Afghanistan: il voto nel settore italiano
Più di 23.000 soldati e poliziotti afghani,addestrati in questi anni dai militari italiani, hanno garantito in maniera autonoma la sicurezza negli oltre 900 seggi elettorali allestiti nell’ovest del Paese, l’area di responsabilità italiana. A fronte dei 19 attacchi sferrati contro il dispositivo di sicurezza posto a presidio dei seggi, nessun civile è rimasto coinvolto, mentre tre sono i soldati dell’esercito afghano che hanno perso la vita. Complessivamente, viene sottolineato dal comando del contingente italiano, la sicurezza è stata dunque garantita e il dispositivo messo in campo ha consentito di esercitare il diritto di voto nelle quattro province in cui opera il Regional Command West, il comando multinazionale di Isaf su base brigata “Sassari”. Un risultato che viene accolto con “piena soddisfazione” dal capo di stato maggiore della Difesa, Luigi Binelli Mantelli, sia per l’andamento delle operazioni di voto, sia per la percentuale dei votanti che hanno potuto esprimere liberamente la loro scelta “grazie alla cornice di sicurezza fornita dalle forze afghane supportate da quelle internazionali della missione Isaf”, di cui i militari italiani ad Herat fanno parte.
E’ stata “una dimostrazione di maturità ed efficacia – ha sottolineato il capo di stato maggiore della Difesa – che segna un importante traguardo nel consolidamento del processo di transizione”. Parole di apprezzamento per l’operato dei militari afghani sono arrivate dal generale Manlio Scopigno, comandante del contingente italiano in Afghanistan. “Oggi è una giornata storica per ognuno di voi”, ha detto Scopigno. “Vivetela con orgoglio e con la consapevolezza che i nemici dell’Afghanistan che avevano minacciato di boicottare le elezioni hanno perso. Il commosso pensiero del contingente italiano di Isaf va ai nostri fratelli militari afghani che hanno perso la vita per il più alto e nobile degli ideali: l’amore per l’Afghanistan ed i suoi simboli”.
In realtà in molte aree come alcuni distretti delle province di Badghis e Farah i seggi sono rimasti chiusi. A Farah, da sempre la più calda delle 4 province del settore a guida italiana, ben il 27% dei seggi non ha potuto aprire per ragioni di sicurezza, cioè per la presenza talebana. La gran parte di questi seggi non aperti si trovano nei distretti orientali presidiati solo per in paio d’anni dagli italiani e poi lasciati con troppa fretta di disimpegnarsi dagli avamposti più “caldi” ai presidi delle forze di Kabul del tutto incapaci di contrastare gli insorti e controllare il territorio. La percentuale di seggi non aperti a Farah ricalca quella registrata in occasione delle elezioni presidenziali del 2009 (il 29%) tenutesi prima che gli italiani si schierassero nei distretti di Bakwa e Gulistan (settembre 2010).
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