I media USA svelano il bluff della UE sulla produzione di munizioni

 

La guerra in Ucraina e la politica di difesa continuano a rappresentare un terreno scivoloso e irto di pessime figure per gli esponenti della Commissione Europea uscente. L’ultima grana riguarda la produzione di munizioni d’artiglieria, che secondo un’articolata inchiesta giornalistica sarebbe stata “gonfiata” dagli organismi comunitari per far apparire un successo lo sforzo per alimentare l’Ucraina e riempire gli arsenali degli eserciti europei quando la realtà dimostrerebbe esattamente l’opposto.

La capacità complessiva dell’Unione europea di produrre proiettili d’artiglieria da 155 mm è pari ad appena la metà o persino un terzo rispetto a quella ufficialmente dichiarata dai vertici dell’Unione, sostiene l’inchiesta giornalistica di Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) che mette in forte imbarazzo gli organismi della UE.

Meglio sgombrare subito il campo dall’idea che si tratti di fake-news “disfattiste” diffuse da un media “putiniano” o filorusso.

RFE/RL venne finanziata dalla CIA all’inizio della guerra fredda per diffondere la propaganda occidentale e anticomunista oltre la Cortina di Ferro nei paesi aderenti al Patto di Varsavia. Finanziata principalmente dal Congresso degli Stati Uniti, RFE/RL trasmette in 27 lingue in 23 nazioni in Europa, Asia e Medio Oriente più di mille ore alla settimana in 28 lingue su onde corte, onde medie, modulazione di frequenza e internet.

La mission di RFE/RL, che ha sedi a Praga e Washington, è “promuovere i valori democratici fornendo notizie accurate e non censurate e un dibattito aperto nei paesi in cui la libertà di stampa è minacciata e la disinformazione è pervasiva. RFE/RL denuncia i fatti, senza lasciarsi intimorire dalle pressioni. Sebbene storicamente nota per le trasmissioni radiofoniche dietro la cortina di ferro durante la Guerra Fredda, la RFE/RL di oggi cerca di raggiungere il pubblico dove si trova, dando priorità alle piattaforme digitali e alle innovative strategie di elusione della censura”.

Di fatto quindi è uno strumento di propaganda (o almeno tale lo definiremmo se fosse finanziato dalla Duma russa) statunitense. Interessante anche notare che l’inchiesta sulle munizioni è stata realizzata da due giornaliste ucraine di Schemes (l’unità di giornalismo investigativo di REFE/RL Ucraina),  Anna Myroniuk e Valeria Yehoshyna, in collaborazione con diversi media europei quali il tedesco Die Welt, il ceco Investigace.CZ, i polacchi Vsquare e Frontstory.PL, il finlandese Iltalehti, lo slovacco Jan Kuciak Investigative Center, l’olandese The Investigative Desk e l’estone Delfi Estonia. Uno sforzo corale supportato dall’ Investigative Journalism for Europe Foundation (IJ4EU).

 

L’inchiesta

L’inchiesta è basata su interviste con produttori e acquirenti di munizioni, funzionari governativi, consulenti politici ed esperti della difesa di diversi Paesi Ue e dell’Ucraina e contesta l’annuncio effettuato lo scorso marzo dalla Commissione europea che rese noto di aver raggiunto collettivamente una capacità di produzione annua di un milione di proiettili da 155 millimetri. Tre mesi più tardi, il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton (nella foto sotto), ha affermato che entro la fine di quest’anno l’Ue arriverà a produrre 1,7 milioni di proiettili dello stesso calibro e che tale capacità avrebbe continuato a crescere. “Tuttavia, secondo una fonte di alto livello dell’industria europea degli armamenti, la capacità attuale è circa un terzo di tale capacità” si legge nell’inchiesta di RFE/RL.

Del resto i numeri roboanti di munizioni forniti dalla Commissione Europea cozzavano già da mesi (e Analisi Difesa lo ha più volte sottolineato) con il fallito programma varati nel Marzo 2023 e teso a fornire entro un anno da allora un milione di proiettili d’artiglieria all’Ucraina: scadenza poi rimandata dalla UE alla fine del 2024.

