Le conquiste territoriali russe in Ucraina nel 2024
Le forze russe hanno conquistato 4.168 chilometri quadrati di territorio ucraino nel corso del 2024, oltre sette volte di più rispetto al 2023 (584 kmq), secondo l’analisi dell’ Institute for the Study of War (ISW) resa nota il 30 dicembre.
Questa avanzata, basata su geolocalizzazioni, è stata alimentata in particolare dalla campagna autunnale, con le truppe che sono avanzate di 610 kmq in ottobre e di 725 kmq in novembre mentre in dicembre l’avanzata russa ha rallentato, raggiungendo i 465 kmq nei primi 30 giorni del mese, pur risultando comunque quattro volte superiore a quella dello stesso mese dell’anno precedente e due volte e mezzo superiore a quella di dicembre 2022.
Quasi tre quarti del territorio conquistato dai russi in Ucraina nel 2024 si trova nella regione di Donetsk, che la Russia ora controlla per il 70% rispetto al 59% alla fine del 2023. Qui il progresso russo ha subito un’accelerazione a partire dall’agosto 2024, con quasi 400 kmq occupati in quel mese, raggiungendo i 629 kmq a novembre.
Circa il 30 per cento delle conquiste russe nel 2024 si sono sviluppate invece nelle regioni di Luhansk (ormai interamente sotto controllo russo), Kharkiv e Zaporizhia.
Il 2024 è stato segnato anche dall’offensiva Ucraina su larga scala nella regione russa di Kursk, iniziata il 6 agosto e che il 21 ha raggiunto il culmine estendendosi su circa 1.320 kmq secondo il think-tank statunitense ISW. Un funzionario della NATO a inizio dicembre aveva invece riferito ai media che gli ucraini nella regione di Kursk “controllano tuttora circa due terzi degli 8-900 chilometri quadrati di territorio che avevano conquistato nello scorso agosto”, malgrado la controffensiva russa in corso da tempo nell’area.
Alcuni osservatori evidenziano che nei 1.300 kmq che Kiev rivendicava sotto il suo controllo nel territorio russo, che l’ISW ha “certificato”, verrebbero contata anche l’estensione della cosiddetta “zona grigia”, area lungo il fronte in cui nessuno di fatto ha il controllo ma entrambi i contendenti operano confrontandosi militarmente. Il 30 dicembre l’ISW attribuiva agli ucraini il controllo di appena 482 kmq di territorio russo nella regione di Kursk, la cui estensione raggiunge i 30 mila kmq.
L’offensiva a Kursk costituisce senza dubbio anche una delle cause delle perdite territoriali ucraine, poiché continua ad assorbire un ampio numero di brigate (che subiscono fortissime perdite) che sarebbero state più utili nella difesa del Donbass.
Considerato che altre fonti come i canali militari Telegram russi evidenziano conquiste territoriali più ampie nelle regioni ucraine si può ipotizzare che l’ISW, think-tank non certo neutrale ma vicino alle posizioni “neo-con” e sostenitore dichiarato della causa ucraina, abbia cautamente conteggiato solo le aree saldamente in mano russa senza contare rivendicazioni e “zone grigie”.
Nel Donbass le forze russe hanno conquistato nell’anno appena conclusosi quattro insediamenti definiti di “medie dimensioni” dall’ISW: Avdiivka, Selydove, Vuhledar e Kurakhovo, il più grande dei quali aveva una popolazione prebellica di poco più di 31.000 persone.
Valutazioni di scarso significato in termini militari: più della grandezza dei centri abitati e del numero di abitanti conta infatti che le cittadine conquistate dai russi avevano un rilevante valore militare, o in termini di capisaldi prima linea o in termini di centri logistici. Un valore dimostrato dai lunghi, sanguinosi ed estenuanti combattimenti sviluppatisi fin dal 2022 intorno ad Avdiivka e Vuhledar.
Le valutazioni dell’ISW evidenziano il crescente successo degli attacchi russi in tutti i settori del fronte, accentuatosi negli ultimi mesi del 2024 ma si presta a valutazioni basate esclusivamente sulle fonti ucraine circa le perdite russe.
Con l’apparente obiettivo di minimizzare i successi territoriali russi, l’ISW riferisce che le forze di Mosca hanno perduto nel 2024 oltre 420 mila uomini tra morti e feriti, citando quanto dichiarato dal capo di stato maggiore della Difesa ucraino, il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, che il 30 dicembre ha affermato che le forze russe hanno subito 427.000 vittime negli ultimi 12 mesi: numero che consente all’ISW di quantificare le perdite russe per chilometro quadrato in 102.
