Cercapersone e walkie-talkie esplosivi: l’attentato multiplo israeliano contro Hezbollah -AGGIORNATO
(aggiornato alle ore 23,55)
Il movimento sciita libanese Hezbollah ha giurato vendetta contro Israele dopo che almeno 3.000 cercapersone utilizzati dai suoi miliziani e comandanti sono esplosi ieri pomeriggio simultaneamente in tutto il Libano (ma anche in Siria), uccidendo secondo l’ultimo bilancio 18 persone (tra cui una bambina di 8 anni) e ferendone circa 4.000 di cui 200 in modo grave mentre 500 miliziani sarebbero stati accecati o mutilati.
Un attacco che si inserisce in un momento di forti tensioni in Medio Oriente. Turchia, Iraq, Iran, Siria ed Egitto si sono offerti di aiutare il Libano a curare le persone rimaste ferite e l’Iraq ha inviato un aereo militare con a bordo 15 tonnellate di medicinali e forniture mediche e squadre di medici esperti.
La milizia scita ha incolpato Israele per quella che ha definito “un’aggressione criminale” e ha giurato che avrebbe avuto una “giusta punizione” affermando che 8 suoi combattenti figurano tra i morti. Successivi resoconti dei media hanno rivelato che anche il figlio del parlamentare di Hezbollah Ali Ammar sarebbe deceduto nelle esplosioni.
Anche alcuni combattenti di Hezbollah in Siria sono rimasti feriti nell’attacco e diversi di loro sono stati ricoverati negli ospedali di Damasco secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong filo-occidentale legata all’opposizione siriana con sede nel Regno Unito. Saberin News, affiliata alle Guardie rivoluzionarie iraniane, ha riferito che anche alcuni pasdaran iraniani in Siria sono stati uccisi.
L’agenzia di stampa statale iraniana IRNA ha affermato che l’ambasciatore del paese, Mojtaba Amani, è stato ferito superficialmente da un cercapersone esploso e si trovava in cura in un ospedale, a conferma di come il diplomatico fosse inserito nella rete di comando e comunicazione degli Hezbollah. Secondo le ultime notizie Amani avrebbe perso un occhio nell’esplosione.
Il rappresentante della Repubblica islamica all’Onu, Saeed Iravani, ha definito la detonazione coordinata dei cercapersone un “cyber attacco terroristico” durante una sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aggiungendo che “il regime di Israele deve essere ritenuto responsabile di tale aggressione e di tale crimine efferato”.
Come di consueto, Israele non ha commentato ma avrebbe informato gli Stati Uniti dopo la conclusione dell’operazione che ha visto l’esplosione dei cercapersone in dotazione a Hezbollah in Libano e Siria. Lo ha riferito un funzionario americano all’Associated Press, secondo quanto riportato dai media israeliani. Hezbollah ha reso noto questa mattina che “continuerà, come in tutti i giorni passati, le sue benedette operazioni a sostegno di Gaza”.
Gli Stati Uniti “non erano a conoscenza di questo incidente in anticipo” e non sono stati coinvolti, ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller. “A questo punto, stiamo raccogliendo informazioni”.
I funzionari di Hezbollah hanno dichiarato all’Associated Press che le esplosioni hanno interessato un nuovo tipo di cercapersone utilizzato dal gruppo. Piccole quantità di materiale esplosivo nascosto nei cercapersone sono state fatte detonare, causando esplosioni nei sobborghi di Beirut e in altre aree che sono roccaforti di Hezbollah come la Valle della Bekaa e in Siria. Hezbollah e il governo libanese hanno incolpato Israele per questo sofisticato attacco a distanza.
Secondo quanto riportato dal New York Times, il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha raccomandato per anni l’uso da parte del gruppo islamista di cercapersone anziché di telefoni per comunicare. Secondo il rapporto, l’intelligence statunitense stima che Nasrallah ritenga che si tratti di una forma di comunicazione più sicura, poiché i cercapersone non rivelano la posizione dell’utente.
