Istruttori europei in Ucraina: un monito da Poltava (e Stoccolma) – AGGIORNATO

 

Benché qualche media abbia continuato a sostenere che l’attacco missilistico russo effettuato il 3 settembre a Poltava (Ucraina Orientale) avesse colpito obiettivi civili, non ci sono più dubbi circa il fatto che almeno 2 vettori russi (ipersonici Kinzhal o balistici Iskander) abbiano distrutto il 179° Centro di Formazione interforze delle forze armate ucraine situato secondo fonti russe in via Zinkovskaya. Blogger militari russi hanno sostenuto che la struttura ospitasse un centro di addestramento per la guerra elettronica.

Secondo il ministero della Difesa russo nel centro di Poltavaistruttori stranieri stavano addestrando specialisti di guerra elettronica di tutte le formazioni e unità militari delle forze armate ucraine, oltre agli operatori di veicoli aerei senza pilota coinvolti negli attacchi alle strutture civili sul territorio russo”.

Il giorno dell’attacco le forze armate ucraine hanno confermato che l’obiettivo colpito era militare. In una nota riferirono che ci sono “decine di morti e centinaia di feriti: abbiamo perso i nostri coraggiosi ucraini, i nostri fratelli e sorelli, i soldati” aggiungendo che ci sarà un’indagine per accertare se è stato fatto abbastanza per proteggere “la vita e la salute dei soldati” che si trovavano nell’istituto militare colpito.

Fonti ucraine riferirono in seguito un bilancio ancora provvisorio di 55 morti e 328 feriti e l’attacco ha innescato polemiche a Kiev: l’ex parlamentare Ihor Mosiychuk ha affermato le forze ucraine hanno perso più di 600 persone a causa dell’attacco, con decine di morti e molti feriti aggiungendo che la responsabilità ricade sui comandi militari per aver consentito una tale concentrazione di personale in un unico luogo.

Stando a fonti russe citate dalla TASS, l’obiettivo dell’attacco era proprio l’istituto, “usato per formare gli specialisti di radar e guerra elettronica” delle forze ucraine.

Secondo quanto riferito dalla testata russa Reporter (che cita la volontaria svedese Britta Elvanger, presente in Ucraina e che conosceva uno degli specialisti svedesi rimasti uccisi), ripresa in lingua francese da Reseau International, l’esplosione ha eliminato, oltre ai militari ucraini, diversi istruttori e specialisti militari svedesi, che stavano addestrando il personale di Kiev  all’impiego degli strumenti imbarcati sui due velivoli-radar Saab 340 AEW&C  che la Svezia ha annunciato il 29 maggio di voler fornire a breve all’Aeronautica Ucraina nell’ambito del 16° pacchetto di aiuti militari forni da Stoccolma.

Non è chiaro se la presenza di istruttori svedesi fosse affidata a personale ufficialmente in uniforme o a contractors o a personale di aziende svedesi del settore Difesa ma appare evidente la necessità di formare tecnici e personale ucraino che dovrà pilotare e gestire i due velivoli e impiegarne le sofisticate strumentazioni imbarcate.

Il governatore filorusso della regione Ucraina occupata di Kherson, Volodymyr Saldo, in un’intervista all’agenzia RIA Novosti ha ribadito che nell’istituto militare ucraino di Poltava erano presenti istruttori stranieri precisando che “ci sono istruttori della NATO che stanno ancora addestrando gli ucraini mobilitati che vengono catturati per strada e inviati ai centri di addestramento”.

Una fonte militare russa di alto livello citata oggi dall’agenzia russa Sputnik (oscurata in Europa) ha riferito che l’attacco a Poltava del 3 settembre ha causato la morte o il ferimento di circa 500 specialisti militari, tra cui membri delle forze armate ucraine e della Guardia Nazionale, specialisti in comunicazioni, operatori di sistemi di guerra elettronica e intelligence, operatori di droni, oltre a mercenari stranieri provenienti da Polonia, Francia, Germania e Svezia.