Il dato complessivo fornito da Kiev, tenendo conto anche degli ultimi giorni di dicembre è di 430.790 militari russi uccisi o feriti nel 2024 con un picco di 48.670 nel mese di dicembre e di 45.720 in novembre.
Lo Stato maggiore ucraino ha segnalato una media giornaliera di caduti o feriti russi di 1.585 nel dicembre 2024 e di 1.523 in novembre, quando le forze russe stavano avanzando al ritmo elevato di 27,96 chilometri quadrati al giorno. Syrskyi ha dichiarato il 30 dicembre che i russi hanno sofferto 1.700 vittime al giorno nell’ultima settimana dell’anno, indicando che potrebbero aver subito un tasso di vittime ancora più elevato nelle settimane precedenti.
L’ISW quindi, sempre prendendo per veritiere le dichiarazioni pubbliche di Syrsky circa le perdite russe, arriva a ipotizzare che i progressi territoriali russi in dicembre sono stati inferiori a quelli di ottobre e novembre a causa dei “livelli record di perdite”.
Eppure la maggiore potenza di fuoco dei russi e la più elevata qualità e addestramento dei loro militari rispetto alle reclute ucraine mandate sempre più spesso in prima linea prive di preparazione, dovrebbe indurre quanto meno a porsi qualche dubbio circa le notizie diffuse da Kiev sulle spaventose perdite che subirebbero i russi.
Tema che Analisi Difesa ha già affrontato rispetto alle valutazioni rese note della NATO a inizio dicembre (anch’esse appiattite sui numeri discutibili forniti da Kiev) e sul quale torneremo presto prendendo in esame i dati sulle perdite ucraine.
In termini militari la questione potrebbe venire spiegata con gli intensi scontri sostenuti per l’accerchiamento e poi la conquista dell’area di Kurakhovo (nella mappa qui sopra) ma l’ISW valuta invece che il comando russo abbia ”probabilmente tollerato livelli record di vittime del personale da settembre a novembre 2024 per facilitare maggiori guadagni territoriali, ma non è ancora chiaro se sarà disposto a sostenerli se l’avanzata delle forze russe continuasse a diminuire mentre raggiungono insediamenti più pesantemente difesi come Pokrovsk”.
Al momento tutto sembra indicare che i russi puntino ad aggirare Pokrovsk da sud più che ad attaccarla frontalmente (vedi mappa ISW qui sotto) ma in ogni caso le valutazioni del centro studi statunitense non sembrano tenere conto del fatto che mentre la regione di Donetsk è stata completamente fortificata dagli ucraini a partire dal 2014, le regioni limitrofe come Dnepropetrovsk dispongono di opere difensive limitate o inesistenti: elemento che influirebbe certamente sia sulla rapidità dell’avanzata sia sulle perdite.
Il think-tank statunitense, che al pari del bollettino quotidiano sulla guerra attribuito da Londra all’Intelligence costituisce a tutti gli effetti uno degli strumenti dell’influenza statunitense sui media e quindi sull’opinione pubblica in Occidente, non sembra porsi neppure il dubbio che il generale Syrsky abbia reso pubblici a fine anno dati idonei a sostenere il sempre più debole fronte interno ucraino minato da sconfitte, diserzioni e renitenza alla leva su una scala senza precedenti come riportano e confermano diverse fonti, da quelle ucraine ai media occidentali.
Dal 2 gennaio inoltre, le accurate mappe dell’ISW hanno visto una importante modifica che evidenzia in colore azzurro i territori nel nord e nord est dell’Ucraina da cui i russi si sono ritirati volontariamente nella primavera 2022 (in seguito alle intese raggiunte con la mediazione della Turchia che sembravano poter porre fine al conflitto e poi in base alla ridefinizione degli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale) e quelli riconquistati dagli ucraini in seguito alla controffensiva nella regioni di Kharkiv e alla ritirata russa dalla sponda destra del fiume Dnepr in quella Kherson, nell’autunno dello stesso anno.
“Dettaglio” noto e che venne evidenziato a suo tempo sulle mappe dell’ISW, ma superato e infatti da molto tempo assente dalle stesse mappe (sopra e sotto come sono cambiate dal 30 dicembre 2024 al 2 gennaio 2025).
