Putin mostra i muscoli ma propone un accordo
Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato il 14 giugno che quasi 700.000 russi stanno combattendo in Ucraina. “Nella zona dell’Operazione Militare Speciale ci sono quasi 700.000 militari”, ha detto Putin durante un incontro televisivo con soldati decorati. Solo sei mesi or sono, nel dicembre 2023, il presidente russo aveva indicato in 617.000 il numero di truppe coinvolte nell’operazione.
Volendo considerare credibili i dati forniti da Putin si tratta di un consistente potenziamento numerico delle forze in campo e nelle retrovie, assicurato dalla presenza di militari professionisti a cui si aggiunge l’arruolamento “a contratto” di un numero di volontari che alla fine del 2023 aveva raggiunto il mezzo milione di unità, sempre secondo il Cremlino.
Numeri che nessuna fonte neutrale è in grado di verificare ma la tendenza al rafforzamento progressivo degli organici russi coincide con il potenziamento delle dotazioni di armi e munizioni delle forze di Mosca e con il parallelo depauperamento delle risorse umane e materiali delle forze ucraine che continuano infatti a perdere terreno in diverse aree del fronte.
L’annuncio di Putin spiega la capacità mostrata dai russi di aprire in maggio un nuovo fronte nel nord della regione di Kharkiv, lungo il confine russo-ucraino, cui potrebbe seguire presto l’apertura di un nuovo fronte nella regione di frontiera di Sumy dove, come a Kharkiv, non vi sarebbe traccia delle fortificazioni annunciate l’anno scorso da Kiev e finanziate con i fondi occidentali.
Iniziative che hanno l’obiettivo di mettere in sicurezza il confine russo ma che al tempo stesso obbligano gli ucraini a diluire ulteriormente le loro scarse forze e ad allungare le linee di rifornimento logistico proprio mentre il reclutamento arranca e Kiev è costretta a blindare i confini (quelli a ovest) per impedire la fuga degli uomini in età di arruolamento e a chiedere ai paesi europei di rimandare in Ucraina quanti sono fuggiti all’estero nei primi mesi di guerra.
Le forze russe, ha detto Putin, continueranno ad avanzare nella regione di Kharkiv. “Siamo semplicemente costretti a spostare ulteriormente la linea del fronte nella regione di Kharkiv per ridurre gli attacchi dei terroristi contro Belgorod e altre località”.
La proposta russa
Dopo aver mostrato i muscoli, Putin ha colto l’occasione del vertice G7 in Italia e del summit dei ministri della Difesa NATO a Bruxelles per avanzare una articolata proposta di accordo per concludere il conflitto, non per un cessate il fuoco temporaneo.
La Federazione Russa è pronta a cessare le ostilità e negoziare per firmare la pace se Kiev ritirerà le sue truppe dalle quattro regioni parzialmente occupate dalle forze russe e rinuncerà ad entrare nella NATO. Una proposta in linea con le precedenti iniziative russe tese a trovare un accordo per concludere la guerra che, giova ricordarlo, poteva chiudersi su basi ben più convenienti per l’Ucraina già nell’aprile del 2022, dopo un mese e mezzo di guerra, in seguito alla mediazione turca.
All’epoca Putin si sarebbe “accontentato” della Crimea, di un’autonomia speciale sotto controllo russo delle regioni di Donetsk e Lugansk e dello status neutrale dell’Ucraina. Londra e Washington decisero (senza confrontarsi con gli alleati o con l’ossequioso assenso o non-dissenso degli altri membri della NATO?) che Kiev doveva continuare a combattere una guerra che “avrebbe logorato la Russia”.
Dopo oltre due anni e forse mezzo milione di morti e feriti, la proposta di Putin include tutte le quattro regioni annesse da Mosca con i referendum del settembre 2022 sulle quali il controllo russo oggi non è certo completo: Lugansk è interamente in mano alle forze di Mosca, Donetsk, Zaporizhia e Kherson lo sono per circa il 60/70 per cento.
“Queste condizioni sono molto semplici. Le truppe ucraine devono essere completamente ritirate dalle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, dalle regioni di Kherson e Zaporozhia, dall’intero territorio di queste regioni all’interno dei loro confini amministrativi” ha precisato Putin.
Secondo quanto riportato dal giornale tedesco Bild, Putin chiede agli ucraini di cedere circa 26 mila chilometri quadrati di territori (in rosso nella mappa qui sotto) che sono già quasi tutti oggetto delle offensive russe con l’eccezione di Kherson, dove i contendenti sono separati dal fiume Dnepr.