Nasrallah era inoltre preoccupato per i messaggi ricevuti da alleati anonimi, secondo cui Israele avrebbe migliorato le sue capacità di hackerare i telefoni – hanno dichiarato al giornale alcuni funzionari dell’intelligence statunitense.
Per questo motivo, Nasrallah avrebbe vietato l’uso dei cellulari durante le riunioni di Hezbollah e avrebbe ordinato che i piani del gruppo terroristico non vengano mai comunicati tramite telefono, nemmeno tramite app di messaggistica criptata.
Esplodono anche i walkie-talkie
Dopo i cercapersone esplosi ieri, le milizie di Hezbollah sono state colpite oggi dall’esplosione improvvisa e simultanea di walkie-talkie e smartphone appartenenti a esponenti di Hezbollah, che hanno provocato altri 20 morti tra i miliziani di Hezbollah, oltre a centinaia di feriti, secondo dati forniti dallo stesso movimento scita.
Si tratterebbe di dispositivi acquistati da Hezbollah circa cinque mesi fa, nello stesso periodo dunque in cui erano state comprate le migliaia di cercapersone esplosi ieri secondo quanto rivelato da fonti della sicurezza libanese citate dal Times of Israel.
l produttore giapponese di apparecchiature radio Icom ha annunciato oggi di aver avviato un’indagine interna, dopo la circolazione di foto e indiscrezioni di stampa secondo cui diverse tra le ricetrasmittenti simultaneamente esplose in Libano ieri riportavano il marchio dell’azienda.
Le foto di diverse ricetrasmittenti esplose riportano il marchio di Icom e la dicitura “Made in Japan”. In una nota l’azienda nipponica prende atto delle indiscrezioni e afferma di essere “impegnata ad indagare i fatti riguardanti la questione. Comunicheremo sul nostro sito web ogni informazione appena sarà disponibile”.
Secondo il New York Times, che cita ex funzionari israeliani e americani rimasti anonimi, i servizi segreti di Tel Aviv avrebbero intercettato partite di cercapersone, cellulari e altri congegni elettronici prima che venissero consegnate in Libano, nascondendovi all’interno esplosivi e dispositivi di innesco.
Dall’ottobre 2023 sarebbero 473 i membri di Hezbollah uccisi negli attacchi israeliani, secondo quanto reso noto dal gruppo libanese.
I misteri sulla fornitura degli AR-924
I cercapersone esplosi sono stati apparentemente acquisiti da Hezbollah dopo che nel febbraio scorso era stato ordinato di ridurre l’utilizzo dei telefoni cellulari, ormai in gran parte “schedati” dall’intelligence israeliana. Un funzionario di Hezbollah ha detto all’Associated Press che i cercapersone erano un nuovo marchio, ma ha rifiutato di dire da quanto tempo erano in uso. La società taiwanese Gold Apollo ha affermato mercoledì di aver autorizzato il suo marchio sui cercapersone AR-924 utilizzati dal gruppo militante Hezbollah ma che tali dispositivi sono stati prodotti e venduti dalla società ungherese chiamata BAC Consulting KFT, con sede a Budapest.
“Secondo l’accordo di cooperazione, autorizziamo BAC a utilizzare il nostro marchio per la vendita di prodotti in regioni designate, ma la progettazione e la produzione dei prodotti sono di esclusiva responsabilità di BAC”, ha precisato Gold Apollo nella sua nota.
Il presidente e fondatore della società taiwanese Hsu Ching-kuang ha detto che la sua azienda ha allo stato da tre anni un accordo di autorizzazione all’utilizzo del suo marchio con la compagnia ungherese. “Questa azienda ha collaborato con noi e rappresenta molti dei nostri prodotti” – ha detto Hsu. “Volevano anche realizzare cercapersone e mi hanno chiesto se potevano usare il marchio della nostra azienda. Il prodotto non era nostro. Aveva solo il nostro marchio”, ha affermato. “Siamo un’azienda responsabile. Questo è molto imbarazzante”.
L’ipotesi più accreditata è che il materiale esplosivo sia stato inserito nei cercapersone prima della loro consegna e del loro utilizzo in una sofisticata infiltrazione nella catena di fornitura. Sean Moorhouse, un ex ufficiale dell’esercito britannico ed esperto di bonifica di ordigni esplosivi, ha affermato all’AP che i video delle esplosioni suggerivano che una piccola carica esplosiva, piccola quanto una gomma da matita, fosse stata inserita nei dispositivi. Avrebbero dovuto essere truccati prima della consegna, molto probabilmente dal Mossad, l’agenzia di intelligence estera di Israele, ha detto.
Elijah J. Magnier, un analista senior del rischio politico con sede a Bruxelles, ha detto di aver parlato con membri di Hezbollah che avevano esaminato cercapersone che non erano esplosi. Ciò che ha innescato le esplosioni, ha detto, sembrava essere un messaggio di errore inviato a tutti i dispositivi che li ha fatti vibrare, costringendo l’utente a cliccare sui pulsanti per fermare la vibrazione. La combinazione ha fatto detonare una piccola quantità di esplosivo nascosto all’interno e ha assicurato che l’utente fosse presente quando è esplosa l’esplosione, ha detto.
Un’operazione forse facilitata dalla lunga linea di approvvigionamento che avrebbe coinvolto anche una società di distribuzione e importazione egiziana anche se non il sito internet della BAC Consulting, https://www.bacconsulting.org (oggi non facilmente accessibile), non sembra essere quello di un’azienda che produce o assembla prodotti elettronici o per le telecomunicazioni.
Tra i settori di attività indicati dall’azienda stessa vi sono infatti consulenza e business intelligence.
Il governo ungherese ha inoltre precisato nel pomeriggio che la società BAC Consulting non ha alcun sito produttivo in Ungheria. Per ministro per le comunicazioni internazionali, Zoltan Kovacs. “le autorità hanno confermato che la società in questione è un intermediario commerciale, senza alcun sito produttivo o operativo in Ungheria. Ha un manager registrato presso l’indirizzo dichiarato e i dispositivi a cui si fa riferimento non sono mai stati in Ungheria”.
“I servizi di sicurezza nazionale ungheresi stanno collaborando con tutte le agenzie e le organizzazioni internazionali competenti. Raggiunta telefonicamente dall’emittente NBC, l’amministratrice delegata della società ungherese, Cristiana Barsony-Arcidiacono, ha successivamente smentito che BAC Consulting abbia prodotto i cercapersone: “Non ho prodotto i cercapersone. Sono solo un’intermediaria. Avete capito male”.
Fonti del New York Times, hanno invece affermato che BAC Consulting è una società di facciata israeliana. Tre funzionari dei servizi segreti informati sull’operazione hanno dichiarato al giornale che sono state create almeno altre due società fittizie per nascondere il fatto che i produttori dei cercapersone erano ufficiali dell’intelligence di Gerusalemme.
Le migliaia di cercapersone esplosi simultaneamente sarebbero quindi stati assemblati e manomessi su licenza da Israele, che ha ingannato il produttore taiwanese Gold Apollo, avvalendosi di una società di facciata, sostiene il New York Times che cita “12 funzionari ed ex funzionari anonimi della difesa e dell’intelligence”.
Quali obiettivi?
Come ricorda l’Associated Press, le esplosioni sono avvenute ore dopo che l’agenzia per la sicurezza interna di Israele aveva dichiarato di aver sventato un tentativo di Hezbollah di uccidere un ex alto funzionario della sicurezza israeliana usando un ordigno esplosivo piazzato che poteva essere fatto detonare a distanza.
