Componenti cinesi nelle armi russe? Ce ne sono di più in quelle americane
Il documento finale del vertice NATO di Washington ha segnato un attacco senza precedenti dell’Alleanza Atlantica alla Ciona, accusata di sostenere la Russia nel conflitto in Ucraina anche con forniture elettroniche e di componenti “dual-use”, impiegabili quindi in campo civile ma anche militare.
La Cina è diventata “un facilitatore decisivo della guerra della Russia contro l’Ucraina attraverso il cosiddetto ‘partenariato senza limiti’ e il suo ampio sostegno alla base industriale della difesa della Russia” si legge nel documento.
Il segretario generale, Lens Stoltenberg, ha ammonito che “la sicurezza della NATO non è più una questione regionale ma globale” precisando che per la prima volta tutti i 32 stati membri hanno concordato in un documento che “la Cina fornisce attrezzature a doppio uso, microelettronica e molti altri strumenti che consentono alla Russia di costruire missili, bombe, aerei e armi per attaccare l’Ucraina. E il fatto che questo sia ora chiaramente dichiarato, concordato da tutti gli alleati della NATO, è un messaggio importante per la Cina”, ha aggiunto.
“Naturalmente, affermiamo anche che non si può continuare così’, senza che questo abbia un impatto sugli interessi e sulla reputazione della Cina. Alla fine, naturalmente, spetterà ai singoli alleati prendere decisioni in merito. Ma credo che il messaggio inviato dalla NATO e da questo vertice sia forte e chiaro. Stiamo definendo chiaramente la responsabilità della Cina quando si tratta di consentire l’aggressione bellica della Russia contro l’Ucraina”, ha concluso Stoltenberg.
Come molti documenti della NATO anche questo è destinato probabilmente a non determinare conseguenze nei rapporti commerciali tra Pechino e i singoli stati membri. Tuttavia la risposta cinese non si è fatta attendere.
La replica di Pechino
Il 12 luglio il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian valuta che nel suo 75mo anniversario della fondazione, la NATO ha bisogno di giustificare la sua esistenza “esaltando la sua unità e la sua gloria, dipingendosi come organizzazione dedita alla pace”. Invece, ha continuato il portavoce, “è un residuo della Guerra fredda, un prodotto della contrapposizione tra i blocchi”.
Ricordando le guerre della NATO in ex Jugoslavia, Libia e Afghanistan, Lin ha detto che ”la cosiddetta sicurezza della NATO viene ottenuta a spese della sicurezza di altri paesi. Mantenere la sua esistenza creando nemici immaginari e espandendo il proprio potere è una tattica abituale della Nato. La sua errata percezione sistematica della Cina, il suo denigrare la politica interna ed estera della Cina, ne è un esempio”.
Circa la guerra in Ucraina Lin ha definito “irragionevole” che la NATO attribuisca delle responsabilità alla Cina. “La posizione obiettiva e giusta della Cina e il suo ruolo costruttivo nella questione ucraina sono ampiamente riconosciuti dalla comunità internazionale”, ha sostenuto il portavoce. “La NATO continua a diffondere disinformazione fabbricata dagli Stati uniti senza alcuna prova, calunniando apertamente la Cina, esacerbando le relazioni sino-europee e danneggiando la cooperazione tra Cina e Europa. La crisi ucraina viene prolungata e la comunità internazionale è ben consapevole di chi soffia sul fuoco e chi spinge per l’escalation”.
Lin vede “l’espansione della NATO nell’Asia-Pacifico, il rafforzamento dei legami militari con i paesi vicini alla Cina e con gli alleati degli Stati uniti per attuare la strategia indo-pacifica americana, danneggino gli interessi della Cina e minano la pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico, suscitando dubbi e opposizione tra i paesi della regione. La Cina esorta la NATO ad abbandonare la mentalità della Guerra Fredda, la contrapposizione tra blocchi e il gioco a somma zero, a correggere la sua errata percezione della Cina, a smettere di interferire negli affari interni della Cina, a smettere di diffamare la Cina e a smettere di interferire nelle relazioni sino-europee. La Cina non permetterà che l’Europa sia destabilizzata e poi si tenti di destabilizzare l’Asia-Pacifico”.
Il Rapporto di Govini: componenti cinesi nelle armi USA
Al di là delle schermaglie diplomatiche risulta interessante abbinare le accuse rivolte a Pechino di fornire alla Russia componenti elettroniche non militari ma di potenziale uso anche in campo militare con quanto emerso già da molti anni e confermato in gennaio dal rapporto dal centro di analisi per la Difesa e la Sicurezza Govini di Arlington (Virginia) che ha ricevuto nel 2019 dal Pentagono un contratto quinquennale da 400 milioni di dollari per monitorare la presenza di componenti di produzione cinese (per lo più elettroniche), nei sistemi d’arma statunitensi.
