Le forze ucraine continuano l’offensiva nella regione russa di Kursk

 

Si intensificano gli scontri al confine tra la regione ucraina di Sumy e quella russa di Kursk con entrambi i contendenti impegnati a inviare rinforzi: i russi per contenere e respingere la penetrazione delle truppe di Kiev, gli ucraini al contrario per cercare di ampliare il territorio sotto il loro controllo dopo gli attacchi a sorpresa iniziati il 6 agosto e che hanno visto gruppi di sabotatori spingersi fino a 30 chilometri dal confine mentre unità di fanteria scelta hanno consolidato il controllo sull’area di frontiera espugnata alle forze russe (truppe di leva e guardi di frontiera) che avrebbero lasciato circa 300 prigionieri in mano agli ucraini.

Rispetto alle operazioni condotte tra il 6 e il 9 agosto (oggetto di un precedente articolo) si registrano alcuni sviluppi. Innanzitutto se in alcuni settori, come quello di Korenevo, i russi hanno riguadagnato terreno respingendo gli ucraini, in altri le forze di Kiev si sono spinte più a est e hanno guadagnato terreno lungo il confine a sud avanzando oltre Guyevo.

Nella serata del 12 agosto da Mosca è giunta la notizia che il colonnello generale Alexei Dyumin, fedelissimo di Vladimir Putin,  è stato nominato coordinatore delle attività nell’oblast di Kursk condotte dalle autorità civili e le forze di sicurezza che includono reparti militari, delle guardie di frontiera (che dipendono dai servizi di sicurezza interna FSB) e della Guardia Nazionale (Rosgvardiya),

Lo stesso giorno il governatore ad interim della regione russa di Kursk, Aleksei Smirnov, ha denunciato l’impiego da parte delle forze ucraine di proiettili d’artiglieria caricati con aggressivi chimici non meglio precisati avvenuto il 10 agosto nel distretto di Belovsky.

Sembrerebbe trattarsi dell’attacco con razzi campali e proiettili d’artiglieria da 155mm caricati contenenti esacloroetano (tossico ma non una vera e propria arma chimica) subito dal gruppo Akhmat di forze cecene che ha combattuto per liberare il villaggio di Martynovka distruggendo una colonna dell’82a brigata dell’esercito ucraino.

Smirnov ha poi confermato nel pomeriggio de 12 agosto che 28 insediamenti e un’area di 12 chilometri di profondità per 40 di lunghezza (480 chilometri quadrati, pari alla superficie del Comune di Grosseto) della regione di Kursk sono sotto il controllo delle truppe ucraine e che in queste aree sono rimasti 2mila cittadini russi che non sono riusciti a fuggire o a venire evacuati.

Il capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky (nella foto sotto) ha riferito invece che “continuiamo a condurre operazioni offensive nella regione di Kursk e attualmente controlliamo circa 1.000 chilometri quadrati del territorio della Federazione Russa”.

Attacchi ucraini sul confine si sono registrati anche nella regione russa di Belgorod (che insieme a quelle di Bryansk e Kursk ha visto scattare l’allarme-terrorismo) imponendo l’evacuazione di 11mila civili, sfollati che si aggiungono ai 120mila della regione di Kursk, accolti in “più di 370 centri di accoglienza temporanea situati in 54 aree”, ha reso noto il ministero per le Emergenze di Mosca all’agenzia russa Tass. Secondo l’agenzia, ad oggi sono circa 7 mila le persone accolte in un centinaio di centri in 7 regioni della Federazione. Il governatore ha aggiunto che 12 civili sono stati uccisi e 121 feriti, di cui 10 bambini.

Anche gli ucraini continuano a evacuare la popolazione (circa 30 mila persone) dalla regione di confine di Sumy, tenendo effettivamente contrattacchi e penetrazioni da parte dei russi che, terminata l’emergenza, dovranno valutare come proteggere i loro confini con l’Ucraina.

Il 12 agosto, il ministero della Difesa russo ha confermato che i suoi militari stanno arrestando l’avanzata delle forze di Kiev che avrebbero subito perdite pari a 1.610 caduti dall’inizio dell’operazione nella regione russa di Kursk perdendo “32 carri armati, 23 mezzi da trasporto blindati, 17 veicoli per la fanteria di fanteria e 136 blindati da combattimento”.

