Record storico di clandestini in Italia. Erdogan riapre la “rotta balcanica”?

Come avevano previsto il 2016 è già l’anno record per gli sbarchi di immigrati illegali in Italia giunti ormai a oltre 171 mila da gennaio superando così il record stabilito nel 2014 sull’onda dell’operazione umanitaria Mare Nostrum.

Un risultato conseguito dal governo italiano e dalla Ue impiegando flotte di “traghetti militari” che non solo incoraggiano nuovi flussi di clandestini dall’Africa ma non riescono neppure a ridurre il numero di morti in mare, stimato in 4.600 persone da gennaio di quest’anno.

I dati comunicati il 28 novembre dal Ministero degli Interni riferiscono di 171.299 “migranti” arrivati dal Mediterraneo nei primi 11 mesi del 2016, contro i 170.100 del 2014 e i 152.840 del 2015.

Tra gli sbarcati di quest’anno vi sono  35.716 nigeriani,  20.100 eritrei, 12.352 provengono dalla Guinea, 11.406 dalla Costa d’Avorio e 11.022 dal Gambia. Tanto per chiarirci le idee, nessuno di questi Paesi è in guerra e i clandestini sono per oltre l’80 per cento maschi giovani.

Il Viminale conferma anche l’aumento record di minori stranieri non accompagnati: da gennaio ne sono giunti in Italia 22.772, a fronte dei 12.360 di tutto il 2015.
Senza precedenti il numeri di clandestini inseriti nel circuito dell’accoglienza, ben 176.720 contro i 103.792 dello scorso anno. Tra le regioni con maggior numero di accolti, al primo posto la Lombardia con 23.038 persone, il 13 per cento del numero complessivo, seguita da Lazio con 15.046 presenze, Veneto con 14.217, Piemonte con 14.320, Campania con 14.142.

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Fallito ogni programma di ricollocamento deciso sulla carta nel 2015 dai Paesi dell’Unione europea: a oggi i ricollocamenti in altre nazioni Ue di richiedenti asilo dall’Italia hanno riguardato meno di 1.800 unità contro le 40mila previste in due anni.
In ogni caso considerati i flussi in arrivo dall’Africa e che Italia e Ue favoriscono (con un’operazione che potremmo battezzare “Svuota l’Africa”) invece di contrastarli, anche il ricollocamento di tutte le persone previste non avrebbe risolto il problema.

I numeri delle persone assistite non tengono conto dei tantissimi che sono fuggiti dai centri d’accoglienza e ospedali cercando di andare in altri Paesi europei e che in numeri non precisati vagano per l’Italia senza alcun controllo.

Meglio non dimenticare infatti che dal 2014 a oggi le autorità italiane hanno fatto sbarcare nella Penisola mezzo milione di clandestini trasportandoli sulle nostre coste per lo più con navi militari che avrebbero potuto essere impiegate più proficuamente per gli interessi nazionali per riportarli sulle spiagge libiche trattenendo solo minori soli e persone bisognose di cure. Un’operazione che, oltre a salvare tante vite, avrebbe fatto cessare i flussi migratori illegali poichè nessun clandestino pagherebbe più i trafficanti se fosse certo di non poter raggiungere l’Europa.

Eppure, come Analisi Difesa ha più volte sottolineato, sono stati ampiamente dimostrati e ammessi pure dal nostro governo i rapporti finanziari tra trafficanti e terrorismo islamico ed è ormai certo che i flussi migratori sono utilizzati anche per infiltrare jihadisti in Europa.

L’assenza di respingimenti ed espulsioni (che a questo punto dovrebbero essere di massa considerato che l’Agenzia europea Frontex e  lo stesso Matteo Renzi hanno detto più volte che i migranti economici dovranno essere rimpatriati) di persone che non hanno alcun diritto all’asilo in base a quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, rischia di determinare  situazioni di grave pericolo per la sicurezza sociale e l’ordine pubblico in tutta Europa. Un’emergenza che si accentuerà se (o forse sarebbe meglio dire quando) la Turchia deciderà di riaprire la “rotta balcanica”.

