Le Ardenne di Zelensky? Gli ucraini penetrano nella regione russa di Kursk – AGGIORNATO
(Aggiornato alle ore 23,55 del 9 agosto)
Nonostante le crescenti difficoltà nel contenere l’avanzata russa nelle regioni di Kharkiv, Donetsk, Lugansk e Zaporizhia, le forze armate ucraine hanno lanciato il 6 agosto un attacco al territorio russo penetrando nella regione di Kursk da quella ucraina di Sumy.
Un’offensiva condotta con reparti scelti tra le migliori unità meccanizzate e di fanteria, con supporto di droni e artiglieria e mezzi occidentali come i veicoli da combattimento ruotati Stryker e cingolati Bradley statunitensi, che ha permesso di cogliere di sorpresa le guardie di frontiera russe e alcuni reparti militari composti da truppe di leva, solitamente non impiegate sui fronti bellici.
Nel complesso gli ucraini avrebbero messo in campo circa 3 mila militari dei quali almeno la metà sono penetrati per 10 chilometri in territorio russo assumendo il controllo di 11 villaggi di confine (inclusi Nikolaevo, Darino e Sverdlikovo) per un totale di 45 chilometri quadrati di territorio, come hanno confermato fonti russe indicando che le truppe di Kiev impiegate nell’operazione appartengono alle seguenti unità:
- 22a brigata meccanizzata separata;
• 32a brigata meccanizzata separata;
• 88a brigata meccanizzata separata;
• 54° battaglione di ricognizione separato;
• Battle Group dell’82a brigata d’assalto aviotrasportata separata;
• reparto Ranger delle Forze per operazioni speciali;
• 103a brigata di difesa territoriale separata;
• 115° battaglione della 110a brigata di difesa territoriale separata;
• 49a brigata di artiglieria separata;
• 35° reggimento separato della Guardia Nazionale; - Gruppo UAV del comando “A” del Comando centrale dell’Ucraina
- Unità PSYOPS delle Forze per le operazioni speciali
Con le truppe ucraine nella regione di Kursk vi sarebbero anche “volontari” stranieri della Legione Internazionale come confermerebbero alcuni video che mostrano militari con l’uniforme ucraina in azione parlando tra di loro in lingua inglese.
L’esercito ucraino ha diffuso ieri un filmato risalente al 6 agosto che mostrerebbe decine di guardie di frontiera russe che si arrendono al posto di frontiera di Sudzha (noto per il transito di un gasdotto che raggiunge l’Europa che al momento resta attivo ) Secondo il sito indipendente russo Meduza, (di opposizione al governo di Mosca) “non è chiaro esattamente quanti militari russi abbiano deposto le armi, ma le stime apparse sui social media indicano che si tratta di un numero compreso tra 20 e 50 uomini”.
La battaglia
Mosca sostiene che le forze ucraine hanno bombardato obiettivi civili provocando almeno cinque morti e 28 feriti ma non riferisce le proprie perdite militari. Il capo di stato maggiore delle forze armate russe, generale Valery Gerasimov, ha detto ieri che un migliaio di soldati ucraini si trovano sul territorio della regione di Kursk aggiungendo che la loro avanzata è stata “fermata e le perdite del nemico nelle ultime ore ammontano ad almeno 315 uomini, 100 uccisi e 215 feriti”.
Numeri a cui aggiungere, sempre secondo Mosca, i dati forniti ieri mattina dal ministero della Difesa russo ha rilevato che dall’inizio dell’attacco gli ucraini avrebbero perso 660 uomini e 82 veicoli blindati tra cui 8 carri armati, 12 veicoli corazzati, 6 veicoli da combattimento di fanteria, 55 veicoli corazzati da combattimento e un veicolo del Genio per la rimozione degli ostacoli.
I canali Telegram russi mostrano diversi mezzi blindati e corazzati di tipo occidentale in dotazione agli ucraini distrutti in combattimento dopo che Mosca ha inviato sul campo unità aeree, di paracadutisti e artiglieria appartenenti al Gruppo di Armate Nord e le truppe cecene della Forza Akhmat, già presenti nella regione di Kursk ma che sarebbero arretrate all’inizio dell’attacco ucraino per organizzare il contrattacco. A questi si aggiungono le guardie di frontiera che in Russia fanno parte dei servizi di sicurezza interna (FSB un tempo noto come KGB).
