La pace in Ucraina tra dubbi, incertezze e aspettative

 

Nel corso della sua recente visita a Kiev il leader laburista britannico Keir Starmer ha siglato una partnership di cento anni con l’Ucraina, impegnando miliardi di sterline in assistenza militare e paventando la possibilità di basi britanniche sul territorio ucraino. Questa iniziativa ha suscitato critiche sia in patria che all’estero, alimentando il timore di un coinvolgimento occidentale più diretto nel conflitto.

Infatti, l’incontro è avvenuto sulla scia delle notizie, sempre di fonte britannica, secondo cui il Regno Unito e la Francia avrebbero tenuto frequenti “incontri segreti” in merito al dispiegamento di truppe di pace in Ucraina. /

Sulla base delle stesse dichiarazioni britanniche, Londra vorrebbe addirittura assumere la leadership del contingente internazionale. Al riguardo, lo stesso Telegraph appare molto scettico sulla possibilità che le forze armate di Sua Maestà possano sostenere un impegno di lungo termine nel senso auspicato. “L’invio di truppe britanniche sul terreno in Ucraina avviene in un contesto di tagli alle forze armate, che hanno messo in discussione la sua credibilità come forza combattente”, scrive la testata inglese.

“Il numero di soldati dell’esercito è sceso sotto i 73.000 a maggio per la prima volta dall’era napoleonica, poiché tutti e tre i services (vale a dire Esercito, Marina e Aeronautica) hanno lottato per reclutare e trattenere il personale negli ultimi anni”.

Per intenderci, mentre scriviamo tutto l’esercito britannico potrebbe comodamente trovare posto nello stadio di Wimbledon mentre in quello di San Siro starebbe decisamente largo.

Sempre il Telegraph, descrive tre scenari per il dispiegamento di un contingente di truppe britanniche in Ucraina. Il primo prevede la gravitazione del contingente in corrispondenza di alcuni punti critici lungo una possibile zona cuscinetto, pattugliati da aerei da combattimento, elicotteri d’attacco e forze di reazione rapida nelle retrovie.

Il secondo scenario è quello più estremo. Se Mosca dovesse sembrare ancora una volta in grado di conquistare Kiev, gli alleati dell’Ucraina in Occidente potrebbero essere costretti a prendere misure più drastiche.

“Si potrebbe formare una coalizione di volenterosi per creare un cordone difensivo intorno alla capitale ucraina, alleggerendo le forze ucraine da inviare in avanti per arginare qualsiasi avanzata russa” dice il giornale. Tuttavia, si ammette che “questa è una teoria che è stata discussa da funzionari e strateghi nelle capitali occidentali, ma è vista come l’opzione nucleare, che pochissimi sono veramente disposti ad accettare”.

In pratica, gli alleati dell’Ucraina sanno di avere un numero limitato di truppe a loro disposizione (non solo i britannici sono messi male), quindi stanno cercando di decidere se sia più efficace proteggere la zona del Dnipro, la capitale Kiev, o qualcos’altro, come Odessa.

Infine, il terzo scenario, quello dato per più probabile, riguarderebbe l’invio di truppe nell’ovest dell’Ucraina sotto la copertura di un potente sistema di difesa aerea, per condurre in loco l’addestramento delle forze armate di Kiev. Non sarebbe una vera forza d’interposizione, dunque, ma la mera continuazione dell’assistenza sino ad ora fornita dai paesi occidentali.

Per ciò che concerne i francesi, nuovi rapporti affermano che la Francia avrebbe già approntato un contingente di 2.000 soldati per entrare in Ucraina e avrebbe condotto attività di wargame denominate “Perseo” che sembrerebbero aver simulato combattimenti sul fronte bielorusso.

Anche la testata Intelligence online, pubblicazione digitale incentrata sui servizi di intelligence statali (come CIA, DGSE, MI6, ecc.), sull’intelligence economica e sui progressi tecnologici nel campo dell’intelligence avrebbe confermato la notizia.

Questo è un aspetto interessante per due ordini di motivi. In primo luogo perché già da tempo i generali bielorussi hanno denunciato piani ucraini per impadronirsi di parti della Bielorussia, rovesciare il governo ed espandere la guerra.

In secondo luogo, perché secondo fonti russe le simulazioni lungo il confine bielorusso avrebbero in realtà riprodotto le condizioni militari dell’area del fiume Dnipro nella parte settentrionale del paese già presa in esame, come abbiamo visto, dai britannici.

Dunque, a fattor comune, si tratta di ipotesi d’impiego di truppe occidentali che rispecchiano la volontà, mai sopita, di elaborare piani non solo per proteggere l’Ucraina nel momento in cui la Russia supererà definitivamente le difese delle forze di Kiev con il conseguente collasso dell’intero fronte, ma anche per estendere il conflitto nel territorio del principale alleato di Mosca.

Nel frattempo, non è dato sapere quali altre brillanti iniziative stiano maturando in ambito europeo e nonostante l’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Kaja Kallas, abbia affermato il mese scorso che sia “troppo presto per parlare di una missione di peacekeeping in Ucraina dal momento che la Russia non è interessata alla pace”, è molto probabile che molti paesi europei, in ordine sparso, stiano elaborando altre possibili soluzioni in attesa dell’insediamento del nuovo presidente a Washington e della ricezione di “apposite istruzioni”.

