L’ILLUSORIO PROGRAMMA DEL GOVERNO SULL’IMMIGRAZIONE
Sarà concreto il giro di vite annunciato dal governo italiano sull’immigrazione illegale e i traffici di esseri umani? Da quanto enunciato un decreto legge dovrebbe semplificare le procedure e modificare alcune norme, poi una serie di accordi con i paesi di origine e transito degli immigrati illegali renderanno effettivi i rimpatri forzati.
Al tempo stresso un’accoglienza maggiormente distribuita sul territorio nazionale diminuirebbe l’impatto sociale dei clandestini rinnovando gli incentivi già previsti per i comuni che accolgono i migranti.Infine verranno istituiti nuovi Centri di identificazione ed espulsione (CIE) per ospitare coloro che devono essere rimpatriati.
Il piano, che dovrebbe ribaltare la posizione buonista di accoglienza generalizzata finora adottata da Roma (e infatti non mancano le reazioni sdegnate interne a Sinistra e mondo cattolico), appare però illusorio per diverse ragioni.
Innanzitutto è basato su variabili che non dipendono dall’Italia, non sembra tenere conto della resistenza che moltissimi clandestini opporranno all’espulsione e soprattutto non sembra in gradi di scoraggiare gli arrivi dalla Libia.
Il primo passo sarà un decreto legge che preveda l’annullamento del secondo grado di giudizio in caso di negazione del diritto d’asilo, la semplificazione delle procedure che riguardano le notifiche di espulsione e la possibilità di iscriversi all’anagrafe solo con il permesso di soggiorno regolare.
Il provvedimento rischia però di restare aria fritta se coloro che devono essere espulsi, cioè il l’80 per cento almeno di quanti sono sbarcati negli ultimi sei anni secondo Frontex, non verranno cacciati rapidamente dal territorio nazionale in modo da scoraggiare nuovi arrivi.
I clandestini (forse) espulsi verranno rapidamente sostituiti da altri pronti a sbarcare se Roma non ordinerà alle sue navi militari di rispedire sulle coste libiche i migranti illegali raccolti in mare e non vieterà a quelle degli altri paesi Ue e delle ong che si arricchiscono con i soccorsi agli immigrati illegali di sbarcare i clandestini in Italia.
Anche l’idea del ministro degli Interni , Marco Minniti, di istituire nuovi CIE ha molti limiti anche se il ministro ha spiegato che “non avranno nulla a che fare con quelli del passato” e che “non c’entrano nulla con l’accoglienza ma con coloro che devono essere espulsi”. L’obiettivo è arrivare ad avere centri quasi in ogni regione ma è chiaro che il numero di clandestini da espellere è enorme (se si rispettano le leggi e non si regala l’asilo a chiunque abbia pagato criminali per venire in Italia) e questa gente, per lo più uomini tra i 16 e i 35 anni, non resterà certo tranquillamente dentro i CIE ad attendere di venire rimpatriata.
Dovranno quindi essere presidiati da carabinieri o polizia mentre qualcuno vorrebbe impiegare i militari dell’operazione Strade Sicure, ormai considerati panacea per tutti i mali d’Italia. Un’opzione forse necessaria tenuto conto che i clandestini non esitano a ricorrere alla violenza e i tantissimi da espellere non hanno nulla da perdere.
Il governo Gentiloni intende poi ridurre l’impatto dei migranti sul tessuto sociale italiano puntando su un’accoglienza diffusa, pochi immigrati in centri diffusi in tutti gli 8 mila comuni italiani contro i 2.600 che a oggi ne ospitano (spesso costretti dalle prefetture) sul proprio territorio. Un modo per rendere meno visibili persone che non hanno alcun titolo per essere accolte usando anche la leva del rinnovato incentivo di 500 euro a migrante elargito nel 2016 ai comuni “collaborativi”.
Gli accordi con l’Africa
Il punto che riguarda i rimpatri in base ad accordi bilaterali con i Paesi di provenienza, è forse il più aleatorio. E’ illusorio pensare di poter stipulare intese credibili con paesi africani governati da cleptocrazie e regimi che non vedono l’ora di liberarsi di parte della loro popolazione sia per alleggerire il peso demografico sia per incassare il denaro in valuta rimesso dagli immigrati.