La sera dell’8 agosto Mosca stimava che 400 militari ucraini siano ancora sul territorio russo mentre altri 2.000 sono concentrati in territorio ucraino a ridosso del confine dove Kiev ha schierato anche batterie di missili da difesa aerea inclusa forse una di Patriot in grado di minacciare i velivoli russi in volo sullo spazio aereo della regione di Kursk.
Il bollettino russo di questa mattina riferisce che dal 6 agosto “le forze armate ucraine hanno perso fino a 945 militari e 102 veicoli corazzati, tra cui 12 carri armati, 17 veicoli corazzati, nonché due sistemi di difesa aerea Buk M1 e tre cannoni di artiglieria da campo”.
Una nota del ministero della Difesa rileva che “sta continuando l’operazione per distruggere le unità delle forze armate ucraine nella regione di Kursk” dove sono stati fermati i tentativi di raid nemici in profondità nel territorio russo”. La stessa fonte sottolinea che è stato “colpito il personale e l’equipaggiamento delle forze armate ucraine nelle aree degli insediamenti di Darino, Gogolevka, Melovoy, Nikolsky e nella periferia occidentale di Sudzha”.
Nella zona di Yuzhny un attacco aereo russo ha distrutto 5 veicoli corazzati da trasporto truppe Stryker e, nell’area dell’insediamento di Martynovka, è stata distrutta una colonna delle forze armate ucraine composta da un carro armato, 4 veicoli corazzati da trasporto truppe e un veicolo corazzato da combattimento. Durante la giornata di ieri, secondo Mosca, le forze armate ucraine hanno perso più di 280 militari e 27 veicoli corazzati, tra cui quattro carri armati, cinque veicoli corazzati, 18 veicoli corazzati da combattimento, nonché sei auto, un obice M777 da 155 mm, un semovente da 155 mm “Crab” e un cannone D-20 da 152 mm.
Le forze ucraine avrebbero invece colpito oggi un convoglio militare russo composto da 14 autocarri a est di Rylsk, 30 chilometri a nord di Korenevo (quindi a meno di 40 chilometri dalle postazioni ucraine), distruggendo con armi ancora non chiarite (probabilmente razzi campali a lungo raggio o missili balistici ATACMS) diversi autocarri KAMAZ e Ural sull’autostrada 38K-017.
Fonti russe riprese dall’Institute for the Study of the War (ISW) hanno suggerito che la colonna potrebbe aver trasportato personale del 44° Corpo d’Armata Nord (Distretto militare di Leningrado) o della Brigata “Pyatnashka”. Alcuni milblogger russi hanno evidenziato che le immagini diffuse da diverse televisioni circa il transito di questa colonna abbia favorito l’attacco ucraino.
Evacuare i civili
Tutti i dati diffusi dai belligeranti sono come sempre impossibili da verificare. Kiev continua a riferire di oltre mille militari russi uccisi ogni giorno (1.140 ieri) quando in realtà anche diversi militari ucraini hanno riferito ai media anglosassoni che i russi operano sul terreno con grande professionalità e puntano sulla superiorità di volume di fuoco per risparmiare vite e ottenere distruzione o ritirata delle forze ucraine.
Che i russi stiano concentrando rinforzi nella regione di Kursk passando al contrattacco lo si evince forse dalla decisione di Kiev di evacuare 20 mila persone da 28 insediamenti nella regione di Sumy, a ridosso del confine con la russa Kursk. Solo ieri le persone da evacuare erano stimate dalle autorità ucraine in 6.000.
Come era già accaduto in occasione delle penetrazioni di ucraini e miliziani russi filo-Kiev nella regione di Belgorod, anche Mosca ha dovuto ordinare l’evacuazione di migliaia civili dai centri abitati adiacenti la linea del fronte e all’interno del raggio d’azione dell’artiglieria ucraina.
“Nelle ultime 24 ore diverse migliaia di persone hanno lasciato la zona dei bombardamenti con il nostro aiuto”, ha riferito ieri il governatore ad interim Alexei Smirnov, ma anche sul lato ucraino del confine, nella regione di Sumy, è stata annunciata l’evacuazione obbligatoria in 6 mila civili da 23 villaggi, segno inequivocabile che è attesa una forte controffensiva russa.
