Guerra Russia – Ucraina: il “fronte” dell’energia – AGGIORNATO
(aggiornato alle ore 23,00)
Nonostante l’offensiva ucraina nella regione di Kursk scatenata il 6 agosto scorso abbia visto le truppe di Kiev occupare anche l’area di Sudzha, stazione di pompaggio del gas russo diretto in Europa attraverso l’Ucraina, le forniture non hanno subito né ritardi né riduzioni. Il 2 settembre il gruppo energetico russo Gazprom ha reso noto che continua a esportare gas attraverso il gasdotto Sudzha a una media di 42 milioni di metri cubi di gas al giorno, un livello simile ai volumi registrati in luglio e agosto contro i 40 milioni di metri cubi dei primi mesi dell’anno.
Kiev ha già annunciato che a fine anno non rinnoverà i contratti con Gazprom e quindi i flussi di gas russi verso l’Europa sembrano destinati a venire sospesi benché l’Europa sia ancora fortemente dipendente dal gas russo, sia quello che arriva via gasdotto sia quello liquido (GNL) trasportato via nave. Nello scorso mese di luglio l’export di gas dalla Russia verso i paesi UE via gasdotto è ammontato a 2,52 miliardi di metri cubi di gas, l’11% in più rispetto a luglio del 2023. I dati di S&P Global Commodity Insights riportati dal Sole 24 Ore in un articolo dedicato alla risalita dell’export di gas russo in Europa riferiscono che Mosca starebbe praticando sconti del 10% sul prezzo con l’obiettivo di garantire il passaggio delle forniture anche nel 2025.
Già da quest’anno riporta il gasdotto TurkStream, con le sue diramazioni verso l’area balcanica, è diventato il principale gasdotto utilizzato da Gazprom per rifornire l’Europa. Nei primi sei mesi di quest’anno le forniture inviate su questa rotta. attraverso la frontiera tra Turchia e Bulgaria al punto di accesso di Strandzha 2, sono aumentate del 54%, spingendosi a luglio ad una media di 45,5 milioni di metri cubi al giorno secondo S&P Global.
Si tratta di volumi vicini ai massimi storici e superiori a quelli via Ucraina, scesi da un paio d’anni intorno a 42 milioni di metri cubi al giorno e tuttora stabili come abbiamo riportato.
Del resto la Russia è stata il secondo fornitore di gas dell’Unione Europea dopo la Norvegia nel secondo trimestre del 2024 e nei mesi precedenti era stata addirittura in testa a questa classifica a conferma di quanto surreale sia stato l’impegno assunto dalla UIE nel 2022 di fare ameno in pochi anni del gas russo. Secondo il quotidiano tedesco Die Welt, che cita i dati forniti da una società di consulenza di Bruxelles, gli Stati Uniti si sono piazzati al terzo posto, inviando 12,27 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) tramite navi cisterna agli acquirenti dell’Ue.
La Russia ha consegnato leggermente di più, attestandosi a circa 12,73 miliardi di metri cubi. Mosca ha utilizzato tre vie di consegna: oltre alle cisterne di gas naturale liquefatto, 4,1 miliardi di metri cubi sono arrivati nell’Unione Europea attraverso il transito dell’Ucraina e sono aumentate le consegne attraverso il gasdotto del Mar Nero Turkstream, finanziato da Gazprom.
Lo scorso anno Gazprom ha fornito circa 15 miliardi di metri cubi all’anno attraverso il gasdotto che attraversa l’Ucraina, pari al 4,5 per cento del consumo totale dell’Ue mentre la scorsa settimana il colosso energetico russo ha visto il bilancio del primo semestre indicare un utile netto a 1.043 miliardi di rubli (11,3 miliardi di dollari), “triplicato su base annua”.
Il 5 settembre Vladimir Putin, nel corso della sessione plenaria del Forum economico orientale a Vladivostok, ha annunciato la volontà e la disponibilità a continuare a fornire gas all’Europa. Il presidente ha sottolineato che il gruppo energetico russo Gazprom intende adempiere tutti gli obblighi previsti dai contratti a lungo termine, incluso il transito. Putin ha poi ricordato che una linea del gasdotto Nord Stream 2 può ancora funzionare e la Germania potrebbe raggiungere un accordo con la Russia per ricevere gas ribadendo che Mosca è pronta a fornire gas all’Europa ma l’Ue “deve trovare accordo su questo tema al suo interno”.
