La narrativa (poco credibile) dei russi alle porte

 

L’Alta Rappresentante per la politica estera dell’UE, l’estone Kaja Kallas, esprimendosi in occasione della conferenza annuale della European Defence Agency ha nuovamente sottolineato la necessità di incrementare le spese per la difesa in ambito europeo. “Dobbiamo spendere di più per prevenire la guerra, ma dobbiamo anche spendere di più per prepararci per la guerra”, ha affermato l’alto funzionario poiché “Mosca resterà una minaccia esistenziale finché continueremo a sotto investire nella nostra difesa”.

Non passa giorno senza che leader politici e militari dell’Unione Europea e della NATO non dichiarino pubblicamente che l’unica via d’uscita per la salvezza del nostro continente non possa che essere basata su un drastico potenziamento del comparto militare industriale, sull’incremento della spesa militare e del reclutamento per metterci al riparo dalla inevitabile minaccia militare, soprattutto convenzionale, del Cremlino.

Così, secondo questa narrativa, nonostante la oramai evidente sconfitta sul campo di battaglia ucraino dell’esercito di Kiev, i destinatari della “inevitabilità” degli esiti del conflitto non sono più gli ucraini, ma i loro alleati europei che ora, minacciati direttamente, devono spendere molto di più in madrepatria per prepararsi all’inevitabile invasione russa dell’Europa occidentale.

La narrativa del terrore della guerra a casa nostra è riuscita anche a saldare la postura strategica dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea, unite come non mai nella percezione e nella valutazione di una minaccia quanto mai improbabile, ma evidentemente strumentale per mantenere elevati i toni del confronto strategico con Mosca.

L’adozione di una “mentalità di guerra” è stata recentemente auspicata dal Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, e dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ancorché quest’ultima abbia auspicato l’assunzione di un più sfumato new European defence mindset.

La narrativa dei russi alle porte o del “dopo di noi tocca a voi”, come è opportuno definire, ha avuto inizio alla fine del 2023 a seguito del fallimento della controffensiva ucraina, quando era oramai chiaro che Kiev non avrebbe mai più potuto riprendere il controllo dei territori che avevano perso dal 2014.

Furono le dichiarazioni del Segretario generale della NATO protempore Jens Stoltenberg in occasione di una conferenza stampa congiunta con il Premier slovacco Robert Fico ad introdurre il tema. “Se il presidente russo, Vladimir Putin, vincerà la guerra in Ucraina esiste il rischio reale che la sua aggressione non si fermi lì“diceva Stoltenberg.

A seguire, il 15 gennaio 2024 un presunto scoop del quotidiano tedesco Bild divulgava un documento del dicastero della difesa tedesco nel quale venivano forniti i dettagli relativi a un piano di difesa contro l’aggressore russo.

Ora, il fatto che i militari pianifichino questo tipo di operazioni non costituisce affatto un elemento di novità. Da quando Mosca ha conquistato la Crimea nel 2014 i paesi maggiormente esposti a una possibile onda d’urto russa hanno ripreso i piani di difesa della guerra fredda sviluppando ipotesi d’impiego delle proprie forze armate adattate alle circostanze.

D’altronde, stiamo parlando di uno dei mille scenari giocati in questo decennio dalle forze armate tedesche e alleate. Resta da definire se in questo caso si fosse trattato davvero di fuga di informazioni riservate (non sarebbero i tedeschi che conosciamo) o di una mossa sapientemente giocata per vincere le reticenze dell’opinione pubblica circa il piano di potenziamento senza precedenti delle forze armate, che Berlino aveva recentemente avviato.

Infatti da mesi i tedeschi, assieme a molti alleati europei, avevano affermato che il loro strumento militare non era adeguato e che il confronto di lungo periodo con la Russia che si apprestavano ad affrontare richiedeva un incremento delle spese destinate alla difesa senza precedenti.

Ma le rivelazioni di Bild erano assolutamente funzionali ad alimentare nell’opinione pubblica la percezione di un pericolo imminente e giustificare l’impiego di maggiori risorse per colmare i gap capacitivi delle forze armate di Berlino.

Nel giro di una settimana, il generale Patrick Sanders, Capo di stato maggiore dell’esercito del Regno Unito, si rivolgeva direttamente ai cittadini di Sua Maestà preparandoli per una possibile mobilitazione generale per combattere contro Mosca. D’altronde anche le forze armate di Londra sono al minimo storico di reclutamenti e l’esercito, in particolare, è stato oggetto di una serie di drastici ridimensionamenti ampiamente commentati dalla stampa britannica.

A seguire i capi di stato maggiore della difesa dei Paesi baltici e della Romania ribadivano in diverse occasioni pubbliche che la Russia non si sarebbe fermata in Ucraina e che nel giro di 3-5 anni avrebbe minacciato il fianco est della NATO.

Gli ucraini, naturalmente, hanno rincarato la dose. Il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba in un’intervista rilasciata a Le Figaro il 3 febbraio del 2024 affermava che “chiunque pensi oggi che Putin non oserà inviare il suo esercito in un paese della NATO è miope. Direi addirittura, se mettiamo da parte il politicamente corretto, che è uno stupido“.

