I fronti ucraini, il summit dei BRICS in Russia e la “strategia dello struzzo”

 

Il vertice del BRICS tenutosi a Kazan (Russia) è stato ampiamente trascurato da molti media occidentali. Dopo il primo giorno di lavori non se ne trovava traccia sulle prime pagine di nessun grande quotidiano italiano e lo stesso approccio veniva evidenziato da qualche osservatore sulla stampa britannica. Il giorno successivo solo due quotidiani italiani hanno messo il summit in prima pagina ma solo per evidenziare le critiche alla presenza del segretario generale dell’ONU all’evento.

Un distacco mediatico che coincide in buona parte con quello (di facciata) della politica, forse non casuale, da abbinare alla scomparsa da prime pagine, TG e persino agenzie di stampa occidentali dei resoconti dai fronti ucraini dove si moltiplicano di giorno in giorno le avanzate russe e i centri abitati liberati o occupati (a seconda dei punti di vista) dalle truppe di Mosca.

Una “strategia dello struzzo” (dalla leggenda infondata che lo struzzo infili la testa nella sabbia per non vedere le minacce) che non ci risparmierà dall’impatto con la cruda realtà.

Fenomeno peraltro non nuovo: basti ricordare che la lunghissima battaglia di Bakhmut, a cui sono state dedicate migliaia di pagina per raccontare l’epica resistenza delle truppe di Kiev, è scomparsa dai giornali dopo la sua caduta in mano alle truppe russe del Gruppo Wagner nel maggio 2023 al punto che diversi giornali hanno accuratamente evitato per molti giorni persino di rendere noto il successo russo.

Anche la caduta di Avdiivka è stata ignorata, quella di Ugledar (o Vuhledar) ampiamente sminuita d’importanza:  altre roccaforti probabilmente continueranno a cadere nel silenzio mediatico di Europa e Occidente, ovviamene con qualche bella eccezione.

Un approccio che vale non solo per il mondo dei media ma anche più in generale per quello della cultura. Anche oggi , a un anno e mezzo dalla sua caduta in mani russe, c’è da restare stupiti nel leggere cosa scrive circa Bakhmut l’enciclopedia Treccani on line disponibile a questo link:

“Nel corso del conflitto russo-ucraino esploso nel 2022 la città è stata sottoposta a ripetuti attacchi, divenendo epicentro dell’offensiva russa e della strenua difesa delle milizie ucraine, arrivando a essere controllata nel suo settore orientale dalle forze nemiche ed essendo riconquistata dall’esercizio ucraino nel luglio 2023”.

Non si tratta solo di un testo non accurato o non aggiornato ma di un testo errato, poiché Bakhmut non è mai stata riconquistata dagli ucraini, né nell’estate del 2023 né dopo. Durante la lunga, sanguinosa e fallimentare controffensiva sviluppatasi tra giugno e novembre dell’anno scorso gli ucraini avanzarono marginalmente sui fianchi della città da cui vennero poi ricacciati. Sostenere che è tornata in mani ucraine è come scrivere sui libri di Storia che le truppe tedesche hanno ripreso il controllo delle spiagge della Normandia dopo lo sbarco alleato del 6 giugno 1944.

Ancora più rilevante è che la fantasiosa ricostruzione della battaglia di Bakhmut (Artemovsk per i russi) della Treccani era già stato segnalato nel gennaio scorso da alcuni siti internet che ne rilevarono l’incongruenza con i fatti accaduti  ma ciò nonostante il testo non è stato modificato.

In ogni caso, per tornare ai fatti, dopo aver preso Bakhmut, i russi hanno respinto il contrattacco ucraino e hanno ripreso l’avanzata verso ovest, come mostra la mappa dell’ISW che pubblichiamo qui sotto.

Ignorare i fatti bellici che non ci piacciono o rovesciarne l’esito sulla carta stampata o sul web non cambierà la realtà con cui dobbiamo o dovremo prima o poi fare i conti. Anche il vertice dei BRICS a Kazan è stato quasi del tutto ignorato perché ha segnato un indubbio successo, non solo simbolico, per Mosca e per Vladimir Putin.

Innanzitutto perché si è tenuto in Russia dove sono arrivati 20 leader e 36 delegazioni dei membri vecchi, nuovi e aspiranti partner (BRICS+) che non hanno mostrato difficoltà ad andare in Russia e a stringere la mano a Putin, confermando il fallimento dell’iniziativa di “isolare la Russia”, varata nel 2022 da Washington e, supinamente quanto superficialmente, sposata dalla UE pur se con le eccezioni di Ungheria e Slovacchia.

Putin ha dichiarato che “è in corso il processo di formazione di un mondo multipolare, un processo dinamico e irreversibile” : obiettivo comune ai partner dell’organizzazione fondata nel 2009 da Russia, Cina, India, Brasile (e Sudafrica dal 2010) che, non va dimenticato, è stato promosso proprio dalla Federazione Russa fin dal varo della cosiddetta “Dottrina Primakov”, concepita come alternativa al mondo unipolare a trazione statunitense.