“Lavoriamo per rendere il più possibile effettivi i respingimenti forzati” ha confermato Minniti confondendo forse i rimpatri o espulsioni (che si applicano a coloro che sono stati già accolti ma non hanno diritto all’asilo) e i respingimenti (che si applicano a chi viene negato l’accesso al territorio nazionale).
“Il problema è come e dove rimpatriarla”, ha detto Minniti perché è “difficile pensare che si possa procedere ad un respingimento immediato delle persone irregolari: bisogna avere prima un rapporto con il paese che deve accoglierli”. In realtà abbiano già accordi con Tunisia, Nigeria, Egitto e Marocco ma i risultati concreti in termini di clandestini espulsi davvero non soni entusiasmanti.
Offrire denaro ai paesi africani affinché si riprendano i loro cittadini non ha molto senso perché ci obbligheranno periodicamente a rinegoziare “l’obolo” da versare fino a giungere a un vero e proprio ricatto. Sarebbe molto più efficace usare la leva finanziaria come bastone invece che come carota, bloccando gli aiuti Ue allo sviluppo a tutti i Paesi che non si riportino a casa (a spese loro) i concittadini sbarcati illegalmente in Italia.
Le difficoltà e i costi legati ai rimpatri dovrebbero indurre il governo a procedere immediatamente a riportare sulle coste libiche coloro che vengono raccolti in mare (esclusi bambini soli o persone bisognose di cure, da rimpatriare in un secondo tempo) applicando quei respingimenti assistiti” che da anni chi scrive propone come unica soluzione in grado di fermare, anche scoraggiando le partenze, i flussi illegali di migranti.
Quali intese con la Libia?
Da più parti si sottolinea che i ministri Minniti e Pinotti parlano esplicitamente di espulsioni e di stop ai migranti nelle acque libiche con argomentazioni per molti versi nuove rispetto alle “note di linguaggio” degli ultimi governi italiani. In realtà già nel 2015 Roberta Pinotti aveva definito “nemici” i trafficanti di esseri umani e l’anno scorso Matteo Renzi aveva più volte espresso la convinzione che gli immigrati irregolari dovessero venire espulsi (come sottolinea anche l’agenzia Ue Frontex) anche se pretendeva che i costi dei rimpatri venissero pagati dall’Unione Europea.
L’attivismo di Minniti, recatosi in Tunisia e Libia per stringere intese coi governi locali, rischia però di avere ben poca concretezza soprattutto sul fronte degli accordi con Tripoli, dive il ministro ha avuto colloqui con il Presidente del consiglio presidenziale Fayez al-Sarraj, con il ministro degli esteri, M. Siyala e i membri del consiglio presidenziale, A. Maitig e A. Kajman. Da quanto emerso é stata varata una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi, soprattutto nel “settore migratorio” così come nella “lotta alle organizzazioni criminali che sfruttano i migranti” ha riferito un comunicato del Viminale.
“Nel corso dell’incontro è stato ribadito il sostegno pieno dell’Italia al governo di accordo nazionale e al ruolo della Libia nel contrasto al terrorismo sia a livello regionale che nazionale, in particolare nella regione mediterranea.
In tale contesto è stato espresso l’impegno congiunto a lottare contro l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ed è stata approfondita la questione della lotta all’immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani sulle quali è stato concordato un progetto di memorandum d’intesa per l’esame congiunto in preparazione della sua approvazione. Tale memorandum rappresenta un progetto nazionale nel settore della sicurezza per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nel campo della sicurezza congiunta, del contrasto al terrorismo e del traffico di esseri umani”.
Progetti che verranno seguiti dall’Ambasciata italiana che ieri ha riaperto i battenti a Tripoli. Tante belle parole ma il comunicato del Viminale non si sbilancia in dettagli, segno che una svolta nella lotta all’immigrazione clandestina potrebbe non essere imminente.
Del resto se anche il governo di al-Sarraj volesse in buona fede fermare i trafficanti non lo potrebbe fare perché non ha alcun controllo del territorio dilaniato dagli scontri tra milizie, è osteggiato nella stessa Tripoli da movimenti più islamisti di quelli che lo sostengono mentre sulla costa non ha nessuna forza militare in grado di fermare i traffici diretti in Italia.
La guardia costiera libica, con 570 uomini in fase di addestramento da parte delle marine italiana ed europee, non è detto che risponda ad al-Sarraj e anche quando avrà ricevuto le 11 motovedette regalate dall’Italia potrebbe impiegarle prioritariamente per intercettare i pescherecci siciliani nelle acque internazionali (che la Libia rivendica fin dai tempi di Gheddafi) invece che per fermare i trafficanti che già in passato hanno elargito cospicue “mance” alle forze navali libiche che riportavano sulla costa barche e gommoni pronti ad essere riutilizzati.