“La situazione nella regione di Sumy è piuttosto tesa. L’allerta aerea è durata oltre un giorno. Ringrazio le nostre Forze armate e le Forze di difesa aerea che distruggono i missili balistici. Molte delle esplosioni che i residenti di Sumy e della regione stanno sentendo sono opera della nostra difesa aerea”, ha affermato ieri il governatore Volodymyr Artyuch riferendosi evidentemente agli attacchi dei missili russi Iskander tesi a colpire artiglieria, batterie missilistiche e comandi ucraini oltre il confine.
Putin ha detto di tenere personalmente sotto controllo la situazione mentre il ministero russo per lo sviluppo digitale ha reso noto di aver sventato un massiccio cyberattacco contro le reti informatiche nella regione di Kursk che mirava “a interrompere la fornitura di servizi socialmente significativi” anche se non si può escludere che l’obiettivo fosse compromettere le strutture di comando e controllo militari che gestiscono le operazioni.
“Durante il giorno, le azioni attive delle unità al confine di stato insieme alle guardie di frontiera, alle unità di rinforzo e alle riserve in avvicinamento hanno impedito l’avanzata del nemico” ha riferito ieri pomeriggio il ministero della Difesa russo rivelando che gli scontri più intensi sono in corso nei distretti (comuni) di Sudzhensky e Korenovo.
Quest’ultimo villaggio sarebbe stato interamente riconquistato questa mattina dalle truppe russe secondo quanto riferiscono i canali Telegram militari russi.
I combattimenti sono continuati anche durante la notte e nelle ultime ore il ministero della Difesa russo ha pubblicato un altro video per mostrare l’aumento della presenza delle sue forze nella regione, con tank che prendono posizioni da combattimento. Il ministero ha anche reso noto di aver respinto gli attacchi di numerosi droni russi, 26 dei quali sono stati abbattuti solo oggi.
“Al momento la situazione è stabilizzata”, scrive su Telegram il blogger militare Alexander Kharchenko che parla di progressi delle unità russe. “Sudzha resiste, il commando sta facendo ogni sforzo per ripulire la città dal nemico”, ha aggiunto riferendosi a una città che altre fonti (come lil think-tank americano ISW) considerano sotto pieno controllo ucraino (vedi mappa qui sopra).
Secondo Karchenko “se il nemico non dispiega un numero significativo di forze in modo inaspettato, possiamo dire che il picco della crisi è passato” ma Mosca sembra temere nuove incursioni ucraine sul proprio territorio come dimostra l’introduzione del “regime di operazioni antiterrorismo” nelle regioni di Belgorod, Kursk e Bryansk, al confine con l’Ucraina dichiarato dal Comitato Nazionale Antiterrorismo secondo quanto riportato da Ria Novosti.
Il Comitato sostiene che “il regime di Kiev ha compiuto un tentativo senza precedenti di destabilizzare la situazione in diverse regioni del nostro paese”.Al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e reprimere le minacce di atti terroristici da parte delle forze nemiche di sabotaggio e ricognizione, il presidente del Comitato nazionale antiterrorismo, direttore dell’FSB russo A.V Bortnikov, ha deciso di organizzare operazioni antiterrorismo a Belgorod, regioni di Bryansk e Kursk dal 9 agosto 2024″ si legge nel messaggio. Il provvedimento include “restrizioni al traffico di veicoli e pedoni su strade e vie” e restrizioni all’uso dei mezzi di comunicazione.
Quali obiettivi?
L’attacco ucraino ha colto senza dubbio di sorpresa i russi e sembra costituire la “vendetta” di Kiev per l’attacco condotto nei mesi scorsi dalle truppe russe che sono penetrate dal confine nella regione di Kharkiv occupando diverse aree di confine a nord della città omonima. Anzi, dopo la penetrazione russa a Kharkiv, volta soprattutto a mettere in sicurezza il confine russo da ulteriori penetrazioni ucraine, da molti analisti era attesa un’operazione analoga nella regione ucraina di Sumy proprio a partire da Kursk.
Non sappiamo se i russi stessero per attuare una simile operazione ma in tal caso gli ucraini l’hanno anticipata creando non pochi dissapori a Mosca dove il presidente Vladimir Putin ha definito l’attacco una “provocazione su larga scala da parte del regime di Kiev”, accusando l’Ucraina di “sparare indiscriminatamente con diversi tipi di armi, comprese quelle missilistiche, contro edifici civili”.
