Mediterraneo Globale o Infinito Mediterraneo?
A cura del Centro Studi di Geopolitica e Strategia Marittima (CESMAR)
Si è da poco conclusa a Roma la 10a edizione dei Mediterranean Dialogues (25-27 novembre), nel corso della quale sono stati trattati temi di grande interesse per la politica marittima del nostro Paese e per la sua propensione economica.
L’evento si è chiuso con l’intervento della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che dobbiamo ringraziare perché ha reso il lavoro del nostro Centro Studi meritevole di attenzione. Durante la sua prolusione, infatti, pur senza nominarlo espressamente, la Presidente Meloni ha fatto riferimento ad un concetto, quello di “Infinito Mediterraneo”, che il CeSMar aveva teorizzato e presentato già il 3 dicembre 2020, con un articolo proprio su Analisi Difesa. Il tema è stato poi ripreso da altri articolisti, in particolare da Marco Vitale, sulla rivista on line dell’Istituto Analisi Relazioni Internazionali, e da Lorenzo Vita, sia su Destra.it, sia su Inside Over.
Ma cos’è l’“Infinito Mediterraneo”, e perché abbiamo pensato a questo nuovo scenario geopolitico? Questo è quanto abbiamo scritto al riguardo sulla nostra ricerca CESMAR 004, pubblicata recentemente.
«Storicamente, la lungimiranza della politica navale dell’Italia Repubblicana risiedeva nella capacità di percepire le sfide strategiche in anticipo rispetto alle necessità politiche del momento, senza focalizzarsi sul valore attuale, ma proiettandosi nello sviluppo dei processi geopolitici in corso. Similmente, l’Infinito Mediterraneo è stato concepito per ampliare il concetto di Mediterraneo Allargato, legato al periodo post Guerra Fredda, epoca dell’unipolarismo egemonico statunitense, inserendo nel computo geopolitico le dinamiche del multipolarismo instabile proprie dell’epoca della post-globalizzazione.
Per utilizzare un linguaggio matematico, l’Infinito Mediterraneo equivale alla derivata di primo grado del Mediterraneo Allargato, ovvero quello strumento che permette all’analista di percepire lo sviluppo, sia esso positivo o negativo, e formulare, a seconda dei casi, strategie ampliative o correttive. L’Infinito Mediterraneo si propone, inoltre, di superare un impianto prettamente geografico e spaziale per ricercare gli assi di sviluppo, propri della globalizzazione, che trascendono i confini politici degli Stati; si considerino, per esempio, le organizzazioni sovranazionali, quali le multinazionali e le ONG, oppure le infrastrutture dove risiedono gli interessi sistemici: telecomunicazioni, energia e commercio.
Nel Mediterraneo Allargato sono già presenti molti assi di sviluppo, che, pur essendo geograficamente collocati nei nostri Teatri Operativi Marittimi, hanno una natura globale, che oltrepassa la dimensione e l’identità mediterranea. Gli Spazi di Proiezione Strategica identificano gli assi di sviluppo del Sistema Paese, nonché le aree del globo da monitorare poiché interconnesse con il Mediterraneo Allargato. Tali spazi marittimi hanno una forte connotazione expeditionary, che può essere condotta con molteplici modalità, per esempio con operazioni di carattere politico-militare, economico oppure socio-culturale.
Lo strumento aeronavale, expeditionary per sua naturale vocazione, può sintetizzare in un numero limitato di assetti svariate capacità appartenenti a domini diversificati, come la ricerca informativa, la deterrenza militare oppure le attività umanitarie. Pertanto, il Potere Navale rappresenta lo strumento più idoneo per la proiezione fuori area degli interessi nazionali e, di conseguenza, non è possibile scindere, in queste aree del globo, la politica navale dalla politica estera nazionale; separazione che in ogni caso sarebbe deleteria per Nazioni marittime quali l’Italia». (AA.VV., L’Italia e la marittimità. Evoluzione strategico-dottrinaria CESMAR 004-2023, Torino, Pathos Ed., 2024, pp. 312-313)
Questa analisi si sposa perfettamente con la visione della Presidente Meloni. Ci è piaciuto, poi, constatare come nel suo intervento abbia riaffermato un punto per noi fondamentale, ossia che «… il Mediterraneo è la nostra casa, nell’accezione più nobile che possiamo dare alla parola casa. Occuparsi del Mediterraneo per noi significa valorizzare la naturale proiezione geopolitica, geostrategica, geoeconomica dell’Italia».
