I missili di Biden colpiscono la Russia ma fanno lo sgambetto a Trump

 

(aggiornato alle 17,30)

A due mesi dall’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, l’amministrazione Biden fa di tutto per complicare la vita al nuovo presidente e al suo piano di pace per concludere il conflitto in Ucraina.

La notizia non è ancora stata ufficializzata ma diversi media statunitensi hanno rivelato, non smentiti, che Washington ha dato il via libera a Kiev a impiegare i missili balistici tattici ATACMS per colpire il territorio russo, anche se prendendo di mira solo obiettivi autorizzati di volta in volta dagli Stati Uniti e limitatamente nella regione russa di Kursk, dove gli ucraini combattono dal 6 agosto scorso, pur perdendo terreno di fronte alla controffensiva delle forze di Mosca.

L’annuncio di questa svolta da tempo chiesta da Kiev ma finora sempre negata è trapelata da un funzionario che ha voluto mantenere l’anonimato citato dalle maggiori testate statunitensi inclusi televisioni, New York Times e Washington Post.

Secondo una fonte sentita da Axios, l’impiego dei missili ATACMS costituirebbe una risposta all’escalation del conflitto determinato dall’arrivo di 8/12 mila militari nordcoreani (con 70 pezzi d’artiglieria) la cui presenza sarebbe già stata rilevata nella regione di confine russa di Kursk.

Alcuni osservatori hanno messo in relazione la decisione della Casa Bianca anche con la recrudescenza dei bombardamenti russi con droni e missili contro infrastrutture energetiche e industriali su diverse aree del territorio ucraino quali Kiev, Sumy e Odessa ma hanno anche sottolineato che i missili ATACMS, con un raggio d’azione massimo di 300 chilometri, non potranno cambiare l’esito delle operazioni militari che da tempo volge a favore dei russi.

Le truppe di Mosca avanzano speditamente in Ucraina, nel Donbass ma anche nelle regioni di Kharkliv e Zaporizhia ed è credibile che prima dell’arrivo di Trump i russi puntino ad acquisire il massimo dei vantaggi possibili sia in termini territoriali (chilometri quadrati conquistati) sia in termini militari con l’annientamento del maggior numero possibile di forze ucraine.

Nell’area di Kursk, nonostante i rinforzi ucraini giunti in prima linea, il territorio russo in mano alle forze di Kiev si riduce di giorno in giorno e rappresenta appena un quarantesimo dell’estensione della regione.

Altri valutano che l’obiettivo dell’amministrazione statunitense uscente sia di consentire all’Ucraina di mantenere la capacità di colpire le retrovie russe per irrobustire la posizione di Kiev in vista di negoziati di pace che Trump ha detto di voler intavolare aprendo il dialogo con Vladimir Putin.

Mosca ha confermato oggi che nella notte le forze armate ucraine avrebbero lanciato un attacco con 6 missili balistici di fabbricazione americana ATACMS nella regione di Bryansk. Il ministero della Difesa ha precisato che ” i sistemi di difesa aerea hanno intercettato e distrutto 5 dei vettori nemici”. Frammenti del sesto missile, danneggiato,  “sono caduti sul territorio di una struttura militare, provocando un incendio che è stato rapidamente spento. Non ci sono state vittime né distruzioni”. Kiev ha confermato di aver attaccato un deposito di armi a Karachev (regione di Bryansk) ma senza confermare l’impiego degli ATACMS.

 

Considerazioni

Tali valutazioni appaiono però deboli e in alcuni casi poco credibili, specie sul piano militare, in base a molti elementi in gran parte già noti da tempo:

  • gli ATACMS forniti agli ucraini sono pochi e fonti del Pentagono avevano già fatto sapere nei mesi scorsi che le scorte dell’US Army sono troppo limitate per ritenere che ne possano venire ceduti molti altri. Non a caso il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, acerrimo nemico di Mosca e sostenitore dei raid in profondità sul suolo russo ha chiesto polemicamente: “Sono stati forniti abbastanza missili che farebbero la differenza sul campo di battaglia?”.