Il report di Govini, che è stato ampiamente citato da un articolo di Forbes, misura la penetrazione cinese nella catena di approvvigionamento della difesa statunitense e conclude che “la capacità produttiva interna è l’ombra avvizzita di quella che era in passato. Categorie industriali cruciali per la difesa nazionale degli Stati Uniti non vengono più costruite in nessuno dei 50 stati. Con soli 25 attacchi ben strutturati, utilizzando una varietà di mezzi, un pianificatore militare avversario potrebbe paralizzare gran parte dell’apparato manifatturiero americano per la produzione di armi avanzate”.
Riportiamo qui sotto ampi brani dell’articolo.
L’amministratore delegato di Govini, Tara Murphy Dougherty, ha rivelato a Forbes “tre numeri che descrivono l’inquietante dipendenza che il Pentagono e le forze statunitensi hanno dalla Cina per le forniture per la difesa, dall’elettronica ai materiali.
Innanzitutto, oltre il 40% dei semiconduttori che sostengono i sistemi d’arma del Dipartimento della Difesa e le infrastrutture associate provengono ora dalla Cina. In secondo luogo, dal 2005 al 2020, il numero di fornitori cinesi nella catena di fornitura dell’industria della difesa statunitense è quadruplicato. E in terzo luogo, tra il 2014 e il 2022, la dipendenza americana dall’elettronica cinese è aumentata del 600%.
La gravità della vulnerabilità dei sistemi d’arma e delle munizioni americani all’approvvigionamento e al controllo cinese è vividamente illustrata dal numero di semiconduttori forniti dalla Cina”.
Secondo Govini, le più recenti portaerei di classe Ford degli Stati Uniti dipendono da oltre 6.500 semiconduttori di origine cinese per operare. Molte altre navi e aerei della Marina americana dipendono similmente da migliaia di semiconduttori cinesi per funzionare come strumenti di difesa e proiezione di potenza degli Stati Uniti.
I numeri sono allarmanti, ma la tendenza che descrivono sottolinea un corollario del declino della capacità interna di costituire gli elementi costitutivi dei sistemi di difesa statunitensi. Molti di questi sistemi sono fondamentali sia per l’Ucraina che per Israele mentre lottano con il sostegno degli Stati Uniti per i propri conflitti.
“Il problema della Cina è un aspetto di quella che descriverei come la situazione generale della base industriale statunitense al collasso”, afferma Murphy Dougherty. Secondo il rapporto, il fallimento della base industriale della difesa americana può essere attribuito in parte a tre decenni di guida del governo federale nei confronti delle aziende del settore della difesa.
Per volere del governo e del Dipartimento della Difesa, le aziende della difesa hanno perseguito con entusiasmo la produzione snella e l’efficienza finanziaria, fornendo sistemi d’arma just-in-time da linee di produzione deliberatamente minimaliste a forze armate che hanno mantenuto le scorte quanto più ridotte possibile.
Il risultato, asserisce Govini, è stato l’opposto di quanto previsto: una riduzione dei risparmi. Questi non sono stati consegnati e la strategia ha contemporaneamente reso vulnerabile la sicurezza americana, lasciando basse le scorte e riducendo la nostra capacità di ricostituirle.
Gli avversari degli Stati Uniti possono vedere chiaramente la debolezza. Mentre la capacità interna si è indebolita, paesi come la Cina hanno rafforzato la propria e si sono espansi nei mercati globali. Oggi, sottolinea il rapporto, quasi un terzo delle aziende globali nel settore della difesa ha sede in Cina.
La domanda di munizioni, in particolare di armi a guida di precisione, provenienti da Ucraina e Israele, ha messo in netto rilievo la piccola e in diminuzione delle scorte di “proiettili” nell’arsenale americano.
Il rapporto di Govini include casi di studio sulla costruzione navale e sulla preparazione navale e sulle spese statunitensi per le munizioni. Il primo conclude che con gli attuali piani e budget della Marina, “gli Stati Uniti i costruttori di navi da guerra non vedono un motivo economico per creare maggiore capacità produttiva a proprie spese”.
Quest’ultimo afferma che le armi a lungo raggio di cui gli Stati Uniti avranno estremamente bisogno per scoraggiare e, se necessario, affrontare la Cina nel Pacifico “sono anche vulnerabili alle stesse sfide della catena di approvvigionamento che affliggono la più ampia base industriale americana”.
Da quanto emerge dal Rapporto Govini quindi, la presenza di componenti elettroniche “made in China” appare molto più rilevante nei sistemi d’arma statunitensi (e quindi della NATO) che in quelli russi. Qualcuno lo dica a Stoltenberg.
Foto: NATO e Ministero degli Esteri Cinese
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.