“Non appena Kiev dichiarerà di essere pronta per tale decisione e inizierà il vero ritiro delle truppe da queste regioni, oltre a notificare ufficialmente l’abbandono dei piani di adesione alla NATO, seguirà immediatamente l’ordine di cessare il fuoco e avviare i negoziati da parte nostra. Lo faremo immediatamente. Naturalmente garantiremo il ritiro sicuro e senza ostacoli delle unità e formazioni ucraine. L’essenza della nostra proposta non è una tregua temporanea o un cessate il fuoco, come vuole l’Occidente, per ripristinare le perdite, riarmare il regime di Kiev e prepararlo per una nuova offensiva. Ribadisco: non si tratta di congelare il conflitto, ma della sua conclusione definitiva.
Noi sono pronti ad avviare i negoziati senza rinviarli. Ripeto, la nostra posizione di principio è la seguente: lo status neutrale, non allineato e non nucleare dell’Ucraina, la sua smilitarizzazione e denazificazione. Tanto più che questi parametri furono generalmente concordati da tutti nel corso dei colloqui di Istanbul del ’22”.
Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ”le proposte dal presidente riflettono l’attuale situazione, ma Kiev dovrebbe tenere presente che le circostanze potrebbero cambiare”. Un chiaro riferimento alla possibilità che nei prossimi mesi le conquiste territoriali russe siano ben maggiori e le pretese di Mosca possano aumentare.
La risposta
La proposta russa è stata subito rifiutata dall’Ucraina e dai suoi alleati. “Di Putin non ci si può fidare”, ha affermato il presidente Volodymyr Zelensky, equiparando il leader russo a Hitler. “È la stessa cosa che faceva Hitler, quando diceva ‘datemi una parte di Cecoslovacchia e finisce qui“, ha detto Zelensky. “Ma dopo c’è stata la Polonia, poi l’occupazione di tutta l’Europa. Ecco perché non dobbiamo fidarci di questi messaggi, perché Putin fa lo stesso percorso. Oggi parla di quattro regioni, prima parlava di Crimea e Donbass. Questa è la faccia nuova del nazismo”.
Per il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin “Putin non è nella posizione di dire all’Ucraina cosa fare per arrivare alla pace. Non è nella posizione di dettare le condizioni. E’ esattamente il comportamento che non vogliamo vedere. Non vogliamo vedere un leader che si alza un giorno e cambia i confini, invade uno stato sovrano. Putin può finire questa guerra oggi se vuole e gli chiediamo di farlo e di ritirarsi dai territori ucraini”.
Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, valuta che quella del leader russo “non è una proposta di pace, è una proposta di maggiore aggressione e maggiore occupazione. Non spetta all’Ucraina ritirare le forze dal territorio ucraino, spetta alla Russia ritirare le proprie forze dal territorio ucraino occupato“.
Questa proposta “non è in buona fede“, ma dimostra “la volontà della Russia di realizzare i suoi ‘giochi di guerra’, aspettandosi che l’Ucraina ceda una quantità di territorio significativamente maggiore rispetto a quella che la Russia è stata in grado di occupare finora“, ha spiegato Stoltenberg.
“Non è una proposta di pace, dimostra in un certo senso che l’obiettivo è quello di controllare l’Ucraina, che è stato lo scopo della Russia fin dall’inizio di questa guerra e questa è una palese violazione del diritto internazionale, nonché la ragione per cui gli alleati della NATO continuano a sostenere l’Ucraina”, ha concluso.
Il vertice del G7 in Italia ha assicurato il sostegno all’Ucraina “per tutto il tempo necessario” e ribadito la necessità di una pace che rispetti “l’integrità territoriale” del Paese ma ha anche espresso il sostegno alla Conferenza di pace in Svizzera con la partecipazione di oltre 90 nazioni e organizzazioni (anche se molti hanno inviato delegazioni di basso livello), alla quale però la Russia non è stata invitata.
“Un altro trucco che mira a distogliere l’attenzione di tutti dalle cause della crisi ucraina” ha commentato Putin che lo ha definito “un furto che non resterebbe impunito” il programma varato politicamente (ma non “tecnicamente”) dal G7 su pressioni di Canada e Stati Uniti per sostenere un prestito all’Ucraina da 50 miliardi di dollari da finanziare con i frutti dei beni russi congelati nei paesi occidentali e soprattutto in Europa, pari a 300 miliardi di dollari.
Iniziativa che minaccia di allontanare molti investimenti internazionali dall’Europa e che viola il diritto come ha curiosamente sottolineato al summit svizzero per la pace in Ucraina che si tiene a Lucerna il presidente del Kenya William Ruto, intervenuto oggi per sottolineare che “l’aggressione della Russia in Ucraina è illegale ma anche l’appropriazione unilaterale degli asset sovrani russi è illegale e inaccettabile. Una deroga alla Carta Onu per chi crede nella libertà e nella democrazia sotto il governo della legge”.
