Il ruolo delle ONG nel SAR italiano

 

Una recente intervista della fondatrice del MOAS-Migrant Offshore Aid Station (Ong maltese attiva fino al 2017 nel salvataggio dei migranti diretti in Italia) illumina con nuova luce il ruolo svolto dalle navi umanitarie nel SAR. Su Repubblica del 28 agosto si legge infatti che «Noi di MOAS, per primi…siamo scesi in mare per supplire al drammatico vuoto dei soccorsi nel Mediterraneo che si era aperto con la fine dell’Operazione Mare Nostrum…La flotta umanitaria civile lavorava in grande collaborazione con la Guardia Costiera italiana che coordinava un sistema di salvataggio di cui noi Ong eravamo uno degli assi portanti».

Quel che dice Regina Catrambone è che la sua imbarcazione “Phoenix” – fino al 2014 di bandiera maltese, poi del Belize – è stata un braccio operativo della nostra Autorità SAR.

In effetti è noto che la Guardia Costiera, per far fronte alle continue emergenze, si avvaleva dell’ausilio di molte Ong inserite  nel sistema SAR grazie ad un’intesa siglata nell’ambito dell’iniziativa Una Vis.  Come risulta dal prospetto qui riportato, le Ong sostituirono infatti, dal 2015, i mercantili (di per sé poco adatti, per motivi logistici e commerciali, ad essere dirottati per salvataggi di gran numero di persone) nella funzione di ausilio al nostro Servizio SAR: man mano che diminuivano i migranti salvati dai mercantili aumentavano invece quelli soccorsi da navi Ong.

(Fonte Maricogecap, 2016)

Chi analizzi le statistiche italiane del soccorso in mare si rende conto della situazione cui fa riferimento la rappresentante del MOAS.  I flussi aumentarono all’improvviso dopo che, con le “primavere arabe”, le coste di Libia e Tunisia si aprirono alle partenze dei migranti.

In questo contesto avviene la sciagura di Lampedusa del 3 ottobre 2013 che induce il nostro Governo a lanciare l’operazione umanitaria “Mare Nostrum” affidandola alla Marina. Nonostante i nostri sforzi volti a coinvolgere la Ue, Bruxelles si trincera dietro la propria incompetenza nella Ricerca e Soccorso (SAR).

Nel 2013 inizia quindi una nuova fase della politica italiana sui flussi dei migranti via mare incentrata sul salvataggio delle persone in difficoltà e sulla loro accoglienza che non ha eguali in Europa e che per grandi linee continua ancora oggi. Venne organizzato un amplissimo dispositivo marittimo di soccorso gestito dalla nostra Guardia costiera italiana in un’area SAR di più di un milione di chilometri quadrati comprendente le aree di responsabilità libica e maltese.

E si dette la nostra disponibilità a far sbarcare in Italia tutte le persone salvate. Questa scelta di principio – disciplinata giuridicamente dalla Cassazione con sentenza del 2020 – ha via via subito delle modifiche per adattarla alle reali capacità di accoglienza del Paese ed alle sue competenze primarie nella Zona SAR nazionale.

Il riconoscimento indiretto del ruolo pubblico delle Ong nel SAR italiano si è avuto, sulla base di detta sentenza, con il DL 130-2020 poi emendato dal DL 1-2023.

Quest’ultimo provvedimento stabilisce la non punibilità delle «operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo …» stabilendo un nesso tra SAR e sbarco dei migranti in un luogo sicuro (POS).

Nel contempo si dispone che a decidere quale debba essere il porto italiano di arrivo sia il nostro Ministero dell’Interno e non la stessa nave Ong soccorritrice. Polemiche ci sono ancora su questa prescrizione considerata penalizzante. Il problema è riconducibile alla questione della prassi da seguire con le Ong sistematicamente impegnate nel SAR che si è sviluppata in Italia in assenza di direttive adottate da parte della Ue o dei Paesi di bandiera.

Non è un caso, d’altronde, che non si abbia evidenza di operazioni di soccorso condotte da Ong spagnole nelle Canarie, ove i decessi di migranti  per naufragio sono non certo inferiori a quelli delle rotte mediterranee.

Aree SAR di intervento italiano nel Mediterraneo Centrale sino al 2018 (Fonte Maricogecap)

Le navi umanitarie italiane hanno sinora avuto elevati riconoscimenti dalle cariche istituzionali della Repubblica oltre che l’incondizionato sostegno della Chiesa Cattolica.

Il loro ruolo può considerarsi sussidiario rispetto a quello dell’Autorità marittima. Proprio per questo esso è stato sottoposto a condizioni sin dall’emanazione del Codice Minniti del 2017 non potendosene ammettere l’incontrollato spontaneismo.

Se è così, desta perplessità quanto asserito dalla fondatrice del MOAS circa il fatto che «Nel 2017, con il codice per le Ong, si è cominciato a voler ostacolare il nostro lavoro» quando invece va dato atto all’Italia di aver sempre esercitato  in modo responsabile e continuativo le funzioni SAR  con le proprie unità di Guardia costiera, Marina e Guardia di Finanza accettando/richiedendo nello stesso tempo il concorso delle navi private secondo modalità compatibili con lo svolgimento delle funzioni statali di soccorso e di ordine e sicurezza pubblica.

Foto MOAS

 

E' Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo. Membro del CeSMar, è autore di vari scritti in materia, tra cui "Glossario del Diritto del Mare" (Rivista Marittima, V ed., 2020) disponibile in http://www.marina.difesa.it/media-cultura/.

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