Restano aperte molte domande circa l’iniziativa militare ucraina che certo consente a Kiev di mostrarsi ancora energica sul piano militare, capace di colpire con droni e missili la Crimea e il territorio russo in profondità ma anche di “invadere” porzioni di territorio della Federazione. Un successo che fa seguito ad altri conseguiti dagli ucraini negli ultimi giorni:
- attacchi in profondità contro infrastrutture energetiche in Russia
- distruzione di scorte di armamenti aeronautici (secondo fonti ucraine si trattava di bombe FAB-500M-62 e KAB-1500LG, bombe fuel-air explosive ODAB-500PMV, missili aria-aria R-73 e pod di contromisure elettroniche Khybin per i velivoli Sukhoi Su-34
- affondamento in seguito ad attacco missilistico (non confermato da Mosca) nel porto di Sebastopoli del sottomarino classe Kilo Rostov-sul-Don, che già era stato danneggiato da un attacco ucraino nel settembre 2023 e si trovava ai lavori in cantiere
- distruzione di 4 lanciatori per missili da difesa aerea a lungo raggio S-400 (nella foto sotto) schierati in Crimea (non confermata da Mosca).
L’attacco alla regione di Kursk sembra quindi confermare la volontà di Kiev di incrementare gli sforzi per portare la guerra sul territorio russo con un obiettivo soprattutto dal valore propagandistico e politico. Valutazione che sembrerebbe confermata anche dal massiccio attacco di droni ucraini che ha colpito un aeroporto militare nella regione russa di Lipetsk, a circa 300 chilometri dal confine con l’Ucraina. L’attacco ha determinato un incendio ed è stato confermato alle agenzie di stampa RIA Novosti e TASS dal governatore regionale.
Possibile anche che Kiev punti a internazionalizzare il conflitto o comunque ad allargarlo per garantirsi un supporto occidentale sempre più precario considerata la crisi politica, economica e militare dell’Europa e le incerte prospettive circa gli Stati Uniti in vista del voto di novembre e alla luce delle difficoltà interne e del rischio di guerra in Medio Oriente.
Non è un caso che negli ultimi tempi l’Ucraina abbia rivendicato di aver addestrato e armato miliziani touareg (alleati di al-Qaeda) che in Mali hanno attaccato con successo impiegando droni FPV le truppe locali e i contractors russi dell’Africa Corps (ex Gruppo Wagner): rivendicazione che sta portando alcuni paesi africani a prendere le distanze da Kiev e altri (Mali e Niger per ora) a chiudere le relazioni diplomatiche.
Il coinvolgimento ucraino in Africa in funzione anti-russa era già emerso nel conflitto civile sudanese ma il tentativo di ampliare il conflitto sembrerebbe coinvolgere nelle ultime ore anche la Bielorussia. Il presidente Alexander Lukashenko ha riferito della distruzione di “obiettivi aerei entrati (la sera del 9 agosto – NdR) nello spazio aereo bielorusso dall’Ucraina”.
Il leader bielorusso ha messo la difesa aerea in stato di “massima allerta” alle 18.10 di oggi. “Il punto è che, e sospettiamo non sia la prima volta, le Forze Armate ucraine hanno violato tutte le norme e hanno invaso lo spazio aereo nei pressi della località di Kostyukovichi – ha detto Lukashenko in dichiarazioni riportate dall’agenzia BelTa.
La difesa aerea è stata posta in stato di massima allerta per intercettare gli obiettivi, circa una dozzina”. Lukashenko ha confermato il dispiegamento di “aerei ed elicotteri”. La difesa aerea bielorussa, ha aggiunto, “ha distrutto diversi obiettivi sul territorio bielorusso. Non capisco perché l’Ucraina abbia bisogno di questo. Abbiamo chiarito loro che qualsiasi provocazione non resterà senza risposta. Purtroppo gli ucraini dimostrano così di non essere pronti per nessuna pace e continuano ad aumentare la tensione”, ha aggiunto Lukashenko. che ha poi ordinato il dispiegamento di rinforzi al confine ucraino.
Il ministro della Difesa bielorusso Viktor Khrenin ha inviato verso la frontiera “unità militari delle forze per operazioni speciali, forze di terra, forze missilistiche, compresi i sistemi di lanciarazzi campali a lungo raggio Polonez e di missili balistici tattici Iskander”.