Negli ospedali libanesi i feriti sono stati portati d’urgenza su barelle, alcuni con mani mancanti, volti sfigurati o ferite profonde sui fianchi e sulle gambe. Sembra che prima di esplodere i cercapersone abbiano suonato per una decina di secondi inducendo così il possessore a prendere in mano l’oggetto e avvicinarlo al viso. Colpire arti superiori e occhi dei miliziani significa impedire loro anche in futuro di poter imbracciare un’arma. Lo stesso obiettivo perseguito con le mine a farfalla e altri ordigni impiegati in passato in diversi conflitti per menomare i combattenti e impedire ai bambini di diventare tali.
Diversi esperti hanno affermato che le esplosioni dei cercapersone indicavano un’operazione pianificata da tempo. Gli attentati probabilmente alimenteranno le preoccupazioni di Hezbollah sulle vulnerabilità nella sicurezza e nelle comunicazioni, poiché i funzionari israeliani minacciano di intensificare le operazioni in atto da mesi.
Gli scambi di fuoco quasi quotidiani tra Israele e Hezbollah hanno ucciso centinaia di persone in Libano e diverse decine in Israele, e hanno visto sfollare decine di migliaia di persone su entrambi i lati del confine. Jeanine Hennis-Plasschaert, la coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano, ha deplorato l’attacco israeliano e ha avvertito che segna “un’escalation estremamente preoccupante in quello che è già un contesto inaccettabilmente volatile”. Martedì Israele ha affermato che fermare gli attacchi di Hezbollah nel nord per consentire ai residenti della Galilea di tornare alle loro case è ora un obiettivo di guerra ufficiale. Il ministro della Difesa israeliano Gallant ha affermato che il fulcro del conflitto si sta spostando da Gaza al nord di Israele e che il tempo per una soluzione diplomatica con Hezbollah sta per scadere.
Ma perché Israele ha dato il via libera all’esplosione dei cercapersone di Hezbollah?
Un’azione del genere avrebbe un grande valore militare se attuata un’ora prima di una massiccia offensiva militare tesa ad assumere il controllo del sud del Libano: in tal modo verrebbero feriti migliaia di miliziani impedendo loro di combattere insieme a molti comandanti decapitando la struttura di comando e controllo di Hezbollah.
Difficile trovare le ragioni per cui Israele abbia attuato un simile atto terroristico in assenza di un’offensiva militare e nonostante gli appelli degli Stati Uniti alla de-escalation.
La risposta sarebbe nel timore che Hezbollah potesse scoprire che i cercapersone erano stati riempiti di esplosivo ed erano controllati da Israele, sostengono le fonti d’intelligence citate da Axios. Un ex funzionario israeliano a conoscenza dell’operazione ha affermato che i servizi segreti avevano pianificato di usare i cercapersone-bomba come colpo a sorpresa nell’avvio di un conflitto su larga scala con Hezbollah, per cercare di paralizzare i combattenti del movimento. Ma negli ultimi giorni, i leader israeliani hanno iniziato a preoccuparsi che Hezbollah potesse scoprire i cercapersone-bomba. Per questo sarebbe stata presa la decisione di dare il via libera all’operazione ora, piuttosto che correre il rischio che venisse scoperta.
Una spiegazione non molto credibile poiché l’impatto di un simile atto, non giustificato da un’azione bellica più ampia e risolutiva, appare come una ulteriore provocazione israeliana tesa ad ampliare il conflitto ben oltre la Striscia di Gaza coinvolgendovi direttamente l’Iran. Unica possibilità per Israele e il suo governo di riuscire a compattare il sostegno dell’Occidente intorno alla sua causa.
Di certo questo attentato multiplo dimostra la generale vulnerabilità intrinseca delle linee di approvvigionamento di qualsiasi tipo di merce o strumento e la conseguente necessità di mantenerne uno stretto controllo per garantire la sicurezza da minacce portate alla sicurezza nazionale.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.