Il meccanismo di cooperazione BRICS “è un pilastro per la promozione di un mondo multipolare equo e ordinato, oltre che una globalizzazione economica inclusiva” ha dichiarato il presidente cinese Xi Jinping.

Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti hanno aderito quest’anno mentre l’Arabia Saudita partecipa al summit come nazione ospite. Riad ha da poco rinunciato a vendere il suo petrolio esclusivamente in dollari ed è quindi interessata al progetto dei BRICS di istituire un sistema di pagamenti che utilizzi le monete delle nazioni aderenti.

Tutti aspetti non proprio irrilevanti nel panorama internazionale, messi sul tavolo da nazioni che rappresentano oltre la metà del PIL, della superficie e della popolazione del pianeta.

Sul piano politico, di particolare rilevanza per Mosca è stata la partecipazione del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che avrà un bilaterale con Putin, primo incontro tra i due dall’aprile 2022.

Un ulteriore segnale che anche al Palazzo di Vetro si guarda a soluzioni della guerra in Ucraina diverse dal “Piano della Vittoria” presentato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a USA e UE che peraltro lo hanno accolto con evidente freddezza.

La UE ha incassato il colpo della visita di Guterres in Russia facendo sapere tramite il portavoce dell’Ue per la politica estera, Peter Stano, di confidare che il segretario generale dell’ONU “rafforzerà l’appello alla Russia e a Putin affinché fermino completamente e incondizionatamente la brutale aggressione contro il popolo ucraino e si ritirino immediatamente e incondizionatamente dal territorio ucraino, come era già stato richiesto da numerose risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite”.

In realtà al summit di Kazan la soluzione alla guerra in Ucraina è stata affrontata guardando soprattutto all’iniziativa sino-brasiliana definita “benvenuta e utile” dall’assistente presidenziale russo Yury Ushakov in un’intervista con Izvestia.

L’iniziativa di Cina e Brasile è stata formulata lo scorso maggio, quando i due Paesi hanno chiesto una conferenza internazionale di pace riconosciuta da Russia e Ucraina, con la partecipazione paritaria di tutte le parti, e quella che hanno definito una discussione equa di tutti i piani di pace. Una proposta respinta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che l’ha definita “distruttiva” poiché non rispetta l’integrità territoriale dell’Ucraina.

Per Alvin Botes, viceministro delle Relazioni internazionali e della cooperazione del Sudafrica, l’incontro a Kazan tra il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e Vladimir Putin, presidente della Russia e al contempo del gruppo dei BRICS, può favorire “una diplomazia della pace”.

All’agenzia DIRE, Botes ha dichiarato che “dovrebbe essere accolto bene, perché Putin, come presidente della Russia e dell’alleanza potrà affrontare questioni di cooperazione nell’ambito della sicurezza e di diplomazia della pace. Sosteniamo questo tipo di dialogo: il Sudafrica difende la diplomazia della pace, che deve essere favorita da maggiori sforzi di mediazione”. 

Indirizzi ben diversi quindi da quelli perseguiti e auspicati da USA, UE e governo ucraino. Difficile infatti nascondere la comprensibile irritazione occidentale per l’incontro Guterres-Putin.

“Il segretario generale dell’Onu ha declinato l’invito dell’Ucraina al primo summit mondiale di pace in Svizzera, ma ha accettato l’invito a Kazan del criminale di guerra Putin. Questa È una scelta sbagliata che non fa progredire la causa della pace. Danneggia solo la reputazione dell’Onu”. ha scritto in una nota il ministero degli Affari Esteri di Kiev cui si aggiunge il rifiuto del presidente ucraino Volodymyr Zelenksy, di ricevere a Kiev il Segretario generale Guterres (già non gradito in Israele).

Anche i mediatori svizzeri che hanno ospitato la prima conferenza di pace a Losanna (a cui la Russia non era stata invitata) si sono espressi. “Sosteniamo l’iniziativa di Cina e Brasile perché prevede un cessate il fuoco e una soluzione politica al conflitto. Oggi è tanto più importante perché offre un’alternativa ai discorsi bellicosi che abbiamo ascoltato questa settimana all’ONU sia da parte ucraina che russa”, ha dichiarato Nicolas Bideau, portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Il piano di pace di Brasile e Cina “contiene ancora contraddizioni”, secondo il consigliere federale svizzero Ignazio Cassis, “ma è l’apertura di una porta al dialogo“, ha detto nei giorni scorsi a Losanna.

A Kazan i BRICS possono vantare un altro successo in termini di distensione, con il primo incontro bilaterale formale da cinque anni tra Xi Jinping e il primo ministro dell’India, Narendra Modi, dopo l’intesa sulle dispute di confine nella regione himalayana raggiunta all’inizio della settimana.

“E’ nell’interesse fondamentale dei due paesi e dei due popoli che Cina e India comprendano correttamente l’andamento della storia e la direzione dello sviluppo delle relazioni bilaterali”, ha detto Xi, citato dall’emittente statale CCTV.