Kiev potrebbe puntare a coinvolgere la Bielorussia nel conflitto con l’obiettivo di trascinare in guerra, se non l’intera NATO, quanto meno polacchi e baltici da sempre ostili a Mosca e a Monsk? Non si può escludere e del resto ieri il portavoce della presidenza ucraina, Mykhailo Podolyak, ha espresso la fiducia che le incursioni in territorio russo possano segnare le differenze nei futuri negoziati.
“Stiamo vedendo che l’efficacia delle operazioni militari ucraine sta gradualmente aumentando”, ha detto Podolyak, il quale ritiene che la Russia non risponderà ad alcuna proposta “finché non riceverà una ritorsione adeguata e aggressiva”.
Podolyak ha spiegato che le perdite della Russia sul campo di battaglia influenzeranno il modo in cui percepirà questa guerra, soprattutto se entrerà nel suo stesso territorio. “Questo li spaventerà? Sì”, ha detto il principale portavoce del presidente Volodymyr Zelensky in dichiarazioni alla televisione ucraina in cui ha indicato che la Russia siederà al tavolo delle trattative solo se la guerra non si adatterà allo scenario pianificato e se le perdite e le sanzioni aumenteranno, al punto che il costo della guerra non sarà sostenibile.
“Se lo si fa alle loro condizioni, crederanno di avere il controllo”, ha detto. Podolyak ha accolto con favore le reazioni favorevoli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea all’incursione a Kursk, poiché hanno finalmente capito che queste azioni corrispondono al diritto sovrano dell’Ucraina di difendersi. “Questo è il modo giusto per porre fine a questa guerra”, ha detto.
Affermazioni che appaiono utili forse a risollevare il fronte interno ucraino, sempre più caratterizzato da scarsa fiducia nella classe dirigente e nell’andamento della guerra come dimostrano i crescenti casi di renitenza alla leva (almeno 800 mila gli ucraini che si nascondono per non farsi arruolare secondo le stime che il presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha) e di diserzioni (63mila casi registrati dalla magistratura dall’inizio della guerra, quasi la metà solo nei primi sette mesi del 2024 ma i numeri reali potrebbero essere molto più alti).
Difficile però credere che l’attacco alla regione di Kursk possa indurre Mosca a negoziare con minori pretese. Anzi, forse è vero il contrario considerato che la minaccia al popolo e al territorio russo hanno aiutato finora Mosca a reclutare oltre 600 mila volontari per combattere in Ucraina la “Nuova Guerra Patriottica”.
Il successo iniziale dell’offensiva ucraina può aver messo in imbarazzo Mosca che probabilmente rimuoverà qualche generale ma è difficile credere che possa minare la fiducia nel Cremlino e il sostegno a Putin.
Del resto, sul piano strettamente militare, l’attacco ucraino al territorio russo rappresenta un temporaneo successo tattico ma di scarso rilievo per l’esito del conflitto e soprattutto difficilmente sostenibile nel tempo.
Arduo credere che gli ucraini possano controllare a lungo quei 45 chilometri quadrati (pari alla superficie del comune di Fiesole) di territorio russo mentre l’inevitabile controffensiva di Mosca obbligherà probabilmente i russi a mettere in sicurezza anche quel confine attaccando almeno una parte della regione di Sumy.
Per conseguire un obiettivo simbolico e politico (forse mirato a indurre gli occidentali a continuare a sostenere l’Ucraina anche dopo le elezioni negli Stati Uniti) , Kiev rischia di trovarsi con un nuovo impegnativo fronte da sostenere con sempre meno truppe (specie truppe addestrate), armi e munizioni.
Anche in termini di impiego delle forze l’attacco ucraino appare controproducente. I russi hanno maggiori riserve e l’apertura di un nuovo fronte complicherà la situazione delle forze di Kiev, prive di riserve e con limitate armi e munizioni. Da tempo si parlava della costituzione di una riserva mobile dotata degli ultimi mezzi occidentali giunti in Ucraina idonea ad essere impiegata per tamponare eventuali falle determinate dal crollo di uno o più fronti, o addirittura ad essere mantenuta in riserva in vista di una fantomatica “controffensiva decisiva” da scatenare nella primavera 2025.
Paralleli storici
Volendo azzardare qualche parallelo storico le azioni militari ucraine possono forse venire paragonate a quelle del Terzo Reich nelle ultime fasi della Seconda Guerra mondiale, quando le V1 e V2 tedesche colpivano in profondità obiettivi nemici persino in Inghilterra ma non per questo Hitler stava vincendo la guerra.
