Il Grande Fratello

 

Nei paesi democratici si scontrano due necessità: da una parte la libertà di informazione e di comunicazione personale e dall’altra l’abuso che si può fare di questa riservatezza.

Controllare i propri cittadini “a fin di bene” (ma poi di fatto condizionarli e spiarli) è d’altronde, da sempre, la spesso taciuta volontà di ogni autorità. Il confine tra queste due opposte situazioni è spesso una linea sottile, incerta, non codificata viste anche le quotidiane novità informatiche.

La notizia dell’arresto di Pavel Durov  – fondatore di Telegram – di passaggio in aereo a Parigi ha lasciato  perplessi perché le autorità francesi per arrestarlo hanno esteso personalmente a lui le responsabilità di tutti i crimini che possono essere stati commessi utilizzando questo canale criptato di comunicazioni, una tesi che appare un po’ forzata.

Certamente Telegram può dare fastidio – e molto – a tutti i regimi per i quali può risultare una minaccia. Non è un segreto che quelli autoritari lo vedano con preoccupazione, e d’altronde proprio Durov è stato un fiero oppositore di Vladimir Putin con  le autorità russe che sembra non riescano ancora ad intercettare, per esempio, le comunicazioni fra dissidenti.

Durov è quindi un eroe o un criminale? Sicuramente ci sono molte similitudini con il caso Julian Assange, incarcerato e condannato per aver diffuso in nome della libertà di espressione dati e segreti militari USA dai quali la Casa Bianca (e i loro alleati) ne uscivano con una pessima immagine, ma che in fondo erano appunto scottanti “verità” che per questo non si volevano diffondere.

Contemporaneamente all’arresto di Durov,  Mark Zuckenberg, il potente e ricco papà di Facebook, abbia ammesso ufficialmente e per iscritto al Congresso USA di aver volutamente censurato i social media (compresi Facebook e Instagram) cancellando circa 20 MILIONI di post negli anni scorsi su pressante richiesta dell’Amministrazione Biden-Harris. C’è chi pensa che Zuckenberg abbia voluto mettere le mani avanti in previsione di un’indagine penale, oppure che voglia in qualche maniera segnalare a Trump una scelta di campo in suo favore.

Di sicuro anche negli USA – che si vantava di essere un paese dove prima di tutto viene la libertà degli individui – anche la stampa e i social sono sempre più manipolati.

Nessuno riesce così più a capire cosa effettivamente succeda in molte parti del mondo e le conseguenze di alcune scelte di vertice, come le polemiche legate ai vaccini e agli enormi interessi economici che si stavano e ci stanno dietro.

In Italia di tutto questo purtroppo si parla pochissimo, ma la lettera ufficiale di Zuckenberg conferma i contenuti dei cosiddetti “Twitter files”, resi pubblici nel 2022 da Elon Musk, che sottolineano la poca trasparenza della Casa Bianca per esempio sulle attività del figlio di Biden in Ucraina.

Zuckenberg riconosce ora di aver impedito la diffusione di notizie compromettenti su di lui validando la (falsa) versione dell’FBI secondo cui si trattava di disinformazione russa e dunque influenzò il voto presidenziale del 2020. Quelle notizie – e i relativi commenti – avrebbero potuto spostare molti voti in favore di Trump, ma la grande stampa americana lo ammise solo molti mesi dopo e ad elezioni concluse.

La stessa guerra in Ucraina assume ora aspetti diversi ed inquietanti sul coinvolgimento americano, ma pochi sembrano considerarlo.

La confessione di Zuckenberg, diventata pubblica in concomitanza con l’arresto a Parigi di Pavel Durov, ha riaperto però la questione della segretezza e trasparenza delle informazioni almeno nei paesi che si dichiarano democratici. In particolare sul diritto o meno di stabilire chi abbia o no il diritto di censurare i siti “pericolosi” (ufficialmente per bloccare potenziali reati e fake-news, ma di fatto autorizzando così anche la censura sulla diffusione di notizie giudicate scomode).

Non è certo solo un problema americano, perché lo stesso sta avvenendo e molto pesantemente nella UE.

La verità e che le polizie del mondo sembrano tutte correre molti passi indietro rispetto a chi utilizza questi canali in modo criminale e che alla fine fa comodo a molti tentare ogni tipo di pressione – arresto compreso, vedi Durov – su chi possa avere le preziose  “chiavi” di accesso alle notizie private di centinaia di milioni di persone, in una sorte di “Grande Fratello” che – sempre ufficialmente “a fin di bene” – vorrebbe però spiare o intercettare tutti noi e condizionarci così nelle nostre scelte politiche ed economiche.

Un tema enorme, inquietante, e anche per questo sostanzialmente tenuto nascosto.

 

Marco ZaccheraVedi tutti gli articoli

Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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