La difficile alleanza tra Polonia e Ucraina

 

“I colloqui più importanti sulla guerra in Ucraina si terranno a Varsavia. La prossima settimana ospiterò un incontro nel formato Weimar Triangle Plus”. Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski ha annunciato il 16 novembre un incontro dei leader che si tiene oggi a Varsavia. Secondo lui questi saranno i negoziati “più importanti” sulla guerra in Ucraina. Sikorsky ritiene che “tutto sta accelerando” e per questo convocherà la prossima settimana un incontro nel formato Triangolo di Weimar Plus.

Oltre ai ministri degli Esteri di Francia e Germania e rappresentanti di “altri importanti paesi europei”, vi sono il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybigu e il nuovo alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaya Kallas.

L’incontro, che vede anche la presenza del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, coincide con i mille giorni trascorsi dall’inizio del conflitto in Ucraina.

Sikorski (nella foto a lato) ha anche specificato che della telefonata del 15 novembre di Olaf Scholz a Vladimir Putin, il cancelliere tedesco ha già parlato con il Primo Ministro polacco Donald Tusk, che ha messo in dubbio l’utilità dei colloqui con il presidente russo Vladimir Putin. “Nessuno fermerà Putin con le telefonate” ha scritto il primo ministro polacco Tusk su X.

“Le prossime settimane saranno cruciali, non solo per la guerra in sé, ma anche per il nostro futuro”, ha avvertito Tusk che il 10 novembre, in un’intervista a Polskie Radio, aveva affermato che “sono attese a breve” dichiarazioni per “una data per il cessate in fuoco in Ucraina, sulla determinazione dei suoi confini e sulle garanzie di sicurezza per Kiev”.

Commentando il piano del neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Tusk (con Zelensky nella foto d’apertura)  ha osservato che potrebbe essere ancora in fase di sviluppo, evidenziando però che “le decisioni riguardanti la guerra in Ucraina non possono essere prese solo dagli ucraini, ma anche da noi” aggiungendo che queste decisioni comporteranno un minore intervento degli Stati Uniti negli affari ucraini.

Frasi che sembrano confermare l’interesse di Varsavia ad avere un ruolo, o comunque un’influenza, su eventuali trattative per la pace in Ucraina, anche alla luce dei sempre più evidenti screzi che si registrano tra le due nazioni e che nelle scorse settimane avevano determinato le dimissioni del ministro degli Esteri ucraino, Dimitro Kuleba.

A inizio settembre il governo polacco aveva chiesto a Kiev di riconoscere la strage di 100 mila civili polacchi (e di riesumarne i corpi per dar loro decente sepoltura) compiuta tra il 1943 e il 1944 nell’area di Volinia (Galizia) dai militari dell’esercito nazionalista ucraino (UPA – nella foto sotto) di Stepan Bandera, alleato del Terzo Reich. Bandera è oggi il “padre della patria” dell’Ucraina a cui si intitolano statue e piazze e di cui i bambini a scuola imparano canzoni celebrative.

Una pulizia etnica feroce che 80 anni or sono ha visto la tortura, lo stupro e il massacro per lo più di donne e bambini colpevoli solo di essere polacchi. Kuleba rispose picche e a Varsavia il vicepremier e ministro della Difesa polacco, Kosiniak-Kamys, disse che la Polonia avrebbe cessato le forniture militarti all’Ucraina. «La Polonia ha trasferito donazioni multimiliardarie sotto forma di attrezzature militari all’Ucraina. Oggi abbiamo ceduto tutto quello che potevamo».

La rimozione di Kuleba è stato il prezzo da pagare per non compromettere ulteriormente i rapporti con la Polonia, da cui peraltro transitano tutte le armi occidentali dirette in Ucraina ma la crisi non sembra essersi risolta.

Il 5 novembre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto un battibecco con il vice primo ministro polacco, Krzysztof Gawkowski.  “Zelensky vuole che la Polonia abbatta i missili (russi, ndr) sull’Ucraina, il che significa che vuole che la Polonia entri in guerra con la Russia”, ha detto Gawkowski dopo che Zelensky aveva criticato Varsavia per non aver ancora ceduto a Kiev i rimanenti aerei da combattimento MiG-29 nonostante gli accordi precedenti.