Inoltre, argomentava il ministro “se gli europei vogliono evitare una guerra sul territorio della NATO, dove i loro soldati dovranno combattere e morire, devono aiutare gli ucraini a vincere contro la Russia in Ucraina oggi”.

Il giorno seguente il Presidente Zelensky, ospite del nostro TG1, ribadiva il concetto: “la guerra può arrivare da voi e nessuno sarà pronto”. E ancora Zelensky il 7 giugno in visita a Parigi, al cospetto dei deputati francesi, ribadiva che “l’Europa non è più un continente di pace, quello che succede oggi all’Ucraina potrebbe capitare domani ad altri paesi”.

Dunque, il tema del “dopo di noi tocca a voi” ha costituito l’asse comunicativo portante principale del blocco occidentale per mitigare gli insuccessi militari ucraini sul campo di battaglia, i conseguenti profondi dissidi interni tra il governo di Kiev e le proprie forze armate (Valerii Zaluzhny verrà sostituito con il discusso Oleksandr Syrsky) e per contrastare i dubbi, di una parte dell’amministrazione statunitense e dell’Unione Europea, di continuare a sostenere il conflitto a ogni costo.

Tuttavia, la tesi secondo la quale le ambizioni di Mosca si estenderebbero oltre l’Ucraina non è sostenibile per motivi politici, economici e demografici.

Dal momento dell’ascesa di Putin al potere, i tre elementi chiave della politica estera russa sono stati l’insistenza del primato di Mosca nello spazio post-sovietico e il perseguimento di una più stretta integrazione tra le ex repubbliche sovietiche con la Russia come paese guida.

A seguire si trova l’opposizione all’espansione della NATO e, più in generale, i persistenti sforzi per indebolire le istituzioni transatlantiche e l’ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti. Infine, il partenariato con la Cina. Obiettivi che erano già stati identificati e descritti negli anni Novanta dall’ex ministro degli esteri e primo ministro Yevgeny Primakov, il principale artefice del ritorno della Russia sulla scena mondiale.

La leadership politica del Cremlino ha interiorizzato, elaborato e applicato nel corso degli ultimi trent’anni la sua “dottrina”, man mano che Mosca realizzava le condizioni politiche ed economiche per riportare la Russia al ruolo di grande attore internazionale dopo il difficile periodo che era seguito alla caduta del muro di Berlino.

La “dottrina” Primakov postula che un mondo unipolare organizzato da un unico centro di potere globale (gli Stati Uniti) sia inaccettabile per la Russia. Invece, la politica estera russa dovrebbe tendere verso un mondo multipolare gestito da un concerto di grandi potenze: Russia, Cina e India, così come gli Stati Uniti.

Secondo questa visione, il Cremlino non dovrebbe cercare di competere con Washington da solo. Piuttosto, dovrebbe cercare di limitarne l’influenza con l’aiuto di altre grandi potenze e di posizionarsi come un attore indispensabile il cui consenso è necessario per risolvere qualsiasi questione chiave che la comunità internazionale debba affrontare.

Di fatto l’era di Putin prima dell’avvio dell’operazione militare speciale è contraddistinta da guerre di breve intensità e durata volte principalmente a conseguire l’obiettivo del primato politico militare di Mosca nel suo “spazio vitale”.

Il conflitto in Georgia nel 2008, la seconda guerra in Cecenia nel 2008-2009, l’annessione della Crimea e il sostegno alle forze secessioniste del Donbass nel 2014-2015 sono gli esempi concreti. Ulteriori espansioni territoriali, con le inevitabili conseguenze di un confronto diretto con la NATO, non solo non avrebbero significato ma soprattutto non favorirebbero la costruzione di quei rapporti multipolari che i russi stanno già realizzando, in particolare con la Cina e con l’India, Paesi che farebbero molta fatica a comprendere e a giustificare le nuove eventuali ambizioni territoriali di Mosca.

Il conflitto ucraino, che i russi non si aspettavano di dover condurre su larga scala, è legittimato agli occhi della società russa e degli alleati di Mosca (soprattutto la Cina), perché un’Ucraina ostile e integrata nella NATO ha sempre costituito una minaccia esistenziale a questo spazio vitale.

Un diritto di intervenire tacitamente riconosciuto dagli alleati/partner di Mosca anche e soprattutto a seguito delle sempre più numerose rivelazioni riguardanti le responsabilità degli Stati Uniti e di alcuni principali suoi alleati, nell’aver preparato il conflitto e nell’averlo provocato per mettere fuori gioco la Russia dal risiko globale.

In ogni caso, ulteriori ambizioni di conquista sarebbero non solo compromettenti dal punto di vista politico, ma anche impossibili da sostenere sul piano economico e demografico.

L’adozione di un assetto da economia di guerra sta consentendo alla Russia di sostenere costosissime operazioni militari, su un fronte amplissimo, volte a sconfiggere l’esercito ucraino e che potrebbero protrarsi fino al 2025, a meno di sviluppi improvvisi della situazione politica a Washington. Difficilmente Mosca potrebbe sostenere, anche nel medio termine, il colossale impegno di affrontare gli eserciti dell’Alleanza Atlantica in un confronto diretto.