Quando Berlino era quasi del tutto circondata dalle truppe sovietiche, Hitler ordinò alle riserve del Distaccamento d’ Armata Steiner un contrattacco che avrebbe dovuto ricacciare i sovietici dalla capitale: un piano che il generale delle SS Felix Steiner non attuò mai per l’evidente inadeguatezza delle forze a sua disposizione rispetto a quelle nemiche.
L’attacco ucraino a Kursk del 6 agosto potrebbe quindi costituire una sorta di replica su scala ridotta dell’Offensiva delle Ardenne che nel dicembre 1944 colse di sorpresa gli alleati che poi neutralizzarono le forze corazzate tedesche. Un’offensiva ardita, che costò al Terzo Reich le sue ultime grandi unità corazzate ma non impedì la resa della Germania appena cinque mesi dopo.
Valutazioni scettiche
Come sostengono anche diversi blogger militari ucraini, l’offensiva a Kursk ha privato l’esercito di Kiev anche di queste limitate riserve mentre i russi avanzano ovunque e soprattutto intorno alle roccaforti di Kupyansk, Chasov Yar, Pokrovsk e Toretsk dove diverse unità ucraine rischiano l’accerchiamento. Solo ieri i russi hanno preso il controllo di 5 villaggi nella regione di Donetsk e altri due sarebbero caduti questa mattina nel settore di Pokrovsk.
Le truppe, le armi, le munizioni e le difese aeree messe in campo per attaccare la regione di Kursk sarebbero state più utile per puntellare le difese in queste regioni dove i russi avanzano progressivamente con crescente successo e dove peraltro l’afflusso di truppe, mezzi e materiali è oggi facilitato dal completamento della nuova ferrovia Rostov- Mariupol che attraversa il Donbass costeggiando il Mare d’Azov (nell’immagine qui sotto).
Valutazioni scettiche sull’operazione lanciata da Kiev vengono condivise anche da diversi analisti statunitensi. I media d’oltreoceano rivelano che l’offensiva è stata pianificata da Kiev senza informarne preventivamente gli Stati Uniti e le sue finalità restano incerte. Wall Street Journal e New York Times sottolineavano ieri che mantenere il controllo dei territori occupati sarà molto difficile poiché le forze ucraine registrano crescenti carenze di uomini e mezzi e, in particolare a Donetsk, nelle ultime settimane l’esercito russo è riuscito a conseguire avanzate significative in territori ben fortificati.
Analisti militari consultati dal New York Times affermano che l’attacco a Kursk potrebbe essere un tentativo di allontanare le truppe russe dalla linea del fronte, alleviando così la pressione sulle aree più calde del fronte ma i russi hanno ampie riserve di truppe per fronteggiare la situazione.
“Da un punto di vista operativo e strategico, questo attacco non ha assolutamente senso. Sembra un grosso spreco di truppe e risorse che sono necessarie altrove”, ha detto Pasi Paroinen, esperto del think-tank finlandese Black Bird Group. Rob Lee, ricercatore senior presso il Foreign Policy Research Institute, ha scritto sui social media che i precedenti attacchi sferrati dalle forze ucraine in territorio russo hanno avuto “scarso impatto sul corso dei combattimenti” in Ucraina e “nessuna significativa implicazione politica interna per Putin”.
Per Maurizio Boni, generale di corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa “Zelensky, in grande difficoltà politicamente e sul campo di battaglia, ha messo in atto un’iniziativa per dimostrare all’opinione pubblica e ai suoi sostenitori che l’Ucraina ha ancora la possibilità di causare qualche problema ai russi”. In un’intervista a Il Sussidiario, Boni valuta inoltre che “con l’imminente offensiva iraniana contro Israele, l’Ucraina potrebbe passare in secondo piano per l’opinione pubblica mondiale. Zelensky, insomma, avrebbe convinto i propri comandanti a dare il via a questa azione per tenere alta l’attenzione su questa guerra”.
I rischi per l’Europa
Il Pentagono e l’Unione Europea hanno sostenuto l’attacco al territorio russo definendolo legittimo pur con qualche sfumatura diversa. Il portavoce del Pentagono Sabrina Singh, ha detto che gli USA non sostengono attacchi a lungo raggio in territorio russo e Washington ha fatto sapere di non essere stata informata da Kiev dell’attacco a Kursk, pur riconoscendo l’autonomia delle scelte militari ucraine.