La fonte ha precisato che circa 50 combattenti francesi sono rimasti uccisi in un attacco con sistema missilistico balistico tattico Iskander su una base di mercenari stranieri a Konstantinovka. Il 4 settembre, un altro attacco ha colpito le posizioni temporanee di mercenari stranieri nella città ucraina di Krivoy Rog, causando oltre 250 perdite.

 

Dimissioni “sospette”

Nessuna conferma o smentita è giunta da Kiev, fonti UE o NATO e da Stoccolma circa le perdite subite tra il personale straniero presente a Poltava anche se appaiono come una indiretta conferma le dimissioni improvvise, e all’apparenza prive di motivazioni, del ministro degli Esteri svedese Tobias Billstrom che ha annunciato il 4 settembre, cioè il giorno successivo all’attacco russo a Poltava, le dimissioni dal suo incarico di ministro e di parlamentare e il definitivo abbandono della politica.

“Ho solo 50 anni e spero di poter contribuire e lavorare sodo in altri contesti“, ha dichiarato Billstrom senza fornire alcuna spiegazione alla rinuncia a una carriera politica a cui si dedicava da 25 anni.

Billstrom è stato uno degli artefici più accesi della rinuncia svedese alla tradizionale neutralità e dell’adesione alla NATO. “Ci siamo lasciati alle spalle più di 200 anni di non allineamento e questo non sarebbe stato possibile senza il duro lavoro svolto dal governo e dal ministero degli Esteri“, ha dichiarato nella sua nota di commiato su X.

Acceso fan della causa ucraina, il ministro nel luglio scorso aveva ribadito l’offerta a Kiev di aerei da combattimento JAS-39 Gripen messi a disposizione dalla reale Aeronautica Svedese.

Poco dopo l’annuncio delle dimissioni, il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha utilizzato i social media per inviare un messaggio di ringraziamento. “Tobias ha svolto il suo servizio alla nazione con grande successo”, ha affermato, sottolineando che gli ultimi due anni al ministero degli Esteri sono stati ‘i più faticosi di tutti’. Anche dal premier però nessun accenno alle ragioni delle dimissioni.

In una giornata in cui anche dimissioni in massa e rimpasto di governo a Kiev hanno visto fornire ben poche spiegazioni, la rinuncia di Billstrom sembra poter essere direttamente legata alla morte di molti svedesi a Poltava di cui il ministero degli Esteri aveva probabilmente autorizzato l’impiego in territorio ucraino.

Il governo di Stoccolma ha successivamente smentito vi siano stati morti svedesi a Poltava e che le dimissioni del ministro siano da attribuire a quell’evento. Difficile attendersi maggiori spiegazioni o ulteriori notizie in occasione dell’eventuale rimpatrio delle salme di quello che potrebbe essere il più alto tributo di sangue pagato dalla Svezia in un contesto bellico tenuto conto che truppe di Stoccolma sono state impegnate in diverse missioni ONU e anche nelle operazioni in Afghanistan dove morirono 5 militari svedesi.

Alcuni blogger russi hanno colto l’occasione per tracciare un parallelo tra i morti svedesi a Poltava e la sconfitta che nella stessa località subì l’esercito svedese di Carlo XII nel 1707/09 nel conflitto che permise all’Impero Russo di respingere l’invasione svedese definitivamente sconfitta nel 1718. Curiosamente, anche in quella guerra combattenti ucraini si trovavano sia tra le forze svedesi sia tra quelle russe.

 

Le perdite occidentali

Del resto nel conflitto ucraino potrebbero essere alcune migliaia i caduti europei, americani e di altre nazionalità inviati in Ucraina come volontari, mercenari, contractors o consiglieri militari.

A metà marzo di quest’anno il ministero della Difesa Russo ha reso noto che le forze russe avevano ucciso 5 .962 “mercenari” stranieri sui 13.287 arrivati in Ucraina.

Il bilancio aggiornato, ripreso dall’agenzia TASS riferiva che tra i caduti vi erano 1.497 polacchi su 2.960, il contingente più numeroso di combattenti stranieri. Seguivano i georgiani i dati forniti con 561 caduti su 1.042, 491 statunitensi su 1.113, 422 dei 1.005 combattenti canadesi, 360 degli 822 britannici, 147 dei 356 francesi e 33 dei 90 italiani presenti.