Questo soprattutto perché le priorità di Mosca, una volta concluso il conflitto con Kiev, saranno almeno quattro.

Innanzitutto, ricostituire e aggiornare il proprio strumento militare terrestre (quello maggiormente interessato allo svolgimento delle eventuali operazioni in Europa) per presidiare e difendere i nuovi confini dei territori ucraini e quelli occidentali della madrepatria.

C’è una forte volontà, più che evidente in questi giorni, di trascinare direttamente gli Stati Uniti e l’Europa sul campo di battaglia per scongiurare il pericolo di una vittoria totale russa. La sopravvivenza politica di Zelensky è legata alla continuazione della guerra, e non scordiamoci che Andrey Yermak, capo dell’Ufficio del presidente ucraino, aveva dichiarato sin dal settembre dello scorso anno che l’obiettivo primario dell’Ucraina è quello di coinvolgere direttamente la NATO nel confronto diretto con la Russia.

Se è pur vero che secondo un recente aggiornamento Mosca, grazie all’andamento favorevole del reclutamento e al fatto che le perdite sono di gran lunga inferiori agli arruolamenti, sembrerebbe aver approntato una riserva ben equipaggiata e addestrata di circa sei divisioni (la cosiddetta “riserva Shoigu), è quasi certo che queste nuove risorse siano state approntate soprattutto per far fronte a uno scenario di confronto con gli eserciti della NATO in Ucraina, come vorrebbero inglesi e francesi per esempio, e non altrove.

In secondo luogo, Putin dovrà impiegare una parte dell’esercito per sostenere gli impegni in Africa e dovrà destinare una parte della produzione del comparto militare industriale all’esportazione, bruscamente interrotta quasi del tutto per sostenere la guerra.

Infine, dovrà ricostituire le scorte per fronteggiare le future esigenze. Sommando le quattro funzioni appena elencate, rimarrebbe quindi ben poco per avventurarsi in problematiche conquiste, anche di uno dei tre piccoli Paesi Baltici.

Anche l’aspetto demografico non favorirebbe la Russia. Il celebre storico, sociologo e antropologo francese Emmanuel Todd, nel suo libro “La sconfitta dell’Occidente”, ha evidenziato come la Russia sia entrata in una fase di contrazione della popolazione maschile potenzialmente coscrivibile pari a circa il 40%.

Ecco perché, secondo Todd, “parlare di una Russia conquistatrice, capace di invadere l’Europa dopo aver piegato l’Ucraina, è pura fantasia o propaganda.

La verità è che la Russia, con una popolazione in calo e una superficie di 17 milioni di chilometri quadrati, ben lungi da voler conquistare nuovi territori, più che altro si domanda come potrà continuare a occupare quelli che possiede”.

Dunque, è molto probabile che il confronto con l’Occidente e l’Europa in particolare, destinato a protrarsi inevitabilmente nel tempo, non avverrà invadendo la Finlandia, la Svezia, i Paesi Baltici, o attraversando la Polonia, e la Germania con le divisioni corazzate della Guerra Fredda.

Saranno piuttosto altri “fronti” molto meno definiti e le modalità della guerra ibrida, che comprenderanno anche il sostegno diretto di Mosca ai suoi alleati nel mondo, a caratterizzare gli sviluppi delle sfide tra la Russia e il cosiddetto blocco occidentale.

La narrativa del “dopo di noi tocca a voi” può e deve essere rimandata al mittente prendendo in considerazione i dati di fatto che né la politica né una parte del mondo militare europeo (compreso quello nostrano) sembrano considerare nonostante le evidenze.

L’Europa non deve prepararsi per una guerra con la Russia perché questa ipotesi è priva di fondamento, e non può continuare a costituire il tema unificatore di una politica estera europea utile solo a quei Paesi e a quelle società desiderose di chiudere ad ogni costo i conti della propria storia con Mosca, o che non possono perdere la faccia di fronte al supporto incondizionato fornito ad una causa sbagliata.

Ad un’agenda imposta da chi ha voluto, attraverso il conflitto ucraino, indebolire soprattutto il proprio “alleato” d’oltre oceano. Non basterebbe un decennio di spese militari al 10% del PIL dei Paesi europei per combattere contro la Russia, ammesso che siano disponibili le necessarie risorse umane per farlo.

Una follia. “Le stesse élite che ieri non sono state in grado di prevedere che i russi sarebbero entrati in guerra, oggi non riescono a immaginare che la Russia voglia la pace, non per sua bontà d’animo, ma perché è nel suo interesse” scrive Todd.

Forse dovremmo capire che al punto in cui siamo arrivati, dovrebbe essere anche nel nostro.

Foto: Commissione Europea,  NATO, TASS, Ministero Difesa Russo e Telegram

 

Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.

Login

Benvenuto! Accedi al tuo account

Ricordami Hai perso la password?

Lost Password

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. 

Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy. 

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: