Ali silenziose: parapendio e paramotori alla ribalta nelle operazioni militari

 

Come emerso dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ma ancor più da una nutrita casistica – soprattutto mediorientale – degli ultimi quarant’anni, l’impiego di parapendio e paramotori non si è limitato al diporto.

La loro economicità, compattezza e leggerezza, il volo a bassa quota e a velocità ridotte, le estreme manovrabilità e visibilità sono state sfruttate da diverse entità, statuali e non, per le proprie operazioni militari. Tra questi Stati Uniti, India, Corea del Nord, ma anche PKK, al-Qaeda, ISIS e, perfino, i Narcos.

Sia in ambito militare che di Law Enforcement, infatti, questi assetti possono essere utilizzati in un’ampia gamma di attività che vanno dall’infiltrazione ed esfiltrazione di truppe alla ricognizione e sorveglianza, passando per attività di ricerca e soccorso e prevenzione della criminalità.

L’impiego di parapendio e paramotori è stato ritenuto talmente efficace da portare alla progettazione e realizzazione di diverse soluzioni a pilotaggio remoto; i cosiddetti droni a parafoil o a parapendio. Per le “ali silenziose” pare, quindi, prospettarsi un roseo futuro.

 

Cenni storici e terminologici

Il parapendio, popolare disciplina di volo libero (senza l’ausilio di un motore o di un traino), deve il proprio nome all’unione di “paracadute” e “pendio”. Consiste, infatti, nel decollo di un’ala morbida o vela – simile a quella dei paracadute orientabili – dotata di cassoni che si riempiono di aria grazie alla corsa del pilota da un’altura o pendio.

Il pilota è assicurato alla vela tramite fasci funicolari e un’imbracatura detta sella, nella quale siede una volta raggiunta una quota di sicurezza sufficiente. Il volo può durare da pochi minuti a diverse ore a seconda della presenza di correnti ascensionali di aria calda – le termiche – e dell’esperienza del pilota, coprendo anche distanze di centinaia di chilometri. Il tutto a velocità di 25-45 km/h e altitudini medie di 2.500-3.500 metri.

Il volo si conclude con un atterraggio sulle gambe del pilota, con l’ennesima corsa per dissipare la velocità residua. Tutto ha inizio con il canadese Domina Jalbert e la sua invenzione del parafoil, profilo alare morbido a cassoni gonfiabili dal passaggio dell’aria, il cui brevetto viene depositato il 10/01/1963.

Nel 1965 l’ingegnere David Barish, nella ricerca di una soluzione per il rientro delle capsule spaziali della NASA, concepisce il parapendio e si sviluppa, così, una disciplina chiamata Slope Soaring o volo di pendio. L’impiego di un trampolino da salto con gli sci in varie dimostrazioni fa sorgere un crescente entusiasmo negli alpinisti, interessati a rapide planate dopo ascensioni alla vetta.

Tuttavia, è solo nel 1985 che Laurent de Kalbermatten inventa il primo parapendio pensato specificamente per il volo. Da allora nascerà un vero e proprio sport in continua evoluzione, sia in termini di materiali che tecniche costruttive. Nel frattempo, l’8 giugno 1980, Mike Byrne si era librato in volo da una leggera altura, con un paracadute ed un motore fatto in casa legato alla schiena. Atterrato dopo quattro minuti e mezzo di volo, aveva chiamato la sua invenzione “paramotore”.

Il paramotore o parapendio a motore consiste nell’applicazione di un motore ad una vela, in grado di fornirle la spinta per il decollo, rendendolo possibile anche da terreni pianeggianti. Si passa, così, dal volo libero agli ultraleggeri.

Nella configurazione più semplice il motore viene posto sulla schiena del pilota, a mo’ di zaino. Altre più articolate presentano dei paracarrelli a tre – Trike – o quattro – Quad – ruote. Su di essi trovano spazio il pilota e motori a 2 o 4 tempi, ma anche qualche elettrico.

Generalmente i paramotori – con motore “indossato” – sono più manovrabili dei Trike: più leggeri (20-35 kg), piccoli e compatti, decollano e atterrano in meno spazio ed anche da/su superfici sconnesse. Nei paracarrelli, però, il pilota ha un maggior comfort, non dovendo sostenere il peso del motore. I paramotori possono essere mono, biposto o, addirittura, senza pilota (UAV a parafoil).

L’autonomia di volo è di circa 2-4 ore, ma può anche superarle a seconda delle dimensioni del serbatoio del carburante e dei consumi. La velocità varia tra i 20-65 km/h, mentre la rumorosità si aggira attorno ai 55 dB misurati a 100 metri. 

E’, comunque, possibile spegnere il motore in volo, proseguendo grazie alle termiche. Tra i principali produttori troviamo l’Italia, anche se la diffusione maggiore di questi velivoli – i più economici e pratici attualmente esistenti – è negli USA, Francia e Spagna.

 

Impieghi tattici

Sia in ambito militare che di Law Enforcement parapendio e paramotori trovano svariati impieghi: infiltrazione/esfiltrazione di forze speciali, ricognizione e sorveglianza, controllo dei confini, supporto alle comunicazioni e logistico in aree proibitive, operazioni psicologiche, coordinamento di attacchi, ricerca e soccorso, valutazione danni in caso di calamità naturali, prevenzione della criminalità, localizzazione di veicoli rubati, attività anti-bracconaggio ecc.

Insomma, questi velivoli possiedono un’estrema flessibilità e caratteristiche che ben si prestano ad una miriade di scenari. I costi, sia di acquisto che operativi, sono contenuti, così come le necessità di manutenzione. Si tratta, poi, di assetti facilmente reperibili e non troppo complessi da utilizzare.

La compattezza e leggerezza ne consentono il trasporto su di una qualsiasi utilitaria, per poi essere approntati in 5 minuti. Sono, inoltre, in grado di volare a bassa quota e a velocità ridotte, con estrema manovrabilità e visibilità; il tutto in – quasi – assoluto silenzio e difficile rilevazione da parte dei radar. Ciò li rende ottime piattaforme per individuare, identificare e colpire bersagli a terra con precisione. Soprattutto in condizioni di visibilità ridotta, quando ricognizioni a quote più elevate risultano compromesse.

Infine, parapendio e paramotori sono molto sicuri: cedimenti strutturali, errori di progettazione ed incidenti sono rarissimi. Perfino in condizioni di guasto al motore è possibile atterrare su di un terreno adeguato, con rischi nettamente inferiori per il pilota e l’ambiente circostante rispetto ad altre tipologie di velivoli.

E così, già negli anni della Prima guerra mondiale il concetto del futuro parapendio viene sfruttato a fini bellici, utilizzando per la prima volta un paracadute con scopi diversi dall’atterraggio: trainando dei paracadutisti con un sottomarino per osservare e raccogliere informazioni dall’alto.

Nel corso degli anni, poi, numerosi sono stati i Paesi e, soprattutto, organizzazioni paramilitari a studiare ed inquadrare tali assetti nei propri ranghi.

 

Operazione al-Aqsa Flood

All’alba del 7 ottobre 2023 sono state lanciate salve di razzi dalla Striscia di Gaza per saturare radar e sistemi di difesa aerea israeliani.

Allo stesso tempo un imprecisato numero di paramotori si è alzato in volo per oltrepassare la recinzione di confine, mantenendosi ben al di sotto della quota di rilevamento dei radar.

Gli uomini volanti di Hamas – lo “Squadrone Falcon” – sono atterrati alle spalle di diversi posti di sorveglianza israeliani, cogliendo di sorpresa i militari a presidio.

Sono state, così, stabilite teste di ponte per aprire le prime brecce nella rete di protezione. Nell’attacco sono stati utilizzati sia paramotori mono che biposto, in cui il passeggero armato era pronto a sbarcare rapidamente e ingaggiare il nemico.

All’impiego di paramotori, i militanti di Hamas si sarebbero addestrati per più di due anni fuori dalla Striscia di Gaza, grazie al supporto di preziosi alleati.

Più volte è stato puntato il dito contro Iran ed Hezbollah. I paramotori, invece, sarebbero entrati a Gaza dal lato egiziano del confine, attraverso la fitta rete di tunnel del contrabbando.

 

Corea del Nord: l’inaspettato produttore

Nell’ottobre del 2017 i sudcoreani hanno lanciato l’allarme su di un’unità speciale nordcoreana che si era esercitata a penetrare nel Comando delle Forze Congiunte Corea del Sud-Stati Uniti di Seoul impiegando parapendio.

Questi, infatti, sono stati considerati particolarmente adatti per lanciare attacchi a sorpresa contro i punti nevralgici del nemico; non solo per le note peculiarità, ma anche per la facile reperibilità. Uno dei maggiori produttori al mondo, la sudcoreana Gin Gliders, possedeva uno stabilimento a Kaesong, area economica speciale in Corea del Nord. Il sito a ridosso del confine è stato abbandonato nel febbraio 2016 come rappresaglia di Seoul per i test missilistici di Pyongyang.

Oltre alle maestranze nordcoreane, la Gin Gliders ha lasciato sul posto materiali, macchinari ed attrezzature con cui i nordcoreani hanno riavviato la produzione.

 

USA: operazioni sotto costa ed anti-drone

Nel gennaio 2020 la Marina degli Stati Uniti ha emanato un bando di gara per l’acquisizione di un paramotore per operazioni di ricognizione sotto costa e decollo/appontaggio di personale dei Marines da unità navali.

Anche nella scorsa SOF Week (6-9 maggio 2024), evento annuale organizzato per la comunità delle forze speciali a Tampa (Florida), i paramotori si sono ritagliati per la prima volta il loro spazio. In una delle dimostrazioni degli operatori MARSOC (forze per Operazioni Speciali del Corpo dei Marine degli Stati Uniti) li hanno impiegati, sia nella versione “su schiena” che Trike.

Per anni la manifestazione si è focalizzata su operazioni controterrorismo e controinsurrezionali tipiche di Afghanistan e Iraq. Quest’anno, invece, è stata incentrata su conflitti ad alta intensità. Ed ecco che lo scenario contemplato ha visto l’utilizzo di paramotori in funzione anti-drone e guerra elettronica.

I veicoli a pilotaggio remoto rappresentano, infatti, una crescente minaccia, al cui sviluppo stanno dedicando particolare attenzione e risorse i principali competitor degli Stati Uniti; Cina e Russia in primis.

 

Preoccupazioni ed ambizioni di Nuova Delhi

I vertici militari indiani hanno guardato con estrema preoccupazione ed interesse all’impiego di paramotori da parte di Hamas, ammettendo di volerne trarre delle lezioni per adattare il proprio dispositivo di sicurezza. Il timore, infatti, è che i militanti del Kashmir possano organizzare attacchi copycat (imitativi). Per non parlare della situazione lungo la LAC (Line of Actual Control), il confine con la Cina dove, frequentemente, si verificano feroci scontri.

La recente traversata in paramotore di una trentina di uomini dell’Esercito indiano dalla località di Kibithu a Kutch (10.683 km con 52 scali dal 29/11/2023 al 16/01/2024) pare, quindi, non motivata esclusivamente da un intento commemorativo come ufficialmente dichiarato. Oltre a ciò vi sarebbero, anche, riflessioni e sperimentazioni tattiche ben più articolate.

 

PKK

 I guerriglieri curdi del PKK hanno fatto largo uso di paramotori e parapendio nella loro lotta contro i turchi. Secondo Ankara i due terroristi curdi che nella notte del 27 ottobre 2020 hanno ingaggiato un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza ad Iskenderun, sarebbero entrati in Turchia dalla Siria con dei paramotori.

Stessa modalità di penetrazione in territorio turco, quella dei due attentatori che hanno attaccato il Ministero dell’Interno ad Ankara il 1° ottobre 2023. Quella adottata dal PKK è una tattica relativamente nuova. I guerriglieri hanno utilizzato il territorio siriano sotto il loro controllo per allestire dei paramotori ed addestrarne il personale. Dopodiché, dalla città di Manbij, Siria raggiungerebbero le montagne dell’Hatay, Turchia.

I loro paramotori, però, vengono spesso colpiti ancora al suolo dai droni turchi, come mostrato in numerosi video diffusi.

 

Al-Qaeda, ISIS e Narcos

Il 31 luglio 2012 le autorità spagnole hanno arrestato tre membri di al-Qaeda intenzionati a colpire un centro commerciale di Algeciras. Determinante la denuncia dell’istruttore di parapendio a cui uno dei tre aveva chiesto, con una certa insistenza, di poter fotografare il centro commerciale dall’alto. Nell’appartamento del sospetto dichiaratosi appassionato di paramotori, oltre ad esplosivo ed un manuale di volo, sono stati ritrovati tre ultraleggeri al cui utilizzo avrebbe voluto addestrare i due complici.

E ancora, nell’ottobre 2015 Nidal Salah, arabo-israeliano di 23 anni, ha oltrepassato il confine tra Israele e Siria in parapendio per prendere parte alla guerra civile. Inizialmente si pensava ad uno sconfinamento involontario causato dal vento. Poi è emersa la chiara volontà di unirsi allo Stato Islamico.

I parapendio, infine, vengono ampiamente utilizzati anche nel traffico di droga. Dal Messico all’Azerbaigian passando per l’Ungheria i narcos si avvalgono delle capacità di inserzione di questi mezzi per le proprie attività criminali.

 

Droni a parapendio

 Alcuni aeromobili a pilotaggio remoto, invece delle ali fisse o rotori che siamo abituati a vedere, impiegano lo stesso profilo alare di parapendio e paramotori. Uno dei primi droni a parafoil o a parapendio impiegati in operazioni militari è stato il CQ-10A Snowgoose della canadese MMIST (nella foto sotto).

Entrato in servizio nel 2005 al SOCOM – Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti – presenta, appunto, un parafoil ed un motore Rotax da 110 hp.

Può decollare trascinato da un veicolo (in circa 300 metri) o lanciato da un aereo cargo come il  C-17 o C-130 per, poi, viaggiare per più di 300 km a carico leggero, ad una velocità di 64 km/h. Nella sua stiva trovano spazio fino a 272 kg di rifornimenti tra cui munizioni, forniture mediche, pasti pronti, carburante, acqua, pezzi di ricambio, batterie e sistemi vari per una squadra di 12 uomini. Rifornimenti che può sganciare anche senza atterrare.

Oltre al rifornimento, il CQ-10 può essere impiegato per tante altre missioni; basti pensare che, originariamente, era stato progettato per operazioni psicologiche, tramite il lancio di volantini. Nonostante la sua versione più recente – CQ-10B – presenti una configurazione a girocottero, ritenuta più performante, quella a parafoil è ancora in uso.

Addirittura, diversi Paesi hanno recentemente sviluppato ulteriori soluzioni sulla falsariga. Nel 2012 Raytheon, con Atair Aerospace e Logos Technologies, ha realizzato un drone a parapendio in grado di trasportare pallet da 1.360 chili ad un massimo di 120 chilometri di distanza.

Nel 2015 la Cina ha testato un UAV a parapendio in Tibet, per la consegna di rifornimenti durante operazioni militari o calamità naturali ed attività di ricognizione.

Tale configurazione si è rivelata particolarmente adatta a contesti proibitivi e ad alta quota come quelli tibetani. Il drone, infatti, è stato in grado di volare ad un’altitudine di 4.500 m, con un carico utile massimo di 200 kg ed un’autonomia di quattro ore. Ulteriori test hanno visto l’impiego di uno sciame.

Il 2018 è stata, invece, la volta del Regno Unito con il drone a parapendio Stork della Animal Dynamics (nella foto sotto). Sistema che nel 2023 ha partecipato con successo alla Fase 2 della gara per droni da sollevamento pesante (UASHLC) della Royal Navy. Più nello specifico, ad essere testato è stato il loro impiego nel supporto logistico in ambito marittimo, sgravando piattaforme pilotate come gli elicotteri.

Lo Stork STM è un velivolo logistico autonomo, in grado di trasportare carichi del peso di 135 kg ad una distanza di 400 km, rifornendo una squadra di otto uomini per due giorni.

Il progetto della Animal Dynamics aveva già superato una prima fase di valutazione l’anno precedente, dimostrando significative capacità di carico e trasporto a lunga distanza. Secondo il produttore lo Stork STM aveva una portata cinque volte superiore a quella di un quadricottero medio. Nonostante gli importanti traguardi raggiunti, le difficoltà finanziarie e strategiche incontrate da Animal Dynamics hanno portato alla sua chiusura il 17 luglio 2023.

 

Alcune considerazioni

Pur avendo attirato l’attenzione mediatica solo di recente, Forze Armate e gruppi paramilitari di diversi Paesi hanno valutato ed adottato da tempo parapendio e paramotori per accrescere mobilità e potenzialità dei propri operatori.

Ancora nel 2014 Parajet, la prima società a produrli secondo specifiche militari, parlava di una loro crescente popolarità come economiche alternative per i reparti volo di Forze Armate e dell’Ordine di Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, negli anni 70 e 80 sono stati i loro predecessori a farla da padroni, soprattutto in Medio Oriente e ai danni di Israele: deltaplani e deltamotori.

Il 7 marzo 1981 due militanti del Fronte per la Liberazione della Palestina (PLF) hanno cercato di penetrare in territorio israeliano dal Libano, con dei deltaplani a motore. Uno è caduto prima di raggiungere il confine ed il pilota è stato catturato dalle milizie cristiane filoisraeliane; l’altro è riuscito ad atterrare in territorio israeliano, per poi essere catturato in un vicino villaggio dopo aver preso in ostaggio dei civili.

L’episodio più sanguinoso, però, è quello passato alla storia come la “Notte dei Deltaplani”. Il 25 novembre 1987, sempre con deltaplani a motore, una coppia di militanti del PLF si è infiltrata in territorio israeliano. Il primo è stato neutralizzato prima ancora di toccare terra. L’altro è riuscito ad atterrare e a penetrare in un accampamento, uccidendo sei soldati e ferendone altri otto prima di essere eliminato a sua volta.

Perfino il nostro “Col. Moschin” aveva sperimentato 4 deltamotori, dedicandogli una trentina di operatori tra il 1993 ed il 1996. Nonostante i risultati promettenti, non si è mai arrivati ad una concreta adozione.

Verso la metà degli anni ‘80 sono arrivati sul mercato parapendio e paramotori, offrendo una maggior facilità di addestramento ed impiego, mobilità, flessibilità, ma anche minori costi, esigenze logistiche e manutentive. Con questi assetti Hamas ha dimostrato che anche l’intelligence e le Forze Armate più addestrate e meglio equipaggiate possono essere colte di sorpresa; grazie ad inventiva ed iniziative e mezzi asimmetrici.

Questo anche se, nei mesi ed anni precedenti, non sono mancati episodi che avrebbero dovuto far presagire un attacco come quello del 7 ottobre 2023. L’organizzazione terroristica aveva diffuso nelle settimane precedenti diversi video propagandistici che mostravano suoi uomini addestrarsi con dei paramotori e già nel luglio 2014 era venuta alla luce l’esistenza di un’unità speciale costituita appositamente per condurre attacchi con parapendio. Una decina di militanti che si sarebbe addestrata in Malesia a superare la recinzione di Gaza e rapire o uccidere civili e militari israeliani.

Sempre nello stesso anno, inoltre, in Israele era stato arrestato il proprietario di APCO Aviation, società specializzata nella produzione di paramotori, con l’accusa di aver cercato di fornirli all’Iran triangolando tra Giordania e Dubai.

Per non parlare del tanto criticato volo dimostrativo su Gaza, nel luglio 2023, di Sven Kuhn von Burgsdorff, ambasciatore dell’Unione Europea in Palestina. Precise avvisaglie che, secondo diversi rapporti, erano state effettivamente colte dall’intelligence israeliana, ma sottovalutate non credendo che l’organizzazione terroristica palestinese avesse le capacità di concretizzare un’operazione del genere.

Nonostante il successo di Hamas, però, qualcuno ha ridimensionato il ruolo dei paramotori a mero strumento propagandistico e mediatico: avrebbero solamente sollevato il morale dei palestinesi e sorpreso/terrorizzato gli israeliani più che produrre effetti concreti.

I parapendio presentano, infatti, anche diversi limiti: sono comunque rumorosi, facilmente visibili di giorno e vulnerabili sia al fuoco nemico che alle condizioni metereologiche (nebbia, temporali e forti venti). Inoltre, il loro utilizzo in numero limitato non consentirebbe di ottenere effetti significativi sul campo di battaglia. Come affermato dall’ex colonnello dell’Esercito degli Stati Uniti Keith Nightingale, membro della Ranger Hall of Fame, non costituirebbero un game-changer.”

Il bilancio tra pro e contro gioca, comunque, a loro favore e sempre più Forze Armate e gruppi paramilitari sono interessati ad un loro impiego. L’ampia casistica di questi quarant’anni, quindi, risulta fondamentale nell’individuazione di modalità di impiego e, soprattutto, di contrasto più efficaci per restare al passo coi nuovi contesti operativi, sempre più asimmetrici ed adattivi. Nel frattempo l’inquietante ronzio dei paramotori di Hamas continua a riecheggiare come monito.

Foto: AFP, Folgore, Jamie Hunter, Kurdistan 24, Polizia Turca, Animasl Dynamics e MMIST

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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