Contraddizioni italiane: meriti e colpe per salvataggio migranti
Dopo centinaia di migliaia di migranti salvati, la Marina Militare si ritrova al centro di una campagna di stampa volta a rimarcare le colpe -non ancora accertate dalla magistratura- di suoi uomini per la morte di 268 migranti avvenuta l’11 ottobre 2013, pochi giorni prima dell’avvio dell’Operazione Mare Nostrum.
Come già era avvenuto 20 anni fa con il caso della tragica collisione tra il Sibilla e la motovedetta albanese, la Marina sconta la sua eccessiva disponibilità a svolgere in mare funzioni non militari. Allora si trattò di eseguire la direttiva governativa di respingere (con il consenso del loro Governo) i migranti albanesi, ora si discute di presunte omissioni nei soccorsi a persone in difficoltà localizzate all’interno della zona di Search and Rescue (SAR) maltese, a 60 miglia a sud-est di Valletta.
In realtà, la Marina italiana è una delle poche Marine occidentali –se non l’unica assieme alla Francia- ad avere tradizioni, capacità ed attribuzioni normative nello svolgimento di “Funzioni Guardia costiera”. Vale a dire di attività concorsuali, in favore di altri Ministeri nel campo del SAR, ma anche, secondo quanto previsto dal Codice dell’Ordinamento Militare (COM), della tutela dell’ambiente marino, della protezione della pesca, oltre che degli interessi marittimi nazionali come di fatto si evidenzia nello svolgimento dell’Operazione Mare Sicuro (OMS) al largo della Libia così importante per la protezione dei nostri interessi energetici, ma non per questo ben conosciuta.
Insomma una Forza armata multi-tasking o, come si dice, dual use, attiva in settori marittimi interagenzia in cui le competenze primarie spettano al Corpo delle Capitanerie-Guardia costiera (Corpo della Marina militare che, per conto dei Trasporti, è l’Autorità nazionale SAR) ed al Corpo della Guardia di finanza (il D.Lgsl. 177/2016 ha attribuito alla Guardia di Finanza funzioni esclusive nell’ambito del comparto di specialità della “sicurezza del mare”, rendendo di fatto il Corpo l’unica Forza di Polizia operante in mare per l’ordine e la sicurezza pubblica la cui tutela è attribuita all’Interno).
Il problema, sta nella possibile sovrapposizione di compiti e nella poca chiarezza delle linee di comando e controllo in mare. Non ci sono decreti interministeriali che disciplinano i rapporti reciproci tra le Unità navali militari dei vari Corpi operanti in mare ed è rimasto inattuato la previsione della legge 124/2015 sulla riorganizzazione della P.A. che all’ art. 8,1,b) così dispone:
“con riferimento alle forze operanti in mare, fermi restando l’organizzazione, anche logistica, e lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di polizia da parte delle Forze di polizia, eliminazione delle duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali, nonchè ottimizzazione di mezzi e infrastrutture, anche mediante forme obbligatorie di gestione associata, con rafforzamento del coordinamento tra Corpo delle capitanerie di porto e Marina militare, nella prospettiva di un’eventuale maggiore integrazione”
Soltanto il DPR 662/1994 disciplina con precisione le relazioni che intercorrono tra il Corpo delle Capitanerie-Guardia costiera come Autorità nazionale SAR (MRCC-Roma, dall’acronimo inglese), che ha attribuzioni primarie nel coordinamento di tutte le operazioni di soccorso svolte da Unità mercantili (come appunto sono quelle Ong) e militari delle Forze “ancillari” di MM e GdF.
Questo decreto dovrebbe applicarsi principalmente alla Zona SAR italiana in prossimità alle nostre coste. Ma qui sta il punto: il tragico naufragio dell’11 ottobre 2013 è avvenuto nella zona SAR maltese dove la competenza ad intervenire è del Paese responsabile, secondo la Convenzione di Amburgo 1979, del servizio di soccorso, il quale avrebbe l’obbligo di coordinarsi con il Paese titolare della SAR confinante con un accordo dedicato.
Non a caso, dopo un approfondito e per quanto riguarda le ONG inedito ciclo di audizioni, la Commissione Difesa del Senato così si è espressa:
“Altrettanto urgente è il tema della delimitazione delle aree SAR tra Italia e Malta. Molti degli auditi hanno riportato che, al sopraggiungere della crisi migratoria, Malta ha cessato di rispondere a chiamate di soccorso provenienti da imbarcazioni di migranti. L’Italia opera così in uno specchio di mare di oltre un milione di chilometri quadrati: occorre porre fine a una situazione evidentemente non sostenibile e pervenire quanto prima a un accordo, con piena assunzione di responsabilità da parte maltese per il mare di propria competenza”.
Dunque, al di là di eventuali responsabilità omissive dei militari italiani secondo la nostra legge penale, c’è però, sullo sfondo del naufragio, un problema di incertezza di attribuzioni internazionali nell’area SAR di riferimento. Tra l’altro sarebbe interessante sapere se anche Malta sta esercitando giurisdizione svolgendo indagini penali per disastro colposo.
La Marina cerca giustamente di difendere la sua onorabilità ma è tutto il Paese che deve farlo, dopo anni ed anni di convulse e rischiose attività di soccorso svolte in mare a centinaia di migliaia di persone in fuga accolte sempre a braccia aperte nel nostro Paese.
In ogni caso, è tempo di istituire una “cabina di regia” interministeriale presso la Presidenza del consiglio titolata a trattare tutte le questioni nazionali ed internazionali connesse al SAR ed al contrasto dei traffici che ruotano attorno ai migranti le quali, alla luce dell’esperienza, si sono rivelate non tecniche, ma di grande rilievo politico.
Magari lanciando un’iniziativa SAR mediterranea, cui associare intese per la scelta del luogo, differente dall’Italia, dove sbarcare i migranti salvati al di là delle acque territoriali libiche. E soprattutto emanando anche una Direttiva che stabilisca con precisione compiti e responsabilità delle varie Forze operanti in mare, ad evitare eccessi di capacità, sovrapposizioni, lacune e, soprattutto, duplicazioni di spese.
Foto Marina Militare e ANSA
Fabio CaffioVedi tutti gli articoli
Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf