Prezzi gas: la speculazione non è il nemico e il price cap non è la soluzione
Pubblichiamo per gentile concessione dell’Istituto Bruno Leoni l’editoriale del 7 gennaio 2025 intitolato: “Prezzi gas: la speculazione non è il nemico e il price cap non è la soluzione”.
Nelle ultime settimane, i prezzi del gas sono tornati a crescere. Subito sono saltati fuori il solito capro espiatorio (la “grande speculazione”) e la soluzione sempreverde (il price cap). È un dibattito sempre uguale a sé stesso, purtroppo, nel quale quelle che ieri erano risposte autolesioniste non diventano soluzioni brillanti oggi solo perché sono cambiati i protagonisti della recita.
Oggi, come ieri e come avantieri, la spiegazione del cambiamento nei prezzi è una ed è semplice: l’offerta si è fatta più scarsa rispetto alla domanda. Sono tre i fattori cruciali per comprendere quello che sta accadendo: dal lato della domanda, le temperature invernali più rigide degli ultimi due anni hanno accresciuto i consumi per il riscaldamento; inoltre, la domanda da parte della Cina e delle economie asiatiche, che sono in ripresa, entra in diretta competizione con la nostra richiesta. Dal lato dell’offerta, il 31 dicembre è scaduto il contratto per l’utilizzo del gasdotto che attraversa l’Ucraina, e che ancora trasportava metano verso gli Stati Ue.
Ciò che sta accadendo è stato annunciato e più che previsto, e non ci sarebbe davvero alcuna ragione di stupirsi. Stiamo vivendo la fase finale di una trasformazione rapida e complessa nel nostro approvvigionamento, messa in moto dalla guerra in Ucraina. Ciò ha condotto gli europei a cercare altri fornitori.
Nel contempo, la determinazione dell’Unione europea nel tagliare l’impiego di combustibili fossili per ridurre le emissioni le ha impedito di stipulare con questi nuovi fornitori contratti di lungo termine in quantità adeguata.
Dunque siamo costretti a dipendere maggiormente dai mercati a pronti, più sensibili alle condizioni del mercato in tempo reale. La controprova viene dall’andamento dei futures, che scendono sotto i 30 euro / MWh nel 2027 e sotto i 25 euro l’anno successivo (contro i 45-50 attuali). Le attese ribassiste rispecchiano l’aspettativa di un aumento della capacità produttiva a livello globale, oltre a una riduzione del fabbisogno Ue.
Se ci affidassimo ai pifferai magici e imponessimo un tetto ai prezzi, l’unico risultato che otterremmo sarebbe quello di allontanare carichi di Gnl che prenderebbero la strada verso destinazioni più remunerative. Col paradossale effetto, se vogliamo ragionare di geopolitica, di imporre l’equivalente di una sanzione proprio sui fornitori che l’Europa ha reclutato per smarcarsi dalla Russia.
L’idea di smontare i meccanismi di mercato quando i prezzi non ci sono graditi non è nuova. Ma è pericolosa, oggi come ieri e avantieri, anzitutto culturalmente. I mercati non “fanno costare” di più o di meno questo o quel bene o servizio. Registrano quanto questi ultimi sono scarsi rispetto al bisogno. I calmieri non faranno aumentare l’offerta di gas. Servirebbero solo a soddisfare l’eterno desiderio della classe politica: illuderci che scelte magari pure meritorie, come provare a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, non abbiano dei costi.
IBL
Foto Gazprom
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.