Rapporto Mediobanca sul sistema Difesa: nel mondo è record delle spese per la Difesa
Le guerre, dall’Ucraina al Medio Oriente, dal Sudan alla Birmania hanno spinto la spesa globale per la Difesa all’ammontare record di 2.443 miliardi di dollari nel 2023 con una crescita del 6,8% rispetto al 2022: una cifra pari a 306 dollari a persona.
Secondo il rapporto sul settore dell’area studi di Mediobanca, che ha esaminato 40 aziende multinazionali che rappresentano il 60% del giro d’affari globale del settore Difesa, nonché 100 aziende italiane, i ricavi saliranno del 9% alla fine di quest’anno, a un ritmo più che doppio rispetto a quello del Pil globale (+3,2%) con i gruppi europei in accelerazione rispetto ai big statunitensi.
E continueranno ad aumentare l’anno prossimo (+12%). In questo contesto l’Italia ha un ruolo da giocare anche se ha vincoli di bilancio. Non si tratta tuttavia, come è già stato fatto, solo di chiedere alla Ue togliere le spese per la difesa dal patto di stabilità. Si dovrà decidere se dirottare verso il settore parte della spesa pubblica finora dedicata al welfare, ossia a sanità e istruzione.
Ma si tratta di una scelta, sulla quale non c’è consenso a livello politico, e non solo in Italia. Lo ha sottolineano il 25 novembre l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel nel corso di un convegno, secondo cui l’Europa si è trovata a fronteggiare una escalation di tensioni e di conflitti “in condizioni di relativa impreparazione”.
Per finanziare le spese per la difesa e sostenere così le aziende del settore la prima soluzione proposta è di emettere eurobond.
“Cominciamo a fare gli eurobond che sarebbe già un primo passo, poi vediamo anche le economie più avanzate dal punto di vista degli investimenti e del capital market come l’America per trovare spunti” ha detto Nagel riferendosi agli strumenti per sostenere il settore della Difesa, in occasione del convegno durante il quale la banca ha presentato un report dedicato al settore.
“Settore di assoluta rilevanza. Tanto più se si considera che l’analisi economica appare relativamente concorde nel ritenere che l’industria della Difesa sortisca spillover positivi sull’intera economia in termini di R&S e formazione del Capitale Umano, date le elevate competenze che essa richiede e che contribuisce ad affinare”.
Negli Stati Uniti, ha citato ad esempio, la Difesa “svolge la funzione di vero e proprio strumento di politica industriale a favore dell’innovazione, portando alla trasmissione al comparto civile di molteplici tecnologie general purpose.
In questo processo, il Dipartimento della Difesa agisce come experimental user, creando la domanda che permette alle aziende di sopravvivere e selezionare i prodotti più promettenti, riducendo i rischi economici associati alla sperimentazione delle nuove tecnologie”.
ll sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, ha fatto appello agli investitori perché mettano capitali nelle imprese del comparto, sicuri che non deluderanno visti i profitti che fanno.
“Ci troviamo davanti a una sfida di consapevolezza. Dobbiamo riflettere che investire in difesa significa rafforzare la sicurezza del Paese, senza questi presupposti non ci può essere benessere e sviluppo” “Le tecnologie a duplice uso che trovano quindi applicazione in contesti civili e militari stanno attirando sempre più investitori poiché permettono di sviluppare soluzioni innovative che possono essere rapidamente adottate su scala industriale, riducendo costi e tempi di sviluppo”.
Per Perego “guardando al futuro è chiaro che l’industria della Difesa non sarà solo un pilastro della sicurezza ma anche un driver di innovazione e competitività industriale, fondamentale per il mantenimento di una sovranità tecnologica dell’Occidente. Le sfide derivanti dall’innovazione tecnologica sono complesse”
Dallo studio di Mediobanca arriva una conferma con la fotografia delle 100 maggiori aziende italiane della Difesa: una piramide con in testa Leonardo e Fincantieri, entrambi controllati dallo Stato, che ha generato utili netti cumulati nel triennio 2021-2023 pari a 4,5 miliardi e profitti record l’anno scorso per 1,6 miliardi (+11,2% sul 2021).
Il fatturato delle top 100 italiane è stato di 40,7 miliardi nel 2023 con un valore aggiunto che vale lo 0,3% del Pil italiano.
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