Anche il Ministro della Difesa Guido Crosetto è andato a Kiev, auspicando il dispiegamento di un contingente d’interposizione sotto egida UE o ONU. Il pubblico auspicio del titolare del dicastero della difesa indica chiaramente che le ipotesi di coinvolgimento dei paesi europei nel contesto di un possibile scenario post-bellico in Ucraina, sono all’esame.

D’altronde, gli europei temono di essere tagliati fuori dai negoziati perché Trump, come ha già anticipato, è pronto a toglierli di mezzo e a trattare direttamente con Putin, non dando all’Europa, come sempre, voce in capitolo sul proprio futuro.

Al riguardo sarebbe anche interessante, oltre che opportuno, conoscere il punto di vista del nostro Paese il quale, oltre a garantire a Zelensky l’undicesimo pacchetto di aiuti per il sostegno incondizionato al governo ucraino, non è pubblicamente andato oltre.

Non è quindi chiaro se il nostro ruolo in questa complessa vicenda ci possa annoverare tra i protagonisti dello sviluppo di una vision politico militare credibile e sostenibile (per i nostri interessi e per quelli dell’Europa), oppure sia quello dei soliti esecutori e force provider di soluzioni e piani decisi da altri.

In ogni caso, nell’intervista di fine anno alla principale agenzia d’informazioni russa Tass il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha respinto i piani di Trump di congelare il conflitto, ritardare l’adesione dell’Ucraina alla NATO e schierarvi le forze di pace occidentali, e ha ricordato a tutti i termini dichiarati da Putin  per porre fine all’operazione speciale, tra i quali la neutralità dell’Ucraina che, ovviamente, mal si concilia con le iniziative di Londra.

Lavrov ha anche espresso scetticismo sul fatto che ci sarà un miglioramento nelle relazioni bilaterali sotto Trump, dal momento che dovrà “nuotare contro corrente”, come ha detto, nel senso di dover superare il consenso bipartisan sul contenimento della Russia attraverso l’Ucraina.

Su questo argomento, è altrettanto scettico sulla recente ammissione di Zelensky che l’Ucraina non sarebbe in grado di riconquistare i territori perduti, indicando la continua inclusione di quell’obiettivo nel “Piano di vittoria” di Kiev, come prova che le sue parole non si sono tradotte in azioni.

Intanto negli Stati Uniti i consiglieri di Trump ora ammettono che la guerra in Ucraina richiederà mesi o anche di più per essere risolta, un drastico e drammatico aggiornamento della sua più grande promessa di politica estera: raggiungere un accordo di pace nel suo primo giorno alla Casa Bianca. Non a caso Marco Rubio, prossimo Segretario di Stato della nuova amministrazione Trump, ha dichiarato la scorsa settimana durante un’audizione al Senato che la guerra in corso deve finire, sottolineando la necessità che tutte le parti coinvolte, tra cui Russia, Ucraina e Stati Uniti, facciano concessioni per una risoluzione pacifica.

Un linguaggio inusuale da parte statunitense, che tradisce il fatto che non c’è ancora alcuna chiarezza da parte del team di Trump su come esattamente prevedono di porre fine al conflitto.

Non solo. L’ipotesi di passare i mesi necessari a quadrare il cerchio sulle “concessioni” continuando a combattere “sino all’ultimo ucraino” è quanto mai attuale. Infatti, il Financial Times riporta un’intervista con il consigliere per la sicurezza nazionale scelto da Trump, Mike Waltz, nella quale afferma che l’amministrazione Trump spingerà l’Ucraina ad abbassare l’età di mobilitazione a 18 anni.

“Chiederemo all’Ucraina di abbassare l’età di mobilitazione a 18 anni per attirare centinaia di migliaia di nuove truppe”, ha affermato l’attuale consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, allo scopo di stabilizzare la linea del fronte nel paese prima dei negoziati diretti con la Russia.

Alcuni hanno sostenuto che Waltz non stesse parlando per Trump, ma a suo nome, mentre altri hanno letto queste dichiarazioni come un chiaro messaggio rivolto alla nuova compagine governativa. Ad ogni buon conto, “la squadra di Trump sta rivedendo il suo approccio per porre fine al conflitto in Ucraina”, hanno dichiarato al Financial Times i funzionari europei che stanno discutendo la questione con la futura amministrazione statunitense.

Uno di questi ha osservato che la squadra di Trump è “ossessionata dalla forza e dal desiderio di sembrare forte“, motivo per cui “stanno ripensando il loro approccio all’Ucraina“.

Anche Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale uscente aveva lanciato lo stesso appello e le sue parole erano state riprese praticamente alla lettera dall’ex Segretario alla difesa britannico Wallace il quale, nell’esortare Zelensky a una mobilitazione totale del popolo, aveva affermato che “nel 1941 abbiamo mobilitato [anche] le donne“.

Rimangono, dunque, tutte le criticità che sono già state recentemente evidenziate sulle pagine di Analisi Difesa che rendono molto difficile la definizione di una soluzione politicamente sostenibile e duratura. Nel frattempo, la prospettiva di breve termine è quella della continuazione della guerra per procura, possibilmente fino all’ultima donna ucraina, seguita da un lungo periodo d’instabilità.

Foto: Presidenza Ucraina, Presidenza Russa Truth, Ministero Difesa Britannico e Ministero Difesa Ucraino

 

Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.

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