Le navi da guerra affondate come sacrari militari: il caso del Sommergibile Scirè

 

Si avvia a diventare legge, dopo l’approvazione della Camera, l’iniziativa parlamentare che attribuisce al relitto del Regio Sommergibile “Scirè” affondato dai britannici nel 1942 nella Baia  di Haifa, lo stato di “Sacrario militare subacqueo”.

E’ a tutti nota la storia gloriosa di questo battello che, dopo essere stato impegnato in rischiose azioni belliche contro la base navale inglese di Gibilterra cui partecipò l’Ammiraglio Birindelli, suggellò la sua fama con l’impresa di Alessandria del 1941 in cui i nostri assaltatori affondarono le corazzate inglesi “Valiant” e “Queen Elisabeth”.

Per tutte queste azioni e per l’eroismo mostrato dall’equipaggio nell’opporsi al nemico nell’ultimo scontro di Haifa, al sommergibile fu attribuita la medaglia d’oro al valor militare.

A distanza di decenni ora l’Italia onora la memoria dello Scirè e dei suoi sessanta marinai periti nell’affondamento con il riconoscimento al relitto dello status di “sacrario militare” al pari dei cimiteri di guerra ed agli altri sacrari previsti dall’art. 275 del Codice dell’Ordinamento Militare (COM).

Come ben spiega la relazione illustrativa del provvedimento, l’attribuzione della qualifica di sacrario allo “Scirè” si propone anche finalità giuridiche in quanto di fatto sancisce che la condizione di immunità sovrana di cui godeva il nostro sommergibile continua a valere -essendo imprescrittibile – anche per il relitto, ancorché giacente in acque territoriali israeliane.

Peraltro, a quel che spiega la stessa relazione, Israele ha già riconosciuto unilateralmente questa condizione di intangibilità consentendo più volte in passato alla nostra Marina di intervenire per recuperare parte delle salme e singole strutture da musealizzare.

Non è tuttavia superfluo ricordare che nel 2002 si è verificato un increscioso incidente -per il quale risulta che Israele si sia scusata – durante il quale mezzi israeliani e statunitensi hanno violato il relitto durante un’esercitazione di recupero.

Per comprendere bene la portata storica dell’iniziativa italiana che per la prima volta, in accordo con lo Stato estero che esercita giurisdizione territoriale sul fondale, equipara una nave da guerra affondata ad un sacrario militare bisogna considerare sia la prassi che la disciplina giuridica internazionale in materia di relitti sommersi.

Questioni sono sorte e continuano a sorgere, infatti, per la proprietà di antiche navi come i galeoni di cui i Paesi di bandiera reclamano ancora l’immunità e quindi la proprietà dei ricchi carichi trasportati.

Una prassi internazionale non si è ancora consolidata in merito, anche perché risulta lacunosa la disciplina della Convenzione Unesco di Parigi del 2001 sul patrimonio subacqueo.

L’imperscrittibilità dei diritti dello Stato di bandiera di quella che al momento dell’affondamento era una nave da guerra o una nave usata per servizio non commerciale è stata affermata nel 2015 dalla Risoluzione emanata a Tallin dell’Institut de Droit International.

Un consenso internazionale si è invece formato sul fatto che dette navi sono sacrari militari intangibili anche se la Convenzione Unesco si limita a stabilire che «appropriato rispetto è dovuto a tutti i resti umani giacenti in acque marittime».

La decisione assunta dall’Italia per lo “Scirè” è peraltro pienamente in linea con i principi proclamati dalla citata Dichiarazione di Tallin ove si afferma che «Due respect shall be shown for the remains of any person in a sunken State ship. This obligation may be implemented through the establishment of the wreck as a war cemetery…».

 

Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf

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