A Mosca il portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova (nella foto sotto), ha poi definito solo “un pezzo di carta che non ha valore legale” l’accordo di sicurezza bilaterale firmato da Zelensky e dal presidente statunitense Joe Biden a margine del vertice del G7: in realtà si tratta di un accordo simile a quelli già siglati da Kiev con diverse nazioni europee (Italia inclusa), “non vincolante” e che non impone automaticamente un intervento militare in caso di future aggressioni all’Ucraina.
Circa il ruolo dei paesi membri della NATO in territorio ucraino il capo dei servizi d’intelligence esteri (Služba Vnešnej Razvedki – SVR), Sergey Naryshkin, ha illustrato a Putin i piani già in atto per schierare in Ucraina Occidentale truppe polacche e baltiche. La Polonia potrebbe prendere il controllo delle parti occidentali dell’Ucraina dispiegando lì le sue truppe, ha detto Naryshkin in una riunione con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza russo.
Naryshkin, citato dall’agenzia TASS, ha detto che ha ottenuto informazioni che suggeriscono che l’Occidente sta iniziando a rendersi conto che “la sconfitta dell’Ucraina è solo una questione di tempo e la leadership polacca è sempre più determinata a imporre il proprio controllo nei territori occidentali dell’Ucraina dispiegandovi le sue truppe.
Un’opzione pianificata è quella di formalizzare questo passaggio come l’adempimento degli obblighi alleati come parte dell’iniziativa di sicurezza polacco-lituana-Ucraina, il cosiddetto Triangolo di Lublino. Ci sembra che questi piani piuttosto pericolosi della leadership polacca debbano essere attentamente monitorati”, ha detto Naryshkin.
Più NATO in Ucraina
Al termine della riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, Stoltenberg ha sostenuto che ‘le minacce crescenti che ci troviamo ad affrontare necessitano di una maggiore capacità da parte degli alleati”, annunciando un piano, approvato dagli stati membri, per assegnare alla NATO il coordinamento dell’assistenza alla sicurezza e della formazione del personale militare ucraino. “Ciò’ consentirà ai leader della NATO di avviare questo sforzo al vertice di Washington di luglio, ponendo il nostro sostegno all’Ucraina su basi più solide per gli anni a venire. In tutta l’Alleanza, questo sforzo dovrebbe coinvolgere quasi 700 persone”, ha spiegato il segretario generale.
Il piano prevede che la NATO supervisioni l’addestramento delle forze armate ucraine presso strutture di formazione nei Paesi alleati, sostenga il coordinamento delle donazioni di equipaggiamento e fornisca supporto allo sviluppo a lungo termine delle forze armate ucraine.
Stoltenberg si è detto certo che “questi sforzi non rendono gli alleati NATO parte del conflitto, ma rafforzeranno il nostro sostegno all’Ucraina per sostenere il suo diritto all’autodifesa” ma è evidente che un ruolo diretto dell’Alleanza in compiti di supporto a Kiev finora ricoperti dai singoli stati membri costituisce un nuovo innalzamento del livello di tensione con Mosca.
Non ha raccolto grandi consensi invece l’iniziativa del segretario generale tesa a ottenere dai partner un impegno finanziario di 40 miliardi di euro all’anno, da ripartire in base al Pil degli alleati, per fornire sostegno militare all’Ucraina. Contraria anche l’Italia come ha apertamente dichiarato il ministro della Difesa Guido Crosetto.
“I 40 miliardi sono un discorso posticipato. Non sono in agenda per l’Italia“, ha detto confermando che Roma ha già difficoltà a raggiungere il 2 per cento del PIL da destinare alla Difesa, obiettivo reso “problematico” anche dai vincoli europei previsti dal Patto di stabilità.
“Non sono abituato a prendere impegni che so di non poter rispettare, l’ho detto chiaramente”, ha aggiunto Crosetto. In base al piano proposto da Stoltenberg l’Italia avrebbe dovuto stanziare 3,5 miliardi di euro annui per l’Ucraina. “Quando raggiungeremo il 2 per cento del PIL, discuteremo su ulteriori investimenti”.
Contrario anche il premier ungherese Viktor Orban per il quale la NATO intende creare basi militari in Polonia, Romania e Slovacchia per inviare forniture di armi a Kiev. “La NATO vuole creare una missione in Ucraina. Ciò significa che la NATO coordinerà il trasferimento delle armi fornite. Creeranno tre grandi basi militari dove trasferiranno le armi all’Ucraina anche sul territorio dei paesi della NATO, in Polonia, Slovacchia e Romania“, ha detto Orban esprimendo timori per possibili escalation del conflitto fino al coinvolgimento delle nazioni aderenti all’Alleanza Atlantica.
Foto: NATO, Bild, Anadolu, Governo Italiano, Presidenza Russa, TASS e Telegram.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.