Politiche tech sotto Trump: cosa aspettarci

 

da Guerre di Rete – newsletter di notizie cyber a cura di Carola Frediani

Cosa ci possiamo aspettare dalla nuova amministrazione Trump per quanto riguarda le politiche digitali? E che dinamiche si creeranno con le politiche e le leggi europee?
Stiamo parlando di questioni come la governance dell’AI, il rapporto dei governi con le grandi piattaforme e i social media, la produzione di chip e le regole sull’export, la gestione di acquisizioni e le politiche antitrust.

 

Piattaforme e Unione europea

Partiamo dalle piattaforme. Con Biden, le Big Tech si sono trovate con maggiori pressioni da parte degli organi di controllo di Washington. La Federal Trade Commission, l’agenzia federale a protezione dei consumatori e per la prevenzione di pratiche commerciali anticompetitive, ha bloccato alcune fusioni della Silicon Valley.

Più in generale, il Dipartimento di Giustizia e la FTC hanno avviato vari procedimenti e indagini per pratiche anticompetitive, anche contro Microsoft, OpenAI e Nvidia, cioè l’avamposto software e hardware americano nel campo dell’intelligenza artificiale. Nel mirino antitrust sono finite pure Amazon, Apple e Google.

Nel frattempo, al di qua dell’Atlantico, c’è tanta carne al fuoco. Già lo scorso marzo la Commissione europea apriva un’inchiesta su Google, Apple e Meta per sospetta violazione della legge sui mercati digitali (Digital Markets Act). Inoltre, sempre a marzo, l’Unione europea sanzionava Apple con una multa da 1,84 miliardi di euro, in seguito alla denuncia della svedese Spotify. Secondo la Commissione, Apple avrebbe abusato della sua posizione dominante per impedire agli sviluppatori di app di streaming musicale di informare gli utenti iOS su servizi di abbonamento musicale alternativi e più economici disponibili al di fuori dell’app (e di includere link ai loro siti). Un comportamento illegale secondo le norme antitrust dell’UE.

Non solo. Proprio questa settimana la Commissione Ue, in virtù della già citata legge sui mercati digitali (DMA), ha intimato a Booking, altro colosso americano e nota app per organizzare e prenotare vacanze e viaggi, di ottemperare a una serie di richieste. D’ora in poi, ad esempio, gli hotel, i noleggi auto e altri fornitori di servizi che utilizzano Booking.com saranno liberi di offrire prezzi e condizioni diversi (anche migliori) sul proprio sito web o su altri canali rispetto a Booking.com.

E sul fronte antitrust, proprio questi giorni, Meta è stata multata da Bruxelles per quasi 800 milioni di euro. La società madre di Facebook è accusata di soffocare la concorrenza “legando” i suoi servizi gratuiti di Marketplace al social network.

A luglio, la Commissione Ue, in un parere preliminare, accusava invece X di aver violato un’altra legge europea, quella sui servizi digitali (Digital Services Act), e in particolare di non rispettare le regole sulla trasparenza e responsabilità, definendo ingannevoli le spunte blu.

“Poiché chiunque può abbonarsi per ottenere tale status “verificato”, ciò incide negativamente sulla capacità degli utenti di prendere decisioni libere e informate in merito all’autenticità degli account e ai contenuti con cui interagiscono”, scriveva la Commissione. Che potrebbe arrivare anche a comminare sanzioni pecuniarie fino al 6 % del fatturato mondiale totale annuo della piattaforma. Una decisione di non conformità potrebbe anche far scattare un periodo di vigilanza rafforzato per garantire il rispetto delle misure. O far imporre versamenti di penalità periodiche per costringere la piattaforma a conformarsi.

Ora, secondo alcuni osservatori, se l’UE multasse X, il social di Musk, per aver violato, come dicevo sopra, le regole previste dal Digital Services Act, i rapporti tra Trump e la Commissione europea potrebbero inasprirsi molto rapidamente e rinvigorire la narrativa MAGA secondo cui l’Ue starebbe solo cercando di affossare le Big Tech statunitensi.

I legislatori europei hanno già esortato l’esecutivo Ue a non fare marcia indietro. Alexandra Geese, deputata tedesca dei Verdi al Parlamento europeo, ha dichiarato che “la Commissione europea deve ora farsi valere e difendere le regole Ue”, mentre per l’europarlamentare olandese dei Verdi Kim van Sparrentak, “soprattutto ora, è più importante che mai che l’Europa si alzi per difendere i nostri diritti e la democrazia, anche online”, riferisce POLITICO.

Con la nuova amministrazione Trump, insomma, quella sorta di implicito consenso transatlantico sulla regolamentazione delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, come lo ha definito qualcuno, che si era intravisto con Biden, rischia di andare in frantumi.