Un elemento non più rilevante ai fini della definizione degli sviluppi militari in atto ma che appare idoneo soprattutto a offrire un’immagine e una percezione meno drammatiche della situazione delle forze di Kiev, evidenziando ritirate autonome o indotte delle forze russe che risalgono ormai a oltre due anni e mezzo or sono.
A conferma del ruolo “di supporto” all’Ucraina rivestito dall’ISW, le sue conclusioni sottolineano come “gli aiuti occidentali rimangono fondamentali per la capacità dell’Ucraina di stabilizzare la linea del fronte nel 2025. Le forze ucraine, con il supporto degli alleati occidentali, devono quindi lavorare per integrare le operazioni dei droni ucraini e l’artiglieria con risorse sufficienti e le capacità di attacco a lungo raggio, e le unità di fanteria ucraine impegnate per difendersi dalle avanzate russe e minare la teoria della vittoria di Putin nel 2025”.
Quasi un endorsement all’Amministrazione Biden uscente a continuare a sostenere in armi Kiev e un’esortazione all’Amministrazione Trump entrante a perseguire la stessa linea.
Sempre prendendo per realistici i numeri forniti da Syrsky (che, come hanno sempre fatto i vertici di Kiev, cerca di bilanciare le sconfitte vantando un numero enorme di perdite russe che nessuno è in grado di dimostrare), l’ISW lo ha accomunato con quanto riferito dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che ha affermato il 24 dicembre che 440.000 volontari si sono arruolati lo scorso anno “a contratto”.
Un accostamento in base al quale l’ISW sostiene che “la Russia sta probabilmente reclutando personale militare appena sufficiente a sostituire le perdite”.
Affermazione forse un po’ azzardata come prima cosa perché nessun numero citato è stato confermato da fonti diverse o neutrali, anche se la stessa fonte NATO che a inizio dicembre ha parlati con i media a Bruxelles ha ammesso che i russi arruolano 30mila volontari a contratto ogni mese: quindi si tratterebbe di 360 mila uomini contro i 440 mila citati da Medvedev.
Inoltre un anno or sono il presidente Vladimir Putin riferì di 700 mila militari russi schierati in questo conflitto mentre recentemente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riferito di 800 mila militari russi coinvolti nel conflitto.
Un incremento forse dettato dalle operazioni in corso nella regione di Kursk, fronte aperto dagli ucraini nell’agosto 2024, o dall’incremento delle forze russe disponibili.
Difficile del resto tenere il conto dei militari russi a contratto disponibili, poiché dopo un anno di servizio il volontario può rinnovare la ferma o congedarsi. Vale la pena sottolineare che Putin ha annunciato un ulteriore incentivo agli arruolamenti di militari a contratto garantendo dal dicembre 2024 l’azzeramento dei debiti fino a circa 100 mila euro.
Secondo l’intelligence ucraina le forze armate russe hanno reclutato nelle carceri tra 140mila e 180 mila detenuti dall’inizio della guerra ai quali è stato corrisposto un salario di 1.718 dollari al mese, raddoppiato da luglio 2024 a 3.524 dollari.
Al di là delle considerazioni territoriali, elemento non per forza risolutivo in un’analisi militare più completa, la valutazione forse più importante è relativa alla determinazione russa a ingaggiare e demolire le forze ucraine con operazioni di accerchiamento e attacchi ai fianchi supportate da artiglieria e bombardamenti aerei su vasta scala favoriti anche dallo scarso numero di aerei e dall’indebolimento delle difese aeree dell’Ucraina.ù
Appare quindi curiosa la valutazione dell’ISW che, con i ritmi registrati nel 2024, “i russi impiegherebbero poco più di due anni per conquistare il resto dell’Oblast di Donetsk supponendo che tutte le avanzate fossero concentrate in quella regione, che possano conquistare grandi aree urbane con la stessa facilità di piccoli villaggi e che gli ucraini non conducano contrattacchi significativi”.
Non occorre un master in scienze strategiche per rendersi conto che in caso di crollo di uno o più settori del fronte ucraino l’avanzata russa sarebbe molto più rapida così come sarebbe vero il contrario se gli ucraini riuscissero a presidiare le proprie linee con più truppe addestrate, ben armate e dotate di ampio supporto di fuoco.