Le valutazioni degli analisti russi
Esperti russi del mercato energetico hanno dichiarato il 29 agosto alla TASS che l’Europa ha bisogno di Kiev per far transitare il gas russo attraverso il territorio ucraino e ci si aspetta che mantenga gli sforzi per preservare questa rotta, altrimenti dovrà affrontare un’impennata dei prezzi del gas.
“Per ora, il transito continua senza sosta. Ciò suggerisce che dal punto di vista diplomatico e commerciale gli europei apprezzano molto questo aspetto, e ciò è supportato dai fatti. Poiché la Russia non può costringere l’Ucraina a continuare il transito, spetta agli europei. Essi stanno spingendo per questo e prenderanno l’iniziativa per continuare il transito”, ha dichiarato Alexey Grivach, vice capo del Fondo nazionale per la sicurezza energetica ed esperto del Valdai Club.
L’esperto ha osservato che i Paesi che dipendono maggiormente dal gas russo sono Austria, Slovacchia, Italia e Repubblica Ceca. Il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che Kiev non prorogherà l’accordo con Gazprom per il transito del gas russo attraverso l’Ucraina dopo la scadenza di fine anno. L’Ucraina prenderà una decisione sul transito del gas russo attraverso il suo territorio verso l’Europa insieme all’Ue, ha osservato il presidente.
Secondo gli esperti interpellati dalla TASS (ripresa in Italia dall’agenzia GEA), la proroga dell’accordo di transito è poco probabile visto il clima politico. Tuttavia, i Paesi dell’UE potrebbero continuare ad acquistare il gas russo attraverso aste, prenotare la capacità di transito e spostare i punti di consegna del gas. Una riduzione o una sospensione totale delle forniture di gas russo sono gli scenari più probabili, ha dichiarato Sergey Kaufman, analista della Finam. Nel frattempo, Grivach ammette che un intermediario europeo, ruolo attualmente svolto dall’ucraina Naftogaz, potrebbe acquistare capacità di trasporto attraverso l’ucraina, venderle a Gazprom, prelevare il gas da quest’ultima e restituirlo a una società russa al confine occidentale dell’ucraina.
Inoltre gli esperti sono scettici sulla possibilità di pompare il gas azero attraverso il territorio ucraino verso l’Ue dopo la fine dell’accordo di transito con Gazprom. Se l’Azerbaigian diventasse semplicemente un intermediario tra la Russia e l’ucraina, il che significa che il gas russo al confine ucraino diventerebbe legalmente azero, tale opzione non sarebbe diversa dal transito ordinario e sarebbe improbabile, ha osservato Kaufman. Detto questo, se Gazprom potesse esportare gas in Azerbaigian per il consumo interno, mentre l’Azerbaigian aumenterebbe le esportazioni verso l’Ue (anche se non attraverso l’Ucraina), tale schema potrebbe diventare parte dell’hub turco con una fornitura potenziale di 3-4 miliardi di metri cubi all’anno, ha aggiunto.
Il “fronte” ucraino
La pesante campagna di bombardamenti russi contro le centrali elettriche e le infrastrutture energetiche ucraine potrebbe imporre a 400.000 ucraini di lasciare il paese nel 2024 a causa delle interruzioni di corrente, secondo quanto riferito dall’agenzia statunitense Bloomberg.
In molti stanno seriamente pensando di trascorrere l’inverno all’estero a causa della mancanza di elettricità che impedisce loro di fare progetti, hanno lamentato alcune fonti al quotidiano. Inoltre gli ucraini stanno iniziando a dare la colpa al governo del paese per i problemi esacerbati dall’aumento delle tariffe elettriche. “Il mancato rafforzamento del settore energetico potrebbe accelerare il sostegno già in calo per il governo”, afferma Bloomberg.
Un rapporto della Banca Centrale Ucraina prevede invece che nel prossimo inverno 700.000 cittadini ucraini saranno costretti a lasciare il paese a causa dei problemi di approvvigionamento elettrico. Il ministro dell’economia ucraino Yulia Svyrydenko ha chiesto 800 milioni di dollari agli Stati Uniti per pagare il ripristino delle infrastrutture energetiche distrutte dai recenti 240 attacchi missilistici russi resi a decimare le ultime centrali elettriche di Zelensky.
Il report valuta però che anche se gli Stati Uniti dessero a Kiev gli 800 milioni di dollari, ci vorrebbero anni agli ingegneri per ricostruire le infrastrutture molto complicate del settore energetico per tornare a una capacità di produzione energetica minima per l’imminente inverno.