Ora, è vero che, sul fronte interno Usa, la scelta di Matt Gaetz come ministro della Giustizia (se verrà confermata…) rende i contorni delle politiche antitrust e del rapporto con Big Tech più ambigui e incerti (perché lui è ostile ad alcune aziende tech e quasi “simpatizzante” di Lina Khan, attuale presidente della iperattiva Federal Trade Commission. Khan è comunque data in uscita, essendo invece sulla lista nera di Musk e di altri).

Ma nei confronti dell’Ue ci sono meno sfumature. Trump ha spesso sostenuto che l’Ue discriminerebbe le aziende statunitensi e ha detto che non permetterà all’Europa di “approfittarsi delle nostre aziende”. Ha perfino detto che l’amministratore delegato di Apple Tim Cook lo avrebbe chiamato per lamentarsi delle tasse arretrate che deve pagare in Irlanda (13 miliardi di euro per la precisione).

La velocità e l’entusiasmo con cui i top manager di Big Tech, anche quelli un tempo più lontani da Trump, si sono precipitati a congratularsi può far pensare alla paura di ritorsioni, ma potrebbe anche indicare la speranza di trovare una sponda su vari fronti, incluso quello contro la regolamentazione europea.

 

Cybersicurezza

Dato il mantra di “meno regolamentazione”, alcuni osservatori si aspettano meno sforzi, rispetto a Biden, di regolamentare vari settori delle infrastrutture critiche (trasporti, energia, sistemi idrici, sanità, tutti bersagliati da attacchi negli ultimi anni) per accrescere la loro sicurezza informatica.
L’agenzia federale per la cybersicurezza e la sicurezza delle infrastrutture, la CISA, verrà probabilmente riorientata su questioni strettamente cyber, riducendo le sue iniziative di lotta alla disinformazione.

Inoltre l’amministrazione Biden aveva preso provvedimenti contro alcuni produttori stranieri di strumenti di sorveglianza, come gli spyware sviluppati dalla società israeliana NSO, inserendoli in una Entity List. Si tratta di una specie di lista nera che limita la fornitura a NSO Group di prodotti americani, e vieta a enti o agenzie statunitensi di acquistare o utilizzare prodotti di NSO Group, come lo spyware Pegasus.

Secondo alcuni osservatori, la nuova amministrazione potrebbe rimuovere queste aziende dall’elenco delle entità statunitensi considerate un problema di sicurezza nazionale. Alcune di esse, come NSO Group, hanno già esercitato pressioni sui repubblicani.

 

Intelligenza artificiale

L’ordine esecutivo di Biden sull’intelligenza artificiale sarà quasi certamente revocato,
scrive Tech Policy, e non sono gli unici a essere di questa idea. Infatti il partito repubblicano, già nella sua piattaforma ufficiale, aveva promesso di “abrogare il pericoloso ordine esecutivo di Joe Biden che ostacola l’innovazione dell’AI” e di sostenere invece uno sviluppo di questa tecnologia “radicato nella libertà di parola e nella prosperità umana” piuttosto che in “idee radicali di sinistra”. A rischio dunque saranno soprattutto le misure sulla protezione dei lavoratori, i diritti civili e altre tutele per i consumatori.

Ma quanto dell’apparato anche burocratico creatosi attorno all’ordine esecutivo sarà smantellato non è chiaro. Certo già il termine che ho usato, apparato burocratico, evoca Musk con la falce (o il lavandino, in un immaginario più aggiornato). Ad esempio, che ne sarà dell’obbligo per i grandi sviluppatori di AI di riferire al governo dei loro modelli? C’è chi pensa che salterà, ma potrebbe restare una questione aperta.

C’è però una tendenza della politica sull’AI dell’amministrazione Biden che potrebbe continuare e anche intensificarsi sotto Trump: più controlli all’export.

Sotto Biden, infatti, l’Ufficio per l’industria e la sicurezza del dipartimento del Commercio ha inasprito le norme sul controllo delle esportazioni di AI. Uno degli obiettivi principali di queste norme è impedire l’accesso della Cina ai chip AI più avanzati. “È probabile che la seconda amministrazione Trump rafforzi ulteriormente le restrizioni alle esportazioni di AI”, scrive il think tank Brooking Institute.

Infine think tank di destra pronosticano un allentamento normativo di varie restrizioni energetiche e ambientali per spianare la strada all’industria dell’AI (come noto molto energivora).

 

Bitcoin e criptovalute

Make Bitcoin great again. Si potrebbe riassumere così questa sezione. Insomma, la vittoria di Trump al momento è anche una vittoria per il mondo delle cripto. Del resto il partito repubblicano aveva promesso di porre fine al “giro di vite illegale e antiamericano sulle criptovalute” da parte dei Democratici.

Nessuno scommette dunque sulla sopravvivenza politica di Gary Gensler, il presidente della Securities and Exchange Commission (SEC), nominato da Biden, che aveva aggressivamente perseguito vari soggetti del settore.
(Su quanto la SEC di Gensler abbia considerato prioritaria la vigilanza e regolamentazione del settore cripto c’è un report dettagliato di una società di consulenza).

 

 

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