 

  • In Ucraina questi missili vengono impiegati da personale statunitense, con tutte le implicazioni immaginabili qualora dovessero colpire la Russia. Lo stesso vale per il personale britannico e francese che gestisce l’impiego dei missili da crociera imbarcati su velivoli Storm Shadow/SCALP. E’ per questa ragione che il cancelliere Olaf Scholz si rifiuta di inviare in Ucraina missili da crociera Taurus che dovrebbero essere gestiti da personale militare tedesco. Quindi, nel caso degli ATACMS, non saranno gli ucraini ma gli statunitensi a bombardare il suolo russo.

  • I missili ATACMS e Storm Shadow/SCALP sono già stati utilizzati sui territori ucraini occupati dai russi, dal Donbass alla Crimea, a volte con successo mentre in altri casi sono stati abbattuti dalla difesa aerea russa.

 

  • L’arrivo al fronte (per ora non confermato da evidenze sul campo di battaglia) dei militari nordcoreani viene ingigantito da Kiev, Seul e Washington per ragioni propagandistiche ma non rappresenta una reale escalation. Appena 10 mila combattenti privi di esperienza in combattimento e 70 cannoni e lanciarazzi sono poca cosa rispetto ai 700 mila militari con almeno 2.000 pezzi d’artiglieria schierati dai russi in questo conflitto. Del resto, anche gli ucraini dispongono da oltre due anni di molte migliaia di “volontari” stranieri provenienti per lo più da molte nazioni aderenti alla NATO le quali hanno donato agli ucraini migliaia di pezzi di armamento, di fatto quasi tutti quelli che vengono impiegati attualmente almeno da quanto si evince dai bollettini e dalle immagini diffusi dai russi delle perdite inflitte agli ucraini. Se, come spesso hanno riportato i leader europei, colpire il territorio russo con i missili che abbiano donato a Kiev non rappresenta un’escalation nel conflitto, come può invece esserlo l’arrivo di fanti ne cannoni nordcoreani?

 

  • Nel settembre scorso, mentre infuriava il dibattito sul via libera all’impiego delle armi occidentali contro obiettivi in Russia, sia il segretario alla Difesa Lloyd Austin sia il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, avevano evidenziato come l’impiego degli ATACMS da parte degli ucraini fosse inutile dal momento che aeroporti e altre basi di rilevanza strategica russe sono situate ben oltre la loro gittata. Giova ricordare tali dichiarazioni.  “La revoca delle restrizioni sulle armi fornite all’Ucraina non cambierebbe le sorti della guerra” ha affermato il 6 settembre Austin poiché il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, respingendo la richiesta di Kiev di consentire la Russia ha spostato le sue basi oltre la gittata dei missili ATACMS mentre l’Ucraina stessa ha capacità di attaccare obiettivi a lunga distanza” con i droni a lungo raggio. Sembra quindi che per il Pentagono l’abolizione delle restrizioni avrebbe costituito un rischio di escalation nel confronto con la Russia non giustificato da alcun vantaggio militare per gli ucraini. Concetto che era già emerso il 4 settembre dalle dichiarazioni di John Kirby che aveva sottolineato che la Russia ha spostato il 90% dei suoi aerei utilizzati per attaccare l’Ucraina fuori dal raggio di 300 chilometri dal confine ucraino raggiungibile dai missili ATACMS. “La valutazione secondo cui basta dare agli ucraini gli ATACMS e dire loro che saranno in grado di colpire la maggior parte degli aerei e delle basi aeree russe che vengono utilizzate per colpirli non è vera, è un equivoco“.

  • Di conseguenza, questa valutazione è valida anche per i missili da crociera Storm Shadow/SCALP forniti da britannici e francesi il cui raggio d’azione, lanciati da velivoli ucraini, è limitato a 250 chilometri e in ogni caso all’aeronautica di Kiev sono rimasti operativi non più di una o due coppie di aerei Sukhoi 24M adattati all’impiego di questo missile.

Resta da chiedersi cosa sia cambiato negli ultimi due mesi da giustificare il mutato atteggiamento dell’Amministrazione Biden considerato che le basi russe sono rimaste d’v’erano e il ruolo dei nordcoreani non rappresenta certo un’escalation del conflitto e se anche fosse potrebbe venire compensato solo con l’invio di truppe occidentali al fianco degli ucraini, non certo con un pugno di ATACMS.