Realisticamente, il contesto attuale sembra rendere più probabile la prima ipotesi e del resto la superiorità russa in termini numerici e di potenza di fuoco sembra puntare più alla distruzione delle capacità avversarie che a concretizzare rapide conquiste territoriali che potrebbero invece essere oggetto di offensive specifiche qualora il comando russo valutasse che il logorio delle forze nemiche ha raggiunto uno stadio irreversibile.
A sostegno di queste valutazioni emergono i dati diffusi da più parti in Ucraina circa la rapida e crescente diffusione di diserzioni e renitenza alla leva a cui si aggiungono gli arruolamenti forzati di reclute poi inviate al fronte senza il necessario addestramento mentre sui media ucraini si comincia a parlare anche del diffuso tasso di alcoolismo tra le truppe al fronte.
Difficoltà che non è detto possano trovare una soluzione nell’abbassamento dell’età minima di arruolamento dagli attuali 25 anni a 20 o forse 18 anni, prevista da un decreto già presentato alla Verkhovna Rada (il Parlamento di Kiev) e che molti si attendono venga approvato anche a causa delle forti pressioni in tal senso che giungono dagli ambienti polacchi, anglo-americani e della NATO.
Kiev chiede inoltre da tempo (senza successo) ai paesi dell’UE di indurre i profughi di sesso maschile fuggiti oltre confine a rientrare in Ucraina per venire arruolati ma in ogni casi tali provvedimenti, anche se venissero attuati, non garantiranno la disponibilità di personale né motivato né addestrato ma rischiano di ingigantire il fenomeno della renitenza alla leva, della diserzione e i tentativi di fuga all’estero.
Circa la situazione dell’esercito di Kiev un articolo di Euronews del 28 dicembre ha messo insieme fonti ucraine diverse citate dall’Associated Press per fare il punto sulle operazioni nella regione di Kursk. Ne riportiamo qui sotto alcuni brani.
Cinque mesi dopo l’offensiva in Russia, le truppe ucraine sono dimezzate e demoralizzate. L’offensiva nella regione di Kursk non è andata come ci si aspettava. Molti si chiedono se sia servita più all’Ucraina o alla Russia. Le battaglie sono così intense che alcuni comandanti ucraini non riescono a liberare l’area dai morti.
I ritardi nelle comunicazioni e le tattiche poco tempestive sono costate vite e le truppe hanno poche possibilità di contrattaccare, hanno dichiarato all’Associated Press sette soldati e comandanti di prima linea – a condizione di mantenere l’anonimato.
È difficile conoscere i numeri precisi, ma il contrattacco di Mosca ha provocato migliaia di morti e di feriti e gli ucraini, che si trovano in una situazione di sovraccarico, hanno perso più del 40 per cento dei 984 chilometri quadrati di Kursk che avevano conquistato in agosto.
Dopo il contrattacco, all’inizio di novembre i russi hanno cominciato a riconquistare rapidamente il territorio, demoralizzando le truppe ucraine alle prese con pesanti perdite. Alcuni comandanti ucraini in prima linea hanno detto all’AP che le condizioni sono difficili, il morale è basso e le truppe mettono in discussione le decisioni del comando, persino lo scopo stesso di occupare Kursk.
Un altro comandante ha detto che alcuni ordini ricevuti dai suoi uomini non riflettono la realtà a causa dei ritardi nelle comunicazioni. I ritardi si verificano soprattutto quando il territorio viene perso dalle truppe russe.
Un comandante di plotone ha raccontato che i superiori hanno più volte rifiutato le sue richieste di cambiare la posizione difensiva dell’unità, perché sa che i suoi uomini non possono tenere la linea.
In tali circostanze i russi potrebbero approfittare delle difficoltà militari ucraine su tutti i fronti, incluso quello interno relativo al morale di militari e opinione pubblica, per lanciare una vasta offensiva nella pianura di Zaporizhia prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, forse anche con l’obiettivo di imporre a Kiev di sguarnire ulteriormente il Donbass per contenere l’attacco o nella speranza di imprimere una spallata che faccia crollare il fronte nemico.
Secondo informazioni diffuse su canali Telegram ucraini, le amministrazioni locali e i comandi militari avrebbero cominciato a trasferire a ovest documenti, archivi, attrezzature e valori da diverse località incluso l’aeroporto di Zaporizhia e alcune città della regione di Donetsk quali Slovyansk e Kramatorsk, nelle immediate retrovie del fronte.
Foto: Ministero Difesa Russo, TASS e Ministero Difesa ucraino
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.