Rimpasto al governo di Kiev: molti interrogativi e poche risposte

 

Spiegazioni ufficiali convincenti non ce ne sono state ma di certo tutte le fonti ucraine e molti ambienti in Occidente tendono a sminuire il peso del rimpasto che in questi giorni ha cambiato i connotati al governo ucraino, il cui esito evidente è aver rafforzato il controllo del presidente Volodymyr Zelensky e del suo gabinetto sull’esecutivo in un momento di grave crisi.

Mikhahilo Minakov, senior advisor sull’Ucraina al Kennan Institute del Wilson Center, ha detto all’AGI che più che di rimpasto occorrerebbe parlare di una “rotazione” dei quadri del governo, “altamente preparata” e frutto di un lungo dibattito interno all’amministrazione Zelensky e con i partner occidentali iniziato a febbraio.

“Il dibattito interno all’amministrazione Ucraina e le discussioni con i partner occidentali” hanno portato alla decisione di “lasciare in carica il primo ministro, Denys Shmyhal, e procedere solo con dei cambiamenti cosmetici”, sostiene l’analista.

Anche l’uscita di scena del ministro più importante, Dmytro Kuleba (nella foto a lato) che ha lasciato il ministero degli Esteri, sarebbe stata preparata con cura.

Il suo successore è il vice ministro Andriy Sybiga, diplomatico fedelissimo a Zelensky trasferito sei mesi or sono dall’ufficio di presidenza per preparare la transizione. Kuleba rimarrà nel governo con nuovo incarico (si parla di ambasciatore presso la NATO a Bruxelles), conferma Minakov, ma il punto chiave è che il ricambio di diversi ministri incrementa il potere del presidente e del suo staff guidato dal potente Andrii Yermak, assicurando il controllo del Parlamento e del Governo nonostante il calo di popolarità di Zelensky.

In tal senso il giornale on-line statunitense Politico segnala come possibile causa delle dimissioni di Kuleba gli scontri con Yermak per gli stretti rapporto tra il ministro degli esteri e diversi leader occidentali a cui Kuleba ha continuato fino a ieri a chiedere armi per colpire la Russia.

 

L’irritazione di Varsavia e le stragi dei nazisti ucraini

Meglio non dimenticare però anche un altro aspetto che potrebbe aver portato alla rimozione di Kuleba, poco pubblicizzato anche in Europa perché ritenuto “scabroso” dal momento che tocca il delicato tema del nazismo in Ucraina.

Il governo polacco aveva chiesto nei giorni scorsi a Kiev di riconoscere la strage di 100 mila civili polacchi (e di riesumarne i corpi per dargli decente sepoltura) compiuta nel 1943 nell’area di Volinia (Galizia) dai militari dell’esercito nazionalista ucraino (UPA) di Stepan Bandera, alleato del Terzo Reich.

Una pulizia etnica feroce che ha visto la tortura, lo stupro e il massacro per lo più di donne e bambini colpevoli solo di essere polacchi. Kuleba ha risposto picche e a Varsavia non l’hanno presa bene anche perché Bandera è oggi il “padre della patria” dell’Ucraina post Maidan (per questo Mosca definisce “nazista” il regime ucraino) a cui si intitolano statue e piazze e di cui i bambini a scuola imparano canzoni celebrative.

Non casualmente, nei giorni scorsi il vicepremier e ministro della Difesa polacco, Władysław Kosiniak-Kamys, ha detto che la Polonia “ha trasferito donazioni multimiliardarie sotto forma di attrezzature militari all’Ucraina. Oggi abbiamo ceduto tutto quello che potevamo”.

In precedenza il ministro aveva affermato che Varsavia non avrebbe permesso all’Ucraina di entrare nell’UE finché i due paesi non avessero “risolto” la questione dei massacri in Volinia.

Non si può quindi escludere che la rimozione di Kuleba sia stato il prezzo da pagare per non compromettere ulteriormente i rapporti con la Polonia, da cui peraltro transitano tutte le armi occidentali dirette in Ucraina.

Infatti, poche ore dopo le dimissioni di Kuleba il ministro degli esteri polacco, Radosław Sikorski, ha chiesto di nuovo all’Ucraina di consentire l’esumazione delle vittime dei massacri di Volinia.  “Il ministro Kuleba ha commesso un errore, quindi è meglio per l’Ucraina risolvere la questione dell’esumazione il prima possibile, nello spirito di gratitudine alla Polonia per ciò che stiamo facendo per l’Ucraina oggi“, ha scritto Sikorski su X il 4 settembre.

In un video allegato, Sikorsky ha dichiarato che “l’Ucraina deve comprendere i lati oscuri della sua storia” e che le vittime polacche dei massacri di Volinia meritano di essere degnamente sepolte. Ha anche detto di aver sollevato la questione delle esumazioni durante i colloqui bilaterali con Kiev. “Sarà la Polonia a decidere sulla chiusura di ulteriori capitoli nei negoziati dell’Ucraina con l’Unione Europea, quindi sarebbe meglio per l’Ucraina risolvere questa questione il prima possibile”.

A conferma che il tramonto di Kuleba potrebbe dipendere dall’ostracismo di Varsavia, Sikorski ha avuto ieri il suo primo colloquio con il novo ministro ucraino Adrei Sibiga in cui il ministero degli Esteri polacco ha fatto sapere che hanno discusso dei “problemi storici nelle relazioni polacco-ucraine”.

Sicorsky “si è congratulato con Sibiga per la sua nomina. I ministri hanno discusso della situazione militare al fronte e delle possibili soluzioni ai problemi storici nelle relazioni polacco-ucraine”, si legge nel comunicato.