Noi qui ci viviamo, non siamo di passaggio, condividiamo lo stesso ambiente con altri popoli e non vogliamo dominarlo. Siamo stati poi molto contenti che abbia usato il termine “Mediterraneo Allargato”, un concetto per la cui formulazione molti dei nostri ricercatori hanno avuto un ruolo importante, ma le siamo soprattutto grati perché non è caduta nella tentazione di utilizzare il termine “Indo-Mediterraneo”, proposto da alcuni analisti, che noi riteniamo fuorviante, in quanto limita le nostre esigenze strategiche e subordina ad altri i nostri numerosi interessi nazionali.
Per citare nuovamente le parole dio Giorgia Meloni, «… Mediterraneo allargato, cioè un concetto che, come qui sanno in molti, nasce negli anni Ottanta, che è entrato via via nel nostro linguaggio, che identifica di fatto uno spazio geografico racchiuso tra lo stretto di Gibilterra e il Golfo di Aden, includendo al suo interno anche il Medio Oriente e l’Africa centrale».
Ma ora, per Meloni, è tempo di pensare a uno scenario nuovo, cogliendo le opportunità offerte dall’attuale, complessa, situazione politica, e «… provare a dare corpo e sostanza insieme a una definizione nuova e molto più ambiziosa … quella di “Mediterraneo Globale”. Significa, cioè, pensare il Mediterraneo … come a uno spazio che vuole allargarsi al mondo e diventare protagonista delle principali interconnessioni globali, perché è alla portata della nostra sfida».
Si tratta di un concetto molto simile a quello di Infinito Mediterraneo, che quindi noi del CeSMar consideriamo assolutamente valido. L’unica perplessità – semantica – riguarda l’aggettivo “globale”: i marinai, si sa, sono superstiziosi, e questo termine non ha portato molta fortuna agli amici britannici, costretti a pianificare una riduzione della loro flotta dopo aver investito moltissimo sul progetto di due portaerei da 70.000 tonnellate per ottenere la loro “Global Reach”.
Traendo spunto dalle valutazioni espresse dalla Presidente del Consiglio, va evidenziato come si stiano verificando situazioni nuove che vanno a modificare drasticamente lo scenario geopolitico internazionale.
A tal proposito, abbiamo realizzato un’immagine esemplificativa (nella figura più in basso), utilizzando come base un’ipotesi, teorizzata in ambito CeSMar – non quindi formalmente (ancora) accettata da nessun ente governativo nazionale – di suddivisione del globo in cinque Teatri Operativi (TT.OO.) principali, quattro marittimi e uno continentale.
Tale nuova suddivisione (quella “classica” prevede cinque TT.OO. marittimi e due continentali) è stata elaborata con lo scopo di evidenziare come, a eccezione del T.O. boreale, tutti gli altri consentano all’Italia una libertà d’azione che prescinde dalle azioni di altri Stati: ovvero, non siamo tenuti ad adeguarci alla volontà di altri competitors.
A questa immagine, che riporta i cinque TT.OO. sopra citati, abbiamo sovrapposto una grafica tratta da un’analisi condotta dal McKinsey Global Institute, che evidenzia lo spostamento del baricentro economico mondiale negli ultimi 500 anni. (Business Insider, MAP: The World’s Economic Center Of Gravity From AD 1 To AD 2010, 30 giugno 2012).).
Tale baricentro si è allontanato, nel tempo, dall’area che abbiamo chiamato Heartland, “cuore del mondo” – ricordando il termine scelto da Harold Mackinder – e, dopo un movimento verso occidente, è tornato verso il centro dell’Asia.
Cosa significa questo? In primo luogo, la centralità economica del mondo è oggi posta al centro del continente euroasiatico e, in particolare, l’area denominata Heartland svolge un ruolo essenziale nelle comunicazioni tra Oriente ed Europa (oltre che rappresentare un’importante risorsa per petrolio e gas); ma ancor più interessante è constatare che ci si sta avvicinando a una situazione simile a quella che esisteva nel periodo medioevale. Sappiamo tutti che l’Italia ha vissuto, a partire dal secolo XIII, un periodo assai favorevole, sia dal punto di vista economico che da quello culturale, che si è interrotto con le grandi scoperte a occidente, che hanno avvantaggiato gli Stati atlantici, consentendo loro di sostituirsi a noi nel commercio con l’Oriente.
È chiaro, quindi, che se la nuova posizione del baricentro economico mondiale fosse confermata, grazie soprattutto alla presenza del Canale di Suez (che alla fine del periodo medioevale non esisteva), l’Italia si troverebbe nuovamente a poter godere di una posizione geografica centrale per i commerci tra Oriente ed Europa.
Questo spiega bene perché il concetto espresso dalla Presidente del Consiglio non rappresenti vanagloria o un’ambizione irrealizzabile, ma il riappropriarsi di un ruolo economicamente centrale.
Naturalmente non basta essere baciati dalla fortuna e godere di una rendita di posizione: se vogliamo ottenere risultati è necessario che lo Stato si costituisca forte, deburocratizzato, meritocratico, efficace e soprattutto marittimo (il che vuol dire che tutte le componenti dello Stato devono essere orientate a ottenere questo risultato, come ci suggerisce l’autorevole Andrew Lambert in Seapower States: Maritime Culture, Continental Empires and the Conflict That Made the Modern World (New Haven, Yale University Press, 2018).
Tutto ciò potrebbe rappresentare, per il nostro Paese, l’inizio di un nuovo rinascimento e l’Italia potrebbe tornare, a pieno diritto, nel novero delle Potenze che contano.
Nell’articolo con cui avevamo definito per la prima volta l’Infinito Mediterraneo, avevamo concluso esemplificando nuovamente il concetto: «L’Infinito Mediterraneo (Endless Mediterranean Sea) rappresenta il superamento del concetto di “Mediterraneo Allargato” nell’accezione classica del termine … […] Controllare o dominare lo spazio breve (vicino) consente quindi l’irraggiamento (allargamento) verso l’infinito (l’esterno del Mediterraneo)».
Nel concludere il nostro articolo, anche noi abbiamo utilizzato la frase dello stesso intellettuale francese citato dalla Presidente Meloni.
Questo perché noi marinai italiani, essendo romantici e visceralmente attaccati alla nostra cultura mediterranea, siamo innamorati del termine infinito proprio perché ci ricorda Odisseo e la sua avventura raccontata da Omero.
Il Vate greco ci ha insegnato che il mare, di suo, rappresenta l’infinito e tutti noi siamo figli di questa cultura, una cultura che ci spinge alla scoperta di nuovi orizzonti, ma che ci tiene ancorati alle nostre preziose famiglie, alle radici di una storia antica che non è di tutti i popoli e che nel nostro caso ritorna prepotentemente a guidare i nostri passi, anche sul mare.
Ha fatto quindi assai bene la Presidente del Consiglio Meloni a concludere il suo intervento citando Jean Grenier e il suo «uno spazio breve che suggerisce l’infinito» perché questo rappresenta una sintesi perfetta di come dovremmo rapportarci con il nostro mare e come, soprattutto, dovremmo guardare a esso, costante stimolo ad andare oltre i limiti che la geografia spesso ci impone.
Foto: ISPI e Governo.it
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