Circa le prospettive per l’inverno il Centro per la lotta alla disinformazione del governo ucraino, pur precisando che per ragioni di sicurezza legate alla legge marziale in vigore le informazioni sulla quantità di produzione e sullo stato di ripristino delle strutture danneggiate rimangono segrete, ha citato alcune previsioni ben poco ottimistiche.
Secondo Yuriy Korolchuk, esperto dell’Istituto per le strategie energetiche, ha tracciato due previsioni.
Quella più ottimistica valuta che se 8-9 reattori nucleari funzioneranno stabilmente e l’inverno sarà mite, senza forti gelate, si prevede di ripristinare circa 3 GW (3.000 megawatt) dei 6 GW di capacità danneggiata limitando le interruzioni di corrente fino a 12 ore al giorno.
Uno scenario più pessimistico prevede invece che se sarà possibile ripristinare solo circa 2.000 megawatt di potenza, con 6 o 7 reattori funzionanti in condizioni di inverno rigido e se la Russia continuasse ad attaccare la rete energetica gli ucraini potrebbero trascorrere fino a 20 ore al giorno senza elettricità o riscaldamento.
Secondo le previsioni del membro della Commissione Energia del parlamento (Verkhovna Rada), Serhiy Nagornyak, se la temperatura scendesse a -10°C in inverno gli ucraini molto probabilmente avranno elettricità solo per 12-14 ore al giorno.
Tuttavia, precisa l’ufficio governativo, “una posizione così estrema rappresenta solo il punto di vista soggettivo dei suoi autori e non riflette la posizione del Centro per la lotta alla disinformazione”.
Il “fronte” italiano
la Direzione Aziendale di AAST, Arvedi Acciai Speciali Terni, ha comunicato il 9 settembre fermo di uno dei due forni elettrici dell’acciaieria. La decisione è stata presa a causa del perdurare degli alti costi energetici che non consentono all’azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall’Asia a prezzi stracciati.
L’Azienda prevede, al momento, di fermare un forno elettrico per una settimana a fine settembre. Il livello del costo dell’energia elettrica in Italia, tre volte superiore a quello di altri paesi europei dove sono basati i concorrenti di AAST, sta condizionando il piano di rilancio dello stabilimento umbro, vanificando gli sforzi di efficientamento fin qui compiuti ed i benefici degli ingenti investimenti già realizzati dalla gestione Arvedi.
Nonostante l’adozione di misure drastiche come l’acquisto di bramme asiatiche per compensare l’incremento dei costi, il divario di competitività permane non solo nei confronti dei produttori asiatici ma anche verso gli altri produttori siderurgici europei che beneficiano di costi energetici sensibilmente più bassi.
Come riferisce l’agenzia GEA, lo stabilimento di Terni dal primo gennaio al 31 luglio ha dovuto versare mediamente 97 euro per megawattora contro i 21 in Francia, i 32 in Germania, i 35 in Finlandia e i 62 in Spagna pagati dai produttori di acciaio inox concorrenti di Acciai Speciali. Ciò comporta una forte distorsione della concorrenza con conseguenze pesanti per il più importante produttore italiano di acciaio inossidabile. La fermata del forno elettrico ne è la riprova.
L’agenzia Energia Oltre ha riportato il 4 settembre i dati ISTAT che registrano fra giugno e luglio un aumento del costo delle bollette di luce e gas in Italia del 6,7%, determinando un rialzo dei prezzi alla produzione dell’industria dell’1,3% su base mensile. Confindustria calcola fra il 40% e il 50% la spesa media extra delle aziende italiane per l’energia rispetto alle concorrenti europee. Sul quotidiano La Stampa, Alessandro Fontana, direttore del Centro studi Confindustria, ha detto che «la tendenza al rincaro del gas, che poi si è riflessa sull’energia elettrica, ha cominciato a manifestarsi da febbraio con la ripresa dei consumi di metano e in agosto si è accentuata con l’incursione ucraina in Russia».
Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia sottolinea invece che “a far salire i prezzi del gas è anche la fine, attesa per dicembre, delle esportazioni di metano dalla Russia all’Europa, per la scadenza dei contratti. La quota residua di export ormai è piccola, ma difficile da sostituire”.
Infine, oggi l’ISTAT ha reso noto che la produzione industriale è diminuita in luglio dello 0,9% rispetto a giugno e con un calo del 3,2% rispetto allo stesso mese del 2023, proseguendo quindi la fase di riduzione in atto dalla metà del 2022, cioè dall’inizio della crisi dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Per l’intero periodo maggio 2022-luglio 2024 la riduzione complessiva dell’indice è stata pari a meno 6,7% con un calo più accentuato per il settore tessile, abbigliamento e pelli (-25,0%) e per quello del legno (-20,7%), che hanno probabilmente risentito delle dinamiche inflazionistiche e della diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori.