Il giorno precedente le forze armate ucraine avevano reso noto di aver ucciso o ferito su tutti i fronti 1.220 soldati russi nelle ultime 24 ore portando , secondo Kiev, il totale delle perdite russe in questo conflitto a 591 mila.

Mosca ammette che “diverse migliaia” di militari ucraini sono entrati nella regione di Kursk mentre nei primi giorni dell’offensiva le fonti della Difesa riferirono di circa 3mila militari ucraini di cui solo un migliaio schierati sul suolo russo.

Diverse fonti hanno confermato l’11 agosto l’attraversamento del confine da parte di decine di mezzi blindati e da trasporto ucraini, indicazione che potrebbe indicare che una parte rilevante delle forze di Kiev mobilitate per questa operazione e citate nell’articolo del 9 agosto hanno attraversato la frontiera dove, secondo i bollettini russi, molti veicoli sarebbero stati distrutti, soprattutto gli statunitensi Stryker ruotati e i cingolati Bradley statunitensi e Marder 1A3 tedeschi oltre ad alcuni obici statunitensi da 155 mm M777.

La Difesa russa ha affermato di aver impedito dei “tentativi di sfondamento” da parte di “gruppi corazzati mobili” nemici nei pressi delle cittadine di Tolpino, Jouravli e Obchtchi Kolodez, situate a circa 30 chilometri in linea d’aria dall’Ucraina. Il ministero ha aggiunto che questi avanzamenti sono stati fermati da attacchi aerei, droni e artiglieria e grazie all’invio di riservisti del Raggruppamento Nord, schierato da alcuni mesi anche nella regione ucraina di Kharkiv dove i russi hanno occupato una fascia di territorio lungo il confine.

L’ammissione russa di aver colpito il nemico in aree a 25/30 chilometri dal confine sembra indicare che gli ucraini cercano di continuare ad avanzare ma non spiega se si tratti di un’azione offensiva strutturata o solo di una penetrazione tesa a colpire le retrovie delle truppe russe per ostacolarne la capacità di lanciare contrattacco su vasta scala.

Le Forze armate russe hanno riferito di aver colpito anche le truppe ucraine con missili e artiglieria nei pressi delle cittadine di Sudzha, Korenevo, Staraja Sorotchitsa e Borki, nonché di aver impedito uno sfondamento nel distretto di Belovski, più a est: si tratta in questo caso delle aree adiacenti la frontiera interessate dalla iniziale offensiva ucraina cominciata il 6 agosto.

Il corrispondente militare della Izvestia, Alexander Sladkov, ha definito la situazione nella regione di Kursk come “temporaneamente difficile” evidenziando come gli ucraini tentino di aggirare le postazioni russe per spingersi verso est. “In generale non c’è una linea continua, il nemico intraprende incursioni con gruppi corazzati mobili e noi li distruggiamo con successo variabile. Naturalmente, è troppo presto per parlare di una stretta a tutto campo e, sebbene il vantaggio sia dalla nostra parte, il potenziale di attacco del nemico non è ancora stato esaurito”.

Rispetto ai primi tre giorni dell’offensiva ucraina si registra un forte incremento delle operazioni aeree russe in seguito alla distruzione 3 lanciatori e di una stazione radar AN/MPQ.65 di una batteria di Patriot e di tre lanciatori del sistema di difesa aerea Buk-M1 colpiti con ogni probabilità da missili balistici Iskander (nella foto sotto) e razzi campali a lungo raggio Tornado S dopo essere stati individuati dai satelliti o dai droni da ricognizione.

Gli incessanti bombardamenti con queste armi, che secondo fonti russe il 10 agosto hanno portato alla distruzione del comando di una brigata ucraina, vennero segnalati nei giorni scorsi dal governatore della regione ucraina di confine di Sumy.

L’indebolimento dello scudo antiaereo ucraino ha permesso ai russi di passare da un supporto aereo a bassa quota offerto da aerei da attacco Su-25 ed elicotteri da combattimento (due, un Mi-28 e un Ka-52, sarebbero stati abbattuti dagli ucraini) a incursioni ben più precise e pesanti affidate ai Su-30SM e Su-35S equipaggiati con bombe plananti lanciate da 40 chilometri di distanza di cui diverse fonti riferiscono di un crescente impiego: 200 bombe FAB e KAB anche da 1,5 e 3 tonnellate in pochi giorni secondo fonti russe.