Zelensky ha affermato di aver “chiesto costantemente” a Varsavia di abbattere i missili russi che volavano verso la Polonia colpendo obiettivi nell’area di Leopoli e lungo il confine, con l’obiettivo di proteggere un impianto di stoccaggio del gas che si trova nella città di Stryj, nella regione di Leopoli a un centinaio di chilometri dal confine con la Polonia.

“Penso che le parole del presidente Zelensky siano indegne di un politico che deve molto alla Polonia”, ha aggiunto Gawkowski: “Le attrezzature trasferite, i cittadini assistiti… la Polonia è una grande amica dell’Ucraina, un nodo dei trasporti. Mi sembra che in queste situazioni si dica ‘grazie'”.

Il 2 novembre Sikorski aveva respinto le accuse ucraine per la mancata consegna degli aerei da combattimento promessi per la lotta contro l’invasione russa. “Anche noi abbiamo le nostre esigenze di difesa”, aveva dichiarato ieri il ministro degli Esteri polacco al canale di notizie Polsat News. Secondo Sikorski l’Ucraina deve capire che anche la Polonia fa parte di un fronte di difesa contro il presidente russo Vladimir Putin.

L’Ucraina scarseggia di piloti e sta esaurendo gli aerei della sua aeronautica: secondo indiscrezioni non resterebbero operativi più di una decina di Mig-29, Su-27, F-16 e Sukohi Su-25: per questo gli ultimi 17 MiG-29 polacchi potrebbero ridare una boccata d’ossigeno alle forze aeree di Kiev.

Ieri Sikorski ha criticato l’Ungheria accusandola di aiutare l’aggressione russa all’Ucraina continuando a bloccare gli aiuti militari dall’Ue. “Vorrei capire le ragioni per cui l’Ungheria non vuole aiutare l’Ucraina, che sta lottando per la libertà, e vuole invece assistere l’aggressore in questo conflitto”, ha detto Sikorski ai giornalisti.

“Purtroppo non posso dirvi che l’European Peace Facility (Epf) è stato sbloccato, perché sfortunatamente è ancora sottoposto al veto da parte ungherese, nonostante sia stato creato un meccanismo grazie al quale i soldi ungheresi non dovrebbero andare ad aiutare l’Ucraina”, ha aggiunto.

Varsavia ha offerto di addestrare i volontari ucraini residenti all’estero che hanno aderito all’appello di Kiev di arruolarsi nella cosiddetta Legione Ucraina. In tutto poco meno di 700 uomini che hanno firmato l’arruolamento, secondo quanto reso noto il 12 novembre dal ministero della Difesa di Kiev, provenienti da diverse nazioni tra cui Polonia, Repubblica Ceca, Germania e Irlanda.

Non molti rispetto alle centinaia di migliaia di uomini ucraini che vivono in Europa, in particolare in Polonia e Germania. Alcuni sono fuggiti illegalmente dal loro Paese, proprio per paura di essere mobilitati, altri hanno lasciato all’Ucraina nei primi mesi del conflitto, spesso con le loro famiglie.

A inizio ottobre, Kiev ha annunciato di aver aperto il suo primo ufficio di reclutamento nella città polacca di Lublino, con l’obiettivo di incoraggiare gli ucraini ad arruolarsi nell’esercito dall’estero. Potranno arruolarsi nella Legione dopo aver superato i test presso una commissione medica.

Le prime reclute sono state trasferite a metà novembre in un centro di addestramento in Polonia dove vi sono anche istruttori di altre nazioni NATO. Secondo l’accordo tra Varsavia e Kiev, l’Ucraina fornisce ai volontari uniformi e medicinali mentre l’esercito polacco fornisce infrastrutture, attrezzature e armi per il periodo di addestramento.

L’Ucraina ha recentemente annunciato l’intenzione di mobilitare 160mila persone tra novembre e febbraio. All’inizio dell’anno, si stimava che circa 300mila ucraini in età d’arruolamento vivano in Polonia.

@GianandreaGaian

Foto: Presidenza Ucraina, Ministero Esteri Polacco, Ministero Difesa Ucraino e Telegram

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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