I dati disponibili “non sembrano al momento segnalare la fine della fase di contrazione della produzione industriale. L’incertezza che caratterizza l’evoluzione congiunturale nei mesi a venire rende inoltre difficile ipotizzare il timing dell’inversione ciclica dell’indicatore” rileva l’ISTAT in un Focus sulla Nota sull’andamento dell’economia.
Il “fronte” tedesco
Il 6 settembre sono stati resi noti i dati della produzione industriale tedesca nel mese di luglio in cui si è registrato un calo più ampio del previsto, gravata dal settore automobilistico. Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica Destatis, la produzione industriale è crollata del 2,4% contro un meno 0,5 per cento previsto dagli analisti intervistati da Factset.
L’ IFO, l’Istituto di ricerca di Monaco punto di riferimento per la politica economica tedesca, valuta che dall’auspicata crescita dello 0,4 del PIL prevista quest’anno si dovrà fare i conti con la stagnazione, Il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione Europea, prevedono una crescita rispettivamente dello 0,2% e 0,1% dopo il calo dello 0,3% dell’anno scorso.
In seguito alla crisi che attraversano alcuni dei più importanti gruppi tedeschi, come Volkswagen e Thyssenkrupp, il presidente del Partito socialdemocratico (Spd), Lars Klingbeil ha detto il 5 settembre che è necessario “ridurre i costi dell’energia e elettrica per le aziende. Il problema principale dell’industria automobilistica – e dell’industria tedesca nel suo insieme – sono gli alti costi energetici. Dobbiamo dichiarare guerra a questo e il governo federale deve fare di più per rafforzare Volkswagen, Thyssenkrupp e altri”.
Il “fronte” slovacco
“La Commissione europea non sta aiutando a risolvere i problemi di transito del petrolio e del gas attraverso l’Ucraina” ha detto il premier slovacco Robert Fico, aggiungendo che “le autorità slovacche stanno comunque lavorando per utilizzare questa via come la principale per rifornire il Paese di risorse energetiche. La Commissione europea non si preoccupa affatto e ha lasciato a noi [la soluzione dei problemi], in modo che possiamo risolvere questi problemi individualmente con l’Ucraina, la Russia e l’Azerbaigian per ottenere sia gas sia petrolio.
Sono in stretto contatto con il primo ministro ucraino [Denys Shmyhal] e con la leadership azera“, ha dichiarato Fico. Il governo di Bratislava è anche in stretto contatto con tutte le aziende coinvolte nelle forniture di petrolio e gas, ha aggiunto il capo dello stato. “Faremo tutto il possibile per garantire che la rotta Ucraina continui a essere utilizzata come principale via di transito di petrolio e gas per la Slovacchia”, ha dichiarato.
A fine agosto, l’Ucraina ha ribadito che avrebbe interrotto il transito del gas russo verso i Paesi dell’Ue dopo la scadenza dell’accordo di transito a fine anno.
Il “fronte” ungherese
L’Ungheria “non sopravviverà se le forniture di petrolio russo al Paese si interromperanno”, ha affermato il 2 settembre il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto. “Se l’Ungheria smetterà di avere petrolio dalla Russia, semplicemente non sopravviveremo, non saremo in grado di nutrire il Paese in senso lato, ne’ di garantire la domanda di carburante“, ha detto in un’intervista al canale televisivo RBC.
Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria non dispone delle infrastrutture sufficienti per garantire l’approvvigionamento attraverso rotte alternative. Secondo il ministro, la decisione delle autorità ucraine di fermare il transito del petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba rappresenta una “seria sfida” per l’economia ungherese. Il ministro degli Esteri ungherese ha proseguito evidenziando che dall’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina la politica economica dell’Unione europea è diventata “eccessivamente politicizzata” e che i diplomatici europei stanno considerando la questione dell’approvvigionamento di carburante solo “dal punto di vista ideologico”.
“Per noi la questione dell’affidabilità dell’approvvigionamento energetico non ha nulla a che vedere con la politica o l’ideologia, è una responsabilità del Paese ed è una questione di esistenza fisica”, ha concluso Szijjarto.
Foto: Gazprom, Naftogaz, AAST e governo ucraino
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