Orban va da Zelensky e Putin per presentare il piano di pace di Trump

 

Per i vertici della UE l’iniziativa di Viktor Orban di recarsi a Mosca a incontrare Vladimir Putin è uno strappo, una provocazione che mette in imbarazzo l’Unione nel momento in cui l’Ungheria ne ha assunto la presidenza semestrale.

La visita di Orban a Mosca, trapelata ieri sui media e confermata oggi dall’arrivo del premier magiaro nella capitale russa, incassa dure critiche in Europa. Per Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, “la presidenza di turno dell’Ue non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell’Ue. Il Consiglio europeo è chiaro: la Russia è l’aggressore, l’Ucraina è la vittima. Nessuna discussione sull’Ucraina può aver luogo senza l’Ucraina”.

L’affermazione di Michel è curiosa (poche settimane or sono si è tenuta in Svizzera una conferenza di pace internazionale, conclusasi con un flop totale, in cui si discusse di pace nel conflitto ucraino senza la Russia) ma non tiene neppure conto che Orban si è recato, sempre a sorpresa, a Kiev il 2 luglio incontrando il presidente Volodymyr Zelensky.

Stizzita anche la reazione del presidente del gruppo dei liberali di Renew al Parlamento europeo, Valerie Hayer: “Il primo ministro Orban agisce senza mandato e non nell’interesse dell’Ue. Se queste voci saranno confermate, condanniamo questo sforzo solista nazionale. L’Unione Europea è unita per l’Ucraina, non Viktor Orban con la sua agenda nascosta”.

Oggi l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il dimissionario Josep Borrell, ha detto che “la visita del primo ministro Viktor Orbán a Mosca si svolge esclusivamente nell’ambito delle relazioni bilaterali tra Ungheria e Russia. L’Ungheria è ora lo Stato membro dell’Ue che esercita la presidenza di turno del Consiglio fino al 31 dicembre 2024. Ciò non comporta alcuna rappresentanza esterna dell’Unione, che spetta al presidente del Consiglio europeo a livello di capo di Stato o di Governo e all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a livello ministeriale”.

Ancora più aggressivi la gran parte dei politici e dei media italiani ed europei che abbinano la visita a Mosca di Orban con la costituzione del nuovo gruppo europeo dei Patrioti per dipingere, al solito, il leader ungherese come un putiniano nemico dell’Europa.

Eppure, mettendo da parte simpatie e antipatie ideologiche per provare per una volta a guardare a guerra e politica con un minimo di pragmatismo (di cui in Europa pochi sembrano essere ancora capaci), l’iniziativa di Viktor Orban non appare così difficile da comprendere nelle modalità e negli obiettivi.

L’impressione è infatti che il premier ungherese sia impegnato in una missione diplomatica, di certo non su mandato dell’Unione Europea che sta uscendo devastata anche sul piano della stabilità politica (oltre che economica e strategica) da un conflitto in cui in oltre due anni non è riuscita a mettere in campo neppure una iniziativa diplomatica tesa a far cessare le ostilità.

Sembra evidente che Orban sta promuovendo un piano di pace, o almeno una bozza di negoziato, messo a punto da (o con) Donald Trump che in caso di vittoria alle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti punta a chiudere la guerra in Ucraina “in 24 ore”, come ha detto in alcune occasioni.

Per conseguire un simile successo in tempi rapidi occorre che il terreno venga preparato prima dell’eventuale insediamento di Trump alla Casa Bianca. Non a caso Zoltan Kovacs, segretario di Stato per le comunicazioni e le relazioni internazionali ungherese, ha detto ieri che “la pace è il punto numero uno delle nostre priorità. Orban vuole essere un facilitatore”.

Oggi il primo ministro ungherese ha detto in un’intervista a Radio Kossuth: “Non ho un mandato, sto semplicemente visitando posti dove è in corso una guerra che può avere un impatto sull’Ungheria e pongo delle domande”. L’Ungheria sa qual è il suo posto e che saranno “i grandi Paesi” a decidere, ma vorrebbe “incoraggiare le parti” a trovare una soluzione, ha aggiunto Orban.

Del resto in marzo Orban ha incontrato Trump nella residenza di Mar a Lago, dove non è certo andato a fare le vacanze. Da allora i due leader si sono scambiati reciprocamente complimenti ed espressioni di sostegno. Il 2 luglio, nella visita a sorpresa a Kiev, il premier ungherese ha proposto a Zelensky un cessate il fuoco immediato per accelerare i negoziati di pace.

“Ho chiesto al presidente di considerare rapidamente la possibilità’ di un cessate il fuoco”, che sarebbe “limitato nel tempo e consentirebbe di accelerare i negoziati di pace”, ha dichiarato Orban.

Molti hanno evidenziato la ferma risposta che il presidente ucraino ha fornito pubblicamente respingendo la richiesta di Orban e ribadendo che la guerra finirà solo con “una pace giusta”, che per Kiev significa il ritiro russo da tutti i territori occupati.

Occorrerebbe invece chiedersi perché Orban, inviso al governo ucraino che gli rimprovera di non fornire aiuti militari e di non applicare sanzioni alla Russia, si sia recato nella capitale ucraina. Non certo per solo raccogliere uno scontato no alla sua richiesta di cessate il fuoco.

Più probabile che, lontano da microfoni e telecamere, Orban abbia presentato a Zelensky il piano messo a punto da Trump. Un piano con cui il presidente ucraino dovrà necessariamente fare i conti in caso di vittoria del candidato repubblicano, circostanza che peraltro farebbe di Orban il capo di governo europeo più vicino alla Casa Bianca.

Il presidente ucraino deve oggi tenere conto anche delle attuali sempre più gravi difficoltà sui campi di battaglia, dove i russi avanzano ogni giorno, mentre è evidente che Orban è oggi l’unico leader in Europa a poter ricoprire un ruolo di mediazione poiché l’Ungheria non si è mai schierata contro Mosca in questo conflitto, non ha applicato sanzioni alla Russia né ha fornito armi all’Ucraina.

Non è un caso che al vertice della Shangai Cooperation Organization (SCO) ad Astana, Putin abbia detto di prendere “seriamente” le assicurazioni di Donald Trump di voler mettere fine al conflitto e che è pronto anche a riprendere con la prossima amministrazione americana il dialogo sulla “stabilità strategica”.

Ieri Putin ha ribadito di considerare “sincere” le assicurazioni di Donald Trump di volere mettere fine al conflitto in Ucraina e che “la Russia le sostiene”. Dichiarazione che si può leggere anche come un via libera alla missione diplomatica di Orban.

Complice anche la totale inconsistenza dell’Europa, più che mai allo sbando dopo il voto dell’8 e 9 giugno e dopo la sconfitta elettorale dei governi più “bellicosi” nei confronti di Mosca (emblematica in queste ore la disfatta epocale dei Conservatori in Gran Bretagna), Putin sembra puntare a trovare una soluzione alla guerra scommettendo sul successo elettorale di Donald Trump.

Mosca sembra quindi puntare a negoziare con la prossima amministrazione di Washington la fine della guerra in Ucraina scommettendo sul successo del candidato del Partito Repubblicano. Orban starebbe quindi preparando il terreno per giungere a un documento già in buona parte condiviso dalle parti quando Trump si insedierà alla Casa Bianca, nel gennaio 2025.

Le feroci critiche espresse dagli ambienti europei dimostrano quindi che la natura della missione di Orban a Kiev e Mosca non è stata compresa, oppure che è stata fin troppo ben compresa e viene quindi duramente osteggiata per impedire un accordo che faccia cessare un conflitto che in molti, negli USA come in Europa, vorrebbero veder continuare ad oltranza.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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