“Le due parti dovrebbero rafforzare la comunicazione e la cooperazione, gestire correttamente divergenze e differenze e realizzare i rispettivi sogni di sviluppo”, ha aggiunto. Secondo il presidente cinese, ancora, i due Paesi dovrebbero “assumersi responsabilità internazionali, dare l’esempio ai paesi in via di sviluppo per cercare la forza attraverso l’unità e contribuire a un mondo multipolare e alla democratizzazione delle relazioni internazionali“.

Da parte sua, Modi ha affermato che la “fiducia reciproca” guiderà i legami con la Cina, accogliendo con favore il “consenso” sulle controversie di confine. “Le relazioni tra India e Cina sono importanti per la popolazione dei nostri paesi e per la pace e la stabilità regionali e globali”, ha affermato Modi su X.

L’ultimo colloquio bilaterale risaliva all’ottobre 2019 anche se i due leader si erano già incontrati informalmente al vertice BRICS di Johannesburg nel 2023 e al vertice del G20 a Bali, in Indonesia, nel 2022.

Anche il conflitto in Medio Oriente è stato centrale nel vertice di Kazan. Ne hanno discusso Putin e il presidente turco Recep Tayyp Erdogan in un bilaterale che ha visto rafforzare la cooperazione economica con il progetto di nuove centrali nucleari e di un hub del gas in Turchia.

Con una convergenza sulle posizioni dell’ONU, ma anche europee (e italiane), le nazioni del BRICS+ chiedono, nella dichiarazione finale del vertice, che Israele “mantenga l’integrità territoriale del Libano” e “cessi immediatamente gli attacchi contro il personale Unifil” (la missione dell’ONU in Libano – NdR), attacchi e minacce alla loro sicurezza che i Paesi Brics “condannano con decisione”.

I conflitti in Ucraina e Medio Oriente possono estendersi al mondo intero, il Brasile ritiene che ciò non debba essere consentito, ha affermato il Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva parlando in collegamento video dopo che una brutta caduta gli ha impedito di raggiungere Kazan.

“È accaduto in Palestina, ora si sta spostando in Libano, così come il conflitto tra Russia e Ucraina. Ora ci sono due guerre che possono coinvolgere il mondo intero, quindi dobbiamo lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo. Il contributo alla nostra presidenza sarà: lavoreremo nel campo dell’unificazione, dell’unità sui diritti uguali”.

Putin ha espresso rammarico per il mancato arrivo a Kazan di Lula, con cui ha avuto un colloquio telefonico, ma l’assenza che ha fatto forse più rumore, benché da tempo annunciata, è stata quella del presidente serbo Aleksander Vucic.

La Serbia è stata rappresentata da una robusta delegazione con ben 4 ministri al vertice di Kazan: Bratislav Gasic ministro della Difesa, Aleksandar Vulin vicepremier, Adrijana Mesarovic ministra dell’Economia e Nenad Popovic, ministro per la Cooperazione economica internazionale.

Vucic aveva detto a Putin in un recente colloquio telefonico che è “estremamente difficile” per lui partecipare “a causa di varie questioni che Putin conosce bene. La Serbia è l’unico Paese in Europa che non ha aderito ad alcuna dichiarazione contro la Federazione Russa. Solo quest’anno sono stati approvati 44 pacchetti di differenti sanzioni, noi non abbiamo aderito nemmeno a uno”, ha sottolineato Vucic.

Il presidente serbo ha quindi affermato di aver discusso dell’accordo sul gas con Putin e che per la prossima stagione invernale il gas sarà “fornito a prezzi molto buoni”. Il presidente serbo ha quindi dichiarato che parteciperà alla commemorazione dell’80° anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale il 9 maggio del prossimo anno a Mosca.

Ciò nonostante l’assenza di Vucic è stata considerata “tattica”, tesa cioè a non irritare ulteriormente Stati Uniti e UE che guardano con ostilità i rapporti di Belgrado con Mosca e li considerano pregiudiziali all’ingresso della Serbia nella UE.

Un approccio che ha già portato Vucic a esprimere scetticismo nei confronti dell’atteggiamento dei vertici dell’Unione mentre il vicepremier Aleksander Vulin, nei giorni scorsi ha detto apertamente che Belgrado, stanca di aspettare di essere accolta nella Ue, potrebbe aderire dai BRICS.  Difficile comprendere oggi se si tratti solo di una provocazione o meno ma ieri il Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha cancellato i colloqui previsti con il primo ministro serbo, Milos Vucevic, a causa del suo precedente incontro con il ministro dell’economia russo.

Ignorare o sottovalutare il peso di questi eventi semplicemente perché non vanno incontro alla “narrazione” di governi e media occidentali non aiuterà ad affrontare e risolvere i problemi. Né possono apparire credibili statisti che alla politica antepongono infantili boicottaggi a premier di nazioni sovrane o addirittura al segretario generale dell’ONU.

Quando lo struzzo tirerà fuori la testa dalla sabbia si accorgerà che il mondo è diverso da come lo avrebbe voluto.

@GianandreaGaian

Foto: BRICS

Mappa: Institute for the Study of the War

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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