Dalla Romania sono arrivati in Ucraina 784 “mercenari” di cui 349 sono stati uccisi, dalla Croazia 335 arrivati e 152 uccisi, dalla Germania 88 caduti su 235, dalla Colombia 217 morti su 430 volontari mentre dal Brasile sono giunti 268 combattenti di cui 136 caduti. Tra i paesi africani, il maggior numero di mercenari proviene dalla Nigeria: 97 (47 dei quali uccisi) seguita dall’Algeria (28 morti si 60 arruolati) mentre 25 australiani sono stati uccisi dei 60 giunti in Ucraina insieme a 6 dei 7 neozelandesi.

Superfluo sottolineare che tali numeri non sono verificabili da fonti neutrali e quasi nessuna nazione occidentale ha fornito informazioni circa i propri “volontari” recatisi a combattere in Ucraina (ne hanno riferito sporadicamente fonti in Polonia e Repubblica Ceca) così come nessun dato ufficiale è mai emerso in Occidente circa i caduti tra le fila dei volontari. Occorre però diversificare i caduti tra combattenti che hanno aderito alla chiamata alle armi di Kiev con l’istituzione della Legione Internazionale e le perdite tra istruttori, consiglieri militari o contractors impiegati per soli compiti di formazione e addestramento.

Per i governi europei le vittime tra questi ultimi hanno certo un peso maggiore anche in termini politici poiché si tratta di personale inviato in Ucraina a supporto di programmi governativi nell’ambito delle forniture militari a Kiev.

 

Messaggio per Borrell

L’attacco missilistico a Poltava è stato attuato appena quattro giorni dopo il Consiglio informale dei ministri degli Esteri a Bruxelles in cui l’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, ha spronato i partner della UE ad inviare istruttori militari in Ucraina per rendere più veloce l’addestramento delle reclute ucraine oggi addestrate in diverse nazioni europee.

Un documento del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (EEAS) valutava tale opzione su richiesta dell’Ucraina, considerando che “sarebbe necessaria un’analisi più approfondita e completa per valutare a pieno i rischi e le possibili misure di mitigazione, nonché i vantaggi politici e operativi di condurre un addestramento” sul suolo ucraino.

Il documento di 34 pagine datato 22 luglio e intitolato ‘Strategic Review of EUMAM Ukraine (la missione Ue di addestramento dei soldati ucraini) è stato reso noto dal giornale web statunitense Politico il 28 agosto.

L’ipotesi piaceva alla Francia (del resto Macron aveva annunciato già nei mesi scorsi, sollevando polemiche in Francia e in Europa, l’intenzione di inviare propri istruttori a Kiev), Lettonia, Estonia, Polonia e Lituania, mentre altri, come la Germania, temono che questa iniziativa possa aumentare le tensioni con la Russia e mettere in pericolo la vita degli istruttori occidentali inviati in Ucraina che diverrebbero “obiettivi legittimi” dei bombardamenti russi.

“È altamente probabile che una presenza militare dell’Ue sul suolo ucraino verrebbe percepita dalla Russia come una provocazione”, evidenziava il documento dell’EEAS aggiungendo che non sarebbe fattibile proteggere gli istruttori militari europei inviati in Ucraina. Probabilmente come è apparso chiaro a Poltava.

“I ministri hanno concordato di aumentare l’obiettivo per arrivare ad addestrare 75.000 soldati ucraini (invece di 60mila) entro fine anno” ha detto Borrell al termine del Consiglio, ma non tutti sono apparsi disponibili a effettuare l’addestramento in territorio ucraino.

Dopo l’attacco russo a Poltava forse apparirà meno teorica ai governi europei l’ipotesi di dover giustificare all’opinione pubblica i propri caduti nel conflitto in Ucraina.

@GianandreaGaian

Foto: Saab, Commissione Europea, Ukraina Pravda e Fausto Biloslavo

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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