensione futura delle forze armate di una Germania unita – una questione che so che hai già discusso con Helmut Kohl. Abbiamo anche cambiato radicalmente il nostro approccio militare con le forze convenzionali e nucleari. Abbiamo trasmesso l’idea di una CSCE allargata e più forte con nuove istituzioni in cui l’URSS possa condividere ed essere parte della nuova Europa[11].

I documenti mostrano che Gorbaciov accettò la riunificazione tedesca, e il suo ingresso come paese unito nella NATO, sulla base delle continue rassicurazioni ricevute, ma anche sulla sua stessa valutazione secondo la quale il futuro dell’Unione Sovietica sarebbe dipeso dalla sua integrazione con il resto d’Europa.

Nel frattempo, tuttavia, all’interno del governo degli USA, proseguiva una discussione diversa: il dibattito sulle relazioni tra la NATO e l’Europa orientale[12]. Le opinioni divergevano, ma il suggerimento del Dipartimento della Difesa del 25 ottobre 1990 era di lasciare “la porta aperta” all’adesione di paesi dell’Europa orientale alla NATO[13]. Tutti sanno cosa accadde negli anni successivi: tra il 1999 e il 2009, in successione, sette Paesi dell’ex Patto di Varsavia e poi le tre Repubbliche Baltiche (che fino a poco tempo prima erano parte integrante dell’Unione Sovietica), entrarono nella NATO.

Poi venne il vertice di Bucarest (2008), quanto i paesi alleati si dichiararono favorevoli alle aspirazioni euro-atlantiche di Georgia e Ucraina e che entrambe avrebbero potuto aderire alla NATO. Dal 2016 l’Organizzazione Atlantica ha iniziato a sostenere Kiev attraverso il pacchetto di assistenza globale per l’Ucraina, adottato al vertice di Varsavia; contemporaneamente, cominciarono ad essere organizzate esercitazioni militari congiunte su base annuale. Nel 2020, il presidente Zelenski ha approvato la nuova strategia di sicurezza nazionale ucraina, che prevedeva lo sviluppo del partenariato con la NATO con l’obiettivo dichiarato del suo completo ingresso nell’organizzazione.

 

2007 – Conferenza sulla Sicurezza di Monaco

È durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007 che il presidente russo Vladimir Putin comincia ad avvertire gli occidentali che il “party post-sovietico” era finito[14]. Erano passati ormai sette anni da quando era succeduto a Boris Eltsin, nei quali aveva scatenato la guerra in Cecenia per stabilizzare la situazione in Russia, dopo l’inferno passato negli anni ‘90. In quell’occasione, Putin decide di attaccare frontalmente gli occidentali, criticando apertamente l’allargamento della NATO, e sottolineando che ciò avrebbe minacciato la sicurezza russa. Nel corso di altre conferenze o dichiarazioni, Putin avrebbe poi esternato più volte all’Occidente queste stesse preoccupazioni.

Insomma, è a Monaco nel 2007 che per la prima volta il capo del Cremlino denunciò l’allargamento della Nato ad est: “Abbiamo il legittimo diritto di chiedere contro per chi questo allargamento venga attuato“.

Come scrisse in seguito Andrei Gračëv (ultimo portavoce di Mikhail Gorbaciov), in un libro recentemente pubblicato in Francia, “in quel momento tutti consideravano Putin un’anatra zoppa. Di conseguenza, purtroppo, il suo discorso a Monaco non venne preso troppo sul serio“.

 

 

Riferimenti

  • See Chapter 6, “The Malta Summit 1989,” in Svetlana Savranskaya and Thomas Blanton, The Last Superpower Summits(CEU Press, 2016), pp. 481-569. The comment about the Wall is on p. 538.
  • For background, context, and consequences of the Tutzing speech, see Frank Elbe, “The Diplomatic Path to Germany Unity,” Bulletin of the German Historical Institute46 (Spring 2010), pp. 33-46. Elbe was Genscher’s chief of staff at the time. For background, context, and consequences of the Tutzing speech, see Frank Elbe, “The Diplomatic Path to Germany Unity,” Bulletin of the German Historical Institute 46 (Spring 2010), pp. 33-46. Elbe was Genscher’s chief of staff at the time.

 

 

 

 

 

 

 

 

Altri riferimenti

https://wikileaks.org/plusd/cables/08MOSCOW265_a.html#efmBTnBfi

 

Note

[1] Leggi Cap.6, “The Malta Summit 1989,” in “The Last Superpower Summits” (CEU Press, 2016), di Svetlana Savranskaya e Thomas Blanton, pag. 481-569 (i commenti sul “Muro” sono a pag. 538)

[2] Per il background, contesto e conseguenze del discorso di Tutzing, vedi Frank Elbe, “The Diplomatic Path to Germany Unity,” Bulletin of the German Historical Institute” (primavera 2010), pp. 33-46. All’epoca, Elbe era il capo dello staff di Genscher

[3] September 12 Two-Plus-Four Ministerial in Moscow: Detailed account [includes text of the Treaty on the Final Settlement with Respect to Germany and Agreed Minute to the Treaty on the special military status of the GDR after unification] | National Security Archive (gwu.edu)

[4] Mr. Hurd to Sir C. Mallaby (Bonn). Telegraphic N. 85: Secretary of State’s Call on Herr Genscher: German Unification. | National Security Archive (gwu.edu)

[5] Memorandum of Conversation between James Baker and Eduard Shevardnadze in Moscow. | National Security Archive (gwu.edu)

[6] Memorandum of conversation between Mikhail Gorbachev and James Baker in Moscow. | National Security Archive (gwu.edu)

[7] Record of conversation between Mikhail Gorbachev and James Baker in Moscow. (Excerpts) | National Security Archive (gwu.edu)

[8] Record of conversation between Mikhail Gorbachev and James Baker in Moscow. | National Security Archive (gwu.edu) [pag.9]

[9] Record of conversation between Mikhail Gorbachev and George Bush. White House, Washington D.C. | National Security Archive (gwu.edu)

[10] Record of Conversation between Mikhail Gorbachev and Helmut Kohl, Moscow (Excerpts). | National Security Archive (gwu.edu)

[11] Memorandum of Telephone Conversation between Mikhail Gorbachev and George Bush | National Security Archive (gwu.edu)

[12] U.S. Department of State, European Bureau: Revised NATO Strategy Paper for Discussion at Sub-Ungroup Meeting | National Security Archive (gwu.edu)

[13] James F. Dobbins, State Department European Bureau, Memorandum to National Security Council: NATO Strategy Review Paper for October 29 Discussion. | National Security Archive (gwu.edu)

[14] https://www-kremlin-ru.translate.goog/events/president/transcripts/24034?_x_tr_sch=http&_x_tr_sl=ru&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp&_x_tr_hist=true

 

 

Francesco FerranteVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1973, ufficiale dell'Esercito Italiano dal 1994 è attualmente impiegato nella pianificazione operativa presso l'ITA-JFHQ del COVI. E' istruttore certificato NATO di Joint Targeting, qualifica acquisita durante la permanenza come istruttore e Direttore Corsi Targeting presso NATO SCHOOL, in Germania, dal 2018 al 2021. Ha preso parte a diverse operazioni militari in Iraq, Afghanistan, Libia, Libano, Bosnia e Repubblica Centrafricana, Burkina Faso, Iraq e Mozambico. E' laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, ed ha conseguito un Master (MA967) in Giornalismo e Comunicazione e collabora da diversi anni con riviste specializzate nel settore della Difesa.

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