Il ricatto di Erdogan

Nei giorni scorsi il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha alzato i toni nel braccio di ferro con la Ue riesploso con la risoluzione del Parlamento di Strasburgo che chiede la sospensione dei negoziati di adesione della Turchia all’Unione, il presidente turco è tornato ad alzare la posta.
“La Turchia aprirà le sue frontiere ai rifugiati diretti in Europa se la Ue proseguirà su questa strada” ha ammonito Erdogan aggiungendo che gli europei “sanno benissimo che se andranno avanti votando contro di noi, quella stessa frontiera sarà aperta”.

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Il riferimento è ai 3,5 milioni di immigrati (per lo più siriani, iracheni, afghani e pakistani) che dalla Turchia si riverserebbero in Europa se Erdogan facesse saltare l’accordo, negoziato con Angela Merkel ma siglato in marzo dall’Unione, in cui la Turchia si impegna a bloccare i flussi in cambio di sei miliardi di euro e del via libera all’ingresso nella Ue di cittadini turchi senza visto.

“Noi ci stiamo occupando di 3 milioni e mezzo di rifugiati, l’Europa è stata disonesta verso l’umanità lasciando che bambini morissero nel Mediterraneo”- ha aggiunto Erdogan con l’usuale retorica che sorvola sul ruolo turco nello scoppio della guerra in Siria e sul business dei barconi carichi di migranti verso la Grecia che i trafficanti turchi non potrebbero gestire senza la complicità delle autorità di Ankara.

Il dossier migranti illegali non è l’unico contenzioso tra Turchia e Ue ma è certo il più delicato. Un nuovo esodo verso i Balcani, ancora più intenso di quello del 2015, avrebbe effetti destabilizzanti su molti Stati dell’Unione dove i governi ora promettono una decisa stretta sull’immigrazione in vista delle prossime elezioni.

La replica della Ue è stata infatti molto morbida. La Commissione Europea “è impegnata nell’applicazione dell’accordo con la Turchia sui migranti e ci aspettiamo che le due parti continuino a impegnarsi” ha detto il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, che ha ridimensionato il peso della risoluzione parlamentare (non vincolante e “da considerare nel contesto più generale dell’Ue”) in cui si denunciano le violazioni dei diritti umani compiute dal governo turco ai danni di dissidenti e oppositori.

Angela Merkel è la più vulnerabile alle minacce turche. Ha gestito personalmente l’accordo con Erdogan e candidandosi per il suo quarto mandato ha promesso una maggiore rigidità sull’immigrazione illegale che cadrebbe nel ridicolo se Ankara riaprisse i confini.
La Merkel ha quindi bisogno che i turchi rispettino l’accordo, ameno fino alle elezioni. Non a caso la suo portavoce, Ulrike Demmer, ha replicato docilmente che l’accordo sui migranti “è nell’interesse di entrambe le parti” e “le minacce non aiutano”.

La sfida turca alla Ue

Un punto debole che lascia a Erdogan buone carte per mettere l’Europa con le spalle al muro. Se non otterrà l’abrogazione dei visti darà il via a un nuovo esodo di milioni di migranti, se l’otterrà potrebbe inviarli ugualmente in Europa dopo aver concesso loro cittadinanza e passaporto come da tempo sostiene di voler fare. La debolezza dell’Europa consente a Erdogan di rafforzare il carisma pure sul fronte interno dove ha la necessità di distogliere l’attenzione dalle difficoltà finanziarie e dal crollo della lira scivolata ai minimi storici.

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In quest’ottica vanno lette le dichiarazioni circa la volontà di firmare il decreto sulla reintroduzione della pena di morte se, come probabile, il parlamento in mano al partito del presidente (AKP) lo approverà. Un ulteriore schiaffo alla Ue che pone come precondizione ai negoziati di adesione la rinuncia alla pena capitale abolita da Ankara nel 2004.
Erdogan del resto applica la dottrina politica dei Fratelli Musulmani e sta sfruttando il “post golpe” per islamizzare rapidamente la Turchia.

Lo dimostrano anche le dichiarazioni circa il rinnovo della proposta di legge sulle violenze sessuali subite dalle bambine che consentirà agli stupratori di sposare le loro giovanissime vittime. Un’aberrazione per le società basate sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo ma non per molti paesi islamici. La legge, già in discussione, è stata ritirata tra le proteste di molte organizzazioni per i diritti umani e delle donne ma Erdogan ha detto che verrà “scritta meglio” e riproposta in parlamento dove avrà “un grande consenso”.

Foto AP e Marina Militare

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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