L’11 agosto Mosca ha ammesso di aver impiegato un’arma termobarica da 500 chili Odab-500 contro mezzi e “mercenari stranieri al soldo di Kiev” alla periferia della cittadina di Sudzha sede della stazione di pompaggio del gasdotto che trasporto gas russo in Europa  (nella foto sotto)n attraverso l’Ucraina e parzialmente riconquistata dai russi.

La conferma di pesanti perdite tra le forze ucraine (bersagliate da artiglieria, e forze russe nella regione di Kursk e dai missili balistici e bombe d’aereo nelle retrovie nella regione di Sumy) sembra giungere anche da un reportage del Financial Times che riferisce di un gran numero di ambulanze che raccolgono i feriti al confine.

“Gli ucraini stanno subendo perdite. Molte ambulanze e veicoli blindati per l’evacuazione medica si sono spostati da e verso la linea del fronte”, scrive il giornale aggiungendo che parte dell’esercito ucraino è stato eliminato dagli attacchi aerei con bombe FAB-500, senza specificare in quali località siano state colpite.

 

Aspetti politici

“Il nemico riceverà una degna risposta” ha detto il 12 agosto il presidente russo Vladimir Putin. “Il nemico, con l’aiuto dei suoi padroni occidentali, sta eseguendo i loro ordini. L’Occidente è in guerra contro di noi usando gli ucraini. Apparentemente, il nemico sta cercando di migliorare le sue posizioni negoziali, ma di che negoziati possiamo parlare con chi colpisce civili, infrastrutture o cerca di minacciare gli impianti di energia nucleare?”, ha sottolineato il presidente russo.

Fonti russe sottolineano che i soldati ucraini che combattono nella regione di Kursk stanno utilizzando armi, anche pesanti, fornite dai Paesi NATO: dato inconfutabile considerato la dimostrata presenza in territorio russo di veicoli MRAP di vario tipo, da combattimento Stryker e Bradley statunitensi ma anche Marder 1A3 tedeschi uniti ad artiglierie di diversa provenienza occidentali mentre i video che mostrano la presenza di truppe con uniforme ucraina che tra loro parlano in inglese rafforza la considerazione di Mosca che la NATO è coinvolta in modo diretto in questa guerra e nell’invasione del territorio russo.

Aspetto che potenzialmente potrebbe rafforzare il sentimento patriottico e cementare il sostegno al Cremlino nel nome della difesa del territorio nazionale incrementando ulteriormente l’arruolamento di volontari che in oltre 600 mila hanno già sottoscritto il contratto per combattere in Ucraina.

Tra le valutazioni circa il coinvolgimento occidentale nelle operazioni a Kursk non si può ignorare che un’azione di così vasto respiro non può essere stata pianificata e attuata senza il supporto dell’intelligence e dei consiglieri militari di alcune nazioni della NATO (senza dubbio USA e Gran Bretagna con il probabile aiuto di polacchi e baltici) anche se un funzionario della sicurezza ucraina ha detto in condizioni di anonimato alla France Presse che “a giudicare da quanto attivamente vengono utilizzate le armi occidentali, i nostri partner hanno avuto un ruolo indiretto nella pianificazione”.

Di certo, nonostante Zelensky chieda agli alleati di ritirare ogni limitazione, l’impiego di tante armi e mezzi occidentali sul suolo russo sta mettendo in imbarazzo alcune nazioni europee.

L’Italia ha ribadito il suo no a tale impiego. “Sosteniamo l’Ucraina senza se e senza ma, possiamo comprendere la loro volontà di difendersi anche contrattaccando, ma non siamo in guerra con la Russia. Le armi che abbiamo fornito non possono essere usate per attaccare la Russia sul suo territorio”, ha detto il ministro degli esteri e vicepremier Antonio Tajani. Circa l’avanzata degli ucraini e gli attacchi in territorio russo “ne parleremo ufficialmente con il ministro ucraino Kuleba a fine mese al Consiglio per gli Affari esteri Ue, chiederemo chiarimenti e valuteremo come agire. Sicuramente – ha garantito Tajani – non manderemo i nostri soldati a combattere e invitiamo tutti alla massima prudenza”.