La dichiarazione di Sibiga non menziona questo argomento. Ha detto solo che l’obiettivo comune dei due paesi è “preservare forti legami bilaterali”. I ministri hanno parlato in polacco, che Sibiga parla correntemente. Il governo polacco aveva espresso la speranza che il nuovo ministro  ucraino “si allontanasse dalla retorica” di Kuleba.

 

Altre valutazioni

Per l’ex ambasciatore alla NATO e consigliere scientifico dell’ISPI, Stefano Stefanini, tra i “vari fattori” che hanno determinato il rimpasto di governo vi sono “elementi di tensione e nervosismo” ma quest’operazione politica “riflette soprattutto il logorio che avverrebbe in qualsiasi Paese dopo quasi due anni e mezzo di guerra”.

Intervistato dall’Adnkronos, Stefanini ritiene che il rimpasto nasca anche dalla volontà di Zelensky di presentarsi con una squadra “più affiatata” nella prospettiva di “un possibile negoziato con la Russia e di una possibile cessazione delle ostilità dopo le elezioni americane”.

Olga Stefanishyna (nella foto a lato) è stata rimossa dall’incarico di vice primo ministro per l’integrazione europea ed euro-atlantica e nominata ministro della Giustizia dal parlamento ucraino che ha votato anche altre nomine: Vitalii Koval ministro della Politica agraria e dell’Alimentazione, Herman Smetanin alle Industrie strategiche, Nataliya Kalmykova agli Affari dei veterani, Mykola Tochytsky ministro della Cultura (anche lui proveniente dall’ufficio del presidente Zelenskyi), Matviy Bidny ministro della Gioventù e dello Sport, Svitlana Grynchuk all’Ambiente e Oleksiy Kuleba allo Sviluppo delle comunità e dei territori.

La Commissione europea ha fatto sapere che “segue da vicino” gli sviluppi in merito al rimpasto di governo in corso in Ucraina come ha dichiarato il portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna, Peter Stano. “Stiamo seguendo molto da vicino ciò che sta accadendo in Ucraina, anche gli sviluppi interni del panorama politico, e abbiamo preso nota del recente rimpasto di governo che ha toccato diverse posizioni chiave”.

L’impressione però è che in Europa siano stati tutti (o quasi) colti di sorpresa dall’iniziativa di Zelensky a giudicare dall’assenza di dichiarazioni circostanziate.

Le ragioni reali del rimpasto potrebbero essere diverse e già in passato Zelensky aveva rimosso figure di spicco come il ministro della Difesa Oleksy Reznikov, coinvolto in scandali legati alla corruzione o il capo delle forze armate, o come il generale Valery Zaluzhny, a cui venne attribuito il fallimento della controffensiva estiva ucraina ma che era il candidato super favorito per le elezioni presidenziali poi annullate da Zelensky.

Guardando ai fatti da un punto di vista cronologico la prima notizia che tre ministri avevano rassegnato le dimissioni è stata diffusa dal Parlamento di Kiev e solo dopo la Presidenza ha dovuto far sapere che ci sarebbe stato un rimpasto di governo. Tra le diverse opzioni da valutare non si può escludere la volontà di Zelensky di rimuovere ministri che godevano di popolarità in Ucraina e rispettati all’estero per ridurne prestigio e visibilità sostituendoli con suoi fedelissimi.

Inoltre, in  un’Ucraina ultra-corrotta, si può ipotizzare che siano stati sostituiti ministri che si sono già arricchiti grazie ai loro incarichi per lasciare spazio ad altri fedelissimi del presidente finora rimasti nell’ombra o quasi.

Possibile poi anche che alcuni ministri abbiano annunciato le loro dimissioni in contrasto con il presidente dopo che l’attacco al territorio russo nella regione di Kursk ha lasciato molto esposto il fronte del Donbass sollevando molti malumori tra parlamentari e militari.

Credibile anche che in diversi vogliano “lasciare la barca prima che affondi”. Oppure, seguendo le valutazioni dell’ambasciatore Stefanini, è possibile che il rimpasto prepari la gestione di negoziati con la Russia rimuovendo chi era stato in prima linea politica in questi anni di guerra.

Del resto appare chiaro l’attacco al territorio russo è stato attuato con il diretto coinvolgimento degli anglo-americani. Fonti militari hanno detto al New York Times che c’è stato un supporto di intelligence all’operazione ucraina, ma questo avviene in fase di pianificazione che quindi ha coinvolto britannici e statunitensi. A supporto di questa valutazioni sono apparsi  video che mostrano uomini con l’uniforme ucraina che parlano in inglese.

L’attacco a Kursk, per molti ucraini un azzardo suicida, potrebbe infatti essere un’operazione tesa a guadagnare tempo per evitare un tracollo militare prima del voto negli Stati Uniti poiché una disfatta militare dell’Ucraina potrebbe avere effetti gravi sui consensi del Partito Democratico, dell’amministrazione Biden e di Kamala Harris.

Zelensky ha spiegato il rimpasto con l’esigenza di “energie nuove” ma appare paradossale che a dirlo sia il presidente il cui mandato è scaduto a maggio, che non intende indire elezioni e che dopo aver messo fuori legge 11 partiti di opposizione (accusati di essere filo-russi) ha di fatto esautorato anche il Parlamento.

Anche la sua popolarità è ai minimi termini: secondo un sondaggio era “risalito” a un misero 15 per cento di consensi dopo l’attacco a Kursk a inizio agosto.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Esteri ucraino, Presidenza Ucraina, Ministero Difesa ucraino e Notes from Poland,

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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