La migliore risposta l’ha fornita qualche giorno or sono la CNN sostenendo che “il presidente eletto Donald Trump può pensare di poter parlare di pace, ma erediterà una guerra in cui la posta in gioco è appena diventata notevolmente più alta”.

Poiché la Russia ha più volte affermato che avrebbe considerato il via libera all’impiego contro il suo territorio dei missili statunitensi o europei una “grave escalation” del conflitto, la decisione di Joe Biden (o per meglio dire di chi decide al suo posto, con ogni probabilità in questa circostanza il segretario di Stato Anthony Blinken di cui non vanno dimenticate le origini ucraine), la decisione di Washington ha decisamente un valore più politico che militare.

Soprattutto un valore politico interno agli Stati Uniti in cui l’amministrazione uscente cerca di mettere i bastoni tra le ruote a Trump e alla sua squadra di ministri, per la gran parte sgraditi al cosiddetto “Deep State” vicino al Partito Democratico.

Trump e molti dei smembri del suo staff indicati come ministri hanno espresso e ribadito la volontà di concludere il conflitto e di cessare gli stanziamenti miliardari all’Ucraina che ha assorbito dal febbraio 2022 quasi 200 miliardi di aiuti americani. Proprio ieri Trump ha illustrato numerosi interventi nel welfare per i cittadini americani realizzabili con i denari inviati a Kiev.

Certo non saranno un pugno di ATACMS a rovesciare le sorti del conflitto ma il loro impiego sulla Russia potrebbe irrigidire Putin costringendolo a rappresaglie o comunque ad iniziative che potrebbero compromettere le aspirazioni di Trump ad avviare un negoziato col Cremlino.

Anche perché la nuova dottrina nucleare appena approvata prevede una possibile risposta nucleare contro un paese che attacchi la Russia pur se privo di armi atomiche ma spalleggiato da potenze nucleari.  Cioè esattamente il caso dell’Ucraina.

Meglio poi ricordare, per comprendere con quale clima si prepara l’avvicendamento alla Casa Bianca, che un’amministrazione uscente non dovrebbe compromettere l’assetto strategico e la sicurezza nazionale dopo il voto che ne ha bocciato platealmente la politica perseguita in questi ultimi anni.

 

Le reazioni

Non sorprende che la notizia abbia raccolto pareri favorevoli in Ucraina e in altre nazioni dove il timore della Russia è più tangibile. “La Russia capisce solo il linguaggio della forza, motivo per cui la decisione del presidente americano Joe Biden di consentire all’Ucraina di utilizzare i missili a lungo raggio ATACMS è molto buona” ha detto il viceministro della Difesa polacco Cezariy Tomchyk.

I ministri della Difesa di Estonia e di Svezia hanno confermato che “non vi devono essere limiti alle capacità di difesa dell’Ucraina”.

“Conoscete la mia posizione e la ripeto ancora: l’Ucraina dovrebbe essere in grado di usare le armi che le abbiamo fornito non solo per fermare le frecce, ma anche per colpire gli arcieri. Continuo a credere che dovrebbe essere fatto” ha detto l’alto commissario UE per la politica estera (dimissionario), Josep Borrell.

Più sfumata la posizione della Francia, il cui ministro degli Esteri, Jean-Noël Barrot ha ribadito che l’uso dei missili SCALP contro la Russia “rimane un’opzione sul tavolo”, a conferma che molti in Europa hanno colto che il valore della decisone di Washington è rivolto più alla politica interna che a imprimere una svolta al conflitto in Ucraina.

Il ministro degli Esteri britannico David Lammy, si è rifiutato di discutere dell’uso dei missili britannici da parte di Kiev in Russia, perché “mette a rischio la sicurezza operativa”. Anche il ministro della Difesa, John Healey, non ha voluto rivelare la posizione ufficiale del Regno Unito, come del resto hanno fatto anche gli USA dal momento che mancano a oggi dichiarazioni ufficiali.

A Roma ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadisce il rifiuto di consentire all’Ucraina di impiegare armi italiane sul suolo russo: “Non cambia la linea italiana dell’utilizzo delle nostre armi all’interno del territorio ucraino”.

