La Difesa Europea: complementare o subordinata alla NATO?
Alla vigilia delle elezioni europee il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg parlando all’Atlantic Council ad Helsinki il 6 giugno ha chiarito, con tempistica esemplare, a noi europei (e “alleati”) come dobbiamo considerare l’idea (al momento rimane tale) di sviluppare una nostra specifica capacità militare. “Accolgo con favore gli sforzi dell’Ue nella difesa” ha detto Stoltenberg, “ma devono essere complementari alla NATO, non una duplicazione, questa azione “non deve indebolire la concezione della Nato. Ogni tentativo di indebolire il legame transatlantico indebolisce non solo la NATO ma anche l’Europa”. La responsabilità della Nato sull’Europa non può essere messa in dubbio”.
Il tema della difesa comune e dell’istituzione di forze armate europee è nuovamente tornato in auge a seguito dei timori che l’esito delle elezioni negli gli Stati Uniti possa portare Washington a diminuire considerevolmente l’impegno nel conflitto ucraino (se non ad abbandonarlo del tutto) per volgere il proprio sguardo verso l’Indo-Pacifico e lasciando gli europei “da soli” ad affrontare, nell’immediato, il prosieguo dell’attività offensiva dei russi verso ovest.
Nel medio-lungo termine, le sfide nel campo della sicurezza che l’Europa dovrà affrontare. Si tratta evidentemente della conseguenza della narrativa del “dopo di noi tocca a voi”. Se noi ucraini perdiamo la guerra e gli Stati Uniti ci mollano, il Vecchio continente subirà la stessa sorte. Da qui, appunto, la necessità per gli europei di riarmarsi (tanto) e di dotarsi di capacità autonome di difesa. In Italia, la costituzione di un “esercito europeo” è nuovamente comparsa nei programmi elettorali di molti partiti.
Ma quanto possiamo essere strategicamente “autonomi” rispetto alla NATO, leggi “Stati Uniti”? I concetti di complementarità e di “non duplicazione” sono citati in tutti i concetti strategici dell’Alleanza del dopo guerra fredda. E non c’è summit della NATO che non li ribadisca. In realtà i due termini non sono mai stati compiutamente declinati anche se una “duplicazione” in una certa misura è già avvenuta.
Il Comitato militare della UE, come idea, è il “copia e incolla” di quello della NATO e i Battle Groups europei sono la bruttissima copia di quelli dell’Alleanza. In una sorta di “vorrei ma non posso” non siamo però andati mai oltre. Questa ambiguità è strumentale per lasciare la questione aperta senza poter definire una soluzione. D’altronde, il problema fondamentale di quanto e come il Vecchio continente dovesse sviluppare la propria autonomia politica e militare non è affatto recente.
Infatti, nel 1966 la Francia abbandonò la struttura militare integrata della NATO a causa delle profonde differenze di vedute tra Parigi e Washington circa la nascente architettura della difesa europea, il ruolo dell’Alleanza Atlantica e del deterrente nucleare. E da quel tempo ad oggi le cose non sono affatto cambiate. Di fatto, ogni volta che l’Europa è stata in affanno nelle crisi internazionali l’argomento è tornato in auge creando aspettative che vengono puntualmente disattese nel giro di qualche mese. Dalla crisi dei Balcani negli anni ’90 al dramma dell’aeroporto di Kabul, sino alla guerra in Ucraina. Ogni volta si riapre il dibattito e si cerca di promuovere nuovamente la dimensione militare dell’UE sfruttando l’emotività del momento.
Henry Kissinger, nel 1965, ammetteva che una parte delle frizioni euroatlantiche erano causate dall’unilateralismo americano che esprimeva una leadership debole e confusa, e che ascoltava poco e in modo strumentale le richieste dei propri alleati. Il testo evidenziava però anche i problemi degli europei, troppo deboli (ad eccezione della Gran Bretagna) e divisi per essere protagonisti della guerra fredda e per affrontare la sfida geopolitica e ideologica del confronto con l’Unione Sovietica.
L’Europa, sosteneva Kissinger, aveva sicuramente il potenziale per garantire la propria sicurezza, e molti europei credevano che l’emergere di un’Europa autonoma nel campo della difesa e della sicurezza avrebbe potuto compromettere le garanzie americane, di cui avevano beneficiato sino ad allora, forzando gli europei ad assumersi direttamente le responsabilità della propria sicurezza.
Cosa peraltro non affatto scontata perché alcuni paesi europei preferivano una struttura atlantica basata sulla NATO piuttosto che su un’Europa unita. Su questo aspetto, insisteva lo statista, la politica americana era stata estremamente ambivalente: aveva sollecitato e sostenuto l’unità europea indietreggiando però di fronte alle possibili conseguenze di un’Europa effettivamente integrata. Gli Stati Uniti coltivavano l’idea di unire un’Europa sovranazionale ad una comunità atlantica strettamente integrata sotto leadership americana. Obiettivi, questi, che lo stesso Kissinger giudicava incompatibili. Oggi, la leadership di Washington, attraverso Stoltenberg, rafforza questa incompatibilità.
Il Segretario generale della NATO riafferma il ruolo dell’Alleanza dicendo chiaramente agli europei che gli Stati Uniti non potranno mai accettare un’Europa militarmente autonoma.
Ma le prospettive potrebbero essere quelle che in caso di vittoria, Donald Trump, abbandoni al proprio destino non solo gli ucraini ma anche gli alleati dell’alleanza militare più longeva della storia. Conosciamo, infatti, la considerazione che il candidato presidente ha del ruolo dell’Alleanza Atlantica. Quindi, il corto circuito è totale. Al momento la difesa dell’Europa è saldamente nelle mani della NATO, dice Stoltenberg, e il legame transatlantico non può essere indebolito tuttavia, sospettiamo (noi europei) e temiamo che in futuro potrebbe non essere così, senza però poter mai ambire a sviluppare una difesa autonoma (credibile) da Washington.
Immagini: NATO, Commissione Ue e Euroakitv
Maurizio BoniVedi tutti gli articoli
Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.