Il governo tedesco ha fatto sapere che insieme agli alleati della NATO intendono avere un “intenso” scambio di opinioni con le autorità di Kiev sull’attacco delle forze armate ucraine alla provincia russa di Kursk con il ricorso ad armi occidentali.

Circa gli obiettivi perseguiti dagli ucraini con l’attacco alla regione di Kursk il sopracitato funzionario ucraino ha sottolineato che l’attacco “ha alzato notevolmente il nostro morale” anche se tale operazione non ha indebolito l’offensiva di Mosca nell’Ucraina orientale che prosegue con successo.

“La situazione è sostanzialmente immutata. La loro pressione nell’est continua, non ritirano le truppe dalla zona“, ma “l’intensità degli attacchi russi è un po’ diminuita“, ha affermato il funzionario smentito però dalla notizia della conquista russa dell’ennesima cittadina ucraina, Lisichnoye nella regione di Donetsk.

La fonte dell’AFP ha poi ammesso di aspettarsi che la Russia “alla fine” riuscirà a fermare le forze ucraine a Kursk, e che con ogni probabilità reagirà all’offensiva con un attacco missilistico su larga scala, compresi “i centri decisionali” in Ucraina. Kiev si prepara quindi a una inevitabile rappresaglia di Mosca.

Anche per questo non è assurdo ritenere che l’obiettivo politico di Kiev e soprattutto dei suoi principali alleati (USA e Gran Bretagna) fosse di attuare un’operazione che allontanasse ogni ipotesi di negoziati di pace, negoziati che invece la missione diplomatica del premier ungherese Viktor Orban, latore di una bozza di accordo messa a punto con ogni probabilità da Donald Trump, aveva fatto balenare il mese scorso.

Pur ribadendo tutte le opzioni elencate nel precedente articolo, considerando le provocazioni ucraine nei confronti della Bielorussia e nel Sahel (con il supporto ai ribelli jihadisti nel Mali), non si può escludere che Kiev punti ad allargare il più possibile il conflitto per scongiurare il rischio che la causa ucraina venga “dimenticata” di fronte ad altre priorità internazionali sacrificata alla luce delle crescenti difficoltà economiche e politiche dell’Occidente.

“La Russia deve essere costretta alla pace” ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio apparso sul sito della presidenza di Kiev. “La Russia ha portato la guerra ad altri, ora le arriva in casa. L’Ucraina ha sempre voluto solo la pace e noi la garantiremo sicuramente”.

Come anticipato nel precedente articolo, la decisione di attaccare la regione russa Kursk ha suscitato perplessità e critiche tra esperti e analisti in Occidente, tenuto conto delle difficoltà delle forze di Kiev su tutti i fronti bellici in territorio ucraino. Al di là del successo iniziale, l’ardita offensiva ucraina in territorio russo solleva dubbi soprattutto circa la sua sostenibilità nel tempo.

 

Contraccolpi sugli altri fronti?

Con le truppe impegnate anche sul nuovo fronte di Kursk la “coperta” ucraina si fa sempre più corta e le difficoltà a reggere su molti fronti con sempre meno truppe la pressione russa potrebbe venire accentuata da una nuova manovra offensiva di Mosca nella vicina regione ucraina di Karkhov dove i russi sono già penetrati: da est avvicinandosi alla roccaforte di Kupyansk e da nord con la penetrazione attuata nel maggio scorso con l’obiettivo di mettere in sicurezza il confine con la regione russa di Belgorod.

Il comando ucraino ha rilevato un nuovo concentramento di truppe russe vicino al confine dove potrebbero aprire un terzo fronte a Sotnitsky Kazachka a 70 chilometri dalle località di Vovchansk e Glubokoe, la prima quasi del tutto e la seconda completamente in mano ai russi.

Un’altra offensiva sembra pronta a prendere il via a est, intorno a Kupyansk e Liman dove l’esercito russo sta espandendo il fronte offensivo ma progressi russi vengono segnalati ogni giorno su tutti i fronti del Donbass: da Berestovoye a Chasov Yar, dal settore di Toretsk a quello Pokrovsk e Zheleznoye.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Russo, Presidenza Ucraina, Presidenza Russa, TASS, RIA Novosti e Ministero Difesa Ucraino

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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