In Germania, dove il governo è a pezzi in attesa del voto anticipato il prossimo febbraio, il cancelliere Olaf Scholz ha ribadito che non verranno consegnati a Kiev i missili da crociera Taurus. ”L’atteggiamento del cancelliere rispetto a questa questione resta immutato e non muterà mai la sua posizione”, ha dichiarato il portavoce del governo, Wolfgang Buechner.

Scholz del resto ha telefonato nei giorni scorsi a Putin, subito dopo il crollo del suo governo, irritando ucraini, polacchi e baltici. Da Berlino le fonti ufficiali hanno riferito che il cancelliere avrebbe chiesto perentoriamente a Putin di ritirare le sue truppe dall’Ucraina per arrivare alla pace ma sarebbe ingenuo credere che un debolissimo Scholz chiami dopo due anni il leader del Cremlino per intimargli di ritirarsi dall’Ucraina.

Più probabile che, in vista dei negoziati che Trump ha già detto di voler varare con l’obiettivo di concludere il conflitto, Scholz abbia valutato le opportunità di riprendere per relazioni con Mosca, incluse quelle energetiche indispensabili a salvare la Germania da una crisi economica che continua ad aggravarsi.

“L’autorizzazione a colpire in profondità la Federazione Russa, se adottata e comunicata al regime di Kiev, significa un nuovo ciclo di tensioni” ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.  Una risposta che lascia intendere come Mos a atte da dichiarazioni ufficiali dagli USA e forse non intenda farsi adescare dalle “esche” dell’attuale amministrazione americana dopo aver aperto al dialogo con Trump.

Più dura la nota del portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: “L’autorizzazione all’Ucraina a colpire obiettivi in territorio russo con missili a lungo raggio cambierà radicalmente l’essenza del conflitto. L’uso di missili a lungo raggio da parte di Kiev per attaccare il nostro territorio significherebbe il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e dei suoi satelliti nelle ostilità contro la Russia, così come un cambiamento radicale nella natura e nel carattere del conflitto”. Zakharova ha sottolineato che la risposta di Mosca sarà “appropriata e tangibile” ma ha aggiunto che Mosca “non sa” se le informazioni sull’autorizzazione statunitense a Kiev “siano basate su fonti ufficiali”.

Insomma, da Washington è stato lanciato il sasso ma finora la mano resta nascosta mentre l’Europa si divide tra gli esultanti (che non hanno fornito armi a raggio esteso), i titubanti (che hanno fornito i missili da crociera Storm Shadow/SCALP) e i perseveranti (che negano ogni autorizzazione a colpire il suolo russo).

Infatti lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky attende concrete autorizzazioni. “Il piano per rafforzare l’Ucraina è il Victory Plan che ho presentato ai nostri partner. Uno dei suoi punti chiave è la capacità a lungo raggio per il nostro esercito. Oggi, si parla molto sui media del fatto che riceviamo il permesso per tali azioni. Ma gli attacchi non si eseguono a parole. Queste cose non vengono annunciate. I missili parleranno da soli”, ha detto ieri Zelensky.

Oggi, dopo l’attacco a Bryansk, il presidente ha ribadito che “l’Ucraina ha capacità a lungo raggio, ci sono droni a lungo raggio di nostra produzione. Ora abbiamo Long Neptune e ATACMS. Useremo tutto questo” aggiungendo una velata minaccia all’Europa nel suo intervento al Parlamento Europeo

“Se qualcuno in Europa pensa di guadagnare qualcosa vendendo l’Ucraina a Putin compie un errore. Più passa il tempo più le condizioni sono peggiori, ogni giorno è il momento giusto per affrontare sempre più duramente la Russia. Dobbiamo fare di più, Putin è più piccolo se l’Europa è unita”.

In attesa di comprendere se questa escalation del conflitto avrà conseguenze militari gravi anche per la sicurezza dell’Europa è il caso di far notare che questa notizia sta determinando un rialzo del prezzo del gas, oltre i 47 euro al megawattora la quotazione ad Amsterdam.

Forse per Stati Uniti e Russia, grandi esportatori di gas, potrebbe essere anche una buona notizia ma di certo non lo è per l’Europa con l’inverno in arrivo e in piena recessione.

@GianandreaGaian

Foto: Presidenza Ucraina, Casa Bianca, Commissione UE e Telegram

 

Guarda il video qui sotto, registrato a Vittorio Veneto il 15 novembre.

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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