Inoltre è meglio ricordare che secondo i rapporti d’intelligence della missione navale Ue (Operazione Sophia) tra un terzo e la metà del PIL della Tripolitania proviene dal traffico di migranti: difficile immaginare che al-Sarraj voglia ostacolare gli affari di tribù e milizie che sostengono o tollerano il suo governo e infatti in passato ha sempre respinto ogni ipotesi di accettare che i clandestini vengano riportasti in Libia.
Sul piano politico chissà poi quanto tempo occorrerà per mettere a punto il memorandum che dovrà essere approvato da un governo libico inconsistente ma non certo dal parlamento legittimo, che risiede in Cirenaica, è ostile ad al-Sarraj e non ha mai neppure accordato la fiducia al governo di unità nazionale ”imposto” dall’Onu.
Anzi, confermando il suo sostegno ad al-Sarraj l’Italia si è inimicata le forze della Cirenaica del Maresciallo Khalifa Haftar, sempre più chiaramente l’uomo forte della Libia grazie anche al diretto sostegno di Egitto e Russia. In più ad attaccare Roma provvede anche Khalifa Ghwell, l’ex premier islamista di Tripoli decaduto dopo l’arrivo di al-Sarraj e in cerca di riscatto, che chiede con forza all’Italia di ritirare la missione sanitaria “Ippocrate” da Misurata. Un’operazione che ormai non dovrebbe avere più molto senso poiché nata per curare i feriti registrati dalle milizie libiche impegnate contro lo Stato Islamico nella battaglia di Sirte che si è conclusa ormai da un mese. Temi sui quali sarebbe importante conoscere le valutazioni del neo titolare della Farnesina, Angelino Alfano.
Tempi lunghi
In ogni caso se Roma intende davvero imprimere rapidamente una svolta all’emergenza migratoria, più che negoziare memorandum di improbabile applicazione, dovrebbe autorizzare la flotta a riportare sulle coste libiche i clandestini raccolti in mare imponendo a Tripoli di accettare questa soluzione se non vuole perdere il sostegno europeo.
A causa dello scarso decisionismo di Italia e Ue finora i trafficanti di uomini hanno prosperato incassando, secondo Europol, in media 6 miliardi di euro all’anno praticamente indisturbati.
Il Viminale definisce la missione di Minniti come “l’avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi, soprattutto con riferimento al settore migratorio”. L’obiettivo è arrivare entro l’estate ad un pattugliamento congiunto in mare nelle acque libiche, come auspicato dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
Ma se questa è la tempistica prepariamoci “entro l’estate” ad accogliere almeno altri 150 mila clandestini o più, con l’auspicio che i pattugliamenti congiunti prevedano di riportare in Libia i migranti illegali.
Nell’incontro se ne è parlato dal momento che Tripoli ha chiesto sostegno per poter organizzare voli di rimpatrio dei migranti nei loro paesi di origine. Un ponte aereo colossale poiché sono centinaia di migliaia i clandestini giunti in Libia per tentare di arrivare in Europa e che non sarà facile far desistere dai loro propositi per i quali hanno pagato i trafficanti. Nel 2011 l’Onu rimpatriò dalla Tunisia con aerei messi a disposizione da tutti i Paesi più ricchi un milione di lavoratori stranieri fuggiti dalla guerra civile libica ma all’epoca si trattava di persone che tornavano volentieri a casa a differenza dei clandestini che vogliono raggiungere l’Europa.
Solo il tempo potrà dire se il governo italiano intende davvero imprimere un giro di vite o se si tratta della solita manfrina in atto in tutti i Paesi Ue in cui gli stessi partiti di governo cercano di mostrarsi intransigenti sull’immigrazione dopo aver perso consensi proprio a causa delle politiche d’accoglienza attuate nei confronti di ondate di clandestini islamici ormai non più tollerabili né tollerate.
Un po’ di chiacchiere tese a ridurre l’emorragia di voti verso i partiti cosiddetti “populisti” in vista delle elezioni che si terranno entro i prossimi 12/18 mesi in molti paesi europei, Italia inclusa.
Foto: EPA, Reuters, ANSA e Marina Militare
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.