L’Unione Europea ha definito legittima l’offensiva sul territorio russo, che è stata accolta con preoccupazione e qualche critica dal governo italiano (il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ricordato che le armi fornite dall’Italia a Kiev non possono venire impiegate sul territorio russo), ma non sembra prendere in considerazione l’impatto che può avere e sta già avendo sull’Europa in termini energetici ed economici.
Potrebbe non essere casuale che l’offensiva Ucraina abbia avuto come obiettivo prioritario il controllo della stazione per la misurazione del gas di Sudzha, situata a circa otto chilometri all’interno del territorio russo e al momento presidiata da truppe di Kiev (anche se fonti militari russe negano che il nemico abbia il controllo totale dell’area), come riporta il Washington Post citando un consigliere del presidente ucraino che ha parlato in condizione di anonimato.
Si tratta dell’ultimo centro attivo per il di trasferimento via gasdotto del gas naturale russo che continua a giungere in Europa attraverso l’Ucraina al ritmo quotidiano di circa 38/43 milioni di metri cubi.
Un flusso destinato con ogni probabilità a interrompersi a fine anno quando Kiev ha già annunciato che non rinnoverà gli accordi don Gazprom ma che metterà in serie difficoltà molte nazioni europee, specie ora che la Russia, con gas di diversa provenienza, è tornata ad essere il principale fornitore di gas all’Europa scavalcando gli Stati Uniti.
Controllando Sudhza gli ucraini acquisiscono la capacità di ricattare la UE e al tempo stesso offrono a Mosca l’opportunità di tagliare ii rifornimenti all’Europa bloccando i flussi per ragioni di sicurezza e per “rappresaglia” contro il sostegno della Ue all’offensiva ucraina sul territorio russo.
Per questo l’offensiva ucraina nella fascia di confine della regione di Kursk non è una buina notizia per l’Europa e i suoi interessi e l’ampio e incondizionato sostegno espresso dalla UE a Kiev per questa iniziativa militare non sorprende solo perché ignavia, incompetenza e pervicace capacità di compromettere irrimediabilmente gli interessi continentali sono già stati ampiamente dimostrati da questa Commissione Europea e da quella “fotocopia” che l’ha preceduta, sempre guidata dal Ursula von der Leyen.
Resta quindi valido il vecchio detto latino “risus abundat in ore stultorum” ma invece di fare i complimenti agli ucraini per l’offensiva a Kursk, gli “stolti” europei dovrebbero preoccuparsi che dall’inizio dell’attacco il prezzo del gas è tornato sopra i 40 euro per megawattora come non accadeva da inizio dicembre dello scorso anno.
Un balzo di quasi il 5% registrato ieri dopo il + 6% del giorno precedente in seguito proprio all’attacco ucraino. Anche se a metà giornata di oggi la quotazione era lievemente scesa a 39,9 euro a megawattora, il rialzo del prezzo del gas nel TTF, il contratto di riferimento del metano ad Amsterdam, era iniziato già un mese e pare destinato a continuare a crescere in vista del blocco di fine anno delle forniture russe attraverso l’Ucraina.
Come sottolinea oggi Giuliano Zulin sull’agenzia GEA, “c’è grande timore per un’interruzione improvvisa e anticipata dei flussi, il che rappresenterebbe uno shock per nazioni come Slovacchia e Austria, che attualmente dipendono da questa fornitura e potrebbero vedere prezzi del gas più elevati per aziende e consumatori se venisse bloccata”.
Rischio che si somma col minor afflusso di gas liquefatto (GNL) in Europa attribuito alla forte domanda dei paesi asiatici che pagano prezzi più alti degli europei per aggiudicarsi i rifornimenti energetici.
Slovacchia, Austria e Ungheria risentono già del blocco dell’oleodotto gestito da Lukoil che trasportava greggio russo attraverso l’Ucraina, bloccato da settimane da Kiev ma che la UE non sembra voler far nulla per sbloccare, punendo di fatto i partner che si oppongono alla guerra, alle sanzioni alla Russia e che si rifiutano di armare l’Ucraina. Inoltre l’instabilità al rialzo dei prezzi del gas contribuirà ad accelerare recessione e de-industrializzazione in un’Europa già in gravi difficoltà a cominciare dalla “locomotiva” Germania.
Foto: Ministero Difesa Russo, RvVoenkory, TASS, RIA-Novosti, Naftogaz, Commissione UE, Telegram e Ministero Difesa Ucraino
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.