“Oltre alla questione della capacità, le interviste con produttori di munizioni, acquirenti, funzionari governativi, consulenti politici ed esperti di difesa negli Stati membri dell’UE e in Ucraina hanno dimostrato che l’UE ha fornito all’Ucraina circa la metà delle munizioni promesse, con un ritardo significativo“ si legge nell’inchiesta che conferma un quadro ben poco edificante soprattutto tenendo conto degli impegni assunti dalla UE in questi due anni e mezzo di guerra in Ucraina.

La capacità produttiva annua dell’Ue non sarebbe in realtà superiore a mezzo milione di proiettili da 155mm.

Secondo “una fonte dell’industria slovacca l’aumento della produzione in Europa procede a rilento, e la produzione complessiva arriverà a 580mila proiettili alla fine di quest’anno”. Stime confermate anche da altre fonti, sempre anonime ma citate nel rapporto, ma anche da un “rapporto del ministero della Difesa estone pubblicato nel dicembre 2023″.

Secondo “una fonte altolocata dell’industria della difesa europea, è una pessima idea auto convincersi di disporre di tre volte la produzione reale (di proiettili d’artiglieria), e formulare decisioni su questa base. Finiremo per renderci conto all’improvviso che dagli stabilimenti produttivi non esce nulla, e che non possiamo rifornire l’Ucraina e la NATO”.

Il report prosegue aggiungendo che “questa testimonianza è in linea con quella di altre due fonti esperte del settore con cui i giornalisti hanno parlato a giugno – funzionari di alto livello in un paese dell’UE e in Ucraina – che hanno valutato la capacità annuale di produzione europea di munizioni da 155 mm a oltre mezzo milione.

Secondo un rapporto del ministero della Difesa estone del dicembre 2023, la capacità di produzione dell’UE è di circa 600.000 proiettili all’anno. Ciò concorda con la stima del gennaio 2024 del produttore di armi tedesco Rheinmetall, un documento interno ottenuto dai giornalisti, in cui si afferma che tutti i produttori di armi dell’Europa occidentale presi insieme potrebbero produrre circa 550.000 proiettili all’anno a partire dall’inizio di quest’anno”.

L’inchiesta precisa che “le aziende produttrici di armi hanno affermato che il problema è la carenza globale di polvere da sparo ed esplosivi e la mancanza di denaro per alimentare l’industria delle munizioni, con i governi riluttanti a firmare contratti a lungo termine.

Fonti governative e industriali di alto rango hanno parlato hanno attribuito i ritardi nelle spedizioni di munizioni all’Ucraina alla burocrazia e alla lentezza dell’UE e hanno affermato che le valutazioni inadeguate dell’UE sulla propria capacità produttiva sono tra le cause del ritardo nelle forniture.

L’Ucraina sta acquistando alcune munizioni per conto proprio e prevede di avviarne la produzione in serie di proiettili da 155 mm nella seconda metà del 2024. Tuttavia, il ministro delle industrie strategiche Oleksandr Kamyshin ha affermato che gli sforzi dell’Ucraina saranno sempre insufficienti: “Non saremo mai in grado di produrre tutte le munizioni di cui le nostre forze armate hanno bisogno ora.

Secondo il ministro della Difesa Rustem Umerov, il fabbisogno attuale è di 200.000 proiettili al mese: più di quanto l’UE e gli Stati Uniti messi insieme possano gestire”.

L’inchiesta cita anche un dato interessante: “L’Ucraina ora ha almeno 12 tipi di artiglieria da 155 mm provenienti da tutto il mondo. Il numero totale di pezzi di artiglieria da 155 mm a disposizione dell’Ucraina è aumentato da uno all’inizio dell’invasione ai 500-600 attuali, ha affermato Mykola Byelyeskov, ricercatore presso l’Istituto nazionale per gli studi strategici di Kiev”.

Corca l’incremento delle capacità produttive l’inchiesta di RFE/RL evidenzia che Rheinmetall ha ottenuto dal governo la firma di un accordo del valore di 8,5 miliardi di euro. “Secondo un documento del governo tedesco che dettaglia l’accordo l’azienda fornirà oltre 2 milioni di proiettili da 155 mm a diversi paesi europei entro il 2030.

Altri produttori europei di munizioni non hanno avuto un successo simile nell’assicurarsi ordini statali così grandi. Nammo, una compagnia statale di armi finlandese-norvegese, afferma di avere solo contratti a breve termine per alcuni anni.

L’azienda prevede di triplicare la produzione di proiettili da 155 mm nello stabilimento finlandese di Sastamala entro il 2026, anche se non ha ancora ricevuto ordini per questa capacità aggiuntiva. Il colonnello Mikko Myllykangas, manager responsabile dei rapporti con il principale cliente dell’azienda, l’esercito finlandese, ha detto che la Nammo sta investendo 200 milioni di euro solo nelle sue strutture finlandesi. Il gruppo ceco STV prevede di investire 40 milioni di euro nella produzione nei prossimi due anni. Il gruppo MSM in Slovacchia afferma che investirà 100 milioni di euro per aumentare la produzione. KNDS France ha investito 300 milioni di euro – il 20% delle sue entrate – nell’”economia di guerra”, termine usato da Breton per riferirsi all’espansione dell’industria della difesa”.

L’inchiesta sottolinea anche la carenza di materiali per fabbricare i proiettili.

“I colpi di artiglieria completi comprendono anche esplosivi, iniziatori e cariche modulari, e l’accesso limitato a questi componenti ha ostacolato l’aumento della produzione. Il produttore francese di esplosivi Eurenco – leader europeo nel settore i cui clienti includono Rheinmetall, KNDS France e MSM – ha dichiarato a The Investigative Desk che potrebbe fornire cariche modulari per un massimo di mezzo milione di proiettili di artiglieria nel 2024.

Polvere da sparo e TNT, necessari per la produzione di munizioni scarseggiano anche in Europa perché esistono pochi produttori”.

Nel report gli Stati Uniti affermano di aver spedito più di 3 milioni di colpi di artiglieria da 155 mm dal febbraio 2022. In Ucraina che peraltro acquista le munizioni che può permettersi sul mercato globale. Secondo diverse fonti del settore, un singolo proiettile da 155 mm costa dai 3.000 ai 5.000 euro. I colpi più avanzati possono costare 8.000 euro.

 

Cui prodest?

Interrogata dai media che hanno preso parte all’inchiesta giornalistica, la Commissione Europea ha replicato di basare le proprie valutazioni su “fatti”, e di “tener conto degli investimenti in atto” per l’aumento della capacità.

Al di là degli imbarazzi e delle reticenze che riguardano la Commissione, già più volte dimostratasi inattendibile e superficiale, resta da chiedersi perché un’inchiesta giornalistica realizzata da un team guidato da giornalisti ucraini su un organo d’informazione che costituisce espressione diretta degli interessi degli Stati Uniti punti a evidenziare ed enfatizzare le debolezze dell’alleata Europa in termini politici e industriali.

E’un caso che l’inchiesta sia stata pubblicata l’8 luglio, pochi giorni prima del vertice NATO di Washington in cui ucraini e statunitensi hanno chiesto sforzi maggiori all’Europa per sostenere lo sforzo bellico?

E’ forse casuale anche che il giorno successivo la pubblicazione, il 9 luglio, Donald Trump candidato alla Casa Bianca ha strigliato gli alleati europei. “Gli Stati Uniti sono quelli che stanno pagando di più per aiutare l’Ucraina” quindi “l’Europa dovrebbe mandare a Kiev 100 miliardi di dollari per pareggiare i conti con gli USA” ha scritto Trump sul suo social Truth.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